Contratto di mutuo: il ritardo nel pagamento non giustifica gli interessi usuranti

Il ritardo colpevole nel pagamento degli interessi non può giustificare un’obbligazione eccessivamente onerosa e contraria al principio generale posto dalla legge n. 108/1966 Disposizioni in materia di usura sia che si tratti di interessi moratori che corrispettivi.

Lo ha ribadito la Corte d’Appello di Bari con sentenza n. 990/18, depositata il 4 giugno. Il caso. Gli attori convenivano in giudizio una banca chiedendo la restituzione degli interessi pagati in violazione della l. n. 108/1996 Disposizioni in materia di usura , esponendo di aver stipulato un mutuo fondiario con la convenuta per il quale alla data di stipula del finanziamento era stato determinato un tasso d’interesse moratorio superiore al tasso soglia legale. La banca convenuta chiedeva il rigetto della domanda esponendo che gli interessi applicati dalla banca erano stati decisi insieme allo stipulante e nei limiti del tasso di soglia di legge. Il Tribunale adito rigettava la domanda attorea e compensava le spese di giudizio. La sentenza in commento ha avuto origine dall’appello promosso dagli attori soccombenti in primo grado che chiedevano l’accoglimento dell’istanza rigettata e il pagamento di quanto spettante a titolo di restituzione degli interessi pagati. Il primo orientamento. La Corte d’Appello ha rilevato che nella decisione di primo grado il Tribunale ha ritenuto di applicare, in materia di nullità parziale del contratto a causa delle nullità di singole clausole, il principio giuridico della conservazione del negozio, che deve escludersi solo quando la clausola e il patto nullo si riferiscano ad un elemento essenziale del negozio oppure si trovino con le altre pattuizioni in tale rapporto di interdipendenza che queste non possano sussistere in modo autonomo . Ciò premesso la Corte territoriale ha osservato che la decisione di primo grado si è fondata sul principio espresso dai Giudici di legittimità secondo il quale in tema di contratti di mutuo in caso di pattuizione di interessi superiori al tasso soglia con riferimento agli interessi moratori, e interessi inferiori a tale tasso per gli interessi corrispettivi, la nullità della prima pattuizione non si comunica all’altra, poiché si deve valutare la singola disposizione, sebbene non esaustiva della regolamentazione degli interessi dovuti in forza del contratto . Il secondo orientamento, contro l’usura. Secondo la Corte d’Appello, però, per risolvere il caso di specie deve applicarsi l’orientamento opposto della giurisprudenza di legittimità a rigore del quale il ritardo colpevole non può giustificare un’obbligazione eccessivamente onerosa e contraria al principio generale del superamento del tasso soglia imposto dalla l. n. 108/1996. Detta legge infatti tende ad assicurare una copertura completa dall’usura, estesa a tutti i costi dell’operazione di credito dai costi immediati a quelli procrastinati, da quelli ricorrenti a quelli occasionali . Infatti in tema di contratto di mutuo ai sensi dell’art. 1 l. n. 108/1996 che si occupa della fissazione di un tasso soglia per determinare quando gli interessi siano usurari si fa riferimento sia agli interessi corrispettivi che a quelli moratori. In conclusione la Corte territoriale per risolvere la controversia, aderendo a questo secondo orientamento giurisprudenziale, ha accolto la domanda attorea in quanto dalla documentazione emerge che il contratto di mutuo contemplava interessi di mora superiori al tasso di soglia. Conseguentemente la banca è stata condannata alla restituzione degli interessi dalla data della domanda fino all’effettivo soddisfo.

Corte d’Appello di Bari, sez. II Civile, sentenza 27 aprile – 4 giugno 2018, numero 990 Presidente Sansone – Relatore Dibisceglia Svolgimento del processo Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. depositato il 11/9/2013 omissis chiedevano al Tribunale di Bari - previa declaratoria del superamento del tasso soglia in vigore alla data di stipula del mutuo fondiario 6/2/20041 da essi contratto con la omissis di condannare la Banca omissis pagamento in loro favore della somma di Euro 28017,90, o di quella diversa ritenuta di giustizia, a titolo di restituzione di tutti gli interessi pagati dagli attori in violazione della legge 108/1996, oltre interessi e rivalutazione con vittoria delle spese processuali. Esponevano di avere stipulato un mutuo fondiario il 6/2/2004 con la Banca omissis che l' importo finanziato era di Euro 90.000.00 da restituirsi in 240 rate mensili che era previsto dall' art. 4 del contratto un lasso d' interesse del 5,59 su base annua che era previsto dall' art. 5 del contratto un lasso d' interesse di mora dell' 8,36 su base annua che il tasso soglia previsto dalla legge 108/1996 alla data di stipula del finanziamento era pari al 6,36%, determinato aumentando della meta il tasso medio riveniente dalle rilevazioni trimestrali pari al 4,24% che, pertanto, a seguito del superamento del tasso soglia dovevano essere restituiti tutti gli interessi corrisposti dagli attori, pari ad Euro 28.017,90, Notificato il ricorso, si costituiva omissis chiedeva il rigetto della domanda perché infondata in fatto e in diritto con vittoria della spese di giudizio. Esponeva che gli interessi applicati dalla banca erano stati sempre convenuti, sia al momento della pattuizione che nel corso del rapporto, nei limiti del tasso soglia di legge che i ricorrenti non avevano mai corrisposto interessi di mora e, quindi, anche nel caso in cui si fosse ravvisato una nullità parziale del contratto di mutuo, i ricorrenti non avrebbero avuto interesse alla declaratoria, non avendo corrisposto alcun interesse di mora. Con ordinanza ex art. 702 ter c.p.c. del 28/11/2013, depositata il 2/12/2013, il Tribunale di Bari rigettava la domanda e compensava le spese di giudizio. Avverso tale ordinanza hanno proposto appello omissis con atto di citazione notificato il 30/12/2013. Gli appellanti hanno chiesto di accogliere la domanda formulata in primo grado e di condannare la omissis al pagamento in loro favore della somma di Euro 28.017.90, o di quella diversa ritenuta di giustizia, a titolo di restituzione di tutti gli interessi pagati dagli allori in violazione della legge 108/19%, oltre interessi e rivalutazione con vittoria delle spese del doppio grado di giudizio. Con comparsa depositata il 28/4/2014 si è costituita la Banca e ha chiesto di rigettare l’appello perché infondato in fatto e in diritto, e di condannare gli appellanti al pagamento delle spese e competenze del presente grado di giudizio. All' udienza del 15/12/2017, sulle conclusioni rassegnate dai procuratori delle parti e trascritte nel verbale d' udienza, la causa e stata riservata per la decisione con assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e di memorie di replica. Motivi della decisione Con l’unico ed articolato motivo d' appello si censura l'ordinanza impugnata per violazione e/o erronea applicazione dell'art. 1815, comma 2., c.c. così come modificato dalla legge 108/1996. Affermano gli appellanti che il Tribunale - pur avendo accertato che il lasso previsto per gli interessi moratori pari all'8.36 % era superiore al lasso soglia in vigore nel febbraio 2004. e pure avendo statuito che anche gli interessi di mora devono rispettare i limiti dell'unico tasso soglia fissato per legge e, a sostegno di quanto affermato richiamando la noia pronuncia numero 350/2013 della Suprema Corte -anziché far conseguire la non debenza degli interessi ex art. 1815, comma 2. c.c. e, quindi, la conversione forzosa del mutuo oneroso in mutuo gratuito , ha concluso per la non estensione degli effetti della nullità della clausola contrattuale prevista per gli interessi di mora a quella prevista per gli interessi corrispettivi operando, così, una distinzione tra tipologie di interessi non prevista dall'art 1815 c.c. e rendendo, per l'effetto, vano il meccanismo sanzionatorio voluto dal legislatore della riforma. L’appello è fondato. Il Tribunale ha così motivato la pattuizione di un interesse di mora usurario determina la nullità della relativa clausola contrattuale e, conseguentemente, l'inesistenza dell'obbligo di pagare i detti interessi, ma non certo l'estensione di tali effetti alla pattuizione, avente autonoma rilevanza negoziale, dell'interesse corrispettivo . Il Tribunale, così motivando, ha ritenuto di applicare, in materia di nullità parziale del contralto a causa della nullità di singole clausole, il principio giuridico della conservazione del negozio, che deve escludersi solo quando la clausola, e il pano nullo si riferiscono ad un elemento essenziale del negozio oppure si trovino con le altre pattuizioni in tale rapporto di interdipendenza che queste non possano sussistere in modo autonomo. Tale principio, in materia di rapporti bancari, e stato riaffermato anche di recente dalla S.C., che ha così statuito In tema di contratto di conto corrente bancario, qualora vengano pattuiti interessi superiori al lasso soglia con riferimento all'indebitamento extra fido e interessi inferiori a tale tasso per le somme utilizzate entro i limiti del fido, la nullità della prima pattuizione non si comunica all'altra, pur se contenute in una medesima clausola contrattuale, poiché si deve valutare la singola disposizione, sebbene non esaustiva della regolamentazione degli interessi dovuti in forza del contratto Cass. Civ Sez. I. ordinanza 21470 del 15/09/2017 . La S.C. ha così motivato Con riferimento alle conseguenze che la Corte di appello ha ritenuto di dover trarre dall'accertato superamento del tasso soglia con riferimento al cd. extra fido, si impongono, invece, le considerazioni che seguono. Il giudice distrettuale ha disatteso il motivo di appello basato sull'assunto per cui la sanzione della nullità doveva colpire nella sua totalità la pattuizione degli interessi si legge nella sentenza impugnata, infatti, che secondo gli odierni ricorrenti, il Tribunale, una volta constatato che il lasso degli interessi del cd. extra fido convenuto e applicalo era superiore al tasso soglia, non poteva limitarsi a ritenere non applicabile tale tasso, dovendo invece dichiarare nulla, nella sua integrità, la pattuizione relativa agli interessi. Sembra di intendere che i ricorrenti deducano che nessun interesse poteva essere dunque preteso dalla banca giusta l'art. 1815, comma 2, c.c. e infatti si assume, nel ricorso pag. 19 , che il contratto di scopertura di conio corrente in oggetto deve ritenersi gratuito e con il diritto alla restituzione di tutte le somme corrisposte a titolo di interessi gli stessi istanti rammentano, del resto pag. 18 del ricorso , di aver domandalo giudizialmente, sul presupposto dell'applicazione di tassi usurari, la nullità di ogni pattuizione che prevede una remunerati vita del prestito erogato contro la legge 108/96 E' certo, peraltro, che il superamento del tasso soglia con riferimento all'extra fido non incida sulla spettanza degli interessi convenuti contrattualmente anche per gli utilizzi che si collochino entro i limite dell'accordato. Può osservarsi, in proposito, che l'art. 1815 c.c. di cui hanno fallo applicazione i giudici del merito, preveda, al secondo comma, che se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi. In termini generali, la clausola è un'unità precettiva dell'accordo contrattuale, unità che può articolarsi anche in più disposizioni distinte Cass. 26 giugno 1987, numero 5675 cfr. pure Cass. 11 aprile 1979. numero 2123 . Più disposizioni in tema di interessi, in base alla loro concreta formulazione, possono confluire in un'unica clausola o dar vila a diverse clausole contrattuali. Non è però decisivo, ai presenti fini, verificare se la pattuizione relativa all'interesse dovuto per il cd. extra fido fosse una componente dell'unica clausola che disciplinava l'interesse debitorio o se essa potesse essere considerala come una clausola a sé stante, autonoma e distinta rispetto a quella che regolava la misura degli interessi sulla somma finanziata con l'apertura di credito. Ciò che rileva, infatti, è che l'ari. 1815, comma 2. c.c., nel prevedere la nullità della clausola relativa agli interessi, ove questi siano usurari, intendi per clausola la singola disposizione pattizia che contempli interessi eccedenti il tasso soglia, indipendentemente dal fatto che essa esaurisca la regolamentazione dell'entità degli interessi dovuti in forza del contratto. La sanzione dell'art. 1815. comma 2. c.c. dunque, non può che colpire la singola pattuizione che programmi la corresponsione di interessi usurari, non investendo le ulteriori disposizioni che, anche all'interno della medesima clausola, prevedano l'applicazione di interessi che usurari non siano. Se così non fosse, la norma non potrebbe trovare pratica applicazione tutte quelle volte in cui - per effetto della differenziazione dei tassi applicabili in ragione di diverse condizioni come, appunto, l'entità dell'indebitamento del correntista - nella clausola che disciplina la misura degli interessi contrattuali convivano una disposizione che fissi gli stessi al di sopra della soglia usuraria ed altra che la determini in una misura inferiore in tal caso. infatti, la medesima clausola avrebbe ad oggetto la pattuizione dell'interesse usurario che varrebbe a renderla nulla e la pattuizione dell'interesse non usurario che dovrebbe di contro sottrarla all'effetto invalidante . D'altro canto, la neutralizzazione degli effetti della disposizione che disciplini il pagamento di interessi non usurari non può derivare dall'inefficacia della previsione contrattuale concernente gli interessi usurari. Deve osservarsi, al riguardo, che il mancalo prodursi degli interessi dipende dall'effetto, caducatorio che colpisce la pattuizione contra legem. Nell'ipotesi in cui le parti abbiano convenuto per l'indebitamento che si produca entro i limiti del fido un saggio di interesse inferiore al lasso soglia, la relativa disposizione è valida, e non vi è modo di ritenere che ad essa si comunichi la patologia negoziale che colpisce altra pattuizione relativa, nella specie, agli interessi sul cd. extra fido e se non si comunica l'invalidità, non si comunica nemmeno l'inefficacia data dalla non spettanza degli interessi che da quell'invalidità si origina. In conclusione, dunque, l'indebitamento oltre i limiti del fido. prodottosi in un determinato arco temporale, genera per certo interessi non dovuti, in quanto il tasso relativo si collochi oltre la soglia di legge ma ciò non esclude che l'indebitamento entro i limiti del fido, prodottosi in altro periodo, produca interessi che il correntista debba corrispondere, ove il relativo tasso di interesse non presenti carattere usurano . Pertanto, applicando i suddetti principi al caso di specie, mutalis mutandis e parafrasando la citata massima, ne conseguirebbe che in tema di contralto di mutuo, qualora vengano pattuiti interessi superiori al tasso soglia con riferimento agli interessi moratori, e interessi inferiori a tale tasso per gli interessi corrispettivi, la nullità della prima pattuizione non si comunica all'altra, poiché si deve valutare la singola disposizione, sebbene non esaustiva della regolamentazione degli interessi dovuti in forza del contratto . Ulteriori argomenti addotti da coloro che sostengono la non accoglibilità della tesi della comunicabilità del vizio del tasso di mora al tasso corrispettivo sono i seguenti a il principio di simmetria/omogeneità di confronto arg. ex Cass., 22.6.2016. numero 12965 postula che sarebbe irragionevole valutare l'usurarietà o meno degli interessi applicati al prestito. quando lo sconfinamento avvenga ad opera di poste passive - quali gli interessi di mora - che non siano state tenute in considerazione per la determinazione del limite di usura b la valutazione di usurarietà attiene alla fase fisiologica del rapporto e non già a quella patologica, che trova il suo fondamento nel comportamento volontario o colposo delle parti c l'incidenza del tasso di mora sul costo complessivo del contratto non può essere determinata a priori in quanto dipende dall'ammontare del capitale scaduto e non pagato e dal periodo di mora. Ed infatti, gli interessi corrispettivi sono calcolati sull'intero capitale e per tutta la durata del contratto, motivo per il quale già al momento dell'accordo e possibile accertare il costo del finanziamento. La Corte, però, ritiene di aderire all' opposta lesi, che ritiene che la nullità della clausola degli interessi moratori per superamento del tasso soglia travolga anche la clausola che fissa gli interessi corrispettivi, determinando così la gratuità del mutuo. Tale orientamento giurisprudenziale, si basa sulla considerazione che il ritardo colpevole non può giustificare un'obbligazione eccessivamente onerosa e contraria al principio generale posto dalla legge numero 108/1996 la quale tende ad assicurare una copertura completa dall'usura, estesa a tutti i costi dell'operazione di credito dai costi immediati a quelli procrastinati, da quelli ricorrenti a quelli occasionali. La riforma in materia intervenuta con la menzionata legge che ha inciso, in particolare, sull'art. 1815 c.c. e sull'art. 644 c.p. ha assimilato l'usura penalmente rilevante cioè la cd. usura presunta art. 644 co. 1 e co. 3, primo periodo, c.p. con l'usura pecuniaria ad interessi di cui all'art. 1815 c.p., prevedendo un'omogeneità del fenomeno sul piano penale e su quello civile. Pertanto, per determinare il tasso di interesse usurario non si può non tenere conto di quanto disposto dall'art. 644 co. 4 c.p. a tenore del quale Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito . Si aggiunga che l'art. 1, co. 1 del D.L. numero 394/00 convertito poi nella legge numero 24/2001. di interpretazione autentica dell'art. 644 c.p dispone che Ai fini dell'applicazione dell'articolo 644 del codice penale e dell'articolo 1815, secondo comma, del codice civile, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento . Pertanto, è il legislatore che. anche nell'ambito di questa norma, espressamente chiarisce che nello stabilire l'usurarietà o meno del contratto occorre tenere conto degli interessi dovuti a qualsiasi titolo e che il momento al quale riferirsi per verificare l'eventuale usurarietà, sotto il profilo sia penale che civile, è quello della conclusione del contratto a nulla rilevando il pagamento degli interessi. Con la conseguente irrilevanza della circostanza addotta dalla parte appellata che in concreto la norma che fissa gli interessi moratori sia rimasta inoperativa, non essendo mai stati applicati gli interessi moratori nel corso del rapporto. In base a tale normativa, si deve quindi ritenere che anche gli interessi di mora sono soggetti al rispetto delle soglie d'usura. Sul punto, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che in tema di contratto di mutuo, l'art. 1 della L. numero 108 del 1996. che prevede la fissazione di un tasso soglia al di là del quale gli interessi pattuiti debbono essere considerati usurari. riguarda sia gli interessi corrispettivi che quelli moratori Cass. Civ., Sez. 6 – 1, ordinanza numero 5598 del 06/03/2017 . Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che. in sede di opposizione allo stato al passivo e con riferimento al credito insinuato da una banca, aveva escluso la possibilità di ritenere usurari gli interessi relativi a due contratti di mutuo in ragione della non cumulabilità degli interessi corrispettivi e di quelli moratori. Tale principio è stato poi ribadito dalla successiva ordinanza numero 23192/207, con cui la S.C. ha affermato è noto che in tema di contratto di mutuo, l'art. 1 della L. numero 108 del 1996, che prevede la fissazione di un tasso soglia al di là del quale gli interessi pattuiti debbono essere considerati usurari, riguarda sia gli interessi corrispettivi che quelli moratori Cass. 4 aprile 2003. numero 5324 . Ha errato, allora, il tribunale nel ritenere in maniera apodittica che il tasso di soglia non fosse stato superato nella fattispecie concreta, solo perché non sarebbe consentito cumulare gli interessi corrispettivi a quelli moratori al fine di accertare il superamento del detto tasso Cass. ord. 5598/2017 con principio già affermato da Cass. 14899/2000 . Si deve aggiungere che la rilevanza degli interessi moratori ai fini del computo del c.d. tasso soglia non trova un ostacolo nel fatto che essi non concorrono a determinare il TEGM ossia il tasso effettivo globale medio applicalo per operazioni omogenee in un determinato periodo sulla base del quale si determina il c.d. tasso soglia . Infatti, come osservato in dottrina, la mancata considerazione del tasso degli interessi moratori tra gli clementi da considerare ai fini della determinazione del TEGM si spiega in considerazione del fatto che tenere conto di tale misura, anziché solo di quella degli interessi corrispettivi, innalzerebbe sensibilmente il livello del TEGM e quindi il c.d. tasso soglia, rendendo più rara l'eventualità che il cliente possa invocare l'usurarietà, quanto meno con riferimento all'ipotesi di uno sviluppo fisiologico del rapporto nel corso del quale siano venuti in rilievo i meri interessi corrispettivi. Ciò appare irragionevole, considerato che l'applicazione dei tassi moratori nei singoli concreti rapporti contrattuali e meramente eventuale. Argomento decisivo per aderire alla tesi che dal superamento del tasso soglia. discenda, ai sensi dell'art. 1815 co. 2 c.c., non solo la nullità della clausola con la quale sono stati convenuti gli interessi, espressamente comminata, ma anche la sanzione civile della gratuità del contratto, è quella che il legislatore con la riforma intervenuta con la legge numero 108/1996 ha inteso prevedere quale sanzione a carico del mutuante la non decenza degli interessi in aggiunta alla nullità della clausola usuraria. Il secondo comma dell'art. 1815 c.c. prevedeva che nel caso fossero stati convenuti interessi usurari la clausola è nulla e gli interessi sono dovuti nella misura legale , sicché l'intenzione del legislatore di inasprire la conseguenza della usurarietà degli interessi, passando cioè dalla debenza degli interessi legali a quella della non debenza di interessi. verrebbe tradita seguendo l’ opposta tesi della non estensibilità del vizio del tasso di mora al tasso corrispettivo, poiché, mentre prima della riforma erano dovuti gli interessi legali oggi sarebbero dovuti gli interessi corrispettivi, di norma maggiori rispetto ai primi. Ne consegue, applicando alla presente controversia tale secondo orientamento giurisprudenziale dell'estensibilità del vizio del tasso di mora al tasso corrispettivo, che la domanda deve essere accolto, atteso che risulta dalla documentazione in atti che il contratto di mutuo oggetto di controversia contemplava interessi di mora superiori al tasso soglia. Infatti l'art. 5 del contratto, stipulato il 6/2/2004, disponeva che gli interessi di mora erano dovuti nella misura dell' 8,31%. Mentre dalla comunicazione della Banca D'Italia concernenti la rilevazione dei tassi soglia per il primo trimestre 2004 risulta che il tasso rilevato per tale periodo per le operazioni bancarie aventi ad oggetto i mutui era del 4,24% per cui aumentando il tasso rilevato della metà, il tasso soglia per le operazioni di mutuo era del 6.36%. Ne consegue, in accoglimento dell'appello, che la Banca convenuta deve essere condannata al pagamento in favore degli attori della somma di Euro 28.017,90, olire interessi dalla data della domanda e fino all' effettivo soddisfo. Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza, e si liquidano come in dispositivo. I compensi si liquidano in base al D.M. numero 55 del IO marzo 2014. Tenendo presente che il valore della causa è prossimo al minimo dello scaglione di valore della causa che, ai sensi dell'art. 5, è da Euro 26.001 a 52.000, ed escludendo il compenso della fase istruttoria e/o di trattazione non essendo stata espletata attività istruttoria c/o di trattazione sia in primo che in secondo grado , i compensi si determinano in Euro 3.800.00 per il primo grado di giudizio e in Euro 4.200.00 per il secondo grado di giudizio. Su tali somme è dovuto il rimborso forfettario spese generali nella misura del 15%, oltre IVA e CAP come per legge. P.Q.M. La Corte di Appello di Bari, li Sezione Civile, pronunciando sull'appello avverso l' ordinanza ex art. 702 ter c.p.c. del Tribunale di Bari del 28/11/2013. depositata il 2/12/2013, proposto da omissis con atto di citazione notificato il 30/12/2013, e nei confronti della omissis sulle conclusioni rassegnate dai procuratori delle parti, così provvede 1 accoglie l' appello e, per l' effetto, accoglie la domanda introduttiva del giudizio e condanna omissis pagamento in favore degli attori della somma di Euro 28.017.90, oltre interessi dalla data della domanda e fino all' effettivo soddisfo 2 condanna omissis al pagamento, in favore degli attori, delle spese del doppio grado di giudizio che liquida per il primo grado in complessivi Euro 4.033,000 di cui Euro 233.00 per spese ed Euro 3.800.00 per compensi, e per il presente grado di giudizio in complessivi Euro 4.883.00 di cui Euro 683.00 per spese ed Euro 4.200.00 per compensi, oltre rimborso forfettario spese generali nella misura del 15%. IVA e CAP come per legge.