Cambiale protestata: la banca deve attivarsi per interrompere la levata del protesto

La Suprema Corte di Cassazione si concentra sugli obblighi di diligenza incombenti sulla banca mandataria del pagamento di una cambiale.

In particolare, la Corte di Cassazione ha enunciato il seguente principio di diritto gli obblighi di diligenza che gravano su una banca cui sia stato conferito mandato al pagamento di una cambiale, impongono, una volta avvenuto l’atto solutorio, di attivarsi immediatamente per intervenire sul processo di levata del protesto, e, ove tale meccanismo si trovi ad una fase così avanzata da non poter essere più interrotto, di avvisare prontamente il mandante al fine di consentirgli di accedere tempestivamente alla procedura di cancellazione del protesto, secondo quanto previsto dall’art. 12 L. n. 349/1973, salvo in ogni caso l’obbligo per la banca – ove sia intervenuta comunque la levata del protesto – di restituire la provvista utilizzata per l’operazione non andata a buon fine . È quanto affermato dalla Prima Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2549 depositata il 4 febbraio 2020. Il caso. Un cliente agiva innanzi al Tribunale di Messina avverso la sua banca la quale aveva, a suo dire, illegittimamente elevato protesto di una cambiale scaduta in data 18 gennaio 1998. Il Tribunale di Messina rigettava la domanda rilevando che il cliente aveva impartito l’ordine di pagamento della cambiale protestata soltanto in data 20 gennaio 1998, e dunque successivamente alla sua scadenza, non potendo ravvisarsi illegittimità nella condotta della banca. La Corte di Appello di Messina, con ordinanza ex 348- bis c.p.c., dichiarava inammissibile il gravame. Il cliente impugnava per Cassazione detta ordinanza formulando, per quel che qui rileva, due motivi di ricorso a violazione e falsa applicazione degli artt. 44, 51 e 70 R.D. n. 1669/1933, per non aver la Corte di Appello rilevato l’illegittima elevazione del protesto posto che il pagamento della cambiale era stato effettuato con un solo giorno di ritardo cadendo di domenica la scadenza della stessa b violazione e falsa applicazione dell’art. 1188 c.c. e dei principi generali di buona fede della banca, per non aver la Corte di Appello rilevato che la banca, una volta ricevuto il pagamento, non si era attivata per interrompere l’elevazione del protesto. La responsabilità da contatto sociale della banca. La Suprema Corte di Cassazione osserva, in primo luogo, di avere già affrontato in precedenza una fattispecie simile a quella che occupa, ove il pagamento del titolo era validamente avvenuto, ex art. 43 R.D. n. 1699/1933, nel primo dei due giorni successivi alla scadenza, statuendo che la banca una volta avuta notizia del pagamento ha l’obbligo di attivarsi per impedire che, attraverso il protesto, si verifichino gli effetti pregiudizievoli di un evento che non ha più ragion d’essere. In questa direzione, era stata pertanto configurata in capo alla banca una responsabilità da contatto sociale e da comportamento omissivo, in relazione all’affidamento incolpevolmente riposto dal debitore circa l’avvenuta comunicazione del pagamento dell’effetto cambiario Cass. n. 11130/2009 . Nella medesima pronuncia la Corte di Cassazione aveva altresì precisato che la banca per esonerarsi da responsabilità – qualora non riesca a tempestivamente contattare il Notaio per bloccare il meccanismo di levata del protesto – è tenuta ad informare il debitore di tutti gli strumenti tecnici a sua disposizione ex art. 3, Legge n. 77/1955 per evitare o limitare il pregiudizio conseguente alla pubblicazione. La responsabilità della banca per condotta omissiva. Ciò ricordato, la Suprema Corte, tornando alla fattispecie in esame, osserva come sia configurabile una responsabilità della banca per condotta omissiva, posto che – nonostante il debitore avesse provveduto ad effettuare il pagamento del titolo nel giorno successivo alla sua scadenza – essa era rimasta inerte, non comunicando al Pubblico Ufficiale che era venuto meno il presupposto per elevare il protesto, ovvero il mancato pagamento della cambiale. Ad avviso degli ermellini, però, la responsabilità della banca non è configurabile in termini di contatto sociale, bensì ha natura contrattuale riconducibile al rapporto di mandato. Aggiunge poi la Corte che l’obbligo della banca di attivarsi immediatamente per impedire la levata del protesto deriva comunque da una clausola generale di buona fede oggettiva e correttezza ex art. 1175 c.c., quale criterio determinativo ed integrativo della prestazione contrattuale, che impone il compimento di quanto utile e necessario alla salvaguardia degli interessi della controparte. In questa prospettiva, secondo i Giudici di legittimità, è indubitabile che la banca, accettando il pagamento del titolo anche se in ritardo, abbia ingenerato nel debitore il ragionevole affidamento che con l’intervenuta estinzione del debito sarebbe anche venuto meno ogni rischio dell’elevazione del protesto. Se poi la banca avesse avuto dubbi circa la possibilità di intervenire per bloccare il protesto, avrebbe dovuto avvisarne prontamente il debitore per consentirgli di contattare egli stesso il Pubblico Ufficiale o comunque per attivarsi tempestivamente per avviarne la cancellazione ex art. 12 Legge n. 349/1973. La condotta della banca ha comportato, invece, che il debitore subisse il protesto ignorando che, nonostante il pagamento, la relativa procedura non era stata interrotta. Alla luce di quanto sopra argomentato, la Prima Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione, accoglie il ricorso del cliente ed enuncia il seguente principio di diritto gli obblighi di diligenza che gravano su una banca cui sia stato conferito mandato al pagamento di una cambiale, impongono, una volta avvenuto l’atto solutorio, di attivarsi immediatamente per intervenire sul processo di levata del protesto, e, ove tale meccanismo si trovi ad una fase così avanzata da non poter essere più interrotto, di avvisare prontamente il mandante al fine di consentirgli di accedere tempestivamente alla procedura di cancellazione del protesto, secondo quanto previsto dall’art. 12 L. n. 349/1973, salvo in ogni caso l’obbligo per la banca – ove sia intervenuta comunque la levata del protesto – di restituire la provvista utilizzata per l’operazione non andata a buon fine . Sulla responsabilità della banca per illegittima levata del protesto. La sentenza in esame conferma il costante orientamento della Corte di Legittimità la quale – pur riconoscendo l’inevitabilità della levata del protesto ai sensi degli artt. 3 e 4 Legge n. 77/1955 – ha più volte configurato una colpa concorrente della banca ove le informazioni da essa fornite, ovvero l’omissione o l’incompletezza nel fornirle, abbiano inciso causalmente sull’illegittimo protesto in questo senso cfr. Cass. n. 11130/2009, già citata nell’ordinanza in commento. Sui danni conseguenti al protesto cambiario, se illegittimamente sollevato e non seguito da una pronta rettifica, cfr. Cass. n. 18316/2007 e Cass. n. 14977/2006 secondo cui il protesto cambiario, conferendo pubblicità ipso facto all'insolvenza del debitore, non è destinato ad assumere rilevanza solo in un'ottica commerciale-imprenditoriale, ma si risolve in una più complessa vicenda, di indubitabile discredito, tanto personale quanto patrimoniale, così che, ove illegittimamente sollevato e privo di una conseguente, efficace rettifica, deve ritenersi idoneo a provocare un danno patrimoniale anche sotto il profilo della lesione dell'onore e della reputazione del protestato come persona, a prescindere dai suoi eventuali interessi commerciali con la conseguenza che, qualora l'illegittimo protesto venga riconosciuto lesivo di diritti della persona, come quelli sopraindicati, il danno, da ritenersi in re ipsa , andrà senz'altro risarcito, non incombendo sul danneggiato l'onere di fornire la prova della sua esistenza . La decisione in commento è interessante perché si sofferma sulla natura della responsabilità della banca non più intesa come extracontrattuale, bensì da contratto, con ogni corollario in punto di ripartizione dell’onere della prova, del grado della colpa e del termine di prescrizione.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 25 novembre 2019 – 4 febbraio 2020, n. 2549 Presidente Scotti – Relatore Fidanzia Fatti di causa Con sentenza n. 1521 depositata in data 1.7.2014 il Tribunale di Messina ha rigettato la domanda proposta da D.C.G. contro il Banco di Sicilia s.p.a., finalizzata ad ottenere la declaratoria di illegittimità dell’operato dell’istituto di credito in relazione all’elevazione del protesto per la cambiale avente scadenza 18.1.1998, oltre al risarcimento del danno quantificato in Euro 200.000,00. Ha osservato il giudice di primo grado che lo stesso attore aveva ammesso di aver dato alla Banca disposizione di provvedere al pagamento della cambiale poi protestata in data 20.1.1998 seppur con valuta del 18.1.1998 , e quindi successivamente alla sua scadenza, di talché l’elevazione del protesto non poteva ritenersi determinata dal comportamento dell’istituto di credito, bensì dalla tardività della disposizione impartita. Con ordinanza ex artt. 348 bis e ter c.p.c., del 16 febbraio 2015, la Corte d’Appello di Messina, ritenendo che l’appello non avesse una ragionevole probabilità di essere accolto, lo dichiarava inammissibile. Avverso la predetta sentenza del Tribunale di Messina ha proposto ricorso per cassazione Poste italiane s.p.a Unicredit s.p.a., quale incorporante del Banco di Sicilia s.p.a., si è costituita in giudizio con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato la memoria ex art. 380 bis. 1 c.p.c Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo il sig. D.C. ha dedotto la violazione e falsa applicazione del R.D. n. 1669 del 1933, artt. 44, 51 e 70, nonché l’erronea e/o illegittima elevazione del protesto. Lamenta il ricorrente di aver provveduto in data 20.1.1998 al pagamento della cambiale scaduta il giorno 18.1.1998 che cadeva di domenica all’istituto di credito presso cui era domiciliata, mediante addebito in conto corrente. Tale pagamento era quindi avvenuto con un solo giorno di ritardo e, peraltro, con valuta coincidente con la stessa data di scadenza del 18.1.1998. Ne consegue che il protesto del titolo era stato illegittimamente elevato, essendo avvenuto - in data 21.1.1998 - dopo che il debito era già stato estinto. 2. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dei principi generale di buona fede da parte della banca, del tempo dell’adempimento ed estinzione dell’obbligazione nonché la violazione e falsa applicazione dell’art. 1188 c.c Lamenta il ricorrente che il giudice di primo grado aveva erroneamente ritenuto come momento dell’adempimento non la data di pagamento presso lo sportello bancario, ma quello in cui la valuta era stata trasmessa al beneficiario. La circostanza che il Banco di Sicilia avesse tardivamente trasmesso le somme al creditore non poteva far slittare la data del pagamento, ma poteva far nascere la responsabilità solo in capo allo stesso istituto di credito, il quale, nonostante l’avvenuto pagamento, non aveva richiamato il titolo, lasciandolo nelle mani del Pubblico Ufficiale che provvedeva ad elevare il protesto. 3. Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 4 legge cambiaria e dell’art. 1453 c.c Espone il ricorrente che il versamento da parte sua alla banca del corrispettivo della cambiale ha comportato la conclusione di un contratto con cui lo stesso istituto di credito si è impegnato a richiamare il titolo prima del protesto. L’inadempimento della Banca all’obbligo contrattualmente assunto determina un obbligo risarcitorio a norma dell’art. 1453 c.c In ordine ai danni subiti per effetto della illegittima levata del protesto, il ricorrente espone di aver dovuto nuovamente pagare il medesimo titolo, oltre ad essere ingiustamente stato sottoposto a giudizio penale conclusosi con un’assoluzione con l’accusa di aver falsamente dichiarato di non aver subito protesti. 4. Con il quarto motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, e dell’art. 91 c.p.c Lamenta il ricorrente che il Tribunale, nel liquidare le spese di lite, non ha correttamente applicato i parametri di legge, tenuto conto che il giudice, per discostarsi dai valori medi, deve fornire idonea motivazione adempimento non espletato nel caso di specie . Infine, il ricorrente ha criticato l’ordinanza di inammissibilità della Corte d’Appello, la quale si è astenuta dal valutare la legittimità o meno dell’elevato protesto, ritenendo ingiustificatamente che non fosse comunque stata fornita prova del danno. 5. I primi due motivi, da esaminarsi unitariamente in relazione alla connessione delle questioni trattate, sono fondati. Va osservato che questa Corte ha già statuito in un caso molto simile a quello per cui è procedimento, in cui il pagamento del titolo era parimenti avvenuto nel primo dei due giorni successivi alla scadenza e, quindi, validamente in relazione alla facoltà di cui al R.D. n. 1699 del 1933, art. 43, - che la banca presso cui il pagherò cambiario risulta pagabile e che aveva, in precedenza, provveduto a rivolgere al Notaio la richiesta del protesto, una volta avuta notizia dell’intervenuto pagamento, ha l’obbligo di attivarsi per impedire che, attraverso il protesto, si verifichino gli effetti pregiudizievoli di un evento che non ha più ragione d’essere a fronte dell’intervenuto pagamento del titolo. È stata, in particolare, configurata a carico della Banca che non si era attivata una responsabilità da contatto sociale e da comportamento omissivo, in relazione all’affidamento incolpevolmente riposto dal debitore circa l’avvenuta comunicazione del pagamento dell’effetto cambiario vedi Cass. n. 11130 del 13/05/2009 . È stato, inoltre, evidenziato nella sentenza sopra citata che, per escludere la responsabilità della banca, sarebbe anche stato sufficiente che lo stesso istituto avesse eventualmente comunicato al debitore che i tempi tecnici non gli consentivano di intervenire presso il Notaio per bloccare il meccanismo di pubblicazione della levata del protesto, per mettere comunque l’interessato in condizione di attivare gli strumenti che l’ordinamento metteva a sua disposizione, per evitare o limitare il pregiudizio conseguente alla pubblicazione L. n. 77 del 1955, ex art. 3, come modif. dalla L. n. 349 del 1973, art. 12 . Non vi è dubbio che, anche nel caso per cui è procedimento, si configuri a carico della banca una responsabilità per condotta omissiva, atteso che nonostante che il debitore avesse provveduto, presso la banca in cui era domiciliata la cambiale, al pagamento del titolo nel giorno successivo alla sua scadenza - come consentito dall’art. 43 della legge cambiaria - e, peraltro, con valuta del giorno della scadenza, l’istituto di credito è rimasto inerte, non comunicando al Pubblico Ufficiale che era venuto meno il presupposto per elevare il protesto, ovvero il mancato pagamento della cambiale. Non si tratta, tuttavia, nel caso di specie, di responsabilità da contatto sociale , bensì di natura contrattuale, risultando dalla sentenza impugnata che il debitore aveva dato ordine alla banca di addebito della cambiale in conto corrente come consentito dall’art. 4 della legge cambiaria , con una disposizione quindi riconducibile al contratto di mandato. Peraltro, l’obbligo della banca di attivarsi immediatamente per impedire la levata del protesto deriva comunque dalla clausola generale della buona fede oggettiva o correttezza, ex art. 1175 c.c., quale criterio determinativo ed integrativo della prestazione contrattuale, che impone il compimento di quanto utile e necessario alla salvaguardia degli interessi della controparte. È indubitabile che l’istituto di credito, accettando sic e simpliciter il pagamento del titolo con addebito in conto corrente peraltro con valuta del giorno della sua scadenza , nonostante il ritardo, peraltro minimo, rispetto alla stessa scadenza, abbia ingenerato nel debitore il ragionevole affidamento che con l’intervenuta estinzione del debito sarebbe venuto meno ogni rischio dell’elevazione del protesto. Inoltre, lo stesso istituto, ove avesse avuto dei dubbi in ordine alla propria possibilità di intervenire per bloccare il meccanismo di levata del protesto, avrebbe dovuto rappresentarli adeguatamente al debitore al fine di consentire allo stesso di avvisare personalmente il Pubblico Ufficiale o comunque, ove non fosse stato più possibile impedire la levata del protesto, di attivarsi tempestivamente per ottenere quantomeno, nell’immediatezza, la cancellazione del protesto secondo la procedura prevista dalla L. n. 349 del 1973, art. 12. Il debitore, invece, ha subito il protesto del titolo, ignorando completamente che, nonostante il pagamento della cambiale presso la banca domiciliataria, la procedura per la levata del protesto non era stata comunque interrotta. Infine, non condivisibile è il ragionamento svolto dal giudice di primo grado in ordine alla rilevanza dei tempi necessari per consentire alla somma pagata alla Banca di giungere materialmente nella sfera giuridica del destinatario. È evidente che, essendo stato deciso come luogo di pagamento della cambiale quello di un terzo la Banca - come consentito dall’art. 4 legge cambiaria - l’obbligazione si è estinta con il pagamento del titolo presso lo stesso istituto di credito. Deve quindi cassarsi la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Messina, la quale oltre alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità nel nuovo esame dovrà attenersi al seguente principio di diritto Gli obblighi di diligenza che gravano su una banca cui sia stato conferito mandato al pagamento di una cambiale, impongono, una volta avvenuto l’atto solutorio, di attivarsi immediatamente per intervenire sul processo di levata del protesto, e, ove tale meccanismo si trovi ad una fase così avanzata da non poter essere più interrotto, di avvisare prontamente il mandante al fine di consentirgli di accedere tempestivamente alla procedura di cancellazione del protesto, secondo quanto previsto dal L. n. 349 del 1973, art. 12, salvo in ogni caso l’obbligo per la banca - ove sia intervenuta comunque la levata del protesto - di restituire la provvista utilizzata per l’operazione non andata a buon fine . 6. L’accoglimento dei primi due motivi determina l’assorbimento del terzo e del quarto. P.Q.M. Accoglie il primo ed il secondo motivo, assorbiti terzo e quarto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Messina per nuovo esame e per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.