Conto corrente: ancora sulla nullità delle clausole uso su piazza e anatocismo

Sono nulle le clausole uso piazza”, contenute nei contratti di conto corrente in ragione della loro eccessiva genericità ed indeterminatezza che impedisce al correntista di stabilire con immediatezza il tasso di interesse applicato. Sono altresì nulle le clausole contrattuali aventi ad oggetto la sola capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori, stipulate prima dell’entrata in vigore della deliberazione CICR del 9 febbraio 2000.

Con sentenza del 13 dicembre 2018 la Corte di Appello di Napoli Settima sezione civile, torna ad occuparsi della nullità delle clausole contenute nei contratti di conto corrente bancari perfezionati in data antecedente alla delibera CICR del 9 febbraio 2000. Il caso. Un cliente conveniva in giudizio la propria banca contestando l’illegittima applicazione di commissioni, interessi ultralegali ed anatocistici in conto corrente, con conseguente domanda di ripetizione delle somme nel tempo ivi versate. Si costituiva la banca contestando le pretese attoree formulando soltanto in sede di precisazione delle conclusioni l’eccezione di prescrizione delle rimesse c.d. solutorie. Veniva espletata Consulenza Tecnico d’Ufficio all’esito della quale il Tribunale di Avellino accoglieva le domande del correntista accertando la nullità delle clausole del contratto di conto corrente relativamente alla pattuizione degli interessi, della capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori e della commissione di massimo scoperto. Il primo giudice respingeva l’eccezione di prescrizione formulata dalla banca poiché tardiva. La banca proponeva gravame innanzi alla Corte di Appello di Napoli sostenendo, per quel che qui rileva a la legittimità della forma della pattuizione di interessi ultralegali ed il rinvio per relationem agli usi di piazza b la legittimità della capitalizzazione trimestrale degli interessi c la prescrizione del credito restitutorio dell’attore. La forma della pattuizione di interessi ultralegali e rinvio per relationem agli usi su piazza. Osservano in primo luogo i Giudici di appello come la giurisprudenza di legittimità abbia sistematicamente sanzionato con la nullità la clausola uso piazza”, contenuta nei contratti di conto corrente, in ragione della sua eccessiva genericità ed indeterminatezza che impedisce al correntista di stabilire con immediatezza il tasso di interesse applicato nei suoi confronti gravandolo, di contro, di un onere di informazione certamente di non facile assolvimento. Pertanto, il rinvio per relationem agli usi di piazza soddisfa il requisito della forma scritta previsto dall'art. 1284 c.c. solamente quando esso contenga criteri prestabiliti e specifici per la concreta determinazione del tasso di interesse, come nel caso in cui si faccia pattiziamente rinvio ad un criterio provvisto di caratteri di certezza, obiettività, uniformità e conoscibilità. Né, aggiunge la Corte territoriale, siffatta nullità può essere sanata dalle successive comunicazioni delle variazioni del tasso periodicamente inviate dalla banca al cliente e tantomeno l’approvazione degli estratti conto in tal caso, infatti, gli interessi devono essere considerati come pattuiti senza la forma scritta. La nullità delle clausole di capitalizzazione trimestrale degli interessi precedenti la deliberazione CICR del 9 febbraio 2000. Ribadiscono i Giudici di appello che le clausole contrattuali aventi ad oggetto la sola capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori, stipulate prima dell’entrata in vigore della deliberazione CICR del 9 febbraio 2000, sono nulle. In questo senso ricordano il costante orientamento della Corte di Legittimità confermato anche dalle Sezioni Unite cfr. Cass. S.U. 4 novembre 2004, n. 21095 Cass. S.U. 2 dicembre 2010, n. 24418 , escludendo altresì, per tali contratti, la legittimità della capitalizzazione anche per il periodo successivo al 1° luglio 2000, salvo che la stessa non sia stata oggetto di specifica accettazione da parte del correntista. La non tempestività dell’eccezione di prescrizione. Ricordano al riguardo i Giudici partenopei che il termine di prescrizione decennale del diritto alla restituzione delle somme illegittimamente addebitate per effetto della capitalizzazione trimestrale degli interessi decorre, nell’ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto funzione ripristinatoria della provvista, dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto ai fini dell’accoglimento dell’eccezione di prescrizione la banca avrebbe pertanto dovuto tempestivamente dedurre che, nella fattispecie, si era verificata la distinta ipotesi della funzione solutoria dei versamenti indicando in relazione a quali addebiti fosse configurabile l’immediato decorso del termine di prescrizione. I precedenti giurisprudenziali. Le problematiche trattate nella sentenza in esame non sono in vero nuove e la Corte di Appello di Napoli, nella sua ampia motivazione, richiama numerosi precedenti di legittimità a supporto della propria impostazione. In particolare meritano di essere segnalati i quanto alla nullità delle clausole di rinvio per relationem agli usi di piazza Cass. 30 ottobre 2015, n. 22179 , secondo cui in tema di contratto di conto corrente bancario, la clausola relativa agli interessi deve contenere la puntuale indicazione del tasso praticato e, ove esso sia convenuto come variabile, ai fini della sua esatta individuazione concreta, nel corso della vita del rapporto contrattuale, è necessario il riferimento a parametri che consentano la sua precisa determinazione, non essendo sufficienti generici riferimenti, come ad esempio i cd. usi su piazza, dai quali non emerga con chiarezza quale previsione le parti abbiano inteso richiamare con la loro pattuizione in questo senso anche Cass. 13 ottobre 2017, n. 24153 Cass. 19 maggio 2010, n. 12276 Cass. 2 febbraio 2007, n. 2317 Cass. 2 ottobre 2003, n. 14684 v. anche Cass. 1° febbraio 2002, n. 1287, ove precisato che in tema di contratti bancari regolati in conto corrente, stipulati anteriormente all'entrata in vigore della nuova legislazione bancaria, la comunicazione delle variazioni del tasso degli estratti periodici del conto corrente da parte della banca e la loro approvazione tacita, non sana la nullità dell'originaria pattuizione per carenza del requisito della determinabilità . ii Quanto alla nullità delle clausole di capitalizzazione trimestrale ante anno 2000 Cass. S.U., 4 novembre 2004, n. 21095, ove statuito che nell’ambito dei rapporti bancari regolati in conto corrente, relativamente al periodo antecedente all’entrata in vigore della deliberazione del C.I.C.R. 9 febbraio 2000, sono nulle, in quanto contrastanti con il disposto dell’art. 1283 c.c., le clausole di addebito trimestrale degli interessi dovuti dal correntista conforme anche Cass. S.U. 2 dicembre 2010, n. 24418. iii Quanto alla prescrizione delle rimesse solutorie cfr. ancora Cass. S.U. 2 dicembre 2010, n. 24418, ove chiarito che l'azione di ripetizione di indebito, proposta dal cliente di una banca, il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, è soggetta all'ordinaria prescrizione decennale, la quale decorre, nell'ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, non dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati, ma dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto, in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati. Infatti, nell'anzidetta ipotesi ciascun versamento non configura un pagamento dal quale far decorrere, ove ritenuto indebito, il termine prescrizionale del diritto alla ripetizione, giacché il pagamento che può dar vita ad una pretesa restitutoria è esclusivamente quello che si sia tradotto nell'esecuzione di una prestazione da parte del solvens con conseguente spostamento patrimoniale in favore dell' accipiens .

Corte d’Appello di Napoli, sez. VII Civile, sentenza 13 dicembre 2018 Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 12 settembre 2006, Li. Co., premettendo di essere titolare di un rapporto di conto corrente bancario di corrispondenza, con convenzione di scoperto, n. omissis , stipulato alla fine degli anni ottanta con la filiale di Montemiletto della Banca di Credito Cooperativo Irpinia soc. coop. a r.l. nel corso del processo ceduta alla Banca di Credito Cooperativo di Flumeri ex articolo 58 D.Lgs. 385/93 , deduceva che, per tutta la durata del rapporto, la banca aveva applicato e, conseguentemente, incassato interessi ad un tasso superiore a quello legale che, insieme alle commissioni di massimo scoperto, erano stati altresì capitalizzati trimestralmente, in violazione del divieto di anatocismo previsto dall'articolo 1283 c.c. Il Co. eccepiva, pertanto, l'illegittimità di tale pratica, evidenziando che, da un lato, la previsione nel contratto di conto corrente di maturazione di interessi passivi ad un tasso ultralegale a carico del correntista non era documentata da uno specifico patto scritto ex articolo 1284 c.c. e, dall’altro, che la nullità della clausola anatocistica generava il diritto alla ripetizione delle somme indebitamente percepite dalla banca a titolo di interessi e commissioni in costanza di rapporto. Per l'effetto, concludeva per a accertare il diritto dell’attore a ripetere dalla convenuta tutte le somme indebitamente incassate da quest’ultima a titolo di interessi in misura ultralegale, previa declaratoria di nullità della relativa clausola del contratto di c/c per violazione dell’articolo 1284 c.c. b accertare il diritto dell’attore a ripetere dalla convenuta tutte le somme indebitamente incassate da quest’ultima nel corso della durata del rapporto, in conseguenza di anatocismo illegittimo, con riferimento sia agli interessi che alle commissioni di massimo scoperto ed agli altri accessori, previa declaratoria di nullità delle relative clausole del contratto di conto corrente n. omissis per contrarietà all'articolo 1283 c.c. c condannare, per l'effetto la convenuta alla restituzione di tutte le somme illegittimamente ed indebitamente riscosse, in virtù di quanto sopra, maggiorate degli interessi legali dal 21.9.2005 data della messa in mora d condannare, infine, la convenuta al pagamento delle spese e competenze di lite, maggiorate degli accessori di legge, con attribuzione al sottoscritto procuratore anticipatario”. Con comparsa depositata in data 7 dicembre 2006 si costituiva in giudizio la banca convenuta, impugnando la domanda introduttiva e chiedendone il rigetto. All’esito della disposta C.T.U. contabile, il tribunale di Avellino con la sentenza impugnata accoglieva la domanda dell’attore, dichiarando la nullità dell’articolo 7 del contratto di conto corrente stipulato in data 8 febbraio 1985 relativamente alla pattuizione degli interessi, della capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori e della commissione di massimo scoperto, condannando la banca al pagamento della somma di Euro 99.097,21 oltre agli interessi legali dal 12 settembre 2006 al soddisfo a titolo di restituzione di somme indebitamente percepite ed oltre al rimborso dei 2/3 delle spese di lite. Con atto di appello notificato il 24 febbraio 2012, la Banca di Credito Cooperativo Irpina chiedeva l’integrale riforma della sentenza di primo grado con la preventiva sospensione dell’esecuzione ex articolo 283 c.p.c. Con comparsa di risposta del 21 giugno 2012 si costituiva in giudizio il Co., impugnando l’atto di appello, in quanto inammissibile, improcedibile ed infondato ed evidenziando altresì l'inammissibilità della istanza di sospensione, atteso che la banca nelle more aveva dato esecuzione alla sentenza di primo grado, pagando le somme dovute all'attore. Veniva rigettata l'istanza di sospensione e, successivamente, con comparsa depositata il 6 maggio 2016, si costituiva in giudizio la Banca di Credito di Flumeri soc. coop. a r.l. in qualità di cessionaria ai sensi dell'articolo 58 D.Lgs. 385/93 del ramo di azienda comprendente le attività e passività della Banca di Credito Cooperativa Irpina, soc. cooperativa in liquidazione in forza dell'atto di cessione per notar Manna di Ariano Irpino, rep. n. 46615 e racc. n. 16733, registrato in Ariano Irpino il 4/2/2016, pubblicato per estratto sulla G.U. n. 29 dell'8/3/2016 . La banca cessionaria faceva proprie tutte le domande, eccezioni, deduzioni e conclusioni, in fatto e diritto già formulate dalla cedente di cui chiedeva l’integrale accoglimento. All’udienza del 13 settembre 2018 venivano precisate le conclusioni da parte dei procuratori di tutte le parti presenti in udienza i quali chiedevano di assegnarsi la causa in decisione con i termini per il deposito degli atti conclusionali. Motivi della decisione 1. – La banca appellante deduce la erroneità della sentenza pronunciata dal tribunale affidando il gravame a quattro motivi di impugnazione e precisamente 1 la legittimità della forma della pattuizione di interessi ultralegali ed il rinvio per relationem agli usi di piazza 2 la legittimità della capitalizzazione trimestrale degli interessi 3 la legittimità della commissione di massimo scoperto 4 la prescrizione del credito restitutorio dell’attore. 2. - Il primo motivo di appello riguarda il capo della sentenza relativo alla Forma della pattuizione di interessi ultralegali e rinvio per relationem agli usi di piazza”. 2.1. - Il tribunale ha dichiarato la nullità della clausola contrattuale articolo 7 che, nel prevedere gli interessi in misura ultralegale, rinvia alle condizioni praticate dalle Casse” sulla piazza c.d. usi di piazza” e la banca appellante ripropone la tesi secondo cui la legittimità di tale clausola discenderebbe dal fatto che il contratto di conto corrente de quo n. omissis dell’ 8 febbraio 1985 risale ad un'epoca antecedente all'entrata in vigore della legge n. 154/92, la cui disciplina poi trasfusa nel T.U.B. del 1993 vieta espressamente il rinvio agli usi per determinare il contenuto economico-normativo del rapporto di conto corrente. Deduce infatti che tale disciplina ex articolo 161, comma 6, T.U.B. per il suo carattere innovativo non si applicherebbe ai contratti conclusi prima della sua entrata in vigore, i quali resterebbero regolati dalle norme anteriori. 2.1.2. – La doglianza non è fondata in quanto risalendo il contratto costitutivo del rapporto di conto corrente a data anteriore all’entrata in vigore il 9 luglio 1992 dell’articolo 4, comma 3, della legge n. 154/92 sulla trasparenza bancaria poi trasfuso nell’articolo 117, comma 6, D.Lgs. 385/93, nuovo testo unico bancario , la nullità per l’indeterminabilità dell’oggetto della clausola relativa al saggio degli interessi mediante rinvio alle condizioni usualmente praticate su piazza, comporta, di diritto, l’applicazione del saggio legale ex articolo 1284 c.c. che resta applicabile, in mancanza di valido successivo accordo scritto tra le parti, fino alla chiusura del rapporto. Infatti, come anche statuito in prime cure, l’irretroattività della disciplina introdotta dalla legge del 1992 e recepita dal successivo testo unico bancario del 1993 si estende anche alla previsione della sostituzione automatica della clausola nulla derogatoria rispetto a quella previgente, fondata su quanto disposto dal terzo comma dell’articolo 1284 c.c. , onde ai contratti stipulati in precedenza è applicabile non già la nuova previsione sostitutiva, bensì quella prevista dal codice civile cfr., in argomento, Corte Cost. 338/09 e la giurisprudenza di legittimità e di merito ivi richiamata . Invero, la giurisprudenza di legittimità ha sistematicamente sanzionato con la nullità la clausola uso piazza”, in ragione della sua eccessiva genericità ed indeterminatezza che impedisce al correntista di stabilire con immediatezza il tasso di interesse applicato nei suoi confronti gravandolo, di contro, di un onere di informazione certamente di non facile assolvimento di recente, Cass. civ. Sez. I Ord., 13/10/2017, n. 24153 Cass. civ. Sez. VI - 1, 30/10/2015, n. 22179 ma già, Cass. civ. Sez. III Sent., 19/05/2010, n. 12276, Cass. civ. Sez. III, 02/02/2007, n. 2317 Cass. civ. Sez. III, 02/10/2003, n. 14684 . 2.1.3. - Non soddisfa il requisito dell'univocità neppure l'eventuale riferimento generico al tasso interbancario se il riferimento riguarda tassi particolari su scala locale, gli stessi non consentono per la loro genericità di stabilire a quale previsione le parti abbiano inteso concretamente fare riferimento né, di contro, tale requisito è soddisfatto dal generico riferimento ad accordi su scala nazionale, poiché gli stessi contengono diverse tipologie di tassi e pertanto non forniscono un parametro vincolante né, ancora, è specifico ed univoco il riferimento alle rilevazioni ABI e della Banca d'Italia dal momento che le stesse si limitano a recepire i tassi mediamente applicati dagli istituti di credito Cass. civ. Sez. I, 22/02/2005, n. 3589 né infine soddisfa il requisito dell'univocità il riferimento ad accordi di cartello che determinano in modo vincolante il tasso, dal momento che tali accordi, se esistenti, violerebbero la L. 287/1990 sulla tutela della concorrenza e del mercato Cass. civ. Sez. I, 20/08/2003, n. 12222 Cass. civ. Sez. I, 28/03/2002, n. 4490 . Pertanto, il rinvio per relationem agli usi di piazza soddisfa il requisito della forma scritta previsto dall'articolo 1284 c.c. solo quando esso contenga criteri prestabiliti e specifici per la concreta determinazione del tasso di interesse, come nel caso in cui si faccia pattiziamente rinvio ad un criterio provvisto di caratteri di certezza, obiettività, uniformità e conoscibilità di contro, il rinvio agli usi in vigore tra le Casse”, come nel caso in esame, non consente di individuare, con i predetti criteri di certezza ed univocità, il tasso cui le parti hanno fatto rinvio, poiché tra le Casse” sono utilizzati diversi tassi passivi di interesse, diversificati per a ammontare dell'operazione, b tipo di contratto, c tipo di clientela Cass. civ. Sez. I, 18/01/2006, n. 870 Cass. civ. Sez. I, 25/02/2005, n. 4094 Cass. civ. Sez. I, 23/09/2002, n. 13823 . 2.1.4. - La nullità in questione, poi, non può essere sanata dalle successive comunicazioni delle variazioni del tasso periodicamente inviate dalla banca al cliente e tantomeno l’approvazione degli estratti conto in tal caso, infatti, gli interessi devono essere considerati come pattuiti senza la forma scritta, essendo irrilevante che il contratto sia stato sottoscritto in epoca anteriore all'entrata in vigore della L. n. 154/1992 Cass. civ. Sez. I, 01/02/2002, n. 1287 . Conseguentemente, si ritiene che sia altresì inidonea a tal fine una ricognizione del debito, quale atto successivo alla costituzione di detto obbligo, e negozialmente astratto Cass. civ. Sez. III, 20/10/2003, n. 15643 . 2.1.5. – La censura quindi non è fondata e la clausola in questione articolo 7 sotto il profilo indicato è sicuramente nulla come statuito dal tribunale. Peraltro, come deduce la parte appellata, la banca non ha documentato l'esistenza, in concreto, dei predetti usi di piazza che avrebbero potuto eventualmente consentire di determinare in modo certo ed obbiettivo la misura degli interessi. 2.2. – Il primo giudice dopo aver accertato e dichiarato la nullità della clausola sopra indicata articolo 7 ha ritenuto di dover adottare tra le varie ipotesi di ricalcolo degli interessi formulate dal C.T.U. il computo effettuato con il criterio previsto dall'articolo 117, comma 7, lett. a , T.U.B. nel quale è confluito l'articolo 5 l. 154/92 , e cioè utilizzando come tasso debitore il valore massimo del tasso dei B.O.T. annuali emessi nei 12 mesi precedenti di ogni anno. Secondo il tribunale l'applicazione del suddetto tasso sostitutivo anche al rapporto di conto corrente in esame, sebbene stipulato in data antecedente, si ritiene legittimamente operata per il periodo successivo all'entrata in vigore della legge, trattandosi di contratti di durata e produttivi di effetti nel vigore della nuova normativa” pag. 7 . 2.2.1. – Tale decisione viene espressamente censurata dalla banca appellante nel primo motivo di gravame in quanto nel caso in oggetto, essendo il rapporto antecedente sia all'entrata della l. 154/92 sia del T.U.B. D.Lgs. 385/93 , e perciò si eccepisce che non possa essere applicato quale tasso sostitutivo rispetto al saggio ritenuto illegittimo quello previsto dall'articolo 117, comma 7, T.U.B. in quanto detta norma sarebbe priva di effetti retroattivi, secondo quanto stabilito dall’articolo 161, comma 6, T.U.B. 2.2.2. – La censura in questione è fondata e deve quindi ritenersi errato il riferimento alla ipotesi di ricalcolo di cui al n. 6 pag. 13 della relazione del C.T.U. adottata dal tribunale. Ad avviso del collegio infatti i contratti conclusi anteriormente alla L. n. 154/1992 non possono essere assoggettati alla relativa disciplina, neanche in relazione al periodo svoltosi sotto la vigenza della stessa, atteso il carattere non retroattivo della normativa in questione Cass. civ. Sez. I, 08/05/2008, n. 11466 Cass. civ. Sez. I, 21/12/2005, n. 28302 . Tale orientamento della S.C. che ha ricevuto l’autorevole avallo della Corte costituzionale, espresso nell’ordinanza n. 338 del 18.12.2009” e, da tempo, anche l’adesione di questa Corte ex multis, App. Napoli, II Sez. civ., n. 1514/2008 App. Napoli, III Sez. civ. bis, n. 4447/2016 , ha consentito di affermare nella sentenza impugnata che al rapporto in esame, sorto in epoca anteriore alla l. n. 154/1992, per l’intera durata dello stesso, deve essere applicato l’interesse legale codicistico, anziché quello sostitutivo previsto dalla menzionata legge e poi dal t.u. bancario non si condivide quindi la recente pronuncia della S.C. - Cass. civ. Sez. I, Ord., 27/09/2018, n. 23317 - che si limita ad affrontare in maniera incidentale la questione ponendosi in contrasto con il prevalente orientamento sopra richiamato . Pertanto, sul punto la sentenza di primo grado merita di essere riformata in quanto il contratto costitutivo del rapporto di conto corrente risale a data anteriore all’entrata in vigore il 9 luglio 1992 dell’articolo 4, comma 3, della legge n. 154/1992 sulla trasparenza bancaria poi trasfuso nell’articolo 117, comma 6, del D.Lgs. 385/1993, testo unico bancario , e la nullità comporta, di diritto, l’applicazione del saggio legale ex articolo 1284 c.c. che resta applicabile, in mancanza di valido successivo accordo scritto tra le parti, fino alla chiusura del rapporto. Infatti, l’irretroattività della disciplina introdotta dalla legge del 1992 e recepita dal successivo testo unico bancario del 1993 si estende anche alla previsione della sostituzione automatica della clausola nulla derogatoria rispetto a quella previgente, fondata su quanto disposto dal terzo comma dell’articolo 1284 c.c. , onde ai contratti stipulati in precedenza è applicabile non già la nuova previsione sostitutiva, bensì quella prevista dal codice civile cfr., in argomento, Corte Cost. n. 338/2009 e la giurisprudenza di legittimità e di merito ivi richiamata . 2.2.3. – Occorre dunque riformare la sentenza di primo grado nel capo in cui dispone il ricalcolo dei reciproci rapporti tra le parti. A tal fine, appare necessario esaminare preventivamente gli altri motivi di impugnazione. 3. – Il secondo motivo di appello attiene alla Capitalizzazione trimestrale degli interessi”. 3.1. - Secondo la tesi della banca appellante il tribunale avrebbe errato nel sancire la nullità della clausola anatocistica contenuta nel medesimo articolo 7 del contratto di conto corrente, senza dare peso al fatto che la medesima banca, conformandosi alla delibera CICR del 9 febbraio 2000, a partire da tale data aveva applicato lo stesso regime di capitalizzazione trimestrale degli interessi sia a credito sia a debito. Non è condivisibile e andrebbe riformato quindi il ragionamento effettuato dal primo giudice che ritiene affetta da altro profilo di nullità la medesima clausola in quanto prevede una diversa capitalizzazione degli interessi a debito con cadenza trimestrale ed a credito con cadenza annuale né per il periodo successivo all'1.7.00 - risulta alcuna pattuizione scritta, relativa alla clausola anatocistica, in conformità alle previsioni della menzionata delibera del CICR” pag. 9 dell'appellata sentenza . La banca ritiene pertanto erronea la sentenza di primo grado perché nonostante la clausola di cui all'articolo 7 del contrato dell'8 febbraio 1985 preveda la diversa capitalizzazione degli interessi dare/avere, al contrario, dalla consultazione della documentazione contabile in atti si evince che, per l'intera vigenza del rapporto, al momento dell'applicazione della capitalizzazione, la banca ha applicato pari capitalizzazione trimestrale degli interessi sia creditori che debitori”. In ogni caso, nessun dubbio sussisterebbe nel ritenere che, almeno a partire dal 1. luglio 2000, data indicata dalla Delibera CICR del 9 febbraio 2000, l'applicazione simmetrica della capitalizzazione trimestrale degli interessi debba essere ritenuta pienamente valida. 3.2. – Sul tema della capitalizzazione degli interessi dovuti alla banca, la nullità delle clausole contrattuali stipulate prima dell’entrata in vigore della deliberazione CICR del 9 febbraio 2000 in G.U. 22 febbraio 2000 n. 43 , costantemente affermata dalla giurisprudenza di legittimità a partire dal 1999, è stata da tempo confermata anche dalle sezioni unite della Suprema Corte Cass. civ. Sez. Unite, 04/11/2004, n. 21095 Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 02/12/2010, n. 24418 , nel senso che le pattuizioni anatocistiche, insuscettibili di negoziazione individuale e proprie di un sistema connotato dalla regola del prendere o lasciare, sono riconducibili ab initio della prassi di inserimento nei contratti bancari, ad uso negoziale e non già normativo, con la conseguente insuperabile valenza retroattiva dell’accertamento di nullità delle clausole anatocistiche, contenuto nelle pronunzie del 1999. Ritiene il collegio che gli arresti anzidetti abbiano definitivamente chiuso la questione interpretativa in ordine alle clausole contenute nei contratti anteriori alla data di entrata in vigore della deliberazione CICR citata. 3.2.1. - Occorre aggiungere che per tali contratti la capitalizzazione resta esclusa anche per il periodo successivo al 1. luglio 2000, ancorché la banca abbia inteso adeguarsi di fatto alle prescrizioni contenute nell’articolo 7 della citata deliberazione del CICR. Com’è ormai noto, con la deliberazione del 9 febbraio 2000 il CICR, oltre a prevedere articolo 1 , in attuazione dell’articolo 120, comma 2, D.Lgs. 385/93, che nelle operazioni di raccolta del risparmio e di esercizio del credito poste in essere dalle banche gli interessi possono produrre a loro volta interessi, sempre che articolo 2 nell’ambito di ogni singolo conto corrente sia stabilita la stessa periodicità nel conteggio degli interessi creditori e debitori, ha anche consentito l’adeguamento alle nuove disposizioni entro il 30 giugno 2000, con effetti a decorrere dal successivo 1. luglio delle condizioni applicate sulla base dei contratti stipulati prima della data di entrata in vigore della delibera 22 aprile 2000 , mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale entro il 30 giugno 2000 e fornendo alla clientela opportuna notizia per iscritto delle nuove condizioni alla prima occasione utile e, comunque, entro il 31 dicembre 2000. 3.2.2. - Sennonché, deve considerarsi che il potere esercitato dal CICR con la deliberazione anzidetta di stabilire modalità e tempi dell’adeguamento delle clausole relative alla produzione degli interessi sugli interessi, contenute nei contratti stipulati prima della data di entrata in vigore della medesima delibera, è stato conferito dal legislatore con l’articolo 25, comma 3, D.L. 342/99, dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale con sentenza del 7 ottobre 2000 n. 425. Tale disposizione legislativa aveva dichiarato valide ed efficaci le clausole in questione, fino all’entrata in vigore della delibera del CICR prevista nel secondo comma, subordinando, però, i loro effetti futuri per il periodo successivo al loro adeguamento al disposto della delibera menzionata, secondo le modalità e i termini in essa stabiliti. La dichiarazione d’incostituzionalità dell’articolo 25, comma 3, citato, come impedisce di considerare valide le clausole già stipulate in violazione dell’articolo 1283 c.c., egualmente ne esclude la successiva vigenza in virtù di una determinazione unilaterale della banca. 3.2.3. - Venuta meno la disciplina normativa dichiarata incostituzionale, la modifica unilaterale si tradurrebbe nell’illegittima sanatoria di una clausola nulla, convertita per iniziativa di una sola parte in una clausola valida al fine di consentire, nei rapporti in corso derivanti da contratti precedenti alla nuova disciplina, la produzione di interessi sugli interessi maturati, sarebbe stata necessaria la sottoscrizione di un nuovo accordo che contemplasse una variazione in tal senso del contenuto negoziale, dovendosi disapplicare l’articolo 7 della deliberazione nella parte in cui prevede l’adeguamento entro il 30 giugno 2000, coinvolto nella dichiarazione d’illegittimità costituzionale dell’articolo 25 D.Lgs. n. 342/99. Più precisamente, l’articolo 7 della delibera trae la propria autorità dalla disciplina dettata dal terzo comma dell’articolo 25 D.Lgs. 342/99 modificativo dell’articolo 120 del testo unico bancario , volta a salvaguardare l’efficacia delle clausole dichiarate nulle dalla giurisprudenza e, nel contempo, ad adeguarne il contenuto al regime contrattuale consentito, per il futuro, dal secondo comma dello stesso articolo 25. Appunto al fine di disporre l’adeguamento delle clausole, unitamente alla loro sanatoria, l’articolo 7 della delibera CICR ha imposto alle banche gli adempimenti sopra richiamati, adeguamento che, però, esclusa la sanatoria delle clausole, deve considerarsi privo di effetti, posto che la Corte Costituzionale, nel dichiarare illegittimo, per eccesso di delega, il terzo comma dell’articolo 25 citato, in tutte le sue proposizioni, ha altresì dichiarato assorbita ogni altra questione, quindi anche quella sollevata da due giudici remittenti per la mancata previsione, nella legge delega, del potere di far dipendere dalle determinazioni del CICR la validità e l’efficacia delle clausole sull’anatocismo bancario”. Considerato che detto articolo 7 della delibera CICR, teso a disciplinare i rapporti in essere al momento dell’entrata in vigore della delibera stessa, si poneva come attuativo non solo della prima delle due proposizioni dell’articolo 25, comma 3 quanto alla validità delle precedenti clausole nulle, ma sanate fino alla data della delibera , ma anche della seconda quanto alla possibilità di adeguamento delle precedenti clausole nulle, ma sanate mediante i criteri CICR , deve ritenersi, superandosi ogni precedente incertezza interpretativa e, peraltro, in sintonia con altri precedenti di questa corte, sia pure diversamente motivati cfr., ad esempio, App. Napoli, III Sez. civ., 22 aprile 2015 n. 1851 , che l’articolo 7 della delibera sia stato caducato dal successivo intervento della Corte Costituzionale, che, nell’escludere in radice il potere del legislatore delegato e, quindi, del CICR di sanare le nullità in questione, a fortiori ha escluso la possibilità di fondare un adeguamento unilaterale delle clausole ormai non più sanate. In conclusione sul punto, il secondo comma dell’articolo 25, introducendo la relativa disposizione nel testo unico bancario, ha conferito al CICR il potere di prevedere soltanto per il futuro disposizioni in materia di anatocismo, senza alcuna previsione di adeguamento con effetti validanti la sorte delle condizioni contrattuali nulle, stipulate anteriormente tale diverso potere, previsto nel terzo comma dello stesso articolo 25, è rimasto travolto dalla dichiarazione d’incostituzionalità dello stesso terzo comma. 3.2.4. – Ne consegue che il secondo motivo di appello è privo di pregio e sul punto la sentenza impugnata merita di essere confermata. 4. – Il terzo motivo di appello attiene alla Commissione di massimo scoperto”. 4.1. – Secondo la banca appellante il giudice di primo grado avrebbe erroneamente ritenuto che nel contratto in esame non risulta determinato l'ammontare della commissione, né la modalità di calcolo della stessa” pag. 12 . Viene altresì contestata la conclusione secondo cui Posto che, ai sensi dell'articolo 117 T.U.B. i contratti bancari richiedono la forma scritta a pena di nullità, relativamente al tasso d'interesse, alle condizioni praticate ed a tutti gli elementi essenziali della pattuizione, si deve concludere che non è stata validamente pattuita tra le parti la misura della c.m.s.”. Analogamente per le conseguenze che il giudicante fa scaturire dalle su riportate conclusioni allorché statuisce che Consegue da ciò che spetta al correntista la restituzione delle somme indebitamente addebitate a questo titolo dalla banca, come emergono dall'allegato n. 7 della C.T.U. del 13 maggio 2008”. 4.2. – Sulla base della tesi esposta – oltre all’erroneo richiamo all’articolo 117 T.U.B. non applicabile ratione temporis – il rapporto oggetto di contenzioso oggetto di pattuizione scritta ed in particolare la commissione è stata fatta oggetto di specifica pattuizione contrattuale e si contesta la sua ritenuta indeterminatezza, insistendo, al contrario, per la perfetta e legittima determinabilità della commissione per relationem. Risulterebbe infatti dal riportato articolo 7 la testuale manifestazione di volontà del correntista di riconoscere alla banca l'applicazione delle commissioni nella misura stabilita” e la determinazione dell'ammontare sarebbe chiaramente rimessa, per relationem, alla comunicazione e pubblicità fornita dalla banca al suo cliente. La banca dunque avrebbe regolarmente provveduto a comunicare al proprio correntista l'evoluzione delle condizioni economiche pro tempore vigenti nonché a pubblicizzarle tramite affissione nelle sedi dell'istituto di credito. Prova di ciò sarebbero i prospetti riepilogativi delle competenze, riportate sugli estratti conto già oggetto di produzione. 4.3. - Quanto alla commissione di massimo scoperto, costituisce principio consolidato quello secondo cui il divieto di anatocismo riguarda sia le somme addebitate a titolo di interessi, sia gli importi addebitati a titolo di c.m.s., la quale avendo una funzione remunerativa dell'obbligo della banca di tenere a disposizione dell'accreditato una determinata somma per un determinato periodo di tempo, indipendentemente dal suo utilizzo, ovvero, in caso di mancata concessione di un fido o di superamento dello stesso, dell'onere di dover essere sempre in grado di fronteggiare una rapida espansione nell'utilizzo dello scoperto di conto, dovrebbe essere conteggiata alla chiusura definitiva del conto” Cass. civ. Sez. III, 06/08/2002, n. 11772 . A ciò consegue che qualora sia prevista la capitalizzazione trimestrale della c.m.s., quest'ultima deve ritenersi un accessorio che si aggiunge agli interessi passivi, seguendone le sorti. Tuttavia, nel caso esaminato la c.m.s. non è stata neppure validamente pattuita tra le parti, risultando prevista in misura indeterminata. Ed invero il generico richiamo agli interessi ed alle commissioni nella misura stabilita” contenuto nell’articolo 7 del contratto difetta dei requisiti minimi che dovrebbero consentire sia pure per relationem la determinazione della commissione stessa. Vale, infatti, anche per la c.m.s. la regola della determinatezza o determinabilità dell'oggetto, per cui in assenza di univoci criteri di determinazione del suo importo, la relativa pattuizione è nulla, con diritto del correntista alla ripetizione di quanto indebitamente versato. 4.4. – Deve dunque ritenersi non fondato il terzo motivo di appello proposto dalla banca e, conseguentemente, la sentenza di primo grado – rispetto al capo censurato - deve essere confermata. 5. – Il quarto motivo riguarda l’ Eccezione di prescrizione e decreto n. 225/2010 convertito in legge n. 10/2011”. 5.1. – L’appellante impugna la sentenza di prime cure nella parte in cui ritiene inammissibile perché tardiva la sollevata eccezione di prescrizione avanzata dalla banca, in virtù della novella normativa in oggetto, inquadrandola come norma di interpretazione autentica in merito all'articolo 2935 c.c. Secondo la tesi del gravame l'erroneità della appellata pronuncia sul punto risulta palese in quanto il giudicante non avrebbe tenuto conto del fatto che si tratta di norma sopravvenuta all'atto di costituzione in giudizio e che comunque è stata legittimamente sollevata all'udienza di precisazione delle conclusioni quale prima attività difensiva successiva all'entrata in vigore della novella. Ed infatti solo nelle more del giudizio la legge 26/2/2011 n. 10 di conversione con modificazioni del decreto legge 29/12/2010 n. 225 c.d. decreto milleproroghe ha non solo fornito una interpretazione autentica dell'articolo 2935 c.c., nel senso che con particolare riguardo alle operazioni bancarie regolate in conto corrente, la prescrizione dei diritti nascenti dall'annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell'annotazione stessa, ma soprattutto ha stabilito che In ogni caso non si fa luogo alla restituzione di importi già versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto legge”. Ebbene, circa tale ultima parte della disposizione normativa, relativa alla prescrizione del diritto alla restituzione delle somme già versate alla data di entrata in vigore della norma, si rileva la palese natura innovativa e non interpretativa, come erroneamente sostenuto dal tribunale, rendendo l'eccezione di prescrizione pienamente ammissibile e tempestiva. 5.3. – Anche questo motivo gravame appare privo di pregio e deve essere disatteso. L’articolo 2, comma 61, D.L. 225/2010, convertito con modificazioni nella legge 10/2011, d’interpretazione autentica dell’articolo 2935 c.c. nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall’annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell’annotazione stessa, fermo restando, per il passato, che non si fa luogo alla restituzione degli importi già versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione , è stato dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale sentenza n. 78 del 2012 , la quale ha in primo luogo statuito che la norma censurata, con la sua efficacia retroattiva, lede il canone generale della ragionevolezza delle norme articolo 3 Cost. ed ha altresì affermato che essa è intervenuta sull’articolo 2935 c.c. in assenza di una situazione di oggettiva incertezza del dato normativo, perché in materia di decorrenza del termine di prescrizione relativo alle operazioni bancarie regolate in conto corrente, si era ormai formato un orientamento maggioritario della giurisprudenza di merito, che aveva trovato riscontro in sede di legittimità e aveva condotto a individuare nella chiusura del rapporto contrattuale o nel pagamento solutorio il dies a quo per il decorso del suddetto termine Se il termine di prescrizione decennale del diritto alla restituzione delle somme illegittimamente addebitate per effetto della capitalizzazione trimestrale degli interessi decorre, nell’ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto funzione ripristinatoria della provvista, dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto Cass. S.U. 24418/10 , la banca non ha né dedotto che, nella fattispecie, si sia avuta la distinta ipotesi della funzione solutoria dei versamenti né, tanto meno, indicato in relazione a quali addebiti, ricorrendo tale ipotesi, sia configurabile l’immediato decorso del termine di prescrizione. Inoltre, il criterio d’imputazione dei versamenti eseguiti sul conto, prima agli interessi e alle spese e poi al capitale, non esclude il carattere indebito delle annotazioni a debito e, quindi, il diritto alla restituzione. Quanto agli eventuali interessi a credito della correntista, la loro capitalizzazione annuale deriva da una diversa clausola contrattuale che, se invalida, dà diritto a un’azione di restituzione degli interessi anatocistici accreditati in favore del cliente che la banca non ha esercitato, neppure proponendo nei termini un’eccezione di compensazione. 6. – Occorre infine rilevare che la banca appellante contesta anche tutte le risultanze contabili e le conclusioni espositive a cui è giunta l’espletata consulenza tecnica d’ufficio”. 6.1. – La banca appellante ritiene che all'atto del ricalcolo degli interessi maturati, il nominato consulente non avrebbe tenuto conto della circostanza che il contratto di conto corrente bancario in oggetto è stato stipulato l'8 febbraio 1985, ossia nel vigore della precedente disciplina e nel pieno rispetto delle clausole contrattuali al tempo ritenute valide. Analogamente e conseguentemente, per le ragioni di fatto e di diritto sopra esposte, la banca contesta in toto la determinazione dell'indebito oggetto di condanna restitutoria a suo carico e quindi, anche per tali motivi, la sentenza appellata dovrebbe essere riformata. 6.2. – Invero appare evidente come la contestazione sia del tutto generica e perciò stesso priva di pregio non essendo stata avanzata alcuna specifica censura all’operato del C.T.U. che ha ben tenuto presente la data di stipulazione del contratto. Per cui le doglianze proposte dall’appellante attengono soltanto all'interpretazione dei princìpi di diritto posti a base delle varie ipotesi di ricalcolo sviluppate dal C.T.U. nella sua relazione senza sollevare alcuna specifica censura alle operazioni di ricalcolo eseguite e/o alla metodologia contabile concretamente applicata dall’ausiliario del giudice. Quest’ultimo, come si è detto, ha elaborato sei ipotesi alternative di ricostruzione del rapporto di conto corrente, basate su diversi presupposti giuridici nelle prime tre ipotesi il C.T.U. ha ricalcolato gli interessi con capitalizzazione annuale nelle rimanenti tre ha invece ricalcolato gli interessi senza operare alcuna capitalizzazione ed applicando alternativamente il tasso bancario ipotesi n. 4 , il tasso legale ipotesi n. 5 ed il tasso dei buoni fruttiferi del tesoro ex articolo 117 TUB ipotesi n. 6 . 7. – In conclusione, alla luce di quanto statuito in ordine alla misura del tasso sostituivo degli interessi passivi da applicare al rapporto, tra le diverse soluzioni ipotizzate dal consulente tecnico d’ufficio nella relazione depositata in primo grado, le ragioni che sorreggono la presente decisione, in precedenza esposte, inducono ad individuare la soluzione sub 5 pag. 5-7 della relazione tecnica integrativa del 29 novembre 2008 che provvede al calcolo dei rapporti dare ed avere senza capitalizzazione con determinazione degli interessi applicando il tasso di interesse legale”. 7.1. - Pertanto, in parziale accoglimento dell’appello principale, la somma dovuta dalla banca a tale titolo deve essere ridotta dall’importo di Euro 98.241,57 a quello di Euro 95.031,11. Resta fermo l’importo dovuto a titolo di commissione massimo scoperto di Euro 855,64, per cui la somma complessivamente dovuta dalla banca deve essere ridotta dall’importo di Euro 99.097,21 a quello di Euro 96.097,21. 7.2. - Quanto alla decorrenza degli interessi sulla somma dovuta a Li. Co., il giudice di primo grado l’ha individuata nella data di proposizione della domanda 12 settembre 2006 . Deve, perciò, ritenersi che tale accessoria statuizione resti ferma anche in relazione al diverso importo dovuto dalla banca riconosciuta debitrice. 7.3. - Rilevato infine che la banca appellante non ha chiesto la restituzione della somma che risulta parzialmente dovuta dal Co., la stessa non può essere disposta limitandosi questa Corte ad una decisione di accertamento in riforma della sentenza impugnata. 8. – Anche soltanto con la parziale riforma della sentenza impugnata il collegio è tenuto a procedere d’ufficio , quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale, sicché violerebbe il principio di cui all’articolo 91 c.p.c., il giudice di merito che ritenesse la parte soccombente in un grado di giudizio e, invece, vincitrice in un altro grado Cass. civ. Sez. VI - 3 Sent., 23/03/2016, n. 5820 Cass. civ. Sez. VI - 3 Ord., 28/09/2015, n. 19122 Cass. civ. Sez. VI - Lavoro Ord., 18/03/2014, n. 6259 in senso conforme, v. già Cass. n. 23226/2013, Cass. n. 18837/2010, Cass. n. 15483/2008 . 8.1. – Ai fini della liquidazione delle spese legali occorre rilevare che in caso di successione a titolo particolare nel diritto controverso, il processo prosegue fra le parti originarie, ma la sentenza ha effetto anche contro il successore a titolo particolare, il quale può intervenire o essere chiamato nel giudizio, divenendone parte a tutti gli effetti. Qualora sia rimasto estraneo al processo, il successore ne subisce gli effetti anche in sede esecutiva, ma è legittimato ad impugnare la sentenza sfavorevole al suo dante causa ovvero ad avvalersene se favorevole. Questa disciplina, che regola gli effetti che incidono sulla situazione sostanziale, non opera con riguardo agli effetti di rito, tra i quali è compresa la condanna alle spese, che riguarda solo le parti processuali. Pertanto, detta condanna non spiega effetti nei confronti del successore a titolo particolare nel diritto controverso che sia rimasto estraneo al processo Cass. civ. Sez. III, 31/10/2005, n. 21107 più recentemente, Cass. civ. Sez. II Sent., 27/01/2014, n. 1633 Cass. civ. Sez. I Sent., 10/11/2015, n. 22955 . Nella specie, il primo grado si è svolto tra il Co. e la Banca di Credito Cooperativo Irpina, e l'appello è stato proposto prima della cessione dalla banca poi cedente, mentre la cessionaria è intervenuta solo in grado di appello come da comparsa di costituzione del 6 maggio 2016 . Di conseguenza, tra le parti del processo bisogna comprendere anche la Banca di Credito Cooperativo Irpina, ancora difesa dall'avv. Giuseppe Bosco. Inoltre, la condanna alle spese per il primo grado deve essere pronunciata a carico della banca cedente e non spiega effetti per il successore intervenuto in grado di appello, mentre per il giudizio di appello dovranno essere condannate in solido posto che la prima non ha chiesto l’estromissione dal giudizio BCC Irpina e la seconda si è limitata a fare proprie tutte le difese della originaria appellante senza distinguere in alcun modo la sua posizione anche processuale e senza depositare la nota spese BCC di Flumeri . 8.2. – Sempre al fine di liquidare le spese processuali, qualora l’attività giudiziale dell’avvocato della parte vittoriosa - con riferimento ai singoli gradi - sia terminata prima del 23 luglio 2012 e della caducazione definitiva delle tariffe forensi, per la liquidazione giudiziale delle spese si deve fare riferimento alle tariffe forensi qualora, invece, la conclusione dell’attività difensiva, con il compimento dell’opera professionale, abbia luogo dopo l’intervenuta abrogazione di dette tariffe, l’entrata in vigore dei nuovi parametri ministeriali farà sì che la liquidazione giudiziale delle spese di soccombenza avvenga in base a questi e non più in base alle previgenti tariffe, ancorché alcune attività siano state svolte nel vigore di queste. In definitiva, i compensi professionali degli avvocati devono essere liquidati secondo il sistema in vigore al momento dell’esaurimento della prestazione professionale ovvero della cessazione dell’incarico, secondo una unitarietà da rapportarsi ai singoli gradi in cui si è svolto il giudizio Cass. Sez. Lavoro – sent. 5/11/2012 n. 18920 Cass. civ. Sez. VI - 2, 11/02/2016, n. 2748 . 8.3. – Sulla base dei princìpi sopra enunciati, la liquidazione delle spese del primo grado iniziato nel 2006 e concluso l’ 11 gennaio 2012 è dovuta secondo i parametri previsti dal D.M. 20 luglio 2012 n. 140 in vigore dal 23 agosto 2012 , con applicazione dello scaglione di valore della causa da Euro 50.001 a Euro 100.000. Sul punto, la liquidazione da parte del tribunale è compatibile anche con il ridotto importo riconosciuto alla parte vittoriosa a titolo di ripetizione, onde la relativa statuizione merita di essere confermata, ma senza alcuna compensazione delle spese processuali del primo grado non ricorrendo la reciproca soccombenza e, tantomeno, altri gravi motivi” secondo quanto disposto dall’articolo 92, comma 2, c.p.c. nella versione vigente ratione temporis dopo la novella attuata dall’articolo 2, comma 2, legge n. 263/2005, in vigore dal 1. marzo 2006 . 8.4. - Tuttavia, poiché l’impugnazione è stata parzialmente accolta, appare giustificata la compensazione per un quinto delle spese di lite del giudizio di secondo grado e la condanna della banca convenuta al pagamento della restante quota. 8.5. - La liquidazione delle spese del grado di appello è dovuta secondo i parametri previsti dal D.M. 10 marzo 2014 n. 55 in vigore dal 3 aprile 2014 , tenuto conto in particolare dei criteri di cui all’articolo 4, comma 1, del decreto citato e specialmente delle caratteristiche e del pregio dell'attività prestata, oltre che dei risultati conseguiti, del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate. Con applicazione dello scaglione di valore della causa da Euro 52.001 a Euro 260.000 con esclusione della fase di istruttoria/trattazione” . 8.6. - Si prende atto della dichiarazione ex articolo 93, comma 1, c.p.c. resa dall’avv. Ac. Be. procuratore di Li. Co. per entrambi i gradi di giudizio. P.Q.M. La Corte di Appello di Napoli definitivamente pronunciando nel giudizio civile iscritto al n. 853 dell’anno 2012, disattesa ogni contraria istanza deduzione ed eccezione così decide a in riforma parziale della sentenza del Tribunale di Avellino, prima sezione civile, n. 61/2012, in accoglimento dell’appello proposto dalla Banca di Credito Cooperativo Irpina s.c. a r.l., riforma il secondo capo del dispositivo sentenza ove è contenuta la condanna al pagamento della banca in favore di Li. Co. e ridetermina l’importo dovuto in complessivi Euro 96.097,21 b conferma le statuizioni di cui al terzo capo del dispositivo della sentenza appellata relative alla liquidazione delle spese di lite del primo grado di giudizio , annullando la disposta parziale compensazione delle stesse che restano interamente a carico della Banca di Credito Cooperativo Irpina s.c. a r.l. in favore di Li. Co. e con attribuzione al procuratore distrattario avv. Ac. Be. c condanna la Banca di Credito Cooperativo di Flumeri s.c. a r.l. e la Banca di Credito Cooperativo Irpina s.c. a r.l. - in solido tra di loro - al pagamento delle spese legali in favore di Li. Co., con attribuzione al procuratore distrattario avv. Ac. Be., liquidate per il secondo grado e per intero in Euro 10.942,25 di cui Euro 9.515,00 per compensi ed Euro 1.427,25 per spese generali al 15% , oltre agli accessori fiscali e previdenziali dovuti per legge, da compensarsi parzialmente nella misura di 1/5 un quinto .