L’irrilevabilità d’ufficio della tardività del disconoscimento di una scrittura privata

La tardività del disconoscimento della scrittura privata non è rilevabile d’ufficio ma deve essere eccepita dalla parte che abbia prodotto il documento.

Sul tema la Corte di Cassazione con sentenza n. 23636/19, depositata il 24 settembre. Il caso. Nei primi due gradi di giudizio veniva accolta l’istanza di risoluzione del contratto di locazione concluso da due privati per inadempimento della parte convenuta che aveva omesso di corrispondere in modo integrale i canoni di locazione dovuti in favore della controparte. In particolare, era successo che le parti avevano concluso, in corso di rapporto, un accordo modificativo dell’originario contratto di locazione, volto a rideterminare in aumento l’importo dei canoni alla scadenza dei primi 4 anni. Intervengono sul punto i Giudici di legittimità. Sulla tardività del disconoscimento della scrittura privata. Con il motivo di ricorso la ricorrente ritiene che la Corte territoriale ha erroneamente rilevato d’ufficio la tardività del disconoscimento della sottoscrizione apparentemente apposta in calce al modello di pagamento F24. Tale motivo risulta fondato. Secondo consolidato insegnamento giurisprudenziale, la tardività del disconoscimento di una scrittura privata non è rilevabile d’ufficio, ma deve essere eccepita dalla parte che abbia prodotto tale scrittura, posto che l’attribuzione esclusiva, alla parte che ha prodotto il documento, del potere di eccepire la suddetta tardività dell’altrui disconoscimento dell’atto, risponde al riconoscimento del carattere esclusivo dell’interesse dell’istante a valutare l’utilità dell’accertamento positivo della provenienza della scrittura privata. Sulla base di tale principio, il motivo presentato dal ricorrente viene accolto con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte d’Appello per nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 22 maggio – 24 settembre 2019, n. 23636 Presidente Graziosi – Relatore Dell’Utri Fatti di causa 1. Con sentenza resa in data 9/5/2017, la Corte d’appello di Catanzaro ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado, in accoglimento della domanda proposta da F.A. , ha pronunciato la risoluzione del contratto di locazione concluso tra il F. e M.G. , per inadempimento di quest’ultima, avendo la M. omesso di corrispondere in modo integrale i canoni di locazione dalla stessa dovuti in favore della controparte. 2. A fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha rilevato la correttezza della decisione del primo giudice nella parte in cui aveva riconosciuto l’avvenuta conclusione, tra le parti, in corso di rapporto, di un accordo modificativo dell’originario contratto di locazione, inteso a rideterminare in aumento l’importo dei canoni alla scadenza del primo quadriennio, come attestato dalla documentazione acquisita agli atti del giudizio. Ciò posto, dato atto del mancato integrale adempimento, da parte della conduttrice, degli importi dovuti in conformità all’aumento negoziato, la corte d’appello ha confermato la pronuncia risolutoria del primo giudice e le conseguenti statuizioni condannatorie. 3. Avverso la sentenza d’appello, M.G. propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi d’impugnazione. 4. Gli intimati T.M.R. , F.S. e F.G. , in qualità di eredi di F.A. , non hanno svolto difese in questa sede. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 , per avere la corte territoriale erroneamente rilevato d’ufficio la tardività del disconoscimento della sottoscrizione apparentemente apposta dalla M. in calce al modello di pagamento F24 nel quale risultava l’applicazione del canone annuo di Euro 6.240,00 in relazione al contratto dedotto in giudizio, trattandosi della sollevazione di un’eccezione in senso proprio e stretto riservata all’iniziativa processuale della parte. 2. Il motivo è fondato. 3. Osserva il Collegio come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, la tardività del disconoscimento di una scrittura privata non è rilevabile d’ufficio, ma dev’essere eccepita dalla parte che tale scrittura abbia prodotto v. Sez. 2, Sentenza n. 9994 del 24/06/2003, Rv. 564495 - 01 , dovendo ritenersi che l’attribuzione esclusiva, alla parte che ha prodotto il documento, del potere di eccepire la tardività dell’altrui disconoscimento della scrittura privata, risponda al riconoscimento del carattere esclusivo del correlativo interesse dell’istante a valutare l’utilità di un accertamento positivo della provenienza della scrittura cfr. Sez. 2, Sentenza n. 10147 del 09/05/2011, Rv. 617920 - 01 . 4. Ciò posto, l’avvenuta negazione, ad opera del giudice di merito, dell’efficacia del disconoscimento operato in relazione al documento in esame sulla base dell’irrituale rilevazione d’ufficio della relativa tardività, impone la cassazione della sentenza impugnata per effetto del rilevato error in procedendo, con la restituzione degli atti al giudice a quo ai fini della corretta definizione dell’istruzione probatoria della causa. 5. Con il secondo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione della L. n. 431 del 1998, art. 1, u.c., nonché degli artt. 1199 e 2735 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 , per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto che la ricevuta di pagamento del canone di locazione per l’importo di Euro 520,00 in relazione alla mensilità di dicembre 2012, sottoscritta dal locatore, fosse valsa a integrare la prova scritta della volontà negoziale delle parti di modificare le originarie pattuizioni contrattuali riferite al canone di locazione, essendosi viceversa trattato di una mera dichiarazione di scienza relativa all’avvenuto adempimento di un’obbligazione contrattuale e non già della manifestazione in forma scritta di una volontà negoziale della parte. 6. Il motivo è fondato. 7. Al riguardo, osserva il Collegio come l’attestazione del mero fatto del ricevimento di una somma di denaro contenuta nella ricevuta di pagamento in esame non può in nessun caso valere, sul piano logico, a giustificare la conclusione dell’avvenuta manifestazione di alcuna volontà contrattuale diretta a individuare l’importo del canone ricevuto quale nuova entità del canone contrattuale, in via modificativa rispetto a quello originariamente stipulato per iscritto dalle parti. 8. Nella specie, infatti, deve ritenersi che la ricevuta in esame si sia limitata all’emissione, ad opera del suo autore, di una mera dichiarazione di scienza, priva, per ciò stesso, di alcun valore negoziale. 9. Tale rilievo impone l’ulteriore cassazione della sentenza impugnata, nella parte in cui contraddice inammissibilmente il significato logico-giuridico della dichiarazione di ricevuta in esame, interpretandola erroneamente alla stregua di una manifestazione di volontà negoziale. 10. Con il terzo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 , per avere la corte territoriale omesso di pronunciarsi sul motivo di appello avanzato dalla M. avente a oggetto la contestazione del mancato rilievo, da parte del primo giudice, della nullità del patto eventualmente concluso tra le parti diretto a modificare il canone di locazione originariamente convenuto sulla base di un contratto scritto e registrato, alla prima scadenza di questo. 11. La rilevata fondatezza dei primi due motivi d’impugnazione vale a ritenere integralmente assorbita la rilevanza del motivo in esame. 12. Sulla base delle argomentazioni sin qui illustrate, rilevata la fondatezza dei primi due motivi, e assorbito il terzo, dev’essere disposta la cassazione della sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, con il conseguente rinvio alla Corte d’appello di Catanzaro, cui è altresì rimesso di provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. Accoglie il primo e il secondo motivo dichiara assorbito il terzo cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’appello di Catanzaro, cui è altresì rimesso di provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.