Segnalazione in Centrale dei Rischi: quando può ritenersi corretta?

La Suprema Corte di Cassazione, con ordinanza n. 3130 del 9 febbraio 2021, fornisce utilissime indicazioni per capire se la banca abbia correttamente o meno segnalato alla Centrale dei Rischi l’inadempimento di una obbligazione del cliente.

La segnalazione alla Centrale dei Rischi deve restare conseguenza giuridica dell’inadempimento colposo del cliente non può diventare conseguenza giuridica dell’avere sollevato il cliente in buona fede eccezioni stragiudiziali di nullità del contratto. In questi termini si è espressa la Terza Sezione Civile che ha enunciato il seguente principio di diritto per stabilire se una banca abbia correttamente o meno segnalato alla Centrale dei Rischi l'inadempimento d'una obbligazione del cliente, non è sufficiente valutare ex post se, all'esito del giudizio tra banca e cliente, le eccezioni da questi frapposte all'adempimento dei propri obblighi si siano rivelate infondate è necessario invece stabilire, con valutazione ex ante, se al momento in cui il cliente ha rifiutato l'adempimento delle proprie obbligazioni i motivi del rifiuto apparissero oggettivamente non infondati, e prospettati in buona fede. L'onere della relativa prova grava su chi domanda il risarcimento del danno da illegittima segnalazione alla Centrale dei Rischi . I fatti di causa. Il giudizio in esame prese avvio dalla notifica di un atto di precetto notificato da una banca per ottenere dai propri debitori e dai datori di ipoteca il pagamento di una somma di denaro quale residuo di non mutuo non interamente restituito. Gli intimati proposero conseguentemente opposizione al precetto lamentando I l'erroneità del calcolo degli onorari professionali dovuti al difensore della banca precettante II la violazione del divieto di anatocismo III la nullità per indeterminatezza delle clausole contrattuali di pattuizione del saggio di interesse dovuto dal mutuatario IV la violazione della legge antiusura. Gli intimati chiesero, infine, la condanna della banca al risarcimento del danno patito in conseguenza della segnalazione dei rispettivi nominativi alla Centrale dei rischi. Il Tribunale di Trento rigetto l’opposizione. La Corte di Appello di Trento respinse il gravame interposto sulla base delle seguenti considerazioni A la clausola di pattuizione degli interessi tanto corrispettivi, quanto moratori non avrebbe potuto ritenersi nulla per indeterminatezza, in quanto il contratto prevedeva una normale clausola di variabilità del saggio degli interessi, stabilendone i criteri e il numero delle rate B la clausola di pattuizione degli interessi moratori non avrebbe potuto ritenersi nulla per violazione della legge antiusura, in quanto anche nel caso di totale inadempimento da parte del mutuatario il tasso annuo effettivo globale sarebbe rimasto inferiore al tasso soglia C la ritenuta validità del contratto comportava il rigetto della domanda di risarcimento del danno per legittima segnalazione alla Centrale rischi. Di qui il ricorso per cassazione avanzato dagli originari opponenti e articolato su tre motivi. I primi due, relativi al divieto di anatocismo e al superamento del tasso soglia, vengono dichiarati dalla Corte inammissibili. Con il terzo, i ricorrenti hanno sostenuto che non sarebbe sufficiente il mero rifiuto del debitore di adempiere la propria obbligazione perché la banca possa ritenersi legittimata ad inviare una segnalazione di sofferenza alla Centrale dei Rischi. Detto motivo viene accolto dalla Corte di legittimità poiché ritenuto fondato. Segnalazione in Centrale dei Rischi il contesto normativo di riferimento. Ricorda, anzitutto, la Corte di Cassazione che la segnalazione di insoluti o sofferenze, da parte delle banche e degli intermediari finanziari, alla banca dati denominata Centrale dei Rischi gestita dalla Banca d'Italia c.d. servizio di centralizzazione dei rischi è disciplinata da un coacervo di norme prevalentemente secondarie stratificate. La materia in esame venne originariamente regolata dalla Delibera CICR del 16 maggio 1962 e dal Decreto del Ministro del Tesoro 2 aprile 1991, ai sensi dell'art. 32, lett. h, del R.D.L. 12 marzo 1936, n. 375 abrogato dal d. lgs. 385/93 . La segnalazione dei crediti insoluti è oggi disciplinata in via principale 1 dagli artt. 53, comma 1, lettera b , 67, comma 1, lettera b e 108 TUB i quali hanno attribuito alla Banca il potere di emanare, su conforme deliberazione del CICR, disposizioni di carattere generale nei confronti delle banche e degli intermediari finanziari, aventi a oggetto il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni 2 dalla Delibera del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio del 29 marzo 1994, con la quale è stato affidato alla Banca d'Italia il servizio di centralizzazione dei rischi creditizi, con il potere di determinare le modalità con cui gli enti erogatori di credito debbono comunicare periodicamente l'esposizione nei confronti dei propri affidati 3 dal Decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze, nella veste di Presidente del CICR, delll’11 luglio 2012, n. 663, il quale ha ribadito la delega alla Banca d'Italia a disciplinare con proprio regolamento il funzionamento della Centrale Rischi 4 dalle Istruzioni e Circolari emanate dalla Banca d'Italia in particolare, dalle Istruzioni per gli intermediari creditizi di cui alla Circolare della Banca d'Italia 11 febbraio 1991 n. 139, più volte modificata, da ultimo con il 19° Aggiornamento, in vigore dal 1° marzo 2020. Le suddette Istruzioni costituiscono, precisa la Corte, il corpus centrale della disciplina, poiché dettano i princìpi e le regole operative per la segnalazione da parte degli intermediari finanziari. Rileva, infine, la Corte che I all'epoca dei fatti di causa anno 2011 la materia era disciplinata dalle suddette Istruzioni nel testo risultante dall'11° Aggiornamento del 29 aprile 2011 II il capitolo II, Sezione 2, § 1.5 delle Istruzioni stabiliva e ancora stabilisce che l'appostazione a sofferenza [di un credito insoluto] implica una valutazione da parte dell'intermediario della complessiva situazione finanziaria del cliente e non può scaturire automaticamente da un mero ritardo di quest'ultimo nel pagamento del debito. La contestazione del credito non è di per sé condizione sufficiente per l'appostazione a sofferenza . Quando è consentito agli intermediari segnalare il debitore alla Centrale Rischi. Chiarito il contesto normativo di riferimento, puntualizza la Corte di Cassazione che non è consentito agli intermediari creditizi segnalare il proprio debitore alla Centrale rischi sol perché questi sia inadempiente. Quella segnalazione presuppone che l'intermediario creditizio abbia invece riscontrato una situazione patrimoniale deficitaria, caratterizzata da una grave e non transitoria difficoltà economica equiparabile, anche se non coincidente, con la condizione d'insolvenza Cass. n. 15609 del 9 luglio 2014 . Diversamente argomentando, precisa la Corte, si perverrebbe al paradossale esito che anche il debitore il quale abbia sollevato un'eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. oppure quello che abbia opposto al creditore un controcredito in compensazione o ancora quello che intenda invocare l'annullabilità del contratto per vizio del consenso, si vedrebbero segnalati alla Centrale dei Rischi. La Corte di Cassazione ha premura di precisare che ciò non vuol dire che al debitore moroso basti invocare, anche pretestuosamente, la nullità del contratto o l'usurarietà del tasso soglia, per pretendere di essere risarcito in caso di segnalazione da parte della banca alla Centrale dei Rischi. Se, da un lato, la mala fede del debitore non può costituire uno schermo contro le conseguenze dell'inadempimento, dall'altro lato, è pur sempre necessario che il giudice chiamato a valutare la legittimità d’una segnalazione alla Centrale dei Rischi non si limiti a prendere atto che il debito oggetto della segnalazione era effettivamente dovuto, ma stabilisca con valutazione ex ante 1 dal punto di vista oggettivo, se le ragioni addotte dal debitore a fondamento del rifiuto di pagamento fossero sorrette almeno da un fumus di fondatezza 2 dal punto di vista soggettivo, se il debitore potesse ritenersi in buona fede nel momento in cui quelle ragioni ha accampato. Ad avviso della Corte il debitore non potrebbe pretendere di sottrarsi alle conseguenze giuridiche del proprio inadempimento tra le quali rientra anche la segnalazione alla Centrale dei Rischi sollevando eccezioni che egli ben sapeva essere pretestuose ovvero sollevando eccezioni senza accertare, con un minimo di diligenza, se esse fossero giuridicamente sostenibili. Sotto quest'ultimo aspetto, può costituire condotta colposa anche l’aver sollevato in sede stragiudiziale eccezioni rivelatesi infondate, senza preventivamente avere acquisito il parere di un esperto. Chiarite le regole da applicare per valutare se una segnalazione alla Centrale dei Rischi sia avvenuta in modo corretto, la Terza Sezione Civile rileva che, nella specie, la sentenza impugnata ha rigettato la domanda di risarcimento del danno formulata dagli attori limitandosi ad evidenziare che essi avevano motivato il proprio rifiuto di adempiere invocando la nullità del contratto sotto plurimi aspetti, e che tutte quelle eccezioni si erano rivelate infondate. Tuttavia, rimarca la Corte, la segnalazione alla Centrale dei Rischi deve restare una conseguenza giuridica dell'inadempimento colposo, e non può diventare una conseguenza giuridica dell'avere sollevato in buona fede eccezioni stragiudiziali di nullità del contratto. Stabilire se la banca abbia agito correttamente o meno, nel segnalare il nominativo del debitore alla Centrale dei rischi, è giudizio che non può fondarsi soltanto sull’accertata infondatezza delle eccezioni sollevate dal debitore, ma deve estendersi a valutare la meritevolezza delle ragioni invocate dal debitore a fondamento del rifiuto di adempiere, e la diligenza impiegata dalla banca nel valutarle. Di qui il principio di diritto sopra richiamato. Risarcimento del danno e onere della prova. Conclude la Corte il proprio limpido percorso motivazionale osservando che nel giudizio di risarcimento del danno da illegittima segnalazione alla Centrale dei Rischi l'onere della prova si ripartirà secondo le regole ordinarie sicché, trattandosi di illecito aquiliano, spetterà all’attore dimostrare sia la propria buona fede al momento in cui sollevò l'eccezione sia la colpa del creditore sia l'esistenza del danno sia il nesso di causa tra colpa e danno. Qualche recente precedente di legittimità in materia. Cass. 16 dicembre 2020, n. 28720, secondo cui l'indicazione dei nominativi dei soci illimitatamente responsabili di una s.n.c. nella centrale rischi è legittima in quanto indicati non a titolo personale e anche se non è precisato che i crediti sono contestati . Cass. 15 dicembre 2020, n. 28635 che ha stabilito che in tema di rapporti bancari, la segnalazione alla centrale rischi della Banca d'Italia della posizione di sofferenza del cliente ha quale presupposto una nozione levior di insolvenza rispetto a quella propria della materia fallimentare, sicché lo sbilanciamento tra l'attivo ed il passivo patrimoniale, pur non fornendo da solo la prova di detta insolvenza minor potendo essere superato dalla prospettiva di un favorevole andamento futuro degli affari, o da eventuali ricapitalizzazioni dell'impresa , deve essere comunque attentamente valutato, perché l'eventuale eccedenza del passivo sull'attivo patrimoniale costituisce uno dei tipici fatti esteriori rivelatori dell'impotenza dell'imprenditore a soddisfare le proprie obbligazioni a norma dell'art. 5 l.fall. Cass. 30 luglio 2020, n. 16409, che ha ritenuto che ai fini dell'obbligo di segnalazione al servizio per la centralizzazione dei rischi bancari cosiddetta centrale dei rischi - obbligo che incombe sulle banche - il credito può essere considerato in sofferenza allorché sia vantato nei confronti di soggetti in stato di insolvenza, pur non accertato giudizialmente, o che versino in situazioni sostanzialmente equiparabili. La nozione di insolvenza che si ricava dalle Istruzioni emanate dalla Banca d'Italia, sulla base delle direttive del C.I.C.R., che non si identifica con quella dell'insolvenza fallimentare, richiede di far riferimento a una valutazione negativa della situazione patrimoniale, apprezzabile come deficitaria , ovvero come grave difficoltà economica , senza implicazione del concetto di incapienza ovvero di definitiva irrecuperabilità . In altre parole, la segnalazione richiede una valutazione, da parte dell'intermediario, riferibile alla complessiva situazione finanziaria del cliente, che semplicemente non può scaturire dal mero ritardo nel pagamento del debito, certo evincibile da una grave difficoltà economica, ma non condizionata dalla necessità di riferimenti al concetto di incapienza o di irrecuperabilità del credito o a manifestazioni di volontà di non adempiere Cass. 1° luglio 2020, n. 13264 secondo cui in caso di errata segnalazione alla centrale rischi della Banca d'Italia, l'accertamento del danno causato dalla lesione del credito commerciale esige l'accertamento sia del nesso causale tra la condotta illecita e la contrazione dei finanziamenti o la perduta possibilità di accesso al credito sia del nesso causale tra la contrazione dei finanziamenti e il peggioramento dell'andamento economico del soggetto danneggiato. Per l'accertamento del secondo nesso è decisivo l'esame circa le pregresse condizioni economiche e patrimoniali della società che assume di essere stata danneggiata e deve quindi ritenersi viziata per omesso esame di un fatto decisivo la sentenza che non abbia preso in esame tale fatto materiale .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 14 ottobre 2020 – 9 febbraio 2021, n. 3130 Presidente Vivaldi – Relatore Rossetti Fatti di causa 1. La Banca di Trento e Bolzano s.p.a. in seguito incorporata nella Intesa Sanpaolo s.p.a. il 23 luglio 2012 notificò un atto di precetto ai propri debitori P.M. e D.B.L. , intimando loro il pagamento dell’importo di Euro 58.923,45 quale residuo di un mutuo non interamente restituito. Il precetto venne notificato altresì al terzi datori di ipoteca P.E. e B.L. . 2. Tutti e quattro gli intimati proposero opposizione a precetto dinanzi al Tribunale di Trento, lamentando stando a quanto riferito nel ricorso a l’erroneità del calcolo degli onorari professionali dovuti al difensore della banca precettante b la violazione del divieto di anatocismo c la nullità per indeterminatezza delle clausole contrattuali di pattuizione del saggio di interesse dovuto dal mutuatario d la violazione della legge antiusura. Chiesero altresì la condanna della banca al risarcimento del danno da essi patito in conseguenza della segnalazione dei rispettivi nominativi alla centrale dei rischi . 3. La banca resistette all’opposizione il Tribunale di Trento con sentenza 5 maggio 2014 n. 541 la rigettò. La sentenza venne appellata dalle parti soccombenti. Secondo quanto si legge nella sentenza d’appello, gli appellanti proposero tre motivi di gravame - con il primo motivo si dolsero del rigetto della domanda di nullità del contratto di mutuo per indeterminatezza della clausola di pattuizione degli interessi corrispettivi - con il secondo motivo si dolsero del rigetto della domanda di nullità della pattuizione di interessi di mora per violazione della legge antiusura - col terzo motivo si dolsero del rigetto della domanda di risarcimento del danno per legittima segnalazione alla centrale rischi. 4. La Corte d’appello di Trento con sentenza 24 gennaio 2017 n. 24 rigettò il gravame, ritenendo che - la clausola di pattuizione degli interessi tanto corrispettivi, quanto moratori non fosse nulla per indeterminatezza, in quanto il contratto prevedeva una normale clausola di variabilità del saggio degli interessi, stabilendone i criteri e il numero delle rate così la sentenza d’appello, pagina 14 - la clausola di pattuizione degli interessi moratori non fosse nulla per violazione della legge antiusura, in quanto anche nel caso di totale inadempimento da parte del mutuatario il tasso annuo effettivo globale sarebbe rimasto inferiore al tasso soglia, individuato dalla Corte d’appello nella misura dell’8,415% - la ritenuta validità del contratto comportava il rigetto della domanda di risarcimento del danno per legittima segnalazione alla centrale rischi. 5. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione dagli originari opponenti con ricorso fondato su tre motivi. Ha resistito con controricorso illustrato da memoria la Intesa Sanpaolo. Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte, con cui ha chiesto di rinviare la decisione, in attesa della attesa pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte, chiamate a dirimere la questione dell’applicabilità della legge antiusura agli interessi moratori. Ragioni della decisione 1. Va preliminarmente disattesa l’istanza di rinvio avanzata dal Procuratore Generale, giacché - per quanto si dirà - la questione della usurarietà degli interessi moratori nel presente giudizio è stata proposta in modo inammissibile. 2. Col primo motivo i ricorrenti lamentano che erroneamente la Corte d’appello avrebbe escluso la sussistenza nel caso di specie d’un patto anatocistico, e la conseguente nullità del contratto. 2.1. Il motivo è inammissibile. Nel giudizio di appello, secondo quanto si legge nella sentenza impugnata, non risulta essere stata riproposta la doglianza con cui i debitori avevano, in primo grado, sostenuto che il contratto di mutuo stipulato inter partes avrebbe violato il divieto di anatocismo. Secondo quanto riferito dalla sentenza d’appello, infatti, nel secondo grado del presente giudizio gli opponenti tornarono a insistere su due questioni soltanto a la nullità del patto di interessi corrispettivi per indeterminatezza della clausola b la violazione della legge antiusura. Nè i ricorrenti, in violazione dell’onere di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6, nel loro ricorso precisano mai in quale atto ed in quali termini fu riproposta in grado di appello la questione della violazione del divieto di anatocismo. 3. Col secondo motivo i ricorrenti lamentano la erronea valutazione dei criteri di individuazione delle componenti della voce interessi” ai fini del superamento del tasso soglia . Deducono, con tecnica scrittoria confusa e criptica costituita dal mero collage di alcuni passi della sentenza impugnata con alcuni brani tratti da due sentenze di merito che quando il tasso degli interessi corrispettivi superi il tasso-soglia previsto dalla legge antiusura, non sono dovuti interessi. 3.1. Il motivo è inammissibile per estraneità alla ratio decidendi. Secondo il ricorrente il superamento della soglia a seguito dell’applicazione degli interessi di mora comporta la non debenza degli interessi . Ma la Corte d’appello non si è mai occupata di questo problema. La Corte d’appello ha arrestato la propria indagine dopo avere rilevato che il tasso soglia nel caso di specie non venne superato nè dalla pattuizione di interessi corrispettivi, nè dalla pattuizione di interessi moratori. Sicché, una volta esclusa la nullità del patto di interessi, diventava irrilevante stabilire quali fossero gli effetti della suddetta nullità e cioè se questi dovessero consistere nella sostituzione del saggio convenzionale con quello legale, o nella decadenza del creditore dal diritto di pretendere qualsiasi tipo di interessi. 4. Col terzo motivo i ricorrenti lamentano l’illegittimità del rigetto della propria domanda di risarcimento del danno. Sostengono che non basta il mero rifiuto del debitore di adempiere la propria obbligazione perché la banca possa ritenersi legittimata ad inviare una segnalazione di sofferenza alla Centrale dei Rischi deducono che è sempre necessario, al suddetto fine, che il rifiuto di adempimento discenda, non da una contestazione sulla legittimità del contratto, ma dalle condizioni economiche del debitore. 4.1. Il motivo è fondato. La segnalazione di insoluti o sofferenze, da parte delle banche e degli intermediari finanziari, alla banca dati denominata Centrale dei Rischi gestita dalla Banca d’Italia c.d. servizio di centralizzazione dei rischi è disciplinata da un coacervo di norme prevalentemente secondarie stratificate. Essa venne regolata in origine dalla Delib. CICR 16 maggio 1962 e dal D.M. Tesoro 2 aprile 1991, ai sensi del R.D.L. 12 marzo 1936, n. 375, art. 32, lett. h successivamente abrogato dal D.Lgs. n. 385 del 1993 . Oggi la segnalazione dei crediti insoluti alla Centrale Rischi è disciplinata principalmente ma non solo a dal D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, art. 53, comma 1, lett. b , art. 67, comma 1, lett. b e art. 108 Testo unico delle norme in materia bancaria e creditizia , i quali hanno attribuito alla Banca il potere di emanare, su conforme deliberazione del CICR, disposizioni di carattere generale nei confronti delle banche e degli intermediari finanziari, aventi a oggetto il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni b dalla Delib. del Comitato interministeriale per il Credito e il Risparmio 29 marzo 1994 Gazz. Uff. 20 aprile 1994 , assunta ai sensi delle ricordate norme del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, con la quale è stato affidato alla Banca d’Italia il servizio di centralizzazione dei rischi creditizi, e le è stato conferito il potere di determinare le modalità con cui gli enti erogatori di credito debbono comunicare periodicamente l’esposizione nei confronti dei propri affidati c dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, nella veste di Presidente del CICR , dell’11 luglio 2012, n. 663, il quale ha ribadito inutilmente la delega alla Banca d’Italia a disciplinare con proprio regolamento il funzionamento della Centrale Rischi d dalle successive istruzioni e circolari emanate dalla Banca d’Italia, ed in particolare, per quanto qui rileva, dalle Istruzioni per gli intermediari creditizi di cui alla Circolare della Banca d’Italia 11 febbraio 1991 n. 139, più volte modificata, da ultimo con il 19 Aggiornamento, in vigore dal 1 marzo 2020. Le suddette Istruzioni costituiscono da tempo il corpus centrale della disciplina, poiché sono esse a dettare i principi e le regole operative per la segnalazione da parte degli intermediari finanziari. All’epoca dei fatti di causa 2011 la materia era disciplinata dalle suddette Istruzioni nel testo risultante dall’11 Aggiornamento del 29.4.2011. Il Capitolo II, Sezione 2, § 1.5 delle suddette Istruzioni, stabiliva e stabilisce tuttora che l’appostazione a sofferenza di un credito insoluto implica una valutazione da parte dell’intermediario della complessiva situazione finanziaria del cliente e non può scaturire automaticamente da un mero ritardo di quest’ultimo nel pagamento del debito. La contestazione del credito non è di per sé condizione sufficiente per l’appostazione a sofferenza . 4.2. Questa Corte, nell’interpretare il blocco normativo appena riassunto e la norma regolamentare appena trascritta, ha già in più occasioni stabilito che non è consentito agli intermediari creditizi segnalare il proprio debitore alla Centrale rischi, sol perché questi sia inadempiente. Quella segnalazione presuppone che l’intermediario creditizio abbia invece riscontrato una situazione patrimoniale deficitaria, caratterizzata da una grave e non transitoria difficoltà economica equiparabile, anche se non coincidente, con la condizione d’insolvenza così, ex multis, Sez. 1, Sentenza n. 15609 del 09/07/2014, Rv. 631843 - 01 . Diversamente argomentando, infatti, si perverrebbe al paradossale esito che anche il debitore il quale abbia sollevato un’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. oppure quello che abbia opposto al creditore un controcredito in compensazione od ancora quello che intenda invocare l’annullabilità del contratto per vizio del consenso, si vedrebbero segnalati alla Centrale dei Rischi. 4.3. Naturalmente ciò non vuol dire che al debitore moroso basti invocare, anche pretestuosamente, la nullità del contratto o l’usurarietà del tasso soglia, per pretendere di essere risarcito in caso di segnalazione da parte dell’ente creditore alla Centrale dei Rischi. Ma se da un lato la mala fede del debitore non può costituire uno schermo contro le conseguenze dell’inadempimento, dall’altro lato è pur sempre necessario che il giudice chiamato a valutare la legittimità d’una segnalazione alla Centrale dei Rischi non si limiti a prendere atto che il debito oggetto della segnalazione era effettivamente dovuto, ma stabilisca con valutazione ex ante - dal punto di vista oggettivo, se le ragioni addotte dal debitore a fondamento del rifiuto di pagamento fossero sorrette almeno da un fumus di fondatezza - dal punto di vista soggettivo, se il debitore potesse ritenersi in buona fede nel momento in cui quelle ragioni ha accampato. È infatti evidente che il debitore non potrebbe pretendere di sottrarsi alle conseguenze giuridiche del proprio inadempimento tra le quali rientra anche la segnalazione alla Centrale dei Rischi , nè sollevando eccezioni che egli ben sapeva essere pretestuose, nè sollevando eccezioni senza accertare, con un minimo di diligenza, se esse fossero giuridicamente sostenibili. E va a sé che, sotto quest’ultimo aspetto, può costituire una condotta colposa anche l’aver sollevato in sede stragiudiziale eccezioni rivelatesi infondate, senza preventivamente avere almeno acquisito il parere d’un esperto. 4.4. Queste essendo le regole da applicare per valutare se una segnalazione alla Centrale dei Rischi sia avvenuta in modo corretto, deve rilevarsi come esse non siano state integralmente osservate nel caso di specie dalla Corte d’appello. La sentenza impugnata, infatti, ha rigettato la domanda di risarcimento del danno formulata dagli attori limitandosi a rilevare che essi avevano motivato il proprio rifiuto di adempiere invocando la nullità del contratto sotto plurimi aspetti, e che tutte quelle eccezioni si erano rivelate infondate. Tuttavia, per quanto detto poc’anzi, la segnalazione alla Centrale dei Rischi deve restare una conseguenza giuridica dell’inadempimento colposo, e non può diventare una conseguenza giuridica dell’avere sollevato in buona fede eccezioni stragiudiziali di nullità del contratto. Stabilire dunque se la banca abbia agito correttamente o meno, nel segnalare il nominativo del debitore alla Centrale dei rischi, è giudizio che non può fondarsi soltanto sull’accertata infondatezza delle eccezioni sollevate dal debitore, ma deve estendersi a valutare la meritevolezza delle ragioni invocate dal debitore a fondamento del rifiuto di adempiere, e la diligenza impiegata dalla banca nel valutarle. Resta ancora da aggiungere, per amor di completezza, che nel giudizio di risarcimento del danno da illegittima segnalazione alla centrale dei rischi l’onere della prova si ripartirà secondo le regole ordinarie sicché, trattandosi di illecito aquiliano, spetterà all’attore dimostrare sia la propria buona fede al momento in cui sollevò l’eccezione sia la colpa del creditore sia l’esistenza del danno sia il nesso di causa tra colpa e danno. 4.5. La sentenza impugnata va dunque va cassata con rinvio alla Corte d’appello di Trento, la quale tornerà ad esaminare sul punto qui in esame domanda di risarcimento del danno l’appello proposto dagli odierni ricorrenti, esaminando separatamente per ciascuno di essi la sussistenza dei requisiti di buna fede ed incolpevolezza sopra esposti, ed applicherà il seguente principio di diritto per stabilire se una banca abbia correttamente o meno segnalato alla Centrale dei Rischi l’inadempimento d’una obbligazione del cliente, non è sufficiente valutare ex post se, all’esito del giudizio tra banca e cliente, le eccezioni da questi frapposte all’adempimento dei propri obblighi si siano rivelate infondate è necessario invece stabilire, con valutazione ex ante, se al momento in cui il cliente ha rifiutato l’adempimento delle proprie obbligazioni i motivi del rifiuto apparissero oggettivamente non infondati, e prospettati in buona fede. L’onere della relativa prova grava su chi domanda il risarcimento del danno da illegittima segnalazione alla Centrale dei Rischi . 5. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio. P.Q.M. la Corte di Cassazione - dichiara inammissibile il primo ed il secondo motivo di ricorso - accoglie il terzo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata limitatamente al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Trento, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.