Il compimento del 65° anno di età non blocca l’art. 18

In caso di illegittimità del licenziamento, il risarcimento del danno ex art. 18 Stat. lav. non può essere limitato sino al compimento del 65° anno di età da parte del lavoratore, per il solo fatto del compimento di tale età, prescindendo dall’effettivo pensionamento.

Il caso . Un lavoratore adiva la Corte di Appello di Roma, lamentando l’illegittimità della pronuncia di primo grado che riteneva conforme alla legge una comunicazione di collocamento in mobilità priva di alcuna graduatoria e, dunque, inidonea a consentire una valutazione comparativa di tutti i dipendenti tra i quali la scelta era stata operata. Si costituiva in giudizio la società chiedendo il rigetto del ricorso, in quanto la comunicazione di chiusura della procedura conteneva rispetto a ciascun lavoratore interessato a il nominativo b il luogo di residenza c la qualifica ed il livello di inquadramento d l’età ed i carichi di famiglia e il dettaglio sui criteri di scelta applicati nonché f copia dell’accordo di mobilità, della comunicazione di apertura della procedura e dell’elenco dei lavoratori ritenuti in eccedenza. Il licenziamento era illegittimo con conseguente applicazione dell’art. 18 Stat. lav . La Corte di Appello, riformando la sentenza di primo grado, accoglieva le domande del lavoratore ed accertava la violazione dell’art. 4, comma 9, della Legge n. 223/1991. In ragione di ciò, ordinava alla società la reintegrazione in servizio del lavoratore, oltre ad un risarcimento del danno quantificato nella retribuzione globale di fatto maturata dal licenziamento al giorno di compimento del 65° anno di età da parte del lavoratore. Il quesito di diritto deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso . Avverso tale pronuncia proponevano ricorso alla Corte di Cassazione sia la società che il lavoratore. La prima lamentando, a mezzo di un articolato quesito, vizio di motivazione e violazione di legge nella parte in cui il Giudice aveva ritenuto illegittima la comunicazione di chiusura della procedura. Il secondo lamentando una violazione di legge nella parte in cui la Corte di Appello non aveva considerato, ai fini del risarcimento del danno ex art. 18 Stat. lav., il periodo successivo al pensionamento. Il risarcimento del danno non può essere limitato sino al compimento del 65° anno di età prescindendo da qualunque altra considerazione . Preliminarmente, la Corte di Cassazione ritiene parzialmente inammissibili i quesiti di entrambe le parti, in quanto privi della chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria [ ] che si deve sostanziare in una sintesi riassuntiva omologa al quesito di diritto . Decidendo poi sul merito, la Cassazione accoglie parzialmente la domanda del lavoratore nella parte in cui lamentava l’errata applicazione dell’art. 18 Stat. lav. La Corte ritiene infatti errata la sentenza impugnata nella parte in cui limita il risarcimento del danno sino al compimento dei 65 anni di età da parte del ricorrente, prescindendo dalla verifica sul suo effettivo pensionamento. Tale pronuncia, pur con una formulazione che lascia spazio ad alcuni dubbi interpretativi, sembra conforme all’orientamento largamente maggioritario, a mente del quale dal risarcimento del danno conseguente all’illegittimo licenziamento non deve essere dedotto quanto eventualmente percepito dal lavoratore a titolo di trattamento previdenziale in quanto tali somme perdono il loro titolo giustificativo con l'annullamento del licenziamento e devono pertanto essere restituite, su sua richiesta, all'ente previdenziale Cass. 24786/2009 .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 20 dicembre 2011 – 2 febbraio 2012, numero 1462 Presidente Canevari – Relatore Napoletano Svolgimento del processo La Corte di Appello di Roma, riformando la sentenza di primo grado, accoglieva la domanda di F.G. , proposta nei confronti della società Finaf già Affin avente ad oggetto l'impugnativa del licenziamento per riduzione di personale intimatogli ex lege numero 223 del 1991. La Corte del merito poneva a base del decisum il rilievo fondante secondo il quale, nel caso di specie, risultava violato il comma 9 dell'art. 4 della citata legge numero 223 del 1991 in quanto nell'elenco dei lavoratori collocati in mobilità, comunicato agli organi amministrativi e sindacali, non era stata predisposta alcuna graduatoria tale da consentire la valutazione comparativa di tutti i dipendenti tra i quali la scelta era stata operata rimanendo, in tal modo, impedita qualsiasi verifica in ordine la rispetto di scelta adottato e, quindi, alcun controllo ai sindacati, ai lavoratori e al giudice, se non ex post in sede contenziosa. Conseguentemente, la predetta Corte, ordinava alla società in epigrafe di reintegrare il lavoratore licenziato e la condannava, a titolo di danno, al pagamento delle retribuzioni globali di fatto sino al compimento del 65 anno di età, epoca del pensionamento. Avverso questa sentenza la nominata società ricorre in cassazione sulla base di un'unica censura. Resiste con controricorso la parte intimata che propone impugnazione incidentale assistita da due motivi cui si oppone con controricorso la menzionata società. Le parti depositano memoria difensiva. Motivi della decisione I ricorsi vanno preliminarmente riuniti riguardando l'impugnazione della stessa sentenza. Con l'unico motivo del ricorso principale la società, deducendo violazione dell'art. 12 preleggi cc in relazione all'art. 4, comma 9, della legge numero 223 del 1991 ed insufficiente nonché erronea motivazione, formula il seguente quesito se risponde o meno alla ratio dell'art. 4 comma IX della legge numero 223, interpretato secondo il canone ermeneutica principe di cui all'art. 12 delle preleggi del codice civile, una comunicazione di chiusura della procedura contenente, in relazione a ciascun lavoratore interessato dal licenziamento nella specifica ed individuata unità produttiva il nominativo, il luogo di residenza, la qualifica, il livello d'inquadramento, l'età, il carico di famiglia nonché il dettaglio sui criteri di scelta applicati ai sensi dell'art. 5 legge numero 223, oltre ad essere corredata dalla copia dell'accordo di mobilità, della comunicazione ex art. 4 comma III legge numero 223 e dall'elenco di tutti lavoratori complessivamente ritenuti in eccedenza con la rispettiva collocazione aziendale, rapporti al numero del personale abitualmente impiegato in relazione ai profili professionali dei lavoratori eccedenti . Osserva, preliminarmente, il Collegio che il motivo in esame, con il quale si deducono contemporaneamente violazione di legge e vizi di motivazione è solo in parte ammissibile. Infatti la censura non è esaminabile in relazione al dedotto vizio di motivazione in quanto, a parte ogni considerazione circa l'ammissibilità della contemporanea deduzione di violazione di legge e di vizio di motivazione - pur negata da alcune sentenze di questa Corte Cass. 11 aprile 2008 numero 9470 e 23 luglio 2008 numero 20355 e ancora nello stesso senso 29 febbraio 2008 numero 5471, Cass. 31 marzo 2009 numero 7770 - vi è di contro il rilevo assorbente che manca la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione Cass. 1 ottobre 2007 numero 2063 che si deve sostanziare in una sintesi riassuntiva omologa al quesito di diritto cfr. Cass. 25 febbraio 2009 numero 4556, Cass. S.U. 18 giugno 2008 numero 16528 e Cass. S.U. 1 ottobre 2007 numero 2063. Né del resto può demandarsi a questa Corte di estrapolare dai vari quesiti di diritto e dalla parte argomentativa quali passaggi siano riferibili al vizio di motivazione e quali al violazione di legge, diversamente sarebbe elusa la ratio dell'art. 366 bis cpc. Tanto, d'altro canto, corrisponde alla regola della specificità dei motivi del ricorso ex art. 366 numero 4 cpc. Né è consentito a questa Corte di sostituirsi alla parte nella individuazione concreta della situazione di fatto sottesa alla censura Cass. 23 marzo 2005 numero 6225 . Pertanto in difetto della relativa specificazione la denuncia deve considerarsi per come limitata alla deduzione del solo vizio di violazione di legge Cass. 9 marzo 2009 numero 5624 . In tal modo delimitato l'ambito del sindacato devoluto a questa Corte di legittimità va, altresì, precisato, in via preliminare, che non è possibile desumere il quesito dal contenuto del motivo o integrare il prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa Cass. 15499/04, 16312/05, 10127/06 e 4178/07 . Ed è appunto quest'ultima ipotesi che ricorre nel caso in esame nel quale si chiede a questa Corte di procedere ad un riesame della documentazione per verificare se questa sia o meno conforme a quanto prescritto della legge. Con il primo motivo del ricorso incidentale, deducendosi violazione dell'art. 112 cpc ed artt. 1223 cc e 18 della legge numero 300 del 1970, si pongono i seguenti quesiti 1. se in caso di dichiarazione d'inefficacia del licenziamento con applicazione dell'art. 18 St.Lav. il Giudice non possa limitare l'importo per l'indennità risarcitoria al periodo intercorrente fra la data del licenziamento e quella del compimento del 65 anno, epoca del pensionamento, senza che vi sia stata alcuna allegazione o eccezione in tal senso da parte del datore di lavoro e senza avere accertato l'effettiva percezione della pensione da parte del lavoratore e dell'entità della medesima 2. se in caso di dichiarazione d'inefficacia del licenziamento con applicazione dell'art. 18 St. Lav. il Giudice non possa escludere il diritto del lavoratore al risarcimento del danno per il periodo successivo al pensionamento, anche in caso di effettiva riscossione della pensione . Con la seconda censura del ricorso incidentale, proposta in via subordinata rispetto alla prima, denunciandosi violazione degli artt. 2118 cc, 4 della legge numero 108 del 1990 e 18 della legge numero 300 del 1970 nonché difetto di motivazione, si articola in seguente quesito se il raggiungimento da parte del lavoratore dell'età di 65 anni non comporti l'automatica cessazione del rapporto di lavoro subordinato . Premesso che il ricorrente incidentale, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente principale, non è privo d'interesse all'impugnazione del capo della sentenza relativo alle conseguenze economiche afferenti l'accertata illegittimità del licenziamento, essendo stato il risarcimento del danno limitato dal giudice di appello a quelli prodotti sino al compimento del 65 anno di età e non fino alla effettiva reintegrazione nel posto di lavoro, la Corte, innanzitutto, richiama quanto rilevato, in via pregiudiziale relativamente all'esame del ricorso principale, difettando, anche in questo caso, quanto alla dedotto vizio di motivazione, la specifica indicazione del fatto controverso, e pertanto le censure vanno intese per come limitate alla deduzione del vizio di cui ai numeri 3 e 4 dell'art. 360 cpc. Ciò precisato rileva il Collegio che la prima censura del ricorso incidentale è infondata atteso che il quesito, alla cui stregua va apprezzato, come detto innanzi, il motivo muove dal presupposto che, nella sentenza impugnata, la limitazione del danno sia stata correlata al pensionamento ovvero alla percezione della pensione. Di contro il dictum della decisione di secondo grado si fonda sulla limitazione del danno esclusivamente in ragione del compimento del 65 anno di età, epoca del pensionamento e tanto, quindi, a prescindere dalla considerazione che effettivamente vi sia stato o meno l'effettivo pensionamento del F La sentenza impugnata che, invece, ha limitato il risarcimento del danno de quo sino al compimento dell'età di 65 anni di età, per il solo fatto del compimento di tale età del lavoratore, non è, pertanto, conforme al diritto. In conclusione il ricorso principale va rigettato, il primo motivo del ricorso incidentale va respinto ed il secondo motivo di detto ricorso va accolto e conseguentemente la sentenza impugnata, in relazione a tale motivo, va cassata, con rinvio alla stessa Corte di appello in diversa composizione che, decidendo anche sulle spese del presente giudizio di legittimità, si adeguerà al principio sopra richiamato. P.Q.M. La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale ed accoglie il secondo motivo del ricorso incidentale rigettando il primo motivo del ricorso incidentale. Cassa in relazione al motivo accolto la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione.