Contratto di agenzia e (il)legittimità del recesso in caso di cambiamento di un socio

L’Accordo Nazionale Agenti prevede che il recesso di un socio facente parte dell’originaria compagine sociale della società titolare del rapporto di agenzia non costituisce giusta causa di risoluzione del rapporto, dovendo le parti attivare l’apposita procedura conciliativa volta ad individuare un soggetto di comune gradimento per la successione del rapporto.

Così la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 23263/19, depositata il 18 settembre. Il fatto. Il Tribunale di Milano veniva adito dai soci di una società per sentir accertare l’illegittimità del recesso da parte della compagnia assicurativa dal contratto di agenzia con condanna al pagamento dell’indennità prevista dall’Accordo Nazionale Agenti, oltre che al risarcimento del danno. La compagnia assicurativa convenuta in giudizio allegava che il recesso era fondato sul mutamento della compagine sociale della società titolare del rapporto di agenzia senza preventiva richiesta di gradimento. Spiegava dunque domanda riconvenzionale per il risarcimento del danno. Il Tribunale accoglieva parzialmente la domanda attorea, condannando la convenuta al pagamento dell’indennità di fine rapporto ritenendo lecito il recesso della compagnia assicurativa. La Corte d’Appello ribaltava la decisione condannando la compagnia assicuratrice al pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso e del risarcimento del danno. La sentenza viene dunque impugnata dalla compagnia assicurativa con ricorso per cassazione. Illegittimità del recesso. Analizzando le clausole contrattuali pattuite dalle parti, la Cassazione condivide quanto accertato dai giudici di seconde cure ovvero l’illegittimità della risoluzione del rapporto. Ed infatti la clausola pattuita dalle parti, che subordinava il cambiamento della compagine sociale al gradimento della compagnia assicurativa, poteva essere ritenuta valida nella vicenda dell’accordo A.N.A. 1994 ma non poteva ritenersi conforme al disposto dell’art. 2- bis , comma 1, del successivo accordo A.N.A. 2003. Secondo tale norma infatti il recesso di un socio facente parte dell’originaria compagine sociale della società titolare del rapporto di agenzia non può essere considerato quale giusta causa di risoluzione del rapporto, dovendo le parti in tal caso farsi onere di attivare l’apposita procedura conciliativa volta ad individuare un soggetto di comune gradimento per la successione del rapporto. Posto che il sopravvenuto accordo A.N.A. 2003 prevede espressamente che le nuove norme sostituiscono di diritto, al momento dell’entrata in vigore, le singole disposizioni difformi degli accordi aziendali e dei contratti individuali che risultassero singolarmente considerate meno favorevoli per gli agenti, la Corte conferma l’illegittimità della risoluzione del rapporto comunicata dalla compagnia assicurativa all’agente in base ad una clausola convenzionale individuale non più in vigore. In conclusione, il ricorso viene rigettato e la compagni assicurativa ricorrente viene condannata al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 29 aprile – 18 settembre 2019, n. 23263 Presidente Manna – Relatore Oliva Fatti di causa Con atto notificato il 25.7.2008 la società RGM di R.M. & amp C. Snc, a R.M. , R.I. e Z.C. evocavano in giudizio innanzi il Tribunale di Milano la società AXA Assicurazioni Spa per sentir accertare l’illegittimità del recesso operato dalla compagnia assicurativa dal contratto di agenzia del 1.2.2000 e per sentirla condannare al pagamento in loro favore dell’indennità di risoluzione contrattuale prevista dagli artt. 25-33 dell’Accordo Nazionale Agenti A.N.A. 2003 dell’indennità sostitutiva del preavviso di cui all’art. 13 del predetto A.N.A. della somma aggiuntiva di cui all’art. 2-bis, comma 3 del medesimo accordo nazionale del risarcimento del danno dell’indennizzo per il godimento dei locali e del personale dell’agenzia dal 7.3.2005 al 24.10.2005. Si costituiva AXA Assicurazioni Spa resistendo alla domanda allegando la legittimità del recesso, poiché era stata modificata la compagine sociale della società titolare del rapporto di agenzia di assicurazioni senza la preventiva richiesta del gradimento della compagnia assicurativa e quindi in violazione tanto degli accordi A.N.A. che delle obbligazioni contrattuali in vigore tra le parti. Spiegava inoltre domanda riconvenzionale per il risarcimento del danno derivante dall’illecita sottrazione del portafoglio assicurativo, che gli attori avrebbero realizzato liberalizzando senza motivo le polizze in essere, dall’indebita ritenzione di importi a titolo di provvigione, nonché dalla corresponsione agli assicurati di indennizzi asseritamente non dovuti. Con la sentenza n. 10654/2011 il Tribunale accoglieva parzialmente la domanda attrice, condannando la società convenuta al pagamento della somma di Euro 62.200,23 a titolo di indennità di fine rapporto, respingendo invece tutte le altre domande, principali e riconvenzionali, sul presupposto della liceità del recesso operato dalla compagnia assicurativa. Interponevano appello avverso detta decisione gli originari attori e si costituiva in seconde cure la compagnia assicurativa, resistendo al gravame e spiegando appello incidentale. Con la sentenza oggi impugnata, n. 2474/2014, la Corte di Appello di Milano rigettava l’appello incidentale di AXA Assicurazioni e, in parziale accoglimento di quello principale, condannava la predetta società al pagamento anche delle somme di Euro 56.229,85 a titolo di indennità sostitutiva del preavviso, di Euro 44.855,88 a titolo di somma aggiuntiva e di Euro 40.223 a titolo di risarcimento del danno, confermando nel resto la sentenza impugnata. A sostegno della propria decisione la Corte territoriale riteneva che la clausola contrattuale di cui all’allegato 5 lettera A del contratto di agenzia stipulato tra le parti, se poteva essere ritenuta lecita nella vigenza dell’accordo A.N.A. 1994, in quanto sostanzialmente corrispondente all’art. 2, comma 5 di quest’ultimo, non poteva tuttavia ritenersi conforme al disposto dell’art. 2-bis, comma 1 del successivo accordo A.N.A. 2003, entrato in vigore il 23.12.2003, secondo il quale il recesso di un socio facente parte dell’originaria compagine sociale della società titolare del rapporto di agenzia non poteva essere considerata giusta causa di risoluzione del rapporto, essendo onere delle parti in detta ipotesi attivare l’apposita procedura conciliativa volta ad individuare un soggetto di comune gradimento per la successione nel predetto rapporto. Propone ricorso per la cassazione di detta decisione AXA Assicurazioni Spa affidandosi ad un unico motivo. Resiste con controricorso RGM di R.M. & amp C. SAS. La società ricorrente ha depositato memoria. Ragioni della decisione Con l’unico motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366 e 1369 c.c. nonché dell’art. 2, comma 5 e art. 2-bis dell’Accordo Nazionale Agenti A.N.A. del 23.12.2003 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Ad avviso della ricorrente la Corte ambrosiana avrebbe erroneamente interpretato la volontà contrattuale delle parti, omettendo di considerare il contenuto degli originari accordi stipulati dai paciscenti in particolare, la procedura concordata prevista dall’art. 2-bis dell’accordo A.N.A. per individuare il soggetto di reciproco gradimento delle parti titolato a subentrare nel rapporto di assicurazione per il caso di cui all’art. 2, comma 5 ovverosia di recesso o esclusione di uno dei soci della società titolare del rapporto di agenzia di assicurazioni, o comunque di modifica della compagine sociale di quest’ultima non pregiudicherebbe la validità della specifica pattuizione contrattuale con la quale le parti abbiano stabilito che la modifica della compagine sociale realizzata dall’agente di assicurazioni in violazione della richiamata norma comporti la risoluzione del rapporto, trattandosi comunque di fatto idoneo ad incidere sull’intuitus personae che caratterizza il rapporto di agenzia assicurativa. La doglianza è infondata. Va invero osservato che la Corte di Appello ha ritenuto, all’esito di un iter logico-argomentativo coerente con i dati convenzionali e normativi e del tutto condivisibile, che la disposizione del contratto individuale di agenzia assicurativa sottoscritto tra le parti del presente giudizio fosse conforme al disposto dell’accordo A.N.A. 1994, in vigore all’epoca della sua conclusione, ma collidesse con quanto previsto dall’art. 2-bis del nuovo accordo A.N.A. 2003, entrato in vigore in epoca successiva all’instaurazione del rapporto. Ha poi ritenuto la clausola convenzionale generale prevalente rispetto a quella contenuta nel contratto individuale, poiché l’art. 2-bis, comma 5 dell’accordo A.N.A. 2003 espressamente prevede che le disposizioni di cui al presente articolo sostituiranno di diritto, dall’entrata in vigore del presente Accordo, le singole disposizioni difformi degli accordi aziendali e dei contratti individuali che risultassero, singolarmente considerate, meno favorevoli per gli agenti . L’attribuzione alla società preponente della facoltà di risolvere automaticamente il rapporto, nel caso di modificazione non preventivamente autorizzata della compagine sociale dell’agente di assicurazioni, è certamente meno favorevole per quest’ultima, rispetto alla previsione della procedura concordata di cui al già citato art. 2-bis dell’accordo A.N.A. 2003. Di conseguenza, in funzione della disposizione del comma 5 dell’articolo da ultimo richiamato la norma contenuta nel nuovo accordo generale ha sostituito ope legis quella di cui al contratto individuale, ancorché previgente. Da quanto precede la Corte lombarda ha correttamente fatto discendere l’illegittimità della risoluzione del rapporto, comunicata dalla compagnia assicurativa all’agente in base ad una clausola convenzionale individuale non più in vigore, e la conseguente spettanza a favore dell’agente medesimo delle diverse indennità previste dalla legge e dagli accordi, collettivi e individuale, di riferimento. Del pari conseguenziale, rispetto all’accertata illegittimità della predetta risoluzione contrattuale, è la condanna al risarcimento del danno. In definitiva, il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono regolate come da dispositivo. Poiché il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, va dichiarata la sussistenza, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dei presupposti per l’obbligo di versamento da parte della società ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento in favore della società controricorrente delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 5.800 di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva e cassa avvocati come per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della società ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13.