Quando l’obbligo di rinegoziare si traduce in obbligo di modificare le condizioni economiche eseguibile in forma specifica

Il Tribunale di Roma con un’ordinanza del 27 agosto 2020 ha ritenuto possibile modificare, sebbene per il momento ancora soltanto in sede cautelare, i termini di un contratto di locazione il cui conduttore aveva visto la propria attività ridotta a causa delle misure emergenziali disponendo la riduzione dei canoni di locazione del 40% per i mesi di aprile e maggio 2020 e del 20 % per i mesi da giugno 2020 a marzo 2021 nonché la sospensione della garanzia fideiussoria fino ad un’esposizione debitoria di 30.000 euro.

L’ordinanza, che aderisce espressamente ad alcune tesi avanzate dalla dottrina civilistica, consente di riflettere sul rischio che una certa interpretazione delle clausole generali di buona fede e correttezza nell’esecuzione dei contratti ma anche il ricorso alla presupposizione possa mettere in discussione anzi modificare l’assetto negoziale anche contro la volontà di una delle parti del contratto e, soprattutto, ben oltre anzi direi nonostante ma qui risiede il punto controverso che i rimedi contrattuali previsti espressamente dalla legge non consentano di giungere a quel risultato nel caso di specie per l’eccessiva onerosità sopravvenuta la parte non colpita in luogo della risoluzione può proporre una modifica delle condizioni contrattuali . Buona fede e correttezza Orbene, per il Tribunale appare condivisibile l’impostazione della società ricorrente che aveva proposto un ricorso ex art. 700 c.p.c. per inibire alla proprietà di escutere la fideiussione a garanzia dei canoni non pagati durante le misure emergenziali. Il fondamento di quella domanda era stato individuato nella violazione dei canoni di buona fede in senso oggettivo e della solidarietà nella fase successiva alla stipulazione del contratto di locazione da parte della proprietà. Secondo la società conduttrice, la proprietà non avrebbe ottemperato all’obbligo, derivante dalla clausola generale di buona fede e correttezza, di ricontrattare le condizioni economiche del contratto di locazione a seguito delle sopravvenienze legate all’insorgere della pandemia per Covid-19 . integrativa. Ebbene, secondo il Tribunale di Roma è vero che le norme sull’eccessiva onerosità sopravvenuta attribuiscono la scelta del se rinegoziare soltanto alla parte non colpita dall’eccessiva onerosità. Tuttavia deve ritenersi che lo strumento della risoluzione giudiziale del contratto squilibrato” volta alla cancellazione del contratto, nella misura in cui quest’ultimo non contenga alcuna clausola di rinegoziazione derogatrice della disciplina legale, soprattutto per i contratti commerciali a lungo termine, possa in alcuni casi non essere opportuna e non rispondente all’interesse della stessa parte che, subendo l’aggravamento della propria posizione contrattuale, è legittimata solo a chiedere la risoluzione del contratto squilibrato” e non anche la sua conservazione con equa rettifica delle condizioni contrattuali squilibrate” . Ecco allora che secondo il Tribunale in siffatte ipotesi sorge, pertanto, in base alla clausola generale di buona fede e correttezza, un obbligo delle parti di contrattare al fine di addivenire ad un nuovo accordo volto a riportare in equilibrio il contratto entro i limiti dell’alea normale del contratto. La clausola generale di buona fede e correttezza, invero, ha la funzione di rendere flessibile l’ordinamento, consentendo la tutela di fattispecie non contemplate dal legislatore”. Obbligo di negoziare. Fin qui l’integrazione del contratto ex fide bona con la previsione di un obbligo a negoziare appare certamente condivisibile laddove introduce l’obbligo di negoziare in buona fede e correttezza. Del resto, la valutazione e il confronto degli interessi spetta alle parti ed il terreno elettivo è il contratto e, in caso di controversia come nel caso di specie la negoziazione o la mediazione. Peraltro, a quanto par di comprendere dalla motivazione, nessuna delle parti aveva manifestato interesse a sciogliere il contratto e la parte locatrice aveva manifestato sebbene senza procura – osserva il Tribunale – e soltanto in udienza una certa disponibilità a modificare le condizioni contrattuali. Tuttavia, se l’obbligo di negoziare appare certamente esigibile in base all’obbligo di solidarietà anche se non espressamente previsto, secondo me sono preferibili quelle tesi secondo cui la buona fede e correttezza non può mai significare – nell’ambito del diritto generale delle obbligazioni - un obbligo di modificare ad altre condizioni un contratto già concluso. Ed infatti, potrebbe darsi che la parte non colpita dall’evento abbia altri interessi rispetto alla prosecuzione a nuove condizioni che non le convengono. o obbligo di concludere a diverse condizioni? Senonché, in questa sede si è compiuto un passo ulteriore non si è sanzionato sul piano della responsabilità una violazione dell’obbligo di trattare a carico della parte locatrice, ma si è ritenuto che il giudice possa modificare il contratto come se fosse un’azione quanti minoris oppure la riduzione della penale ad equità . Da un punto di vista processuale, quindi, - e qui sta il passaggio certamente innovativo in giurisprudenza ad eccezione della materia del diritto della concorrenza - è come se il giudice avesse ritenuto ammissibile in sede di merito un’azione costitutiva ex art. 2932 c.c. di rinegoziazione a certe condizioni e in ciò anche determinativa anticipabile ex art. 700 c.p.c Come si ridetermina il canone? Dicevo in apertura che la decisione consente di riflettere molto sulle implicazioni contrattuali del COVID-19 e non solo dal momento che vengono in gioco sia profili sostanziali che processuali. E ciò per almeno due aspetti. Il primo aspetto è quello che abbiamo visto sin qui e, cioè, la possibilità rectius ammissibilità del giudice di modificare il contenuto del contratto qui con un’ordinanza e, nel giudizio di merito, con una sentenza costitutiva – determinativa. Il secondo aspetto attiene al modus procedendi sotto il profilo dell’assolvimento dell’obbligo motivazionale per il momento determinativo” dell’ordinanza. Orbene, pure a voler superare le obiezioni per cui così operando si intaccherebbe il fondamentale principio pacta sunt servanda ”, resta che quando il giudice passa a individuare ex novo il contenuto delle prestazioni nel nostro caso il corrispettivo della locazione deve essere tenuto a motivare specificamente i criteri che segue per poter arrivare a quella conclusione. Leggendo l’ordinanza, però, non si comprende perché il giudice a abbia deciso di ridurre canoni di locazione del 40% per i mesi di aprile e maggio 2020 e del 20 % per i mesi da giugno 2020 a marzo 2021 e b abbia optato per una riduzione del 20% fino a marzo 2021. Forse, possiamo ipotizzare che sub a egli abbia ridotto del 40% perché, come lo stesso giudice ricorda, l’art. 65 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 convertito in legge n. 27/2020 di un credito di imposta del 60% sui canoni di locazione pagati nel marzo 2020. Ma se così fosse non si comprenderebbe perché la soluzione equitativa ? è la riduzione del 40% e non magari del 20% ed infatti, si potrebbe discutere se sia equo chiedere ad una delle parti l’intero sacrificio senza partecipazione della parte colpita che, in questa prospettiva, avrebbe il vantaggio di proseguire il contratto. Da ultimo un’osservazione sollecitata da un passaggio dell’ordinanza la circostanza che normalmente si dice che essendoci stata una riduzione delle entrate della parte la controparte sarebbe tenuta a venirle incontro” non tiene conto che i contratti di durata non sono contratti di partecipazione in società. L’unica condizione per la quale questo ragionamento potrebbe essere accettato sarebbe quello di ritenere che, se chi esercita l’attività nell’immobile ad un certo punto inizia a guadagnare tanto, il locatore sarebbe legittimato ad ottenere una rinegoziazione del canone a proprio favore perché eccessivamente oneroso. Impossibilità temporanea della prestazione. Infine, il Tribunale afferma che alla stessa conclusione id est la riduzione del canone si sarebbe arrivati anche riconducendo la fattispecie ad un’ipotesi di impossibilità della prestazione della locatrice resistente di natura parziale e temporanea” perché la conduttrice non ha potuto esercitare l’attività per factum principis . Ne deriva che trattandosi di impossibilità parziale temporanea, il riflesso sull’obbligo di corrispondere il canone sarà dunque quello di subire, ex art. 1464 c.c. una riduzione destinata, tuttavia, a cessare nel momento in cui la prestazione della resistente potrà tornare ad essere compiutamente eseguita . Senonchè, questa argomentazione non appare convincente ed infatti, la prestazione della locatrice era quella di mettere a disposizione il bene che, effettivamente, era nella disponibilità della conduttrice anche nel periodo dell’emergenza .

Tribunale di Roma, sez. VI Civile, ordinanza 27 agosto 2020 Giudice Grauso Fatto e Diritto 1. Con ricorso cautelare ex art. 700 c.p.c., depositato in data 25 giugno 2020, QGL Gestioni s.r.l. - premesso di condurre in locazione gli immobili siti in Roma, piazza Cardelli nn. 5, 5/a e 5/b e via di Pallacorda n. 10, in forza di contratto di locazione ad uso commerciale per attività di ristorazione stipulato in data 10 gennaio 2017 con Gemma s.r.l., per un canone annuo di € 96.000, e di aver stipulato, a garanzia del puntuale e corretto adempimento delle obbligazioni nascenti del predetto contratto di locazione, in data 06.03.2017, con l’istituto di credito Banca Carige, apposita fideiussione bancaria a garanzia dell’importo massimo di € 72.000, poi ridotta, dal 30.11.2017, all’importo massimo di € 48.000 - ha adito questo Tribunale chiedendo 1. con decreto inaudita altera parte, ordinare all’odierna resistente, Gemma S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., i di non escutere la fideiussione n. 82678 del 6.3.2017, prestata da Banca Carige, in favore di Gemma s.r.l., a garanzia delle obbligazioni assunte con il contratto di locazione, ii disporre la riduzione del 50% del canone di locazione mensile a decorrere dal mese di aprile 2020 e fino all’ordinanza iii o, in subordine, disporne la sospensione nella stessa misura, o nella diversa misura che riterrà di giustizia, a decorrere dal mese di aprile 2020 e fino all’ordinanza disporre ogni altro provvedimento d’urgenza, che appaia, secondo le circostanze, più idoneo a eliminare il pregiudizio subito e subendo dalla conduttrice per tutti i motivi meglio dedotti nel corpo dell’atto e, contestualmente, fissare l’udienza di comparizione delle parti assegnando al ricorrente termine per la notificazione del ricorso e dell’emittendo decreto e, a tale udienza, confermare i provvedimenti emanati con detto decreto e sopra richiesti. 2. Ove non siano ritenuti sussistenti i presupposti per l’emissione del decreto inaudita altera parte, fissare la comparizione delle parti in contraddittorio, procedendo nel modo ritenuto opportuno agli atti di istruzione ritenuti indispensabili e, con ordinanza a ordinare all’odierna resistente, Gemma S.r.l., di non escutere la fideiussione n. 82678 del 6.3.2017, prestata da Banca Carige, in favore di Gemma s.r.l., a garanzia delle obbligazioni assunte con il contratto di locazione b disporre la riduzione del 50% del canone di locazione mensile a decorrere dal mese di aprile 2020 e fino al mese di marzo 2021, o nella diversa misura e fino alla diversa data che riterrà di giustizia in subordine, disporre la sospensione del 50% del canone di locazione mensile dovuto dall’odierna ricorrente alla Gemma S.r.l. dal mese di aprile 2020 e fino alla mensilità di marzo 2021 e prevedere contestualmente un piano di rientro delle somme dovute in numero 48 rate a cadenza mensile con decorrenza da aprile 2021 o nella diversa misura e fino alla diversa data che riterrà di giustizia 3. disporre ogni altro provvedimento d’urgenza, che appaia, secondo le circostanze, più idoneo a eliminare il pregiudizio subito e subendo dalla conduttrice”. 2. Con decreto in data 24 luglio 2020, ritenuti non sussistenti i presupposti per l’emissione di un decreto inaudita altera parte, questo giudice ha fissato l’udienza di discussione del ricorso al 6 agosto 2020, con trattazione scritta, poi differita al 18 agosto 2020 per tentativo di bonario componimento a seguito di proposta conciliativa ex art. 185-bis c.p.c 3. Con comparsa di costituzione del 6/08/2020 si è costituita Gemma s.r.l., che ha chiesto il rigetto delle domande, deducendo l’inammissibilità delle doglianze proposte per mancata indicazione delle domande di merito, e la sua infondatezza nel merito in ragione dell’assenza di fumus boni iuris. 4. Occorre preliminarmente rigettare l’eccezione di inammissibilità del ricorso per mancata indicazione delle domande di merito. Invero queste possono desumersi per tabulas dallo stesso ricorso introduttivo in ragione della implicita coincidenza tra le suddette domande e quelle poste ex art. 700 c.p.c 5. Il ricorso è suscettibile di favorevole considerazione sotto il profilo del fumus boni iuris e del periculum in mora. La QGL Gestioni s.r.l., infatti, pone a sostegno della sua domanda la violazione dei canoni di buona fede in senso oggettivo e della solidarietà da parte della Gemma s.r.l. nella fase successiva alla stipulazione del contratto di locazione in oggetto. Secondo le prospettazioni della ricorrente, invero, la resistente non avrebbe ottemperato all’obbligo, derivante dalla clausola generale di buona fede e correttezza, di ricontrattare le condizioni economiche del contratto di locazione a seguito delle sopravvenienze legate all’insorgere della pandemia per Covid-19. Orbene, questo giudice non ignora che in base al testo normativo dell’art. 1467, comma 3, c.c. e all’orientamento della giurisprudenza della Suprema Corte sul punto, la rettifica delle condizioni contrattuali squilibrate” può essere invocata soltanto dalla parte convenuta in giudizio con l’azione di risoluzione, in quanto il contraente a carico del quale si verifica l’eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione non può pretendere che l’altro contraente accetti l’adempimento a condizioni diverse da quelle pattuite. Tuttavia deve ritenersi che lo strumento della risoluzione giudiziale del contratto squilibrato” volta alla cancellazione del contratto, nella misura in cui quest’ultimo non contenga alcuna clausola di rinegoziazione derogatrice della disciplina legale, soprattutto per i contratti commerciali a lungo termine, possa in alcuni casi non essere opportuna e non rispondente all’interesse della stessa parte che, subendo l’aggravamento della propria posizione contrattuale, è legittimata solo a chiedere la risoluzione del contratto squilibrato” e non anche la sua conservazione con equa rettifica delle condizioni contrattuali squilibrate”. Certamente la crisi economica dipesa dalla pandemia Covid e la chiusura forzata delle attività commerciali - ed in particolare di quelle legate al settore della ristorazione - devono qualificarsi quale sopravvenienza nel sostrato fattuale e giuridico che costituisce il presupposto della convenzione negoziale invero, nel caso delle locazioni commerciali il contratto è stato stipulato sul presupposto” di un impiego dell’immobile per l’effettivo svolgimento di attività produttiva, e segnatamente nel caso di specie per lo svolgimento dell’attività di ristorazione. Ciò posto, si ritiene che pur in mancanza di clausole di rinegoziazione, i contratti a lungo termine, in applicazione dell’antico brocardo rebus sic stantibus”, debbano continuare ad essere rispettati ed applicati dai contraenti sino a quando rimangono intatti le condizioni ed i presupposti di cui essi hanno tenuto conto al momento della stipula del negozio. Al contrario, qualora si ravvisi una sopravvenienza nel sostrato fattuale e giuridico che costituisce il presupposto della convenzione negoziale, quale quella determinata dalla pandemia del Covid-19, la parte che riceverebbe uno svantaggio dal protrarsi della esecuzione del contratto alle stesse condizioni pattuite inizialmente deve poter avere la possibilità di rinegoziarne il contenuto, in base al dovere generale di buona fede oggettiva o correttezza nella fase esecutiva del contratto art. 1375 c.c. . Orbene, sulla questione dell’ammissibilità di un’azione riduzione in via equitativa dei canoni di locazione in ragione del mancato rispetto dei canoni di buona fede e correttezza, proposta in via principale senza previa domanda di risoluzione per sopravvenuta eccessiva onerosità, si rileva come secondo un diffuso orientamento dottrinale cfr., ex aliis, V. Roppo, Il contratto, 2011, Giuffré condiviso da questo giudice, la buona fede può essere utilizzata anche con funzione integrativa cogente nei casi in cui si verifichino dei fattori sopravvenuti ed imprevedibili non presi in considerazione dalle parti al momento della stipulazione del rapporto, che sospingano lo squilibrio negoziale oltre l’alea normale del contratto. Nello specifico, secondo il citato orientamento, le suddette circostanze vengono a verificarsi nel caso dei cosiddetti contratti relazionali implicanti un rapporto continuativo tra le parti e che mal tollerano la risoluzione del contratto. All’interno della suddetta categoria sembrano poter rientrare anche i contratti di locazione di beni immobili per l’esercizio di attività produttive. In tal caso, infatti, l’eventuale risoluzione del contratto per eccessiva sopravvenuta onerosità comporterebbe inevitabilmente la perdita dell’avviamento per l’impresa colpita dall’eccessiva onerosità e la conseguente cessazione dell’attività economica. In siffatte ipotesi sorge, pertanto, in base alla clausola generale di buona fede e correttezza, un obbligo delle parti di contrattare al fine di addivenire ad un nuovo accordo volto a riportare in equilibrio il contratto entro i limiti dell’alea normale del contratto. La clausola generale di buona fede e correttezza, invero, ha la funzione di rendere flessibile l’ordinamento, consentendo la tutela di fattispecie non contemplate dal legislatore. Si evidenzia peraltro che, come è stato evidenziato dalla resistente, sono state previste a livello statale una serie di misure volte a ridurre l’impatto finanziario delle pandemia nelle attività produttive. Tra le suddette misure rileva in particolare per il caso che qui ci occupa la previsione di cui all’art. 65 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 convertito in legge n. 27/2020 di un credito di imposta del 60% sui canoni di locazione pagati nel marzo 2020. Nonostante lo sforzo fatto dal legislatore, la suddette misure non sembrano tuttavia essere sufficienti, almeno nel caso di specie, a riportare in equilibrio il contratto entro la sua normale alea atteso che nella fattispecie a fronte del recupero di poco più della metà del credito di imposta per un solo mese si sono verificate della perdite nette dei ricavi per i mesi di marzo, aprile, maggio di euro 136.555,11 rispetto al corrispondente periodo di gestione dell’anno precedente. Tanto rilevato, anche in presenza dell’intervento generale del legislatore per fare fronte alla crisi economica causata dal Covid-19, deve ritenersi doveroso in tale ipotesi fare ricorso alla clausola generale di buona fede e di solidarietà sancito dall’art. 2 della Carta costituzionale al fine di riportare il contratto entro i limiti dell’alea normale del contatto. In tali situazioni non sembra possa dubitarsi in merito all’obbligo delle parti di addivenire a nuove trattative al fine di ripotare l’equilibrio negoziale entro l’alea normale del contratto. A tal punto sembra prima facie essere stato violato da parte della resistente il canone di buona fede in senso oggettivo. Quest’ultima ha infatti dedotto di essersi resa disponibile a ridurre del 30 per cento l’importo dei canoni di locazione per i mesi di marzo, aprile e maggio 2020, impegnandosi a non escutere la fideiussione sino a quando la situazione debitoria sarà inferiore al 30.000 euro. Tali asserzioni sembrano tuttavia sfornite di un adeguato impianto probatorio a sostegno. In particolare le dichiarazioni di disponibilità circa la volontà di non voler escutere la fideiussione e di ridurre del 30 per cento l’importo dei canoni sembrano inoltre essere effettuate per la prima volta dal difensore della resistente in questa sede in assenza di idonea procura per disporre in questo giudizio della res sostanziale di cui si controverte. Pertanto, in ragione della mancata ottemperanza della parte resistente ai doveri di contrattazione derivanti dai principi di buona fede e solidarietà, sembra necessario fare ricorso alla buona fede integrativa per riportare in equilibrio il contratto nei limiti dell’alea negoziale normale, disponendo la riduzione del canone di locazione del 40% per i mesi di aprile e maggio 2020 e del 20% per i mesi da giugno 2020 a marzo 2021 si rileva al riguardo che, anche dopo la riapertura dell’esercizio commerciale, l’accesso della clientela è contingentato per ragioni di sicurezza sanitaria. Si dispone altresì la sospensione della fideiussione in oggetto fino ad una esposizione debitoria del conduttore di 30.000 euro. Alle medesime conclusioni si perviene qualificando la suddetta fattispecie come peculiare ipotesi di impossibilità della prestazione della locatrice resistente di natura parziale e temporanea cfr. Tribunale di Roma, sezione V civile, ordinanza del 29 maggio 2020, r.g. n. 18779/2020 , attesa la sostanziale impossibilità di utilizzazione dei locali locati per l’attività di ristorazione, idonea ad incidere sui presupposti alla base del contratto, e che dà luogo all’applicazione del combinato disposto degli articoli 1256 c.c. norma generale in materia di obbligazioni e 1464 c.c norma speciale in materia di contratti a prestazioni corrispettive . Le conseguenze di tale vicenda sul contratto - ferma la circostanza che alcuna delle parti ha manifestato la volontà di sciogliersi dal vincolo contrattuale - non sono dunque né solamente quelle della impossibilità totale temporanea che comporterebbe il completo venir meno del correlato obbligo di corrispondere la controprestazione si veda in tal senso Cass. 9816/2009 né quelle della impossibilità parziale definitiva che determinerebbe, ex art. 1464, una riduzione parimenti definitiva del canone . Trattandosi di impossibilità parziale temporanea, il riflesso sull’obbligo di corrispondere il canone sarà dunque quello di subire, ex art. 1464 c.c. una riduzione destinata, tuttavia, a cessare nel momento in cui la prestazione della resistente potrà tornare ad essere compiutamente eseguita. 4.1. Il ricorso sembra inoltre essere fondato sotto il profilo del periculum in mora, posto che le perdite potenziali derivanti dall’escussione della fideiussione e il pagamento dei canoni in misura integrale sono idonei ad aggravare considerevolmente la situazione di crisi finanziaria della resistente portandola alla cessazione. 5. L’assoluta novità ed il documentato contrasto giurisprudenziale tra svariati tribunali italiani giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese di lite del presente giudizio. P.Q.M. Alla luce delle superiori considerazione il giudice, in via cautelare 1 accoglie la domanda cautelare disponendo la riduzione dei canoni di locazione del 40% per i mesi di aprile e maggio 2020 e del 20 % per i mesi da giugno 2020 a marzo 2021 dispone la sospensione della garanzia fideiussoria fino ad un’esposizione debitoria di 30.000 euro 2 compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.