Franchising: il tentativo di conciliazione non è obbligatorio

La norma di cui all’art. 1, comma 2, l. n. 249/1997 ha un ambito soggettivo ben delimitato, pertanto, il tentativo di conciliazione deve considerarsi obbligatorio solo per le controversie che hanno titolo nel servizio di telecomunicazione. Deve così escludersi che possano rientrarvi controversie tra un soggetto erogatore del servizio ed un suo affiliato in franchising.

Lo ha chiarito la Cassazione con sentenza n. 14779/19 depositata il 30 maggio. Il caso. La società ricorrente, stipulato un contratto di franchising con Telecom s.p.a. e raggiunto un certo numero di servizi effettuati per conto di quest’ultima, otteneva un decreto ingiuntivo per il pagamento degli stessi. Proposta opposizione da parte di Telecom s.p.a., i Giudici di primo e secondo grado dichiaravano la domanda improcedibile per difetto del previo tentativo di conciliazione ex art. 1, comma 2, l. n. 249/1997. La società ricorre in Cassazione denunciando la non applicabilità della regola relativa al tentativo obbligatorio di conciliazione alla fattispecie. Tentativo obbligatorio di conciliazione. Posto che la disposizione di cui la ricorrente denuncia la violazione impone di esperire il tentativo di conciliazione prima di iniziare una controversia che abbia come parti opposte un utente ed un soggetto autorizzato o destinatario di licenze, oppure tra soggetti autorizzati o destinatari di utenze tra loro, la Corte di Cassazione ritiene il ricorso fondato. Infatti, chiarisce il Collegio, l’ambito in cui la norma opera è piuttosto chiaro, ed è quello relativo a controversie che attengono al servizio di telecomunicazione tra fornitore e utente. La controversia in esame, oltre a non riguardare due soggetti del servizio di telecomunicazione, poiché la società ricorrente non è un utente del servizio e neppure un soggetto autorizzato ad erogarlo, ha titolo nel contratto di franchising. Pertanto, trattandosi di un asserito inadempimento di obbligazioni assunte con tale contratto, e non di obbligazioni riguardanti il contratto di telefonia, la norma non è suscettibile di applicazione Per tali motivi la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza e rinvia al Giudice di primo grado.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 28 marzo – 30 maggio 2019, n. 14779 Presidente Armano – Relatore Cricenti Fatti di causa La società ricorrente, che nelle more del giudizio ha assunto una diversa denominazione, ha stipulato con la Telecom spa un contratto di franchising, in base al quale si obbligava a rendere servizi di manutenzione per conto di quest’ultima. La ricorrente, raggiunto un certo numero di servizi effettuati per conto di Telecom, ne ha chiesto il pagamento con atto scritto, e ricevuta contestazione da parte dell’affiliante, ha chiesto ed ottenuto decreto ingiuntivo. La Telecom ha proposto opposizione, ed il giudice di primo grado ha dichiarato improcedibile la domanda, per difetto del previo tentativo di conciliazione previsto dalla L. n. 249 del 1997, art. 1, comma 2 e della successiva delibera dell’Autorità Garante n. 182 del 2002. La decisione è stata confermata dalla corte di appello, che ha ribadito l’improcedibilità della domanda. Avverso tale statuizione propone ricorso per cassazione la società affiliata, con un solo motivo che denuncia la non applicabilità al caso di specie della regola sul tentativo obbligatorio di conciliazione. V’è costituzione di Telecom con controricorso. Ragioni della decisione 1.- Con l’unico motivo di ricorso, la B& amp B denuncia violazione della L. n. 249 del 1997, art. 1, comma 11, norma che impone di esperire il tentativo di conciliazione prima di iniziare una controversia che abbia come opposte parti un utente o categoria di utenti ed un soggetto autorizzato o destinatario di licenze, oppure tra soggetti autorizzati o destinatari di utenze tra loro. Secondo la ricorrente, la fattispecie che la riguarda non ricadrebbe in questa ipotesi, e dunque non sarebbe soggetta a tentativo obbligatorio. Il motivo è fondato. Invero, l’ambito della norma è abbastanza chiaro il tentativo di conciliazione è imposto solo per le controversie che hanno fonte nel servizio di telecomunicazione, ossia che attengono al servizio di telecomunicazione tra fornitore ed utente. Questa delimitazione, oltre che essere imposta dalla circostanza che l’organismo di mediazione è l’Autorità per le comunicazioni, che evidentemente decide controversie che abbiano riguardo ai servizi di telecomunicazione, discende anche dalla portata letterale e dalla ratio della norma. La norma, infatti, ha un ambito soggettivo delimitato, in quanto impone l’onere del tentativo di conciliazione solo in controversie che oppongano a utenti a soggetti autorizzati o titolari di licenze, dove per utenti si intendono coloro che, persone fisiche o giuridiche, utilizzano o chiedono di realizzare servizi di telecomunicazioni accessibili al pubblico delibera 182/ 02 , sempre che l’utente abbia stipulato un contratto di utenza telefonica chiara sul punto Cass. 25853/ 2008 , e quindi le controversie tra chi eroga il servizio e chi lo riceve b tra soggetti autorizzati o destinatari di licenze tra loro, ossia tra soggetti che erogano il servizio di telecomunicazione, nelle controversie che, per via di tale erogazione, insorgano tra loro delibera 182/ 02 . E questo secondo ambito presuppone che i protagonisti della controversia siano, ciascuno, titolari di autorizzazione ad erogare il servizio quindi, ad esempio, una controversia tra gestori . In entrambi i casi, il tentativo di conciliazione presuppone che la controversia abbia titolo nel servizio di telecomunicazione. Già, da un punto di vista dell’ambito soggettivo della norma, è escluso che possa rientrarvi una controversia tra un soggetto autorizzato ad erogare il servizio Telecom ed un suo affiliato in franchising la ricorrente . La norma infatti mira alla soluzione preventiva di controversie che, oltre che riguardare i soggetti del servizio telefonico e non altri , attengano pur sempre a prestazioni finalizzate alla telecomunicazione. Nella fattispecie invece la controversia, oltre che non riguardare due soggetti del servizio di telecomunicazione, in quanto la ricorrente non è nè utente del servizio nè soggetto autorizzato ad erogarlo, ha titolo nel contratto di franchising. Si tratta cioè di una controversia che riguarda l’asserito inadempimento di obbligazioni assunte con il contratto di franchising, e non di obbligazioni riguardanti il contratto di utenza telefonica o, piuttosto, il rapporto tra gestori del servizio telefonico. Il ricorso va dunque accolto, con rinvio al giudice di primo grado, per l’esame delle questioni di merito non affrontate. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Caltanissetta, in diversa composizione, anche per le spese.