La prova della correttezza dei consumi: il funzionamento del contatore e l’obbligo di vigilanza

La rilevazione dei consumi, mediante contatore, è assistita da una mera presunzione semplice di veridicità, per cui, ove intervenga una contestazione, da parte dell’utente, l’onere di provare il perfetto funzionamento del contatore e conseguentemente, la correttezza delle sue rilevazioni, grava sul somministrante, mentre all’utente spetta il compito di dimostrare di aver diligentemente vigilato, al fine di evitare che terzi potessero manomettere il contatore o comunque rendersi responsabili dell’aumento dei consumi, ovvero che la detta anomalia sia dovuta a fattori estranei al proprio controllo, che non potevano essere evitati, nemmeno custodendo attentamente l’impianto.

Questo è il principio affermato dalla Corte Suprema di Cassazione, Terza Sezione Civile, con l’ordinanza numero 2327/19, depositata il 29 gennaio. Il fatto. La Cassazione si è pronunciata sul ricorso presentato da un società, avverso una sentenza d’appello che, riformando la pronuncia di primo grado, aveva rigettato l’opposizione al decreto ingiuntivo, con cui il gestore del servizio elettrico le aveva ingiunto il pagamento di un’ingente somma, per i consumi relativi ad un periodo precedente. In primo grado la pretesa creditoria era stata ritenuta infondata, dato che non era stato possibile effettuare alcun riscontro oggettivo, sui consumi arretrati, dal momento che il gestore del servizio elettrico aveva sostituito e rottamato il vecchio contatore, ancor prima di richiederne il pagamento. In appello, l’esito del giudizio era stato ribaltato. Avverso detta pronuncia, la società soccombente aveva proposto ricorso in Cassazione. La presunzione di veridicità dei consumi e la vigilanza sul contatore. La Suprema Corte ha subito voluto individuare il principio, in tema di rilevazione, conteggio e fatturazione dei consumi, affermando che la rilevazione mediante contatore è assistita da una mera presunzione semplice di veridicità, per cui, ove intervenga una contestazione, da parte dell’utente, l’onere di provare il perfetto funzionamento del contatore e conseguentemente, la correttezza delle sue rilevazioni, grava sul somministrante, mentre all’utente spetta il compito di dimostrare di aver diligentemente vigilato, al fine di evitare che terzi potessero manomettere il contatore o comunque rendersi responsabili dell’aumento dei consumi. Egli, in definitiva, è chiamato a dimostrare che detta anomalia è dovuta a fattori estranei al suo controllo, che non potevano essere evitati, nemmeno custodendo attentamente l’impianto. L’onere d’impugnazione di ogni singola motivazione giuridica. Nel caso di specie, ciò che aveva determinato la soccombenza della società, in appello, era stato il ragionamento del consulente tecnico d’ufficio che, basandosi sulla discrepanza fra i consumi rilevati, prima e dopo la sostituzione del vecchio contatore e sulle giustificazioni fornite dall’opponente, aveva concluso presuntivamente per il corretto funzionamento del contatore e conseguentemente, per la correttezza dei conteggi posti a fondamento della pretesa creditoria del gestore del servizio. Detto ragionamento, che pure la Corte di Cassazione considera astrattamente censurabile, non era stato contestato dalla società opponente, nemmeno in sede di gravame. La mancata contestazione, pertanto, gli aveva conferito la qualità di autonoma ratio decidendi , atta a sorreggere la sentenza di secondo grado e a vanificare i motivi di censura, presentati nel successivo ricorso per Cassazione. La Corte, infatti, ha chiarito che, ove una pronuncia si fondi s’una pluralità di motivazioni distinte ed autonome, ognuna delle quali appaia idonea, sotto il profilo logico e giuridico, a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione, anche di una sola di esse, rende inammissibile, per difetto d’interesse, ogni censura relativa alle altre. Detta omissione, infatti, consente alla motivazione non impugnata di divenire definitiva e pertanto, preclude inevitabilmente la possibilità di giungere all’annullamento della pronuncia, mediante le altre censure, indipendentemente dalla loro fondatezza ordinanza numero 11493/18 e sentenza numero 2108/12 .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 15 marzo 2018 – 29 gennaio 2019, n. 2327 Presidente Scrima – Relatore Guizzi Fatti di causa 1. La società Liberpri S.n.c. Progetto Casa d’ora in poi, Liberpri ricorre, sulla base di quattro motivi, per la cassazione della sentenza n. 916/14 del 23 settembre 2014, emessa dalla Corte di Appello de L’Aquila, che - accogliendo il gravame esperito da Enel Servizio Elettrico s.p.a. d’ora in poi, Enel contro la sentenza n. 1529/13 del 30 ottobre 2013 del Tribunale di Pescara - ha respinto l’opposizione di Liberpri avverso il decreto con cui Enel le ingiungeva il pagamento della somma di Euro 5.519,53, più accessori, per fornitura di energia elettrica. 2. Riferisce, in punto di fatto, la ricorrente di aver adito il Tribunale pescarese - a norma dell’art. 645 c.p.c. - per opporsi al provvedimento monitorio che le ingiungeva di pagare ad Enel il credito di cui ad una fattura emessa a conguaglio , per forniture di energia elettrica nel periodo dal 19 luglio 2004 al 31 gennaio 2008, dopo che le fatture bimestrali emesse nei tre anni e mezzo precedenti e definite, peraltro, in acconto solo dopo l’iniziativa giudiziaria assunta da essa Liberpri non avevano mai superato l’importo di Euro 100,00 cadauna. Disposta dal primo giudice una CTU, per la rilevazione dei consumi sull’utenza intestata all’attrice in opposizione e circa il corretto funzionamento del contatore fino alla data 3 gennaio 2007 della sua sostituzione ad opera di un dipendente dell’Enel, l’esito del primo grado di giudizio consisteva nell’accoglimento dell’opposizione, giacché la fondatezza della pretesa creditoria non era stata accertata nel suo ammontare, vista l’impossibilità di accertare dati utili in ordini ai consumi, stante anche la scelta di Enel di rottamare il contatore sostituito, scelta avvenuta in difetto di contraddittorio con l’utente. Proposto gravame da Enel, la Corte aquilana, in accoglimento dello stesso, rigettava l’opposizione a decreto ingiuntivo, condannando Liberpri al pagamento della somma di cui sopra, oltre che alle spese di ambo i gradi di giudizio. 3. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione Liberpri, sulla base di quattro motivi. 3.1. Con il primo motivo è dedotta - ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 , - la violazione/falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. . Sul rilievo che nei casi di opposizione a decreto ingiuntivo il giudice non debba stabilire la legittimità dell’ingiunzione, bensì accertare il fondamento della pretesa fatta valere con il ricorso, giacché l’opposto riveste pur sempre il ruolo di attore in senso sostanziale, il ricorrente evidenzia che, in caso di provvedimento monitorio per il pagamento di forniture, spetta a chi fa valere il credito fornire la prova del fatto costitutivo dello stesso, non potendo certo bastare la fattura o l’estratto delle scritture contabili. Siffatti principi varrebbero, vieppiù, in tema di servizi pubblici, gravando in particolare sul fornitore - in applicazione del principio della vicinanza della prova - la dimostrazione della regolarità del funzionamento dei rilevatori di consumo, di fronte a contestazioni dell’utente. Di conseguenza, la sentenza impugnata avrebbe errato nell’invertite il meccanismo previsto dall’art. 2697 c.c., laddove assume essere la regola quella per cui il contatore, in quanto posizionato, sia funzionante e quindi attendibile , affermando, così, che è l’utente che deve fornire la prova del suo cattivo funzionamento . 3.2. Il secondo motivo - proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 , - deduce la violazione/falsa applicazione degli artt. 1175 e 1375 c.c. , quanto alla interpretazione ed esecuzione del contratto intercorso tra le parti, e ciò anche in relazione alla specifica disciplina del contratto di utenza ex art. 1339 c.c. e alla Deliberazione dell’Autorità per l’Energia elettrica ed il Gas n. 200 del 28 dicembre 1999 . Si evidenzia come, nel contratto di fornitura di energia elettrica, l’eventuale autolettura dell’utente, in ossequio ai canoni ermeneutici di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto, costituisca, al massimo, un onere per lo stesso, sicché il suo inadempimento determina esclusivamente la necessità di pagare il conguaglio, ove venga rilevato un consumo superiore, gravando, però, sul fornitore l’obbligo di effettuare periodicamente il rilevamento dell’effettivo consumo, e ciò solo con la lettura del contatore. D’altra parte, la sostituzione di quest’ultimo può avvenire - ai sensi della deliberazione sopra richiamata - solo con il consenso scritto del cliente e dopo che il medesimo abbia preso visione dei consumi al momento della sostituzione. Di conseguenza, quando la Corte aquilana ha affermato la prevedibilità e non la certezza che potesse essere consistente il conguaglio relativo alle bollette emesse sulla base di consumi presunti, giacché stimati sulla base di autolettura, ha violato il principio della buona fede che deve sottendere anche l’esecuzione del contratto. 3.3. Con il terzo motivo - proposto ai sensi, congiuntamente, dell’art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5 - viene ipotizzato violazione delle norme sull’istruttoria ed omesso esame di un fatto decisivo discusso tra le parti, in quanto connesso e funzionale al travisamento dei fatti per mancata osservanza delle risultanze ed evidenze probatorie ex artt. 191, 195 e 202 c.p.c Ci si duole del fatto che la sentenza impugnata abbia disatteso le risultanze della CTU, sulla base delle quali avrebbe dovuto ritenere non provati i consumi, avendo l’ausiliario del giudice accertato che il contatore vene smaltito da Enel, rendendo così impossibile verificare la sua eventuale funzionalità. 3.4. Il quarto motivo - proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 , - deduce violazione del regolamento in tema di spese e compensi legali, siccome disciplinato ex art. 33 Cost., art. 2333 c.c. e artt. 91 c.p.c. e ss. . Ci si duole della mancata compensazione anche parziale delle spese di lite, che sarebbe stata doverosa nel caso di specie, atteso che nella nozione di soccombenza reciproca deve ricomprendersi pure l’ipotesi della parzialità dell’accoglimento meramente quantitativa. 4. Ha resistito con controricorso Enel, per chiedere che l’impugnazione sia dichiarata inammissibile o comunque rigettata. 5. Hanno presentato memoria entrambe le parti, insistendo nelle rispettive argomentazioni. Ragioni della decisione 6. Il ricorso va rigettato, quantunque la motivazione della sentenza impugnata vada parzialmente corretta, a norma dell’art. 384 c.p.c., comma 4. 6.1. I primi tre motivi - da esaminarsi congiuntamente, data la connessione oltre che omogeneità delle questioni proposte - sono inammissibili. 6.1.1. Per pervenire a tale conclusione, tuttavia, occorre muovere dalla constatazione - sulla quale insiste, in particolare, il primo motivo di ricorso - dell’erroneità dell’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui, nei contratti di somministrazione di energia elettrica, costituirebbe la regola quella per cui il contatore, in quanto posizionato, sia funzionante e quindi attendibile , essendo dunque l’utente che deve fornire la prova del suo cattivo funzionamento . Tale dictum , infatti, non corrisponde ai principi enunciati, di recente, dalla giurisprudenza di questa Corte richiamati dalla ricorrente nella propria memoria integrativa , relativamente alla fattispecie contrattuale ex art. 1559 c.c Invero, secondo questa Corte, la rilevazione dei consumi mediante contatore è assistita da una mera presunzione semplice di veridicità, sicché, in caso di contestazione, grava sul somministrante l’onere di provare che il contatore era perfettamente funzionante, mentre il fruitore deve dimostrare che l’eccessività dei consumi è dovuta a fattori esterni al suo controllo e che non avrebbe potuto evitare con un’attenta custodia dell’impianto, ovvero di aver diligentemente vigilato affinché eventuali intrusioni di terzi non potessero alterare il normale funzionamento del misuratore o determinare un incremento dei consumi . In particolare - in applicazione di tale principio, che sebbene riferito al contratto di somministrazione del servizio idrico presenta valenza generale - è stata cassata la sentenza resa, come nella presente fattispecie, all’esito di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo che avevà posto a carico del somministrato la mancata prova in ordine al malfunzionamento del contatore, sebbene il somministrante avesse sostituito unilateralmente lo stesso, senza dar modo al fruitore di effettuare alcuna verifica sul suo corretto funzionamento cfr. Cass. Sez. 3, sent. 22 novembre 2016, n. 23699, Rv. 649282-01 nello stesso senso, Cass. Sez. 3, ord. 19 luglio 2018, n. 19154, Rv. 649731-02 . 6.1.2. Nondimeno, l’errore in cui è incorsa la Corte territoriale da correggere, ai sensi del già citato art. 384 c.p.c., comma 4, - non giova alla ricorrente, per le ragioni di seguito meglio illustrate. Deve, infatti, osservarsi che, a prescindere dalla questione circa l’onere di provare il corretto funzionamento del contatore, la sentenza impugnata - recependo, sul punto, le risultanze della espletata CTU comunque perviene, in via presuntiva, alla conclusione di ritenere attendibili i dati sul consumo d’acqua di cui alla fattura relativa al credito oggetto del presente giudizio. Si legge, infatti, nella sentenza impugnata che il CTU ha rilevato che i consumi giornalieri medi nel periodo oggetto di fattura di conguaglio 2004/2007 era no di 38 kwh, mentre quelli rilevati con il nuovo contatore - del quale, si precisa, l’odierna ricorrente mai . ha sostenuto il cattivo funzionamento - erano di molto superiori 56 kwh , soggiungendo come tale impennata fosse stata parzialmente giustificata da Liperpri con l’apertura di una nuova sala di esposizione della propria attività commerciale, ciò che avrebbe implementato il consumo di 12 kwh . Da tale confronto, dunque, la Corte territoriale ha tratto - presuntivamente - la conclusione che, prima della sua sostituzione, il vecchio contatore evidentemente funzionasse, ritenendo che i dati tratti da esso e posti alla base della suddetta fattura a conguaglio fossero, nel complesso, attendibili, ponendoli a raffronto con quelli rilevati dal nuovo contatore. 6.1.3. Orbene, siffatto ragionamento presuntivo - che pure avrebbe potuto, in astratto, essere censurato a norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 , per violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. Cass. Sez. 3, sent. 4 agosto 2017, n. 19485, Rv. 64549602 in senso sostanzialmente analogo pure Cass. Sez. 6-5, ord. 5 maggio 2017, n. 10973, Rv. 643968-01 nonché Cass. Sez. 3, sent. 26 giugno 2008, n. 17535, Rv. 603893-01 - non è stato contestato dall’odierna ricorrente. Esso, pertanto, nel costituire un’autonoma ratio decidendi , si presenta idoneo a sorreggere la sentenza impugnata, con conseguente inammissibilità di quelle censure, contenute nella presente impugnazione, che attengono, rispettivamente, all’individuazione del soggetto onerato dalla prova del corretto funzionamento del contatore primo motivo di ricorso , alle modalità con cui procedersi all’autolettura dello stesso piuttosto che all’effettivo rilevamento delle sue risultanze secondo motivo , e, infine, alla corretta procedura prevista per la sua sostituzione, ove non funzionante terzo motivo di ricorso . Sul punto, infatti, va richiamato il principio giurisprudenziale secondo cui, qualora la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una nella specie, quella sull’attendibilità delle risultanze del contatore rimosso, come attestata dall’espletata CTU rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza da ultimo, Cass. Sez. 5, ord. 11 maggio 2018, n. 11493, Rv. 648023-01 in senso analogo, ex multis , Cass. Sez. 3, sent. 14 febbraio 2012, n. 2108, Rv. 621882-01 . 6.2. Il quarto motivo di ricorso non è fondato. Trova, infatti, applicazione - rispetto ad esso - il principio secondo cui, in tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 , è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi da ultimo, Cass. Sez. 6-3, ord. 17 ottobre 2017, n. 24502, Rv. 646335-01 . 7. Le spese seguono la soccombenza, essendo pertanto poste a carico della ricorrente e liquidate come da dispositivo. 8. A carico della ricorrente sussiste l’obbligo di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e, per l’effetto condanna società Liberpri S.n.c. Progetto Casa a rifondere alla società Enel Servizio Elettrico S.p.a. le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 3.000,00, più Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.