Sulla prova dell’esistenza di una delega ad operare su conto corrente

In tema di contratto di conto corrente bancario, considerato che il Testo Unico Bancario non prescrive che la procura per operare su conto corrente ad altri intestato debba rivestire forma scritta ad substantiam, l’esistenza di una delega in favore di terzi ad operare sul conto corrente - e quindi il consenso del titolare del rapporto al conferimento ad altri di tale potere - può essere desunta anche dal comportamento del soggetto presunto delegante.

Lo ha ribadito la Cassazione con sentenza n. 30313/19, depositata il 21 novembre. Il caso. La titolare di un conto corrente aveva citato in giudizio la propria banca per sentire accertare e dichiarare la responsabilità di quest’ultima per aver la medesima autorizzato una serie di operazioni poste in essere dal marito su conti correnti a sé intestati alle quali ella non aveva dato né direttamente né indirettamente, tramite procura ad operare sui propri conti, alcun consenso. La banca sosteneva, al contrario, che la titolare avesse conferito al marito una delega ad operare sul conto famiglia e che quindi le operazioni compiute erano da considerarsi valide ed efficaci. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello ritennero provata la volontà dell’attrice di conferire procura al marito. La decisione della Corte d’Appello e la sua conferma da parte della Corte di Cassazione. La Corte d’Appello aveva confermato la pronuncia di primo grado, osservando in particolare che il consenso dell’attrice al conferimento della delega al marito era desumibile da una serie di comportamenti della titolare del conto corrente in particolare - dalla mancata contestazione degli estratti conto trimestrali, dai quali risultava de plano l’operatività del marito - da operazioni sul c/c disposte dall’attrice o da suoi familiari - da dichiarazioni dell’attrice che presupponevano il conferimento al marito della procura ad operare sul conto corrente - dall’utilizzo promiscuo dei carnet di assegni da parte dell’attrice e del marito - dalla dichiarazione di revoca della delega effettuata dall’attrice al marito senza alcuna riserva o contestazione circa il potere di rappresentanza. La Corte di Cassazione, confermando la pronuncia della Corte d’Appello, sostanzialmente conferma il principio per cui, l’esistenza di una delega in favore di terzi ad operare sul conto corrente - e quindi il consenso del titolare del rapporto al conferimento ad altri di tale potere - può essere desunta anche dal comportamento del soggetto presunto delegante.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 3 giugno – 21 novembre 2019, n. 30313 Presidente Armano – Relatore Moscarini Fatti di causa C.N. , con atto di citazione del 2/10/2009, convenne in giudizio la Banca Intesa S. Paolo S.p.A. davanti al Tribunale di Torino, per sentir accertare e dichiarare la responsabilità della banca a titolo di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale per avere la medesima autorizzato una serie di operazioni su conti correnti a sé intestati alle quali ella non avrebbe dato nè direttamente nè indirettamente, tramite procura ad operare sui propri conti, alcun consenso. Dedusse di aver acceso un conto corrente bancario cd. omissis presso la sede della banca in e di avere conferito delega ad operare su detto conto esclusivamente ai propri genitori di aver poi appreso dell’avvenuta apertura di altri due conti, omissis , a sé medesima intestati, accesi da parte del marito S.G. e dell’avvenuta sottrazione di somme transitate su detti conti e poi trasferite dal marito su un conto svizzero a sé medesimo intestato. Assunse di non aver mai conferito al marito alcuna delega ad operare sul conto da essa acceso, che gli altri due conti dovevano ritenersi nulli perché mancanti della forma scritta, che la banca non aveva trasmesso gli estratti conto all’indirizzo da lei indicato e che, conseguentemente, la banca, accertata la natura lesiva ed antigiuridica del comportamento da essa tenuto, doveva essere condannata al danno patrimoniale emergente, al danno patrimoniale da lucro cessante, al danno morale soggettivo ed al danno esistenziale. Si costituì in giudizio la Intesa San Paolo S.p.A., contestando la fondatezza delle pretese e ritenendo che la C. avesse conferito al marito una delega ad operare sul omissis e che per tale via le operazioni da esso compiute risultavano valide ed efficaci, mentre non era in grado di fornire alcuna spiegazione sugli altri due conti correnti accesi senza contratto scritto e all’insaputa della C. . La Banca chiese ed ottenne la chiamata del marito, S.G. , che rimase contumace. Il Tribunale di Torino, con sentenza del 6/6/2013, ritenne provata la volontà dell’attrice di conferire procura ad operare sul omiss I s anche al marito, a prescindere dall’esistenza di una delega scritta, in ragione della mancanza nel Testo Unico Bancario della prescrizione del conferimento di una procura scritta ad substantiam per operare su conto correnti ad altri intestati. Ritenne irrilevanti la nullità del Contratto Pegno e del Contratto Valuta, ai fini delle domande risarcitorie spiegate dall’attrice, essendo queste rivolte ad ottenere, esclusivamente, la declaratoria di nullità e non opponibilità delle operazioni poste in essere da persona a suo avviso priva di procura ad operare sui conti. La C. propose appello, censurando il capo di sentenza che aveva ritenuto provata la propria volontà di conferire procura ad operare sul proprio conto al marito, quello relativo alla validità di una delega orale, il capo relativo alla mancata prova dell’inadempimento della Banca all’obbligo di rendiconto periodico, ed il capo di sentenza che aveva riconosciuto la irrilevanza della carente forma scritta dei contratti omissis , ai fini della spiegata domanda risarcitoria. La Corte d’Appello di Torino, con sentenza del 31/5/2017, per quel che ancora qui di interesse, ha ritenuto di attribuire natura dirimente, quale ragione più liquida, alla questione dell’esistenza, validità ed efficacia della delega asseritamente conferita al marito della C. , S.G. , essendo tale aspetto decisivo ai fini dell’accoglimento o del rigetto del gravame. A tal proposito ha richiamato che, nella sentenza di primo grado, il Giudice aveva rilevato nel modulo della delega, datato 23/12/2002, significative irregolarità , non negate dalla stessa banca, tra cui in primo luogo l’inserimento successivo del nominativo di S.G. , sia nella delega, sia nello specimen, rispetto alla data di apertura del conto corrente 23/12/2002 comprovato anche dal caricamento al terminale della banca della delega conferita al Sola, avvenuto solo in data 31/12/2002. La Corte d’Appello, confermando sul punto le statuizioni del primo grado, ha ritenuto che il riempimento in più tempi del modulo di delega non comporti, ipso facto, l’esistenza di irregolarità destinate a rilevare quale causa di invalidità delle delega stessa e, quindi, il tema della contestualità tra il rilascio della procura e l’aperura del conto corrente non appare, di per sé rilevante, ai fini della controversia. Ciò che il Giudice ritiene rilevante è il consenso dell’attrice al conferimento della delega, desumibile dalla a mancata contestazione degli estratti conto trimestrali, dai quali risulta de piano l’operatività di S.G. sul omissis b operazioni su c/c disposte dall’attrice o da suoi familiari, e dichiarazioni dell’attrice che presuppongono il conferimento a S.G. della procura ad operare sul conto corrente c l’utilizzo promiscuo dei carnet di assegni da parte della C. e di S. nonché la dichiarazione di revoca della delega a S.G. senza alcuna riserva o contestazione circa l’inesistenza del potere di rappresentanza, per il periodo anteriore dal 31/12/2002 al 10/7/2007. Ne consegue, nella prospettiva della Corte d’Appello, la ritenuta esistenza della delega a favore di S.G. , sul omissis . Per quanto riguarda il omissis la Corte d’Appello ha statuito non possa ritenersi che il delegato, in assenza di un formale contratto, abbia facoltà di operare sui omissis in ragione della delega attribuita e riconducibile al conto principale, sicché appaiono fondati i motivi di appello relativi alla domanda risarcitoria conseguente alla nullità dei conti corrente e alla nullità delle operazioni poste in essere e contestate dall’attrice. Ciò posto, per quel che riguarda il Conto Pegno, in presenza di una somma girocontata sul omissis , secondo la Corte non sussiste alcun danno risarcibile, essendovi piena coincidenza tra il soggetto addebitato ed il beneficiario del giroconto quanto al omissis , invece, essendo risultato provato l’utilizzo delle somme per acquisto di dollari che, transitati su detto conto, sono stati bonificati su un conto svizzero intestato al S. , la domanda risarcitoria è stata accolta per il corrispondente importo. Conclusivamente il Giudice ha accolto l’appello solo limitatamente ai capi relativi alla nullità dei omissis ed ha condannato la Intesa San Paolo S.p.A. a restituire all’appellante l’importo di Euro 50.000 oltre interessi compensando le spese. Avverso la sentenza C.N. propone ricorso per cassazione, sulla base di cinque motivi, illustrati da memoria. Resiste la Intesa San Paolo S.p.A. con controricorso. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso censura la sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 1392 e 1403 c.c., dell’art. 117 Testo Unico Bancario con particolare riguardo al Protocollo di Intesa del 24/5/2000 artt. 6 e 7. Censura in particolare il capo di sentenza che ha ritenuto irrilevante la forma scritta ad substantiam per la delega ad operare su conti correnti bancari. Ad avviso della ricorrente essendo i contratti di conto corrente bancario stipulati per iscritto, a pena di nullità ai sensi dell’art. 117 T.U.B., in base al combinato disposto di detta norma con l’art. 1392 c.c. avrebbe dovuto ritenersi che la forma scritta si trasferisce indefettibilmente anche alla procura ad operare sui conti corrente. 1.1. Il motivo è inammissibile perché non coglie la ratio decidendi. Come riferito, la Corte d’Appello ha ritenuto di attribuire rilievo alla esistenza della delega conferita dalla C. a S.G. nonostante il modulo della delega presentasse significative irregolarità tra cui in primo luogo l’inserimento successivo del nominativo di S.G. , sia nella delega, sia nello specimen, rispetto alla data di apertura del conto corrente 23/12/2002 comprovato anche dal caricamento, al terminale della banca, della delega conferita al S. , avvenuto solo in data 31/12/2002. La Corte d’Appello, confermando sul punto le statuizioni del primo grado, ha ritenuto che il riempimento in più tempi del modulo di delega non comporti, ipso facto, l’esistenza di irregolarità destinate a rilevare quale causa di invalidità delle delega stessa e, quindi, il tema della contestualità tra il rilascio della procura e l’aperura del conto corrente non è apparsa, di per sé rilevante, ai fini della controversia. Ciò che il Giudice ha ritenuto rilevante è il consenso dell’attrice al conferimento della delega, desumibile, come si è detto, a dalla mancata contestazione degli estratti conto trimestrali, dai quali risulta de piano l’operatività di S.G. sul omissis b dalle operazioni su c/c disposte dall’attrice o da suoi familiari, e dalle dichiarazioni dell’attrice che presuppongono il conferimento a S.G. della procura ad operare sul conto corrente c dall’utilizzo promiscuo dei carnet di assegni da parte della C. e di S. nonché dalla dichiarazione di revoca della delega a S.G. senza alcuna riserva o contestazione circa l’inesistenza del potere di rappresentanza per il periodo anteriore dal 31/12/2002 al 10/7/2007. La ritenuta esistenza della delega a favore di S.G. , sul omissis , costituisce ratio decidendi dell’impugnata sentenza non specificamente censurata dalla ricorrente, sicché il motivo deve essere dichiarato inammissibile. I motivi secondo, terzo e quarto afferiscono, secondo diversi profili, alla mancanza o alla contraddittorietà della motivazione e possono essere trattati congiuntamente. 2. Con il secondo motivo la ricorrente censura la nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 La sentenza, pur avendo in più punti sottolineato significative irregolarità nella procura scritta, anche rispetto alla impossibilità per il delegato di operare sui omissis , e dunque pur avendo stigmatizzato il comportamento della banca contrario a correttezza e buona fede, avrebbe poi contraddittoriamente concluso per la sufficienza e l’esistenza di una delega orale conferita dalla moglie al marito ad operare sul conto ad essa intestato. 3. Con il terzo motivo di ricorso censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 1713 c.c. art. 119 T.U.B., laddove prescrive l’obbligo di rendicontazione al cliente, in combinato disposto con l’art. 2697 c.c., artt. 1832 e 1857 c.c. ed in materia di diligenza e di esatto adempimento ex art. 1176 e 1218 c.c. In sostanza censura il capo di sentenza che ha ritenuto di desumere in via indiziaria la prova dell’avvenuta ricezione, da parte della C. , degli estratti conto della banca, spostando l’onere della prova dalla banca alla stessa C. , in contrasto con l’art. 119 T.U.B., che prescrive la periodicità degli estratti conto, con onere a carico della banca di dimostrare di avere effettivamente inviato al correntista detti estratti al fine di consentire al medesimo di opporsi alla suddetta rendicontazione. 4. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia l’omessa valutazione di un fatto storico decisivo risultante dagli atti di causa ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 Torna a lamentare il ricorso alla prova indiziaria per la dimostrazione dell’avvenuta ricezione degli estratti conto, censurando le ragioni che avrebbero erroneamente indotto la Corte d’Appello a ritenere che gli estratti conto fossero stati ricevuti all’indirizzo della società di famiglia e non anche a quello personale della C. . 2-3-4 I motivi sono tutti inammissibili o infondati perché, pur in taluni casi prospettati nella forma della violazione di legge, afferiscono tutti a vizi della motivazione, censurando le statuizioni dell’impugnata sentenza, da un lato, al di fuori dei limiti del sindacato sulla motivazione fissato da questa Corte a seguito della novella del 2012, dall’altro sollecitando questa Corte al riesame del merito, infine non correlandosi affatto con la principale ratio decidendi dell’impugnata sentenza. In particolare il secondo motivo, con cui si eccepisce la mancanza di motivazione derivante da una pretesa intrinseca contraddittorietà della medesima, non è fondato. La pretesa mancanza di motivazione non sussiste in quanto contrariamente all’assunto del ricorrente, non vi è alcun contrasto tra la statuizione della sentenza secondo la quale il modulo della delega scritta presentava evidenti irregolarità ed il ritenere provata la delega orale, come pure non vi è intrinseca contraddittorietà tra il ritenere che la nullità dei omissis non potesse riverberare sulla delega orale conferita al marito sul omissis . Il terzo motivo con cui si intende colpire le statuizioni relative al principio di prova sulla avvenuta ricezione degli estratti conto è inammissibile perché, pur prospettato quale violazione di legge, in realtà intende colpire la motivazione dell’impugnata sentenza che sul punto soddisfa certamente il minimo costituzionale richiesto dalla giurisprudenza di questa Corte. La Corte d’Appello ha infatti ritenuto che il ricevimento degli estratti conto fosse provato, per il periodo dall’apertura del conto corrente all’agosto del 2005, dalla testimonianza della madre della signora C. , che aveva riferito di aver ritirato gli estratti conto dall’Ufficio Postale e di averli portati alla figlia, mentre per il periodo successivo ha ritenuto provato l’invio di detti estratti alla casa coniugale dei signori C. e S. . Per quel che riguarda la prova dell’inadempimento della banca all’obbligo di rendiconto, la Corte d’Appello ha, d’un lato, correttamente affermato che l’onere della prova non potesse essere spostato dalla banca alla cliente, ma ha implicitamente ritenuto soddisfatto, da parte della banca, tale obbligo di rendiconto, ritenendo raggiunta la acquisita prova o principio di prova che l’attrice avesse comunque ricevuto gli estratti conto, dai quali poteva avere piena contezza dell’operato del marito. Ugualmente inammissibile è il quarto motivo, volto a sindacare la motivazione della sentenza in ordine all’indirizzo di ricezione degli estratti conto, motivo volto a sollecitare questa Corte ad una inammissibile rivalutazione del merito della causa. 5. Con il quinto motivo di ricorso - nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4 in relazione all’art. 112 c.p.c. Omessa pronuncia sul motivo di appello che ha escluso la responsabilità contrattuale ed extracontrattuale della banca, limitatamente ai contratti Pegno e Valuta - la ricorrente censura l’impugnata sentenza nella parte in cui ha omesso di pronunciare in relazione alla domanda di danni con riguardo alla illegittima gestione del Conto Pegno e del omissis . Precisa di aver formulato nell’atto di appello che il Conto Pegno era stato fondamentale per consentire al marito della C. di sottrarle anche le somme in esso presenti oltre a quelle indebitamente e illegittimamente prelevate dal omissis . Richiama i motivi di gravame con i quali, censurando sul punto la sentenza di primo grado, aveva chiesto al Giudice di valutare la responsabilità contrattuale derivante dalla violazione delle disposizioni civilistiche disciplinanti i singoli contratti stipulati tra la banca ed il cliente, l’assenza di forma scritta dei contratti, la violazione delle regole relative al mandato di cui risponde la banca ai sensi dell’art. 1856 c.c., nonché la violazione delle regole di diligenza e buona fede nell’esecuzione del contratto quanto alla responsabilità extracontrattuale ha denunciato la violazione del principio dell’alterum non ledere di cui all’art. 2043 c.c. con notevole danno ingiusto, illustrando i profili di danno e di nesso causale. A fronte di tali motivi di appello la sentenza si sarebbe limitata a pronunciarsi sui soli profili restitutori, corrispondenti alla somma di cui risulta essere stata effettuata movimentazione non autorizzata, senza affatto pronunciarsi sui profili risarcitori. 5.1 Il motivo è fondato e merita accoglimento. A fronte di tutte le censure svolte in grado di appello in ordine al capo della sentenza di primo grado che aveva statuito l’irrilevanza della nullità della mancata forma scritta dei omissis , l’appellante aveva censurato non solo che il Giudice non avesse tenuto in alcuna considerazione il fatto che la banca avesse consentito operazioni al di fuori di ogni delega validamente conferita ma anche la richiesta di risarcimento del danno. L’appellante aveva precisato che la richiesta risarcitoria non era riferita al solo omissis ma anche agli ulteriori due conti illegittimamente stipulati al di fuori di ogni volontà della C. e al di fuori di ogni contratto scritto. A fronte di tali domande risarcitorie, la sentenza d’appello si è limitata a disporre unicamente l’obbligo della banca di provvedere alla restituzione della somma di Euro 50.000 di cui il S. si era appropriato ma non si è affatto pronunciata sulla domanda risarcitoria. Si è di fronte ad un caso di omessa pronuncia, consistente nell’assoluta mancanza di scrutinio di un motivo di appello, che correttamente il ricorrente sussume sotto il vizio dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 La sentenza, in parte qua, deve, pertanto essere cassata in relazione al vizio denunciato e la causa rinviata alla Corte d’Appello di Torino per nuovo esame. 6. Conclusivamente la Corte dichiara inammissibili il primo, il terzo ed il quarto morivo di ricorso, rigetta il secondo, accoglie il quinto, cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Torino, in diversa composizione, per nuovo esame ed anche per le spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibili il primo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso, rigetta il secondo, accoglie il quinto, cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Torino, in diversa composizione, per nuovo esame ed anche per le spese del giudizio di cassazione. Si dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.