Conto corrente e nullità della CTU: la parola alle Sezioni Unite

La consulenza tecnica d’ufficio è, come risaputo, strumento di diffusissima applicazione, specie nel contenzioso bancario. Con l’ordinanza n. 8924/21 del 31 marzo la Prima Sezione Civile affronta il tema della nullità della CTU per avere l’ausiliario utilizzato un documento non ritualmente acquisito nel processo.

Dopo aver ripercorso le opposte tesi sul rilievo officioso ovvero su istanza di parte della nullità della consulenza tecnica, la Corte — in considerazione della rilevanza sistematica della questione, peraltro gravida di conseguenze pratico-operative — ha ritenuto necessario l’intervento delle Sezioni Unite. Il caso. Una società a responsabilità limitata, assieme ai suoi fideiussori, contesta innanzi al Tribunale di Monza l’operatività di conto corrente chiedendo la rideterminazione del saldo per effetto della nullità di alcune clausole tasso interessi su piazza, anatocismo, commissione di massimo scoperto . La banca convenuta, oltre a confutare ogni doglianza avversaria, propone domanda riconvenzionale. Il Tribunale, previo espletamento di consulenza tecnica d'ufficio, accerta la nullità delle ridette clausole e condanna i clienti a pagare alla banca una minor somma rispetto a quella indicata in riconvenzionale. La Corte d’Appello di Milano dichiara inammissibile il gravame della società correntista e dei fideiussori. Di qui il ricorso per cassazione. La contestazione della CTU le barriere processuali. Con il secondo motivo di ricorso viene denunciata la nullità della consulenza tecnica d'ufficio, della sentenza e del processo di primo grado. Ad avviso, infatti, dei ricorrenti l’accertamento peritale e la prima sentenza sarebbero affetti da nullità per violazione del contraddittorio, essendo incentrati sulla valutazione di un documento la richiesta di fido che non sarebbe stato ritualmente acquisito al processo poiché allegato alla relazione del consulente oltre le preclusioni di cui all'art. 183 c.p.c. Documento questo assolutamente rilevante ai fini del decidere in quanto recante la previsione delle clausole pattizie inerenti il calcolo degli interessi debitori a sfavore della correntista, debitrice principale dell'istituto di credito. Sul punto, il Tribunale aveva affermato che il consulente era stato autorizzato ad acquisire eventuali documenti mancanti e che il relativo provvedimento non era mai stato contestato. Nella stessa direzione anche il secondo Giudice l'eccezione d’illegittimità dell’allegazione documentale in questione era stata cioè formulata tardivamente in udienza interlocutoria dopo il deposito della relazione tecnica. Ad avviso dei ricorrenti siffatte statuizioni si porrebbero in contrasto con il disposto dell'art. 198 c.p.c. a tenore del quale il consulente può esaminare documenti o registri non prodotti in causa, ed anche farne menzione nei processi verbali e nella relazione ma solo ed esclusivamente con il consenso di tutte le parti. Conseguentemente, il consulente, nel caso di specie avrebbe dovuto comunicare il profilo documentale agli avvocati delle parti, onde verificare se le stesse fossero concordemente favorevoli alla relativa acquisizione. Rilievo officioso della nullità oppure acquiescenza alla CTU? Osserva la Corte di Cassazione che nel caso in esame il Tribunale prima, la Corte d'Appello poi, hanno rilevato la prestata acquiescenza della parte interessata al rilievo della nullità, ai sensi dell’art. 157, comma 3 c.p.c., sul presupposto che si tratti di una nullità relativa che, in quanto tale, deve essere eccepita dalla parte interessata nella prima istanza o difesa successiva all'atto o alla notizia di esso , ai sensi del secondo comma della medesima disposizione, non potendo la nullità in questione essere rilevata dal giudice d'ufficio. Puntualizzano i Giudici di legittimità che la questione della tardiva acquisizione del documento suindicato non risulta essere stata sollevata neppure dal consulente di parte dei ricorrenti e che la censura non è idonea a superare il rilievo dei giudici di prima e seconda istanza. Tuttavia, sulla natura giuridica della nullità della consulenza tecnica di ufficio, e sul conseguente rilievo officioso, o su istanza di parte della stessa, si è verificato un contrasto nella giurisprudenza di legittimità. Primo orientamento il rilievo di parte . Ricorda la Prima Sezione che secondo l'orientamento tradizionale tutte le ipotesi di nullità della consulenza tecnica, ivi ricompresa quella dovuta all'eventuale allargamento dell'indagine tecnica oltre i limiti delineati dal giudice o consentiti dai poteri che la legge conferisce al consulente, nonché quella dell'avere tenuto indebitamente conto di documenti non ritualmente prodotti in causa, hanno sempre carattere relativo, e devono essere fatte valere dalla parte interessata nella prima udienza successiva al deposito della relazione, restando altrimenti sanate Cass. n. 1985/65 Cass. n. 517/1968 Cass. n. 497/17 Cass. n. 538/1975 Cass. n. 1058/1980 Cass. n. 3743/1984 Cass. n. 8659/1999 Cass. n. 5422/2002 Cass. n. 12231/2002 Cass. n. 2251/2013 Cass. n. 15747/18 . Il carattere relativo della nullità esclude l'ammissibilità di un rilievo officioso da parte del giudicante. Secondo orientamento il rilievo d’ufficio . A questo orientamento, osserva la Suprema Corte, si contrappone una recente decisione, secondo cui, in tema di consulenza tecnica di ufficio, lo svolgimento di indagini peritali su fatti estranei al thema decidendum della controversia o l'acquisizione ad opera dell'ausiliare di elementi di prova in violazione del principio dispositivo, cagiona la nullità della consulenza tecnica, da qualificare come nullità a carattere assoluto , rilevabile d'ufficio e non sanabile per acquiescenza delle parti, in quanto le norme che stabiliscono preclusioni, assertive ed istruttorie, nel processo civile sono preordinate alla tutela di interessi generali, non derogabili dalle parti. Secondo detta pronuncia, in virtù del principio dispositivo e dell'operare nel processo civile di preclusioni, assertive ed istruttorie, l'ausiliare del Giudice, nello svolgimento delle proprie attività, non può - nemmeno in presenza di ordine del Giudice o di acquiescenza delle parti - indagare di ufficio su fatti mai ritualmente allegati da queste ultime, né acquisire di sua iniziativa la prova dei fatti costitutivi delle domande o delle eccezioni proposte e nemmeno procurarsi, dalle parti o dai terzi, documenti che forniscano tale prova. Alla regola appena esposta può derogarsi soltanto quando la prova del fatto costitutivo della domanda o dell'eccezione non possa essere oggettivamente fornita dalle parti con i mezzi di prova tradizionali, postulando il ricorso a cognizioni tecnico scientifiche, oppure laddove la consulenza si renda necessaria per la prova di fatti tecnici accessori o secondari e di elementi di riscontro della veridicità delle prove già prodotte dalle parti Cass. n. 31886/2019 che richiama Cass. n. 16800/2018 e Cass. n. 7270/2008 . Ciò in coerenza col sistema delle preclusioni, assertive ed asseverative che attualmente informa il processo civile ed è preordinato alla tutela di interessi generali. In questa prospettiva le norme che prevedono preclusioni assertive od istruttorie nel processo civile sono, per vero, preordinate a tutelare interessi generali, e la loro violazione è sempre rilevabile d'ufficio, anche in presenza di acquiescenza della parte legittimata a dolersene. Il contrasto giurisprudenziale e la rimessione al Primo Presidente. Aggiungono i Giudici di legittimità che, ad avviso della menzionata sentenza n. 31886/2019, se la violazione delle preclusioni assertive ed istruttorie non è sanata dall'acquiescenza delle parti, ed è rilevabile d'ufficio, non è possibile continuare a sostenere che tali violazioni nuocciano all'interesse generale, e siano causa di nullità assoluta, se commesse dalle parti ledano invece un interesse particolare, e siano causa d'una mera nullità relativa , se commesse dal c.t.u. . In questa direzione, osserva la Prima Sezione, tra le nullità relative non potrebbero, dunque, più farsi rientrare quelle nullità consistite nella violazione, da parte del c.t.u., del principio dispositivo, commessa vuoi indagando su fatti mai prospettati dalle parti, vuoi acquisendo da queste ultime o da terzi documenti che erano nella disponibilità delle parti, e che non furono tempestivamente prodotti. Quest'ultimo tipo di nullità, infatti, consiste nella violazione di norme gli artt. 112, 115 e 183 c.p.c. dettate a tutela di interessi generali, come sopra ricordato si tratta dunque di nullità assolute e non relative non sanabili dall'acquiescenza delle parti sempre rilevabili d'ufficio salvo il giudicato , a nulla rilevando che non siano eccepite nella prima difesa successiva al compimento dell'atto nullo . La divergenza di indirizzi ermeneutici, involgendo i principi fondamentali del processo civile e uno strumento - lato sensu istruttorio - di diffusissima applicazione, quale la consulenza tecnica di ufficio, ha indotto alla rimessione della questione all'esame del Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione perché valuti la sua eventuale assegnazione alle Sezioni Unite Civili.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza interlocutoria 12 gennaio – 31 marzo 2021, n. 8924 Presidente De Chiara – Relatore Valitutti Fatti di causa 1. Con atto di citazione notificato l'11 marzo 2013, la Autopisani s.r.l., P.D., in proprio e nella qualità di fideiussore della debitrice principale, e G.A.L., nella qualità di fideiussore della debitrice principale, convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Monza, il Banco Desio e della Brianza s.p.a., chiedendo la rideterminazione - per effetto della nullità di clausole varie tasso interessi su piazza, anatocismo, commissione di massimo scoperto - del saldo del conto corrente intrattenuto con l'istituto di credito convenuto. Instauratosi il contraddittorio, la banca si costituiva, contestando la domanda attorea e proponendo domanda riconvenzionale, con la quale chiedeva la condanna degli attori al pagamento della somma di Euro 1.245.336,08, a titolo di saldo passivo del conto corrente. Il Tribunale adito, con sentenza n. 423/2016, accertava la nullità delle clausole relative al tasso di interessi su piazza, all'anatocismo, ed alla commissione di massimo scoperto, e - in parziale accoglimento di entrambe le domande e previo espletamento di una consulenza tecnica d'ufficio - condannava i clienti a pagare alla banca la minor somma di Euro 833.749,18. 2. La Corte d'appello di Milano, con ordinanza n. 4134/2016, depositata il 19 ottobre 2016, dichiarava inammissibile, ai sensi degli artt. 348 bis e 348 ter c.p.c., il gravame principale della correntista e dei fideiussori, sul rilievo della probabile infondatezza dei motivi di appello, restando assorbito l'appello incidentale condizionato proposto dalla banca. 3. Avverso l'ordinanza n. 4134/2016 della Corte d'appello di Milano e la sentenza n. 423/2016, emessa dal Tribunale di Monza, hanno pertanto proposto ricorso per cassazione la Autopisani s.r.l., P.D. ed G.A.L., affidato a tre motivi. L'intimato Banco Desio e della Brianza s.p.a. non ha svolto attività difensiva. Ragioni della decisione 1. Va rilevato che, con il secondo motivo di ricorso - che riveste valore decisivo, ai fini della risoluzione della controversia - la Autopisani s.r.l., P.D. ed G.A.L. denunciano la nullità della consulenza tecnica d'ufficio, della sentenza e del procedimento di primo grado. 1.1. Assumono, invero, gli istanti che l'accertamento peritale e la decisione di primo grado - confermata in appello - che su di esso si è fondata, sarebbero affetti da nullità radicale per violazione del contraddittorio, essendo incentrati sulla valutazione di un documento, la richiesta di fido in data OMISSIS , che non sarebbe stato ritualmente acquisito al processo, poichè allegato alla relazione del consulente d'ufficio ben oltre le preclusioni di cui all'art. 183 c.p.c. p. 8 del ricorso . Si tratterebbe, peraltro, di un documento assolutamente rilevante per la decisione, in quanto conterrebbe la previsione delle clausole pattizie inerenti il calcolo degli interessi debitori a sfavore della correntista, debitrice principale dell'istituto di credito. 1.2. Il Tribunale - la cui pronuncia è stata impugnata con ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 348 ter c.p.c., comma 3 - aveva affermato, al riguardo, che il consulente era stato autorizzato, con ordinanza del 16 gennaio 2014, ad acquisire, in corso di svolgimento della consulenza, eventuali documenti mancanti, e che tale provvedimento non era mai stato contestato. Il primo giudice aveva, altresì, rilevato che nessun tempestivo rilievo è stato effettuato sul punto alla relazione di consulenza tecnica d'ufficio dalla parte interessata, e neppure alla precedente bozza, ritualmente sottoposta alle parti per eventuali osservazioni. 1.2. Tale statuizione è stata confermata dalla Corte d'appello, la quale ha rilevato che l'eccezione di illegittimità dell'allegazione documentale in questione era stata formulata, del tutto genericamente, solo tardivamente in un'udienza interlocutoria dopo il deposito della relazione di c.t.u., quando nel verbale di c.t.u. invece si dava atto dell'introduzione di detto documento con l'assenso del c.t. di parte . La Corte ha rilevato, inoltre, che in sede di precisazione delle conclusioni tale eccezione non era stata reiterata, sicchè la sua riproposizione in appello doveva ritenersi inammissibile. Ad ogni buon conto, il giudice di appello ha confermato i rilievi operati dal Tribunale circa il fatto che l'acquisizione di ulteriore documentazione, non prodotta nel giudizio, era stata autorizzata con ordinanza del 16 gennaio 2014, provvedimento che non aveva mai costituito oggetto di impugnazione da parte degli appellanti. 1.3. I ricorrenti rilevano, per converso, che siffatte statuizioni si porrebbero in contrasto con il disposto dell'art. 198 c.p.c., a tenore del quale il consulente ben può esaminare documenti o registri non prodotti in causa, ed anche farne menzione nei processi verbali e nella relazione di cui all'art. 195 c.p.c., ma solo ed esclusivamente con il consenso di tutte le parti. Per il che, nel caso di specie, il consulente, ancor prima di rendere il documento oggetto di contestazione parte integrante della propria bozza , avrebbe dovuto comunicarlo agli avvocati delle parti, onde verificare se le stesse fossero concordemente favorevoli alla sua acquisizione e menzione nei verbali e nella relazione peritale. Ma a tanto l'ausiliario non aveva provveduto, e nessun consenso era stato, quindi, prestato, al riguardo, dai ricorrenti. Nè la carenza di tali presupposti, per la valutazione del documento in questione, avrebbe potuto essere sanata dal menzionato provvedimento autorizzativo del giudicante, che, peraltro, si sarebbe limitato a riservare l'acquisizione di ulteriori documenti nell'ambito della c.t.u. , ma non ne avrebbe autorizzato senz'altro l'acquisizione, senza il concorso dei suindicati presupposti di legge. La violazione in parola sarebbe stata eccepita dalla difesa degli odierni ricorrenti all'udienza del 21 maggio 2015, la prima utile dopo il deposito della relazione di consulenza, nel cui verbale la difesa degli istanti contestava la tardiva introduzione del documento senza il consenso delle parti e formulava istanza di ricusazione del c.t.u. . 2. Orbene, da quanto suesposto risulta evidente che il Tribunale prima, la Corte d'appello poi, hanno rilevato la prestata acquiescenza della parte interessata al rilievo della nullità, ai sensi dell'art. 157 c.p.c., comma 3, sul presupposto che si tratti di una nullità relativa che, in quanto tale, deve essere eccepita dalla parte interessata nella prima istanza o difesa successiva all'atto o alla notizia di esso , ai sensi del comma 2, della medesima disposizione, non potendo la nullità in questione essere rilevata dal giudice d'ufficio. 2.1. A tale rilievo, operato dai giudici di primo e secondo grado, i ricorrenti hanno opposto - del tutto genericamente - di avere contestato l'acquisizione tardiva del documento nella prima udienza utile successiva al deposito della relazione di consulenza, senza, peraltro, riprodurre nel ricorso il contenuto del relativo verbale, al fine di consentire a questa Corte di verificare la portata effettiva di tale contestazione che, peraltro, stando alla stessa prospettazione dei ricorrenti, sembra finalizzata piuttosto alla ricusazione del consulente, che non a far valere la nullità della relazione peritale depositata agli atti. Di più, la questione della tardiva acquisizione del documento suindicato non risulta essere stata sollevata neppure dal consulente di parte degli odierni ricorrenti, nelle sue osservazioni alla bozza di relazione sottopostagli dal consulente d'ufficio trascritte, nella parte essenziale, nel ricorso , che già menzionava il documento in parola. 2.2. La censura non è idonea, pertanto, a superare il rilievo dei giudici di prima e seconda istanza, secondo i quali vi sarebbe stata una acquiescenza della correntista e del fideiussori - interessati a farla valere - alla nullità della consulenza tecnica d'ufficio, non essendo stata detta nullità eccepita tempestivamente, ai sensi dell'art. 157 c.p.c., comma 2 e, trattandosi di nullità relativa, non ne sarebbe possibile il rilievo d'ufficio da parte del giudice, ai sensi dell'art. 157 c.p.c., commi 2 e 3. 3. E tuttavia, deve rilevarsi che sulla questione oggetto della censura, ed in particolare sulla natura giuridica della nullità della consulenza tecnica di ufficio, e sul conseguente rilievo officioso, o su istanza di parte della stessa, si è verificato un contrasto nella giurisprudenza di questa Corte. 3.1. Secondo l'orientamento tradizionale, invero, tutte le ipotesi di nullità della consulenza tecnica, ivi ricompresa quella dovuta all'eventuale allargamento dell'indagine tecnica oltre i limiti delineati dal giudice o consentiti dai poteri che la legge conferisce al consulente, nonchè quella - ricorrente nella specie - dell'avere tenuto indebitamente conto di documenti non ritualmente prodotti in causa, hanno sempre carattere relativo, e devono essere fatte valere dalla parte interessata nella prima udienza successiva al deposito della relazione, restando altrimenti sanate Cass., Sez. 2, 11/09/1965, n. 1985 Cass., Sez. 3, 14/02/1968, n. 517 Cass., Sez. 1, 27/02/1971, n. 497 Cass., Sez. 1, 11/02/1975, n. 538 Cass., Sez. 1, 14/02/1980, n. 1058 Cass., Sez. Lav. 26/06/1984, n. 3743 Cass. Sez, Lav., 14/08/1999, n. 8659 Cass., Sez. 2, 15/04/2002, n. 5422 Cass., Sez. 2, 19/08/2002, n. 12231 Cass., Sez. 3, 31/01/2013, n. 2251 Cass., Sez. 3, 15/06/2018, n. 15747 . Il carattere relativo della nullità esclude, per vero, in radice l'ammissibilità di un rilievo officioso da parte del giudicante. 3.2. A tale consolidato indirizzo si contrappone, tuttavia, una recente decisione, secondo cui, in tema di consulenza tecnica di ufficio, lo svolgimento di indagini peritali su fatti estranei al thema decidendum della controversia o l'acquisizione ad opera dell'ausiliare di elementi di prova - nel caso di specie, un documento - in violazione del principio dispositivo, cagiona la nullità della consulenza tecnica, da qualificare come nullità a carattere assoluto , rilevabile d'ufficio e non sanabile per acquiescenza delle parti, in quanto le norme che stabiliscono preclusioni, assertive ed istruttorie, nel processo civile sono preordinate alla tutela di interessi generali, non derogabili dalle parti. Ed invero, secondo la pronuncia in esame, in virtù del principio dispositivo e dell'operare nel processo civile di preclusioni, assertive ed istruttorie, l'ausiliare del giudice, nello svolgimento delle proprie attività, non può - nemmeno in presenza di ordine del giudice o di acquiescenza delle parti indagare di ufficio su fatti mai ritualmente allegati da queste ultime, nè acquisire di sua iniziativa la prova dei fatti costitutivi delle domande o delle eccezioni proposte e nemmeno procurarsi, dalle parti o dai terzi, documenti che forniscano tale prova. Alla regola sopra enunciata può, invero, derogarsi soltanto quando la prova del fatto costitutivo della domanda o dell'eccezione non possa essere oggettivamente fornita dalle parti con i mezzi di prova tradizionali, postulando il ricorso a cognizioni tecnico-scientifiche, oppure laddove la consulenza si renda necessaria per la prova di fatti tecnici accessori o secondari e di elementi di riscontro della veridicità delle prove già prodotte dalle parti. Cass., 06/12/2019, n. 31886 . 3.3. La pronuncia muove dal rilievo che il principio secondo cui le nullità della consulenza restano sanate, se non eccepite nella prima difesa utile, venne in origine affermato con riferimento sempre e soltanto ad un tipo di nullità ben precisa quella derivante dall'omissione dell'avviso ad una delle parti della data di inizio delle operazioni peritali . Per tale tipo di nullità era parso del tutto corretto - e sul punto la decisione succitata concorda - riservare alla parte, il cui diritto di difesa era stato vulnerato dall'omissione della comunicazione di avvio delle operazioni peritali, di eccepire la nullità della consulenza d'ufficio, secondo la disciplina delle nullità relative. Senonchè, successivamente, quel principio venne esteso anche ad altre ipotesi di nullità della consulenza, ed in particolare al caso di svolgimento di indagini peritali su fatti estranei al thema decidendum o, più spesso, di acquisizione da parte del c.t.u. di documenti non ritualmente prodotti dalle parti . 3.4. Tuttavia - osserva la sentenza succitata - tale impostazione costituiva il logico corollario della strutturazione senza barriere del giudizio di cognizione delineato dall'originario impianto del codice processuale, perchè in quel tipo di processo tutte le nullità istruttorie non potevano che essere relative, non prevedendo la legge alcun termine perentorio per compierle , ma non è più coerente con il sistema delle preclusioni, assertive ed asseverative, che attualmente informa il processo civile ed è preordinato alla tutela di interessi generali. Le norme che prevedono preclusioni assertive od istruttorie nel processo civile sono, per vero, preordinate a tutelare interessi generali, e la loro violazione è sempre rilevabile d'ufficio, anche in presenza di acquiescenza della parte legittimata a dolersene. Ed al riguardo la sentenza in esame richiama le pronunce di questa Corte in tal senso ex multis, Cass., Sez. 3, 26/06/2018, n. 16800 Cass., Sez. 3, 18/03/2008, n. 7270 . 3.5. Ad avviso della menzionata sentenza n. 31886/2019, pertanto, se la violazione delle preclusioni assertive ed istruttorie non è sanata dall'acquiescenza delle parti, ed è rilevabile d'ufficio, non è possibile continuare a sostenere che tali violazioni nuocciano all'interesse generale, e siano causa di nullità assoluta, se commesse dalle parti ledano invece un interesse particolare, e siano causa d'una mera nullità relativa , se commesse dal c.t.u. . Tra le nullità relative non potrebbero, dunque, più farsi rientrare - in disparte altre forme di nullità, come quelle derivanti dalla mancata comunicazione della data di inizio delle operazioni peritali, o dalla mancata comunicazione della bozza della relazione ai difensori delle parti, o dall'ammissione alle operazioni peritali di un difensore privo di mandato, che resterebbero tali - quelle nullità consistite nella violazione, da parte del c.t.u., del principio dispositivo, commessa vuoi indagando su fatti mai prospettati dalle parti, vuoi acquisendo da queste ultime o da terzi documenti che erano nella disponibilità della parti, e che non furono tempestivamente prodotti. Quest'ultimo tipo di nullità, infatti, consiste nella violazione di norme gli artt. 112,115 e 183 c.p.c. dettate a tutela di interessi generali, come sopra ricordato si tratta dunque di nullità assolute e non relative non sanabili dall'acquiescenza delle parti sempre rilevabili d'ufficio salvo il giudicato , a nulla rilevando che non siano eccepite nella prima difesa successiva ai compimento dell'atto nullo . 4. Tanto premesso, ad avviso del Collegio, il contrasto di giurisprudenza, venutosi a creare sulla questione oggetto di rimessione, e che ha un'incidenza decisiva nel presente giudizio, richiede un intervento delle Sezioni Unite, atteso che la divergenza di indirizzi ermeneutici in tal modo evidenziata si palesa, per un verso, di notevole rilevanza sistematica, involgendo i principi fondamentali del processo civile, e, d'altro canto, è gravida di considerevoli conseguenze pratico-operative, giacchè afferisce al regime dei vizi inficianti uno strumento - lato sensu istruttorio - di diffusissima applicazione, quale la consulenza tecnica di ufficio. 5. Per tali ragioni, la causa va, pertanto, rimessa all'esame del Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione perchè valuti la sua eventuale assegnazione alle Sezioni Unite Civili, in quanto essa presuppone la necessaria soluzione di una questione decisa in senso difforme dalle sezioni semplici, ai sensi dell'art. 374 c.p.c., comma 2, u.p P.Q.M. Rimette la causa al Primo Presidente, per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite Civili.