Riliquidazione della pensione e pagamento dei ratei maturati … fino a quando?

Secondo la Cassazione è incomprensibile la limitazione della condanna al pagamento dei ratei maturati sino alla proposizione del ricorso.

È quanto affermato nella sentenza n. 22397 depositata il 1° ottobre 2013. Il caso. In riforma della decisione di primo grado che aveva totalmente rigettato le domande, la Corte di appello condannava la Camera di commercio a pagare nei confronti di un ex lavoratore la somma di 19.302,13 euro, a titolo di riliquidazione del trattamento pensionistico. In particolare, l’ex lavoratore aveva chiesto la condanna della Camera di commercio alla riliquidazione della sua pensione e della buonuscita secondo il criterio della omnicomprensività o, in subordine, il risarcimento del danno per equivalente, per l’attività di segretario generale svolta negli ultimi suoi 4 anni di attività lavorativa. La Sezione Lavoro della Cassazione rigetta il ricorso principale della Camera di commercio e accoglie il primo motivo del ricorso incidentale. Applicabile il regime retributivo. Con la doglianza dell’ex lavoratore accolta dalla S.C., si censura la limitazione della condanna alle differenze di ratei di pensione derivanti dall’applicazione del principio affermato dalla Corte al periodo decorrente dal collocamento in quiescenza sino alla data di proposizione della domanda giudiziale. Pagamento dei ratei fino alla proposizione del ricorso? Secondo la Cassazione, infatti, è incomprensibile la limitazione della condanna al pagamento dei ratei maturati sino alla proposizione del ricorso. Sarà la Corte a cui la Cassazione ha rinviato a doversi esprimere sul punto.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 22 maggio – 1° ottobre 2013, n. 22397 Presidente Stile – Relatore Curzio Ragioni della decisione La Camera di Commercio Industria Artigianato e agricoltura di Catania chiede l'annullamento della sentenza della Corte d'appello di Catania, pubblicata il giorno 11 novembre 2009, che si pronunciò sulla domanda proposta da A.P N. , dipendente dell'ente dal 1964 collocato in quiescenza il 9 novembre 2002. La Corte, riformando in parte la decisione di primo grado che era stata di totale rigetto delle domande, condannò la Camera di commercio a pagare al N. la somma di 19.302,13 Euro, oltre interessi legali, a titolo di riliquidazione del trattamento pensionistico, compensando interamente le spese dei due gradi. Il ricorso per cassazione è articolato in due motivi. Il N. si è difeso con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato una memoria. Riuniti i ricorsi, le Sezioni unite, hanno respinto le eccezioni preliminari formulate dal controricorrente e rigettato il primo motivo di ricorso principale, concernente l'eccezione di giurisdizione. La controversia è stata rimessa alla sezione lavoro, per l'esame degli altri motivi e per la decisione sulle spese. Prima di esaminare i motivi residui, è opportuno premettere che il N. chiese la condanna della Camera di commercio alla riliquidazione della sua pensione e della buonuscita secondo il criterio della omnicomprensività o, in subordine, il risarcimento del danno per equivalente, per l'attività di segretario generale svolta dal 27 novembre 1998 al 9 novembre 2002, giorno del collocamento in quiescenza. Il Tribunale respinse il ricorso. La Corte ha confermato la soluzione negativa con riferimento alla buonuscita, ma ha accolto la domanda di riliquidazione del trattamento pensionistico, rilevando che nella specie si applica il regime retributivo, perché il N. poteva far valere un'anzianità di servizio superiore ai 18 anni al 31 dicembre 1995 e quindi, ai sensi dell'art. 2, comma 9, della legge 335 del 1995, per la determinazione della base contributiva e pensionabile, doveva farsi riferimento all'ampia nozione di retribuzione prevista dall'art. 12 della legge 153 del 1969. Tali disposizioni precisava la Corte, costituivano principi generali di riforma economico-sociale, come tali prevalenti anche nell'ambito delle materie assegnate, dall'art. 14 dello Statuto approvato con r.d. lgs. 455 del 1946, alla potestà legislativa della Regione siciliana. In forza di ciò la Corte condannò la Camera di commercio a pagare la somma di 19.302,13 Euro per differenze maturate sino al dicembre 2003. Con il secondo motivo del ricorso principale la Camera di commercio censura tale decisione sostenendo che il riconoscimento del diritto del N. alla percezione del trattamento pensionistico su base retributiva avrebbe violato l'art. 117 Cost., gli artt. 1, secondo comma e 2, nono comma della legge 335 del 1995, nonché l'art. 12 della legge 153 del 1969 e il contratto collettivo regionale di lavoro e i principi operanti in materia di pubblico impiego. La sentenza inoltre presenterebbe il difetto di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Secondo la ricorrente per cassazione, al caso in esame non si applicherebbe l'ampia nozione di retribuzione dettata dall'art. 12 della legge 153 del 1969 richiamato dalla legge 335 del 1995 , ma la nozione più ristretta dettata dall'art. 19, comma 2, della legge regionale siciliana n. 29 del 1962 che parla di somme fisse e continuative corrisposte in diretto rapporto sinallagmatico con la parte fissa e continuativa del trattamento retributivo. E in tale nozione non può farsi rientrare l'indennità per le mansioni superiori espletate dal N. assegno versatogli a titolo di sostituzione vicaria . Il problema posto con il ricorso è molto preciso il N. per tutto il periodo di vicariato nelle funzioni di segretario generale ha percepito un'indennità aggiuntiva rispetto al suo livello retributivo. Se si adotta la nozione delineata dal combinato disposto dell'art. 2, comma 9, della legge 335 del 1995 tale componente rientra nella base di calcolo della pensioni se si adotta la nozione più ristretta adottata dalla normativa della regione siciliana, non vi rientra. La censura pone un problema di rapporti tra norme di legge statale e norme regionali. La ricorrente da atto che le norme regionali siciliane, per loro espressa previsione, cedono dinanzi a principi legislativi fondamentali di riforma economico-sociale. Si tratta allora di stabilire se le norme fondamentali della riforma pensionistica del 1995 possano essere considerate tali. L'importanza della riforma e le affermazioni del legislatore indicano che la soluzione è affermativa. Deve in primo luogo sottolinearsi che si tratta di una normativa di portata strutturale, che, come enuncia il suo titolo, costituisce riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare. E l'art. 1 della legge di riforma, afferma 1. la presente legge ridefinisce il sistema previdenziale allo scopo di garantire la tutela prevista dall'articolo 38 della costituzione, definendo i criteri di calcolo dei trattamenti pensionistici attraverso la commisurazione dei trattamenti alla contribuzione, le condizioni di accesso alle prestazioni con affermazione del principio di flessibilità, l'armonizzazione degli ordinamenti pensionistici nel rispetto della pluralità degli organismi assicurativi, l'agevolazione delle forme pensionistiche complementari allo scopo di consentire livelli aggiuntivi di copertura prevenzione, la stabilizzazione della spesa pensionistica nel rapporto con il prodotto interno lordo e lo sviluppo del sistema previdenziale medesimo. 2. le disposizioni della presente legge costituiscono principi fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica. Le successive leggi della Repubblica non possono introdurre eccezioni o deroghe alla presente legge se non mediante espresse modificazioni delle sue disposizioni, è fatto salvo quanto previsto dall'articolo 3, lettera h , dello statuto speciale della Valle d'Aosta, adottato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4, e dalle relative norme di attuazione la cui armonizzazione con i principi della presente legge segue le procedure di cui all'articolo 48-bis dello statuto stesso . Quindi, tanto la storia, il rilievo ed il contenuto della riforma, che le espressioni usate dal legislatore, indicano in modo non equivoco e convergente, che si tratta di principi fondamentali, come ha correttamente riconosciuto la Corte d'appello di Catania. Tutto il ricorso principale è pertanto infondato e deve essere rigettato. Il ricorso incidentale è articolato in due motivi. Con il primo si censura la limitazione della condanna alle differenze di ratei di pensione derivanti dall'applicazione del principio affermato dalla Corte al periodo decorrente dal collocamento in quiescenza sino alla data di proposizione della domanda giudiziale. Il motivo è fondato perché, in effetti, la corretta affermazione del principio su indicato avrebbe dovuto comportare un accoglimento integrale della domanda, esteso anche ai ratei di pensione futuri. Incomprensibilmente, stante il tenore della domanda che la Corte stessa qualifica nello svolgimento del processo come domanda di riliquidazione della pensione e stante le affermazioni compiute nella motivazione della sentenza, la condanna è stata limitata al pagamento dei ratei maturati sino alla proposizione del ricorso. La sentenza pertanto sul punto specifico deve essere cassata con rinvio alla Corte d'appello di Catania in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio il relativo secondo motivo del ricorso incidentale, rimane assorbito a causa dell'accoglimento del primo . P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso principale ed accoglie il primo motivo del ricorso incidentale, assorbito il secondo. Cassa in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d'appello di Catania in diversa composizione anche per le spese.