Il «giornale» redatto dal comandante della nave non ha piena efficacia di atto pubblico

L’efficacia probatoria privilegiata del giornale nautico , predisposto dal comandante di una nave, è limitata alle attestazioni da quest’ultimo effettuate, ma non vincola il Giudice sulla valutazione dei fatti ivi rappresentati.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 18163 del 26 luglio 2013. Il caso . Un dipendente di una nota società di navigazione ricorreva al Giudice del lavoro lamentando l’illegittimità del licenziamento disciplinare comunicatogli per avere, secondo quanto riportato nella contestazione disciplinare, fatto irruzione su una imbarcazione occupandola a forza, precluso l’accesso ai passeggeri in attesa ed impedendone la partenza, così determinando l’interruzione di un pubblico servizio . Una volta a bordo, lo stesso lavoratore - sempre secondo la società – avrebbe poi mantenuto un atteggiamento ostile verso i propri colleghi e non avrebbe eseguito l’ordine del comandante di lasciare l’imbarcazione. La Corte di Appello di Napoli, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava l’illegittimità di tale licenziamento, condannando la società alla reintegrazione del dipendente nel proprio posto di lavoro. Ad avviso della Corte, la ricostruzione datoriale non aveva trovato riscontro nell’istruttoria svolta che, al contrario, aveva ridotto considerevolmente la gravità dei comportamenti contestati. Non era infatti risultata provata alcuna condotta violenta, né alcuna inottemperanza alle direttive del comandante che, per quanto da questi riferito, non aveva impartito alcun ordine di scendere dalla nave mentre, per quanto riguardava l’interruzione di pubblico servizio, i Giudici di merito ritenevano nel caso di specie non configurabile un servizio pubblico essenziale , come disciplinato dalla Legge n. 146/1990. In definitiva, ad avviso della Corte di Appello, quello che era emerso era un’azione posta in essere per illustrare i motivi di uno sciopero ad altri lavoratori, non direttamente volta alla compromissione di una corsa pur rientrante nell’ambito del servizio pubblico . Il giornale nautico non fa piena prova . Contro tale pronuncia la società ricorreva alla Corte di Cassazione articolando vari motivi. Con un primo motivo la ricorrente lamentava l’omessa valutazione, da parte dei Giudici di secondo grado, delle annotazioni del giornale nautico compilato dal comandante, al quale l’art. 178 del codice della navigazione a mente del quale [ ] le annotazioni sul giornale nautico relative all'esercizio della nave fanno prova anche a favore dell'armatore, quando sono regolarmente effettuate [ ] conferisce particolare efficacia probatoria. Di diverso avviso è tuttavia la Cassazione la quale, enunciando il principio esposto in massima, ritiene infondato il motivo. Con particolare riferimento al valore probatorio di detto giornale, alla luce del carattere complesso pubblicistico e privatistico della figura del comandante, ritiene la Corte che il valore di atto pubblico vada limitato a quanto annotato dal capitano nell’adempimento delle funzioni pubbliche di cui egli è investito i.e. redazione di atti di stato civile e testamenti . Al contrario, hanno efficacia di scrittura privata le annotazioni relative alla condotta della nave ed agli eventi del viaggio. Peraltro, nel caso di specie, le circostanze indicate sul giornale nautico risultavano alquanto generiche, senza l’indicazione esatta delle espressioni ritenute offensive e senza individuazione di specifiche responsabilità di singoli manifestanti men che meno del lavoratore poi licenziato . Servizio pubblico è diverso da servizio pubblico essenziale . Con un secondo motivo, la ricorrente si doleva dell’errata esclusione, da parte dei Giudici di merito, della tratta sospesa alla nozione di servizio pubblico essenziale , con conseguente errata valutazione sulla proporzionalità del licenziamento rispetto alla condotta del dipendente che, in questo scenario, integrava una fattispecie delittuosa. Anche questo motivo non viene tuttavia condiviso dalla Cassazione la quale, premesso che il riferimento alla natura del servizio espletato veniva in rilievo come uno dei parametri su cui valutare la gravità della condotta addebitata, rileva come la Corte di Appello avesse solo escluso tale corsa dalle prestazioni indispensabili che le parti sono tenute a garantire, ai sensi della Legge n. 146/1990 sulle limitazioni dell’esercizio del diritto di sciopero. Rilievo che ha poi fondato, unitamente ad altri elementi, il giudizio sulla proporzionalità della sanzione. La censura di un tale rilievo avrebbe dunque dovuto essere effettuata evidenziando una incongruità o illogicità della motivazione e non, come è stato fatto, semplicemente limitandosi a ribadire il carattere essenziale della corsa soppressa.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 27 marzo 26 luglio 2013, numero 18163 Presidente Lamorgese – Relatore Pagetta Svolgimento del processo Con sentenza in data 7/27 aprile 2009 la Corte di appello di Napoli, in riforma della decisione di primo grado, dichiarava la illegittimità del licenziamento disciplinare intimato dalla SNAV s.p.a. al dipendente A Z. e condannava la società datricealla reintegrazione del detto lavoratore ed al risarcimento del danno commisurato alla retribuzione globale di fatto oltre accessori, dalla data del licenziamento fino a quella di effettiva reintegra, nonché al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali. La Corte territoriale, respinta la censura del lavoratore relativa alla mancata affissione del codice disciplinare in luogo accessibile all'equipaggio prevista dall'art. 333 cod. nav., e quella relativa alla violazione della procedura di cui all'art. 1263, comma e, cod. nav., rilevava che la ricostruzione dei fatti oggetto di addebito quale operata nella lettera di contestazione non aveva in larga parte trovato riscontro nella istruttoria espletata all'esito della quale le condotte ascritte al lavoratore erano risultate notevolmente ridimensionate nella loro gravità. La società aveva infatti contestato al lavoratore di avere, il giorno 16.4.2005, alle ore 8,00, fatto irruzione sul catamarano sociale Antares ormeggiato in attesa di imbarcare passeggeri per la effettuazione della corsa omissis delle ore 8.10, di averlo occupato di forza, precludendo l'accesso ai passeggeri in attesa, di averne impedito la partenza, così determinando la interruzione di un pubblico servizio e il conseguente rimborso dei biglietti da parte della società di avere, una volta a bordo, mantenuto un atteggiamento ostile, irriguardoso e scorretto nei confronti dei colleghi di lavoro, componenti l'equipaggio facendone oggetto di offese verbali di non avere eseguito l'ordine del Comandante del catamarano e della società di lasciare l'imbarcazione. Nella lettera si sottolineava che detti atteggiamenti, violenti, ingiustificati ed arbitrari erano inaccettabili e che gli stessi oltre ad essere penalmente rilevanti avevano comportato danni all'azienda sia sotto il profilo economico sia sotto il profilo di immagine. Osservava il giudice di appello in primo luogo che non vi era stata alcuna violenza in quanto dalle deposizioni testimoniali era risultato che la manifestazione si era svolta con modalità assolutamente pacifiche, prive di quei risvolti di arbitraria violenza che la società aveva contestato. Richiamava a tal fine in particolare la deposizione del teste P. , Ispettore di Polizia di Stato presente ai fatti, la deposizione del teste M. responsabile sindacale UGL e quella del Comandante del catamarano, B. , il quale aveva chiarito di non avere impartito alcun ordine di scendere e di avere nell'occasione assistito solo a qualche intemperanza verbale. Quanto alla cancellazione della corsa delle ore 8.10 omissis , unico elemento oggetto di contestazione risultato pienamente provato, il giudice di appello escludeva la configurabilità nel caso di specie della interruzione di un pubblico servizio , sottolineando la irrilevanza al fine della qualificazione della detta condotta, del decreto penale di condanna stante l'autonomia fra processo penale e processo civile espressione del principio di parità delle giurisdizioni sancito dall'art. 75 cod. proc. penumero . Detta corsa, secondo il giudice d'appello non era configurabile come servizio pubblico essenziale ai fini della legge numero 146 del 1990 non essendo stata nella specie, per come pacifico, attivata la procedura fra l'amministrazione e l'impresa erogatrice del servizio, funzionale all'individuazione concordata delle prestazioni indispensabili che le imprese sono tenute ad assicurare secondo quanto previsto dall'art. 3 comma 2 L. numero 146 cit Né la natura di servizio pubblico essenziale poteva farsi scaturire dal fatto che la Regione Campania aveva individuato e definito con propria deliberazione numero 103 /2003 la corsa delle ore 8.10 fra i servizi minimi di collegamento marittimo di interesse regionale in quanto ciò stava a significare solo l'obbligo per la impresa concessionaria del servizio di trasporto di garantire alcune linee di trasporto e quindi di eseguire lo specifico servizio pur in presenza di un'antieconomicità della prestazione. Soggiungeva che dalla istruttoria espletata era emerso che l'azione posta in essere dal gruppo di manifestanti era intesa ad illustrate i motivi dello sciopero agli altri lavoratori e non direttamente alla compromissione dello svolgimento della corsa rientrante in ambito dell'obbligo di servizio pubblico. In base a tali considerazioni la Corte territoriale riteneva che solo di riflesso la condotta aveva finito per compromettere il regolare svolgimento della corsa palesando una componente colposa dell'elemento intenzionale della condotta che rendeva sproporzionata, anche sotto il profilo soggettivo, la irrogazione del licenziamento. In merito poi agli effetti della soppressione della corsa rilevava la Corte di merito che gli stessi risultavano ulteriormente attenuati dalla circostanza della soppressione da parte aziendale della precedente corsa delle ore 7.10 per effetto della dimenticanza da parte del comandante di armamento dipendente Snav di avvertire il comandante della Snav Alcione di effettuare la detta corsa. In questo caso, sottolineava la sentenza, la società non aveva espresso grande preoccupazione di arrecare pregiudizio alla propria immagine nei confronti della clientela laddove, senza una seria ragione, aveva soppresso la corsa delle 7.10. Alla luce di tale ricostruzione fattuale i giudici di appello, in un'ottica di bilanciamento dell'interesse del lavoratore tutelato ex art. 4 Cost. e di quello dell'imprenditore tutelato dall'art. 41 Cost., ritenevano non giustificata la sanzione espulsiva anche tenuto conto delle previsioni pattizie che collegavano l'irrogazione del licenziamento a condotte connotate da maggiore gravità oggettiva e soggettiva. In base a tale rilievo in riforma della decisione di primo grado riteneva illegittimo il licenziamento con le conseguenze di cui all'art. 18 St. Lav Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso la Snav s.p.a. sulla base di tre motivi. L'intimato ha depositato controricorso. La società ha depositato memoria ai sensi dell'art. 378 cod. proc. civ Motivi della decisione Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce, ai sensi dell'art. 360, comma 1, numero 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2119 e 2697 cod. civ., degli artt. 174, 178 e 1127 cod. nav. e degli artt. 113,115, 116 cod. proc. civ., nonché ai sensi dell'art. 360, comma primo numero 5 cod. proc. civ., la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a fatti decisivi della controversia per non avere complessivamente e correttamente valutato tutte le prove a disposizione. Censura in particolare la sentenza impugnata per avere omesso di valutare le annotazioni risultante dal giornale nautico, compilato dal Comandante documento al quale l'art. 178 del codice della navigazione conferisce particolare efficacia probatoria. Secondo parte ricorrente si imponeva ai sensi degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. anche l'esame di detta prova legale, del tutto pretermesso nella decisione. Evidenzia che dall'esame del giornale nautico risulterebbero smentite le modalità pacifiche dell'azione dei lavoratori saliti a bordo dell'Antares nonché la circostanza che il Comandante non aveva chiesto ai manifestanti di scendere. Il motivo è infondato. È da premettere che secondo l'insegnamento costante di questa Corte la denuncia del vizio di motivazione non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare autonomamente il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio bensì soltanto quello di controllare, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico formale, le argomentazioni svolte dal giudice di merito al quale spetta in via esclusiva il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, controllarne l'attendibilità e concludenza nonché scegliere tra le complessive risultanze del processo quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge tra le altre, v. Cass. numero 18119 del 2008 numero 5489 del 2007 numero 20455 del 2006 numero 20322 del 2005 numero 2537 del 2004 . In conseguenza, il vizio di motivazione deve emergere dall'esame del ragionamento svolto dal giudice di merito quale risulta dalla sentenza impugnata e può ritenersi sussistente solo quando in quel ragionamento sia rinvenibile traccia evidente del mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia prospettati dalle parti o rilevabili d'ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire la identificazione del procedimento logico giuridico posto a base della decisione, mentre non rileva la mera divergenza tra valore e significato diversi che, agli stessi elementi siano attribuiti dal ricorrente ed in genere dalle parti v., per tutte Cass. S.U. numero 10345 del 1997 . In altri termini, il controllo di logicità del giudizio di fatto consentito al giudice di legittimità non equivale alla revisione del ragionamento decisorio , ossia dell'opzione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata in quanto siffatta revisione si risolverebbe, sostanzialmente in una nuova formulazione del giudizio di fatto riservato al giudice del merito e risulterebbe affatto estranea alla funzione assegnata dall'ordinamento al giudice di legittimità. L'applicazione dei principi sopra richiamati induce ad escludere nel caso di specie che l'omesso esame del giornale nautico alle cui annotazioni si assume – l’art. 178 cod. nav. conferisce particolare efficacia probatoria, abbia il prospettato carattere di decisività tale da inficiare sotto il profilo logico giuridico la valutazione del materiale probatorio operata nella sentenza impugnata. Occorre in primo luogo considerare che come chiarito da questa Corte, con riferimento al valore probatorio delle risultanze del detto giornale, in conseguenza del carattere complesso pubblicistico e privatistico della figura giuridica del comandante, il valore di atto pubblico, in conformità dell'art. 2699 cod. civ., va limitato a quanto annotato dal capitano nell'adempimento delle funzioni pubbliche, di cui egli è investito, ai sensi dell'art. 296 cod. nav. redazione di Atti di stato civile, ecc. al contrario, sussiste la efficacia di scrittura privata art. 2702 cod. civ. per le annotazioni relative alla condotta della nave e agli eventi del viaggio peraltro, la efficacia propria del giornale nautico è limitata alle attestazioni fattevi dal capitano, ma non vincola il giudice sulla valutazione dei fatti attestati. Cass. numero 244 del 1962 . In base a tale orientamento al quale si ritiene di dare continuità le annotazioni sul giornale di bordo, relative agli eventi in esame non assumono il valore di prova legale preteso da parte ricorrente. In ogni caso, come detto, le circostanze emergenti dal giornale nautico del quale parte ricorrente denuncia l'omesso esame non presentano alcun profilo di decisività in quanto le stesse non si pongono in sostanziale contrasto con la ricostruzione degli eventi operata dal giudice di appello. Con riferimento alle offese verbali e alle pressioni rivolte all'equipaggio da parte dei manifestanti, riportate nel detto giornale, si rileva che le stesse risultano alquanto generiche non essendo riportato il contenuto delle espressioni ritenute offensive né le forme e le modalità con le quali erano state attuate le pressioni nei confronti dell'equipaggio. In ogni caso la ricostruzione dell'episodio nel giornale di bordo è fatta per grandi linee senza individuazione di specifiche responsabilità dei singoli manifestanti, tantomeno dell'odierno intimato. È da rilevare che comunque la Corte di appello ha dimostrato di avere esaminata il profilo in oggetto laddove ha richiamato la deposizione del teste B. , Comandante del catamarano, evidenziando che questi aveva chiarito, ridimensionandola, la portata aggressiva dell'episodio. Analogamente è a dirsi in ordine alla circostanza, smentita dal detto teste, relativa all'ordine impartito ai manifestanti di scendere dall'Antares la ricostruzione della sentenza sul punto non si pone, come preteso da parte ricorrente, in sostanziale contrasto con le risultanze del giornale nautico che riferiscono non di un ordine impartito ai manifestanti da parte del Comandante di scendere dal catamarano ma solo di un tentativo di convincimento . cerco di convincere le sopraelencate persone a scendere a terra . . È di tutta evidenza, infatti, che altro è il tentativo di convincimento, altro l'impartizione di un ordine che si colloca non più nell'ambito della persuasione ma nell'ambito del principio di gerarchia e la cui violazione, come è ovvio, giustifica sul piano disciplinare un giudizio di maggiore severità. Parte ricorrente addebita ancora alla Corte di avere trascurato la esistenza di un decreto penale di condanna nei confronti del lavoratore, ma tale censura contrasta con il principio dell'autonomia delle giurisdizioni sulla quale la Corte di merito ha ampiamente argomentato. In conclusione le censure svolte con il motivo in esame non scalfiscono la congruità e logicità della valutazione del materiale probatorio e si risolvono in una sollecitazione di un diverso apprezzamento di fatto delle stesse precluso al giudice di legittimità. Con il secondo motivo di ricorso parte ricorrente deduce, ai sensi dell'art. 360, comma 1, numero 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione della legge numero 146 del 1990, del Reg. CEE 16/6/1969 numero 1191 modif. Reg. CEE numero 1893/1991 del d. lgs numero 422 ddl 1997, della L. numero 3 del 2002 della Regione Campania e delle delibere della Giunta Regionale numero 1525 del 2002 e numero 1940 del 2003 ed anche del Decreto dirigenziale numero 103 del 14.3.2005 deduce inoltre, ai sensi dell'art. 360, comma primo numero 5 cod. proc. civ., la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a fatti decisivi della controversia. Si duole, in sintesi, che la Corte di merito abbia escluso, con riferimento alla corsa soppressa OMISSIS delle ore 8,10 che la stessa rientrasse nell'ambito del servizio pubblico essenziale. Sostiene infatti che la eventuale mancanza degli accordi di cui all'art. 2 della L. numero 146 del 1990 o la mancata attivazione della procedura per giungere ad essi, non potrebbe mai incidere sul carattere di essenzialità del servizio pubblico di trasporto marittimo di collegamento con le isole espressamente riconosciuto e tutelato dall'art. 1 comma primo, lett. b che tutela della L. numero 146 del 1990. Sotto altro profilo deduce che nel caso di specie ciò che rileva non è la presenza di un servizio pubblico essenziale e nemmeno che la corsa in questione rientrasse nella prestazione minima indispensabile di cui alla L. numero 146 del 1990, dovendo invece accertarsi se detto collegamento fosse di servizio pubblico perché tale individuato dalla Regione Campania, come collegamento marittimo coperto da obbligo di servizio pubblico. Deduce a riguardo che la Corte ha omesso di considerare che il Reg. Cee numero 1191 del 1969 a seguito della modifica del Reg. numero 1893 del 1991 aveva soppresso ogni riferimento agli obblighi inerenti alla nozione di servizio pubblico intesi come gli obblighi che l'impresa di trasporto ove considerasse il proprio interesse commerciale non assumerebbe o non assumerebbe nella stessa misura e che, quindi, non era certamente questa la ratio che doveva riconoscersi al sistema di concessione secondo quanto ritenuto dalla Corte di appello alla quale assume parte ricorrente-era completamente sfuggito che il Regolamento in questione prevedeva espressamente che le competenti autorità degli Stati membri potevano mantenere o imporre gli obblighi di servizio pubblico di cui all'art. 2 per i servizi urbani, extraurbani e regionali di trasporto passeggeri. A tale normativa comunitaria si era adeguato il legislatore prevedendo, con il d. lgs numero 422 del 1997 che spetta alle Regioni, sulla base di parametri direttamente previsti dalla legge stabilire i servizi minimi qualitativamente e quantitativamente sufficienti a soddisfare la domanda di mobilità dei cittadini e definire correlati Obblighi di Servizio Pubblico. Il motivo è infondato. Giova premettere che il riferimento alla natura del servizio espletato dalla Snav s.p.a. in relazione alla soppressione della corsa omissis delle ore 8.10, viene in rilievo nell'economia della motivazione come uno dei parametri alla luce dei quali valutare la condotta addebitata sotto il profilo della proporzionalità della sanzione espulsiva. Invero la Corte di appello non contesta in alcun modo che la corsa poi soppressa fosse riconducibile all'ambito dell'obbligo del servizio pubblico, ai sensi della normativa comunitaria e di quella di attuazione e regionale sopra richiamate si limita infatti ad escludere che essa rientrasse tra le prestazioni indispensabili che le parti sono tenute a garantire ai sensi della Legge numero 146 del 1990 sulle limitazioni dell'esercizio del diritto di sciopero nell'ambito dei servizi pubblici essenziali. In base a tale considerazione, unitamente ad altre, quale la disinvolta soppressione da parte della società della precedente corsa OMISSIS delle ore 7.10, la sentenza impugnata perviene ad una valutazione di minore gravità del fatto addebitato. In altri termini, il rilievo che la corsa in oggetto, per le ragioni indicate in sentenza mancata attivazione delle procedure fra l'amministrazione e la impresa erogatrice del servizio funzionale all'individuazione concordata delle prestazioni indispensabili che le imprese sono tenute ad assicurare ai sensi dell'art. 2, comma 2 L. numero 146 del 1990 cit.-, non costituisse prestazione minima indispensabile ai sensi della L. numero 146 del 1990 ha fondato, unitamente ad altri elementi il giudizio di non proporzionalità della sanzione. Per contrastare tale giudizio parte ricorrente avrebbe dovuto denunziare la incongruità o illogicità dell'utilizzazione di siffatto parametro e non limitarsi come avvenuto a sottolineare il carattere di servizio pubblico della corsa soppressa. Invero, secondo il costante insegnamento di questa Corte, in caso di licenziamento come di ogni altra sanzione disciplinare, l'accertamento dei fatti addebitati al lavoratore e il giudizio di gravità degli stessi, nonché di proporzionalità tra fatti accertati e relative sanzioni, sono riservati al giudice di merito e non sono sindacabili in sede di legittimità, se sorretti da motivazione congrua ed immune da vizi logici cfr, tra le altre, Cass. numero 144 del 2008, numero 21965 del 2007, numero 12634 del 2003, numero 313 del 2003, numero 6790 del 2002 . Consegue il rigetto del secondo motivo. Con il terzo motivo di ricorso parte ricorrente deduce, ai sensi dell'art. 360, comma 1, numero 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1455, 2119 e 2697 cod. civ. dell'art. 7 del ceni marittimi aliscafi, degli artt. 1165 e 116 cod. proc. civ. nonché, ai sensi dell'art. 360, comma primo numero 5 cod. proc. civ., la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a fatti decisivi della controversia per non avere correttamente il giudice di appello valutate le prove. Parte ricorrente contrasta l'affermazione della decisione in ordine alla insussistenza della componente dolosa nella condotta del lavoratore e deduce, in sintesi,la inadeguata valutazione delle emergenze della prova orale e documentale. Il motivo risulta infondato alla luce dell'insegnamento di questa Corte richiamato con riferimento al primo motivo di ricorso in ordine ai limiti del sindacato del giudice di legittimità. Invero parte ricorrente, laddove richiama la prova orale e documentale, senza dimostrare l'eventuale decisi vita delle circostanze rispetto alle quali deduce la omessa o insufficiente motivazione, sollecita in realtà un diverso apprezzamento di fatto della ricostruzione operata nella sentenza impugnata così come si evince anche dal quesito in calce al motivo apprezzamento che esula dai compiti propri di questa Corte. Consegue l'integrale rigetto del ricorso. Le spese del giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 3000,00 per compensi professionali e Euro 50,00 per esborsi, oltre accessori di legge.