Libretti postali, in caso di disaccordo prevalgono le scritture dell’amministrazione centrale

Se il titolare del libretto intende contestare l’importo accreditato deve fornire adeguata prova.

I libretti postali, attivati precedentemente all’entrata in vigore dell’art. 7 d.lgs. n. 284/1999, sono regolati dal codice postale, pertanto, in caso di discordanza fra le somme indicate nelle ricevute rilasciate ai depositanti e quelle iscritte nei libretti, fanno fede le ricevute stesse, salvo prova contraria. Nei casi di discordanza fra le somme indicate nelle cedole di rimborso e quelle iscritte nei libretti, fanno fede le prime, salvo prova in contrario. In mancanza dei documenti sopra indicati fanno fede le scritture dell’amministrazione centrale. Il caso. Il titolare di un libretto postale conveniva in giudizio Poste, affinché fosse condannata a riaccreditare una somma erroneamente detratta. Tribunale e Corte d’Appello chiarivano che la norma applicabile era il d.lgs. n. 156/1973 recante disciplina dei libretti postali e non l’art. 1835 c.c. afferente i rapporti bancari. I Giudici di primo e secondo grado respingevano la domanda sull’assunto che la somma contesa corrispondeva ad una sola operazione accreditata due volte invece che una la duplicazione non corrispondeva alle scritture contabili dello sportello da cui emergeva una sola operazione , non corrispondeva ad un disavanzo di cassa ed era imputabile a mero errore di trascrizione compiuto dall’operatore in due giorni differenti. Parte attrice sosteneva che la prima operazione corrispondeva all’incasso di un prodotto finanziario mentre la seconda a versamento in contanti. Poste, di contro, sosteneva che si trattava di mera duplicazione delle somme derivanti dall’incasso del prodotto finanziario. Parte attrice non depositava ricevuta attestante il pagamento in contanti. Le parti hanno proposto ricorso per cassazione. La disciplina dei libretti postali. La questione è disciplinata dal d.lgs. n. 156/1973 nonché dalla disciplina transitoria ex art. 7 d.lgs. n. 284/1999 , in particolare, dalla norma transitoria attraverso cui la disciplina dei libretti postali è stata avvicinata” a quella prevista per i libretti bancari. La disciplina transitoria prevedeva che i rapporti in essere al momento della pubblicazione della nuova disciplina erano regolati dalla norme anteriori, ovvero, unicamente dal codice postale. Il codice postale, applicabile alla fattispecie in commento, prevedeva art. 150 che per ogni deposito effettuato le casse postali avrebbero rilasciato apposita ricevuta la cui efficacia era disciplinata dall’art. 166 che così statuiva in caso di discordanza fra le somme indicate nelle ricevute rilasciate ai depositanti e quelle iscritte nei libretti, fanno fede le ricevute stesse, salvo prova contraria. Nei casi di discordanza fra le somme indicate nelle cedole di rimborso e quelle iscritte nei libretti, fanno fede le prime, salvo prova in contrario. In mancanza dei documenti sopra indicati fanno fede le scritture dell’amministrazione centrale. I Giudici di legittimità, ritenuta corretta la decisone della corte d’appello e correttamente motivata nella parte in cui rilevava che l’attore non aveva adeguatamente provato il secondo versamento, hanno confermato la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 5 luglio – 10 ottobre 2018, n. 25030 Presidente Di Virgilio – Relatore Terrusi Fatto e diritto L.G. e I.C. convennero dinanzi al tribunale di Rossano la società Poste Italiane d’ora in poi, brevemente, Poste , chiedendo il riaccredito sul libretto di deposito n. XXXX della somma di Euro 6.000,00 decurtata d’ufficio illegittimamente in data omissis , oltre al risarcimento dei danni nella resistenza della convenuta il tribunale respinse la domanda, e la sentenza è stata confermata dalla corte d’appello di Catanzaro sull’essenziale rilievo che il rapporto in questione era regolato ratione temporis dal cd. codice postale di cui al d.lgs. n. 156 del 1973, in base alla disciplina transitoria di cui al d.lgs. n. 284 del 1999, art. 7 trattandosi di libretti di deposito postale, non poteva trovare applicazione l’art. 1835 cod. civ. invocato dagli attori, siccome relativo ai rapporti bancari per converso, in base alla disciplina per l’appunto del codice postale, era mancata la prova del versamento in contanti asseritamente effettuato in data 1-3-2002, non risultante dalla contabilità delle Poste né riscontrato in modo alcuno sicché la somma di Euro 6.000,00 era da considerare infine accreditata due volte per un errore dell’impiegato addetto, così come stabilito dalla sentenza del tribunale L.G. in proprio e quale erede di I.C. e L.L. , M.L. e S. anch’essi eredi ricorrono per cassazione con un motivo, al quale Poste italiane replica con controricorso. Considerato che non può tenersi conto della memoria dei ricorrenti, inviata a mezzo Pec il 30-6-2018 per il giudizio di cassazione non è difatti vigente il cd. processo telematico, donde l’invio telematico di memorie non è ammesso l’unico motivo di ricorso, col quale è dedotta la violazione del d.m. 66-2002, è manifestamente infondato l’impugnata sentenza ha confermato la valutazione del tribunale, stando alla quale l’operazione di cui si discute era derivata da un mero errore di annotazione dell’impiegato postale in ordine all’operazione di accredito dell’unico Bot avente scadenza febbraio 2002 tale somma era stata invero accreditata due volte, il 1-3-2002 legittimamente e il 28-2-2002 per errore la corte d’appello ha ritenuto dunque legittimo il recupero di quanto erroneamente accreditato difatti al rapporto tra le parti andava applicata la disciplina del codice postale, abrogato dal d.lgs. n. 284 del 1999 ma in vigore per i rapporti in essere alla data di entrata in vigore dei decreti stabilenti nuove caratteristiche dei libretti di risparmio postale e dei buoni fruttiferi cosicché sarebbe stato necessario, da parte degli attori, produrre la ricevuta attestante il versamento in contanti asseritamente effettuato il 1-3-2002, così come stabilito dall’art. 150 del detto codice i ricorrenti contestano la decisione affermando che invece la normativa alla quale parametrare la fattispecie doveva essere quella dettata dal d.m. 6-6-2002, artt. 1 e 12, che presupponeva l’annotazione sui libretti di risparmio come facente piena prova nei rapporti tra le Poste e il depositante fino a querela di falso sennonché la tesi dei ricorrenti contrasta con la norma transitoria dettata dall’art. 7, terzo comma, del d.lgs. n. 284 del 1999, in attuazione del quale risulta emanato, tra gli altri, il citato d.m. 6-62002 come noto a sua volta abrogato dall’art. 2, primo comma, del d.m. 29 febbraio 2016 tale norma prevede che Sono abrogate, a decorrere dalla data di entrata in vigore dei decreti che stabiliscono nuove caratteristiche dei libretti di risparmio postale e dei buoni fruttiferi postali, le disposizioni recate dai capi V e VI, titolo I, libro III del decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156 e relative norme di esecuzione. I rapporti già in essere alla data di entrata in vigore dei medesimi decreti continuano ad essere regolati dalle norme anteriori. Detti decreti possono disciplinare le modalità di applicazione delle nuove norme ai rapporti già in essere, al fine di consentire una disciplina dei rapporti più favorevole ai risparmiatori il secondo inciso della disposizione I rapporti già in essere alla data di entrata in vigore dei medesimi decreti continuano ad essere regolati dalle norme anteriori , omesso nella redazione del ricorso, rende piena ragione della tesi sostenuta dalla corte d’appello di Catanzaro, vale a dire del fatto che rispetto al rapporto in essere tra le parti al momento dell’annotazione dell’operazione di accreditamento 28-2-2002 1-3-2002 l’unica disciplina applicabile era quella desunta dal codice postale poiché dalla sentenza emerge che l’episodio contestato afferiva al preteso versamento in contante di Euro 6.000,00 in data 1-3-2002 e all’ accredito del rimborso del Bot del 28-2-2002 del medesimo importo , è corretta l’affermazione per cui la disciplina pro tempore vigente imponeva di attribuire rilevanza alla produzione della ricevuta di versamento di contro nella specie non prodotta , stante la regola dettata dall’art. 150 del codice detto, in base alla quale per ogni deposito eseguito nelle casse di risparmio postali, l’ufficio deve rilasciare al depositante una ricevuta, la cui efficacia è stabilita dall’art. 166 l’art. 166, come gli altri abrogato solo a far data dal d.m. 6-6-2002 art. 13 , prevede va che Nei casi di discordanza, fra le somme indicate nelle ricevute rilasciate ai depositanti e quelle iscritte nei libretti, fanno fede le ricevute stesse, salvo prova in contrario. Nei casi di discordanza fra le somme indicate nelle cedole di rimborso e quelle iscritte nei libretti, fanno fede le prime, salvo prova in contrario. In mancanza dei documenti sopra indicati fanno fede le scritture dell’Amministrazione centrale non giova invocare l’art. 12, secondo comma, del d.m. citato, in quanto tale norma transitoria stabilisce semplicemente che a decorrere dall’entrata in vigore del presente decreto, le disposizioni recate dall’art. 1, comma 3, dall’art. 3, comma 5, dall’art. 7 e dall’art. 11 si applicano anche ai libretti di risparmio postale in essere a tale data si tratta infatti di previsioni specifiche, relative alle condizioni di emissione dei libretti di risparmio, al calcolo e capitalizzazione di interessi, all’ammortamento e alla rinnovazione e alla fissazione dei tassi di interesse per converso rileva la norma finale dettata dall’art. 13 del d.m. in questione salvo quanto disposto al precedente art. 12, comma 6, dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogati, ai sensi dell’art. 7, comma 3 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 284, il capo V del titolo I del libro III del decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156 e le relative norme di esecuzione contenute nel titolo V del decreto del Presidente della Repubblica 1 giugno 1989, n. 256 la quale sta a significare che l’abrogazione della norma dettata dall’art. 7, terzo comma, del codice postale rettamente applicata dalla corte d’appello nel caso di specie è semmai avvenuta solo in data 30-6-2002, mentre le operazioni di cui si discute si erano chiaramente esaurite al momento della rispettiva annotazione in conto 28-2-2002 e il 1-3-2002 , con conseguente ovvia sottrazione all’ambito applicativo del d.m. sopravvenuto in base finanche ai principi generali in tema di successione delle leggi nel tempo le spese processuali seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, alle spese processuali, che liquida in Euro 2.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella percentuale di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.