È un boomerang l’acquisto di diamanti: il correntista risarcito dalla banca che ha segnalato l’affare

Vittoria per il cliente di una banca, decisosi a comprare due diamanti proprio su consiglio del personale dell’istituto di credito. Evidente, secondo il Giudice, la responsabilità della banca. Al compratore tradito” riconosciuto il diritto al risarcimento.

Se l’acquisto di diamanti si è rivelato un pessimo affare, il compratore può legittimamente pretendere un ristoro economico dalla banca che gli ha segnalato l’offerta della società venditrice delle pietre preziose. Tribunale di Lucca, sentenza n. 750/20, pubblicata il 4 settembre . All’origine della vicenda c’è una brochure informativa quel documento, consegnato dalla banca a un correntista, segnala un affare, ossia il possibile acquisto di diamanti da una società. Il cliente segue il consiglio dell’istituto di credito e compie l’operazione, comprando due diamanti, lasciati però in custodia alla società venditrice. Poco tempo dopo, però, a seguito di una verifica compiuta dall’Autorità garante per la concorrenza e il mercato, il correntista si rende conto che in realtà ha pagato un prezzo eccessivo , nel settembre del 2015, per entrambi i diamanti, e che la possibile rivendita – con connesso guadagno – ipotizzata sulla brochure fornita dalla banca non ha alcun fondamento, tenendo presente il loro reale prezzo di mercato. Consequenziale è la decisione del compratore tradito” di citare in giudizio l’istituto di credito per chiedere un adeguato risarcimento. Per il Tribunale di Lucca la documentazione a disposizione è sufficiente per comprendere, in via generale, quali fossero i limiti alle attività svolte dalla banca nel procedimento di vendita dei diamanti e per desumerne l’interesse alla conclusione dell’affare, giacché la società venditrice garantiva alla banca un corrispettivo per ciascuna segnalazione di potenziali clienti andata poi a buon fine . Peraltro, sullo specifico istituto di credito si è potuto appurare che diversi clienti hanno segnalato di essere stati indotti dal personale della banca ad effettuare l’acquisto dei diamanti, con un ruolo attivo dello stesso personale che illustrava e commentava i grafici prodotti dalla società venditrice . Rilevante, poi, anche la relazione dell’Autorità , relazione conclusa con il riconoscimento di una generale responsabilità concorrente della banca, assieme a quella della società venditrice, per la rappresentazione parziale, ingannevole e fuorviante dell’investimento in diamanti quale bene rifugio”, per la rappresentazione del prezzo, qualificato come quotazione di mercato” ma in realtà non corrispondente a tale concetto, per la rappresentazione, non oggettiva e non corrispondente alla realtà, dell’andamento del mercato dei diamanti e, infine, per la qualifica soggettivamente attribuita alla società di leader del mercato . In sostanza, l’Autorità ha riconosciuto l’interesse delle banche all’attività di vendita dei diamanti sia nell’evidente ritorno economico, sia nella fidelizzazione della propria clientela , e in questa ottica è emerso che gli impiegati delle filiali proponevano ai clienti, nel corso di colloqui di consulenza sugli investimenti, l’acquisto di diamanti secondo le modalità indicate dalla società venditrice, provvedendo ad illustrare la brochure informativa e successivamente curando la compilazione del modulo di acquisto, nonché organizzando gli incontri con il personale della società e curando direttamente la custodia della pietra, qualora non fosse stata affidata alla stessa società . Così sono emerse le modalità con le quali si svolgeva l’offerta e che hanno permesso l’attuazione della condotta scorretta della società, con la quale era in atto un accordo di collaborazione da parte della banca, e proprio le filiali dell’istituto di credito svolgevano un ruolo attivo nella divulgazione del materiale promozionale della società venditrice, essendo tenute a farlo in esecuzione degli accordi con la stessa società, e selezionavano i soggetti ai quali presentare – del tutto acriticamente – l’offerta, inducendo il cliente a stipulare il contratto in forza della presenza della banca in ogni fase, di formazione, di stipulazione ed esecutiva, del contratto stesso, inducendo così nel cliente la sensazione di essere garantito” nell’acquisto dei diamanti e tradendo in tal modo l’affidamento del cliente nella propria banca . Logica, quindi, la sanzione decisa dall’Autorità, che ha imposto alla banca il pagamento di 3milioni e 335mila euro. All’interno di questo quadro, però, è anche emerso, in maniera inequivocabile, che il valore dei diamanti acquistati dal cliente era di gran lunga inferiore al prezzo effettivamente pagato, e che gravava in ogni caso sulla banca , che ha proposto l’affare, l’ obbligo di informare appieno il cliente su tale circostanza, non risultante dalla brochure informativa a lui consegnata , in quanto la mera segnalazione costituisce comunque un incentivo alla stipulazione del contratto e la banca conserva, comunque e indipendentemente dalla sua posizione strettamente legata al caso di specie, l’obbligo generale di ben gestire il capitale dei propri clienti, dovendo assumersi in tale obbligo anche la corretta informazione sulle pratiche di investimento dalla stessa consigliate o anche soltanto meramente segnalate. La banca avrebbe dovuto, in particolare, segnalare al proprio cliente l’effettivo utilizzo delle somme da questi versate, specificando quali importi, e in quale misura, sarebbero stati destinati a servizi e/o oneri aggiuntivi rispetto al mero acquisto delle pietre e giustificare in tal modo al proprio cliente il prezzo da questi pagato alla società. Tale segnalazione appare ancor più doverosa, considerando che l’attività di segnalazione della banca era comunque remunerata da parte della stessa società venditrice, non potendosi escludere, anzi, parendo davvero probabile, che parte del prezzo fosse destinato a coprire le spese della società attinenti alla remunerazione della banca . Di conseguenza, preso atto del nesso tra l’attività di consulenza espletata dalla banca e l’acquisto delle pietre preziose , e considerato che proprio sulla consulenza della banca il cliente ha fondato la sua decisione all’acquisto , deve ritenersi accertata la responsabilità della banca nella causazione del danno dovuto all’esorbitante prezzo pagato dal cliente, dovendosi, riguardo al quantum del danno, far riferimento all’effettivo valore delle pietre acquistate e quantificarlo nella differenza tra il prezzo effettivamente pagato e il prezzo corrispondente al valore reale dei diamanti acquistati . Ciò significa che il cliente della banca merita di essere risarcito , ma la cifra sarà pari alla differenza tra la somma complessiva pagata e il valore effettivo dei diamanti, qual è emerso dalla produzione del listino .

Tribunale di Lucca, sentenza 4 settembre 2020, n. 750 Giudice Piccioli Svolgimento del processo e motivi della decisione Con atto di citazione notificato il sig omissis conveniva dinanzi a questo Tribunale il Banco BPM Societa' per Azioni di seguito BPM , per sentir dichiarare la responsabilita' precontrattuale, contrattuale ed extracontrattuale di quest'ultimo per la violazione di regole di condotta derivanti dal Codice del Consumo e per sentir di conseguenza condannare il convenuto al risarcimento in forma specifica quantificato in € omissis ovvero, in subordine, al risarcimento per equivalente, quantificato in almeno omissis con vittoria di spese ed onorari di giudizio. Assumeva, in particolare, l'attore di essere stato indotto dalla propria banca, BPM, ad effettuare operazioni di acquisto di due diamanti, uno al prezzo di omissis e l'altro al prezzo di omissis per un totale di omissis lasciati quindi in custodia presso la venditrice societa' IDB S.p.a. Intermarket Diamond Business che aveva fornito una brochure informativa, prodotta in atti. I diamanti furono acquistati nel mese di settembre del 2015. L'attore si avvide soltanto dopo l'acquisto che il prezzo pagato era notevolmente superiore al prezzo di mercato degli stessi diamanti, essendo quest'ultimo stimato per ciascun diamante in € omissis e in € omissis secondo le quotazioni di listini Rapaport , in modo che il corrispettivo effettivamente ricavabile dalla vendita non sarebbe stato superiore ad € omissis detratte le commissioni della vendita stessa. Il dubbio sulla convenienza dell'acquisto effettuato venne all'attore, a suo dire, dalle notizie di stampa del mese di ottobre 2016 secondo le quali erano state poste in essere attivita' fraudolente da parte di banche che promettevano l'acquisto di diamanti ad un prezzo notevolmente superiore al loro valore, come nella fattispecie ora in esame, attivita' che venivano quindi censurate dall'Autorita' Garante della concorrenza e del mercato di seguito Autorita' con provvedimento del 31/10/2017, con il quale si avviava un procedimento anche nei confronti della societa' IDB S.p.a. che deteneva i diamanti acquistati dall'attore. I ricorsi giurisdizionali amministrativi proposti dalla societa' avverso tale provvedimento erano quindi respinti. Da qui l'azione risarcitoria promossa ora dall'attore, che lamenta come l'andamento delle quotazioni dei diamanti indicato nella brochure come un valore di mercato non corrispondesse alla realta' del mercato ma fosse in realta' una predisposizione unilaterale, tesa a gonfiare il valore delle gemme, inficiando la possibilita' di rivenderle effettivamente al valore, sempre crescente, indicato. L'azione e' rivolta contro la Banca in quanto la stessa era menzionata nelle documentazioni della societa' IDB e si era adoprata in un'attivita' di consulenza, ingannevole, volta alla conclusione dell'affare in violazione del Codice del Consumo. Si costituiva in giudizio la convenuta Banca BPM con doviziosa comparsa di costituzione nella quale contestava le pretese attoree sul presupposto della genericita' delle contestazioni, articolando quindi la propria difesa argomentando, in primo luogo, sul fatto che l'accertamento dell'Autorita' Garante citato da parte attrice era stato contestato dalla Banca in sede giurisdizionale e pertanto non idoneo a dar luogo ad alcuna responsabilita' civilistica. Inoltre, sostiene la Banca, l'attivita' svolta da quest'ultima si era limitata alla segnalazione alla IDB dell'interesse dell'odierno attore all'acquisto dei diamanti, interesse manifestato a seguito della lettura dell'opuscolo della stessa IDB , e quindi a porre in contatto l'attore con la IDB , restando per il resto terza rispetto alle trattative e all'acquisto, come del resto precisato esplicitamente nel contratto, e quindi esente da ogni responsabilita'. Precisava inoltre la convenuta come i rapporti tra la stessa e la societa' IDB fossero regolati da un contratto del 30/9/2011, che produceva in atti, dove era stabilito, al suo art. 1.1, che i rapporti tra il cliente e la IDB erano di tipo diretto, nonche' all'art. 1.7, che la IDB avrebbe assunto ogni responsabilita' in ordine ai contratti conclusi e ai prodotti venduti, ivi inclusa l'equita' del prezzo. Nella brochure informativa, infine, era previsto espressamente che la Banca avrebbe svolto soltanto un'attivita' di orientamento , restando prerogativa della IDB la fornitura di informazioni più' approfondite in ordine all'investimento. Tali principi erano ribaditi nella proposta di acquisto sottoscritta dal cliente. La Banca negava, in sostanza, di aver in concreto fornito informazioni dettagliate di sua iniziativa. Di conseguenza affermava il proprio difetto di legittimazione passiva e comunque negava il proprio apporto causale alla conclusione dell'affare dell'attore con la IDB . Negava, inoltre, i presupposti dell'azione risarcitoria contestando il danno ed affermando comunque il concorso di responsabilita' dell'attore ex art. 1227 c.c. Il processo si svolgeva con la concessione alle parti dei termini per le memorie di cui all'art. 183 VI comma c.p.c., quindi, ritenuta la causa matura per la decisione, il Giudice rinviava per precisazione delle conclusioni all'udienza del 29/11/2019 e da questa all'udienza odierna ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c. In via preliminare devesi innanzitutto rigettare l'eccezione di parte convenuta relativa alla pretesa omessa negoziazione assistita, in quanto l'attore ha comunque esperito il tentativo di mediazione obbligatoria, del che vi e' riscontro a seguito del deposito del verbale di mediazione negativa, onde l'eccezione non potra' essere accolta. Sempre in via preliminare si osserva che la domanda di parte attrice non puo' ritenersi modificata in senso riduttivo a seguito del deposito da parte dell'attore della prima memoria autorizzata ex art. 183/VI comma c.p.c., non rinvenendosi nella stessa alcuna riduzione della domanda al solo accertamento della pretesa violazione da parte della banca, come afferma parte convenuta. Emerge infatti dalla pagina finale della prima memoria dell'attore che sono espressamente ribadite tutte le domande svolte nell'atto di citazione, alle quali si aggiunge soltanto la richiesta di rigetto delle conclusioni rassegnate ex adverso. La memoria istruttoria dell'attore non riporta, anch'essa, alcuna riduzione della domanda. Ancora in via preliminare non si riscontra la pretesa riduzione del quantum della domanda risarcitoria di parte attrice verificatasi, a detta della convenuta, in sede di precisazione delle conclusioni, poiche' se e' vero che le somme richieste appaiono manifestamente inferiori rispetto a quelle richieste in citazione e con la prima memoria autorizzata e' altrettanto indubitabile che la domanda non puo' essere interpretata limitatamente alla sua formulazione letterale vedi Cass. n. 33767/2019 , dovendosi tener conto, nell'interpretazione della domanda, dell'intera condotta processuale della parte e dovendosi accertare se effettivamente l'abbandono - o anche la riduzione nel quantum - della domanda effettuata in sede di precisazione delle conclusioni corrisponda alla volonta' della parte o non possa, come nella fattispecie ora in esame, esser dovuta a mero errore materiale. Che la riduzione della domanda corrisponda in effetti ad un refuso emerge, infatti, dall'assenza di specifiche motivazioni e argomentazioni sul punto, onde la riduzione nel quantum pertiene ad un evidente refuso, di cui non si deve tener conto. Nel merito della controversia si osserva come la ampia documentazione prodotta da parte attrice appare utile al fine di comprendere, in via generale, quali fossero i limiti alle attivita' svolte dalle banche, tra le quali la banca convenuta, nel procedimento di vendita dei diamanti. Appare subito evidente l'interesse della banca alla conclusione dell'affare, giacche' la societa' IDB garantiva alla banca un corrispettivo per ciascuna segnalazione di potenziali clienti andata poi a buon fine. E' emersa altresi', sempre in generale e non particolarmente riguardo alla fattispecie ora in esame, come diversi clienti avessero segnalato di essere stati indotti dal personale della banca BPM ad effettuare l'acquisto dei diamanti, con un ruolo attivo dello stesso personale, che illustrava e commentava i grafici prodotti dalla societa' IDB . La relazione dell'Autorita' conclude con il riconoscimento di una generale responsabilita' concorrente della banca, assieme a quella della societa' IDB , per la rappresentazione parziale, ingannevole e fuorviante dell'investimento in diamanti quale bene rifugio , per la rappresentazione del prezzo, qualificato come quotazione di mercato ma in realta' non corrispondente a tale concetto, per la rappresentazione, non oggettiva e non corrispondente alla realta', dell'andamento del mercato dei diamanti e, infine, per la qualifica soggettivamente attribuita alla IDB di leader del mercato . L'Autorita' ha riconosciuto l'interesse delle banche all'attivita' di vendita dei diamanti sia nell' evidente ritorno economico , sia nella fidelizzazione della propria clientela. Gli impiegati delle filiali proponevano, secondo l'Autorita', ai propri clienti, nel corso di colloqui di consulenza sugli investimenti, l'acquisto di diamanti secondo le modalita' indicate dalla IDB , provvedendo ad illustrare la brochure informativa e successivamente curando la compilazione del modulo di acquisto, nonche' organizzando gli incontri con il personale della IDB e curando direttamente la custodia della pietra, qualora non fosse stata affidata alla stessa IDB . In sintesi le modalita' con le quali si svolgeva l'offerta hanno permesso, secondo l'Autorita', l'attuazione della condotta scorretta della IDB , con la quale era in atto un accordo di collaborazione. In sostanza l'Autorita' afferma che, nonostante la rappresentazione delle banche come esenti da attivita' di promozione dell'offerta, in realta' le filiali svolgevano un ruolo attivo nella divulgazione del materiale promozionale della IDB , essendo tenute a farlo in esecuzione degli accordi con la stessa IDB , e selezionavano i soggetti ai quali presentare - del tutto acriticamente - l'offerta della IDB , inducendo il cliente a stipulare il contratto in forza della presenza della banca in ogni fase, di formazione, di stipulazione ed esecutiva, del contratto stesso, inducendo cosi' nel cliente la sensazione di essere garantito nell'acquisto dei diamanti e tradendo in tal modo l'affidamento del cliente nella propria banca, circostanza, questa, rilevata anche da Consob nel suo comunicato pubblicato sul suo sito web il 6/2/2017. Rilevava altresi' l'Autorita' la violazione del Codice del Consumo, ritenuto dall'Autorita' applicabile in relazione al diritto di recesso, troppo limitata, e la imprecisione dell'indicazione del Foro competente. La banca BPM veniva quindi sanzionata dall'Autorita' al pagamento della somma di € 3.335.000,00. La rappresentazione del contenuto del provvedimento dell'Autorita' e' utile per comprendere la natura del rapporto e le violazioni alle regole di condotta contrattuali. E' peraltro necessario, in questa sede, accertare se, nella filiale di Piazza S. della banca BPM oggi convenuta, siano state effettivamente poste in essere le attivita' descritte in via generale nel rapporto dell'Autorita' Garante, poiche' non si puo' prescindere dall'accertamento concreto della fattispecie di violazione rappresentata da parte attrice, accertamento che potra' svolgersi anche in modo presuntivo, essendo la fattispecie esaminata e sanzionata dall'Autorita' Garante ed essendo statuito dalla S.C., con sentenza del 28 maggio 2014, n. 11904, che il consumatore che promuova azione per il risarcimento del danno assolve l'onere probatorio a suo carico con la produzione del provvedimento sanzionatorio cui va riconosciuta elevata attitudine a provare tanto la condotta anticoncorrenziale quanto l'astratta idoneita' della stessa a procurare un danno ai consumatori, con conseguente presunzione di danno per la generalita' dei consumatori, in cui e' ricompreso il danno subito dal singolo e del contratto con l'impresa nella specie, polizza assicurativa , mentre compete a quest'ultima dimostrare l'interruzione del nesso causale tra illecito antitrust e danno patito tanto dalla generalita' dei consumatori, quanto dal singolo accertata l'esistenza di un danno risarcibile, il giudice puo' procedere in via equitativa alla relativa liquidazione nella specie, determinando l'importo risarcitorio in una percentuale del premio pagato . Ancorche' la fattispecie esaminata dalla Cassazione contempli una polizza assicurativa e la fattispecie ora in esame riguardi invece una vendita, la ratio della decisione, fondata sulla qualita' di consumatore del cliente, ben puo' applicarsi alla presente causa. La posizione dell'attore si pone nel senso di ritenere accertato che la sua determinazione volitiva e' stata condizionata in modo determinante dal modello commerciale praticato dalla banca convenuta, ossia dalla somministrazione delle informazioni secondo le modalita' ideate e confezionate da IDB . In particolare, l'attore rileva come il comportamento della banca abbia costituito una violazione degli obblighi derivanti dal contatto sociale, che si estendono oltre i limiti del generico neminem laedere, Afferma il cliente che la violazione delle norme del Codice del Consumo configura, inoltre, una violazione dell'art. 2043 c.c. nonche' una lesione ex art. 1337 c.c. alla liberta' negoziale del cliente. La banca convenuta sostiene, per parte sua, che l'attorea domanda non contenga una richiesta di condanna ex art. 2043 c.c. e che, per altro verso, la domanda fondata su una pretesa responsabilita' precontrattuale e contrattuale sia da rigettare, per non esser stata la banca parte del contratto. Sul primo punto si ricorda che la qualificazione giuridica della fattispecie spetta unicamente al Giudice, e che comunque non si riscontra espressamente alcun abbandono della domanda fondata sovra la responsabilita' extracontrattuale della banca laddove, sul secondo punto, si osserva che occorre distinguere tra il contratto di acquisto formalizzato tra il cliente e la societa' I.D.B. e il rapporto in essere tra il correntista e la banca, la quale ultima ha comunque fornito una prestazione che ben puo' qualificarsi di consulenza ai fini dell'acquisto delle pietre, e che il cliente, odierno attore, ha fondato la sua decisione proprio sugli argomenti, dimostratisi erronei e non corrispondenti al vero, spesi dalla banca. Il fatto che la banca si sia poi limitata a riprendere meramente le argomentazioni spese dalla societa' venditrice non fa venir meno il suo apporto causale nella determinazione all'acquisto, non essendo pertanto sostenibile che la banca abbia rivestito il ruolo quasi di mero nuncius dell'offerta altrui, non venendo per cio' solo meno l'obbligo di corretta e completa informazione sulle caratteristiche del prodotto, ivi compreso il prezzo, anche se proveniente da terzi, essendo tale obbligo connaturato e discendente dal rapporto in essere tra il correntista e la banca stessa quando quest'ultima fornisce attivita' di informazione e/o consulenza. Nella fattispecie ora in esame risulta inequivocabilmente che il valore dei diamanti acquistati dal cliente era di gran lunga inferiore al prezzo effettivamente pagato, e che gravava in ogni caso sulla Banca, che ha proposto l'affare, l'obbligo di informare appieno il cliente su tale circostanza, non risultante dalla brochure informativa consegnata allo stesso, in quanto la mera segnalazione costituisce comunque un incentivo alla stipulazione del contratto e la banca conserva, comunque e indipendentemente dalla sua posizione strettamente legata al caso di specie, l'obbligo generale di ben gestire il capitale dei propri clienti, dovendo assumersi in tale obbligo anche la corretta informazione sulle pratiche di investimento dalla stessa consigliate o anche soltanto meramente segnalate . La banca avrebbe dovuto, in particolare, segnalare al proprio cliente l'effettivo utilizzo delle somme da questi versate, specificando quali importi, e in quale misura, sarebbero stati destinati a servizi e/o oneri aggiuntivi rispetto al mero acquisto delle pietre e giustificare in tal modo al proprio cliente il prezzo da questi pagato alla societa' IDB . Tale segnalazione appare ancor più' doverosa considerando che l'attivita' di segnalazione della banca era comunque remunerata da parte della stessa societa' venditrice, non potendosi escludere, anzi, parendo davvero probabile che parte del prezzo fosse destinato a coprire le spese della societa' attinenti alla remunerazione della banca. Di conseguenza, non avendo la convenuta dimostrato, qual era suo onere, ne' l'assenza o l'interruzione del nesso causale tra l'attivita' di consulenza espletata e l'acquisto delle pietre, ne' l'esistenza di fatti impeditivi o estintivi o comunque esimenti dall'obbligo di consulenza, e neppure il concorso ex art. 1227 c.c. del cliente nella causazione del danno - in quanto proprio sulla consulenza della banca il cliente ha fondato la sua decisione all'acquisto - deve dichiararsi la responsabilita' della banca nella causazione del danno dovuto all'esorbitante prezzo pagato dal cliente, dovendosi, riguardo al quantum, far riferimento all'effettivo valore delle pietre acquistate e quantificarlo nella differenza tra il prezzo effettivamente pagato e il prezzo corrispondente al valore reale dei diamanti acquistati. In tale ordine di idee si osserva che l'attore ha domandato in via principale il rimborso dell'intero prezzo pagato. Tale domanda dovra' essere rigettata in quanto presupponente una domanda risolutiva del rapporto, che non e' stata avanzata, dovendosi in questa sede soltanto risarcire il danno per equivalente, accogliendo la domanda subordinata. Il valore da corrispondere all'attore sara' pertanto pari alla differenza tra la somma complessiva pagata e il valore effettivo dei diamanti qual e' emerso dalla produzione del listino Rapaport . A tale riguardo si osserva che la determinazione del prezzo in base al contratto stipulato comprendeva, secondo la convenuta, anche la prestazione dei servizi di custodia dei diamanti, ma tale circostanza non emerge dalla lettura delle condizioni di contratto, onde la determinazione del quantum ben puo' avvenire mediante la semplice sottrazione dall'importo pagato delle somme corrispondenti all'effettivo valore dei diamanti, ossia nella somma richiesta in via subordinata di € omissis . Parte convenuta sara' pertanto condannata a pagare il predetto importo a parte attrice. Riguardo infine alle spese processuali queste saranno poste a carico della soccombente convenuta, ridotte di un terzo in funzione del mancato accoglimento della domanda principale e liquidate come in dispositivo tenuto conto sia dell'effettivo valore della controversia, sia dell'assenza di prove orali nel presente processo. P.Q.M. Il Tribunale di Lucca, in persona del sottoscritto Dott. Giovanni Piccioli in funzione di Giudice Unico, definitivamente pronunciando sulle domande per cui e' causa, cosi' provvede 1 Condanna il convenuto Banco BPM S.p.a. , in persona del suo legale rappresentante pro tempore, al pagamento in favore dell'attore omissis della complessiva somma di omissis oltre rivalutazione e interessi dalla domanda al saldo effettivo 2 Condanna parte convenuta alla rifusione dei due terzi delle spese processuali di parte attrice, compensato il residuo terzo, che liquida per l'intero in € omissis per compensi ed € omissis per esborsi oltre rimborso spese generali, I.V.A. se dovuta e C.P.A. come per legge.