Auto a noleggio e sosta non pagata: è il conducente che deve adempiere

Il gestore del parcheggio a pagamento che chiede i 26 euro per una sosta non pagata alla società di autonoleggio resta a bocca asciutta. La società infatti non è tenuta all’adempimento di un contratto concluso dal conducente, nonché noleggiatore, della vettura.

Così la Corte di legittimità con l’ordinanza n. 19713/18, depositata il 25 luglio. La vicenda. Il gestore di un parcheggio a pagamento chiedeva al Giudice di Pace la condanna di una società di autonoleggio al pagamento dell’importo di 26 euro in relazione ad una sosta non pagata. Il Tribunale, adito dalla soccombente, riformava la decisione di prime cure dichiarando il difetto di legittimazione passiva dell’autonoleggio ritenendo che del mancato pagamento del parcheggio dovesse rispondere chi aveva noleggiato l’auto ed usufruito del parcheggio. Il gestore del parcheggio impugna la sentenza con ricorso in cassazione. Legittimazione passiva. Il Tribunale ha motivato la propria decisione sulla base del presupposto per cui il contratto di parcheggio è stipulato dal conducente che ha in uso la vettura, e non dal proprietario della stessa. Resta dunque irrilevante la proprietà formale del veicolo ai fini della richiesta di pagamento del parcheggio. Correttamente dunque il giudice ha sancito il difetto di legittimazione passiva della società di autonoleggio convenuta in giudizio il ricorrente avrebbe dovuto citare in giudizio il soggetto che risultava aver noleggiato l’auto in quel periodo, il cui nominativo era peraltro emerso durante lo svolgimento del giudizio. Per questi motivi, la Suprema Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 14 dicembre 2017 – 25 luglio 2018, n. 19713 Presidente Amendola – Relatore D’Arrigo Ritenuto D.S. , gestore di un parcheggio a pagamento, ottenne dal giudice di pace di Taormina ME la condanna dell’Avis Budget Italia s.p.a. al pagamento dell’importo di Euro 26,00, relativa ad una sosta non pagata. Avendo il giudice di pace rigettato l’opposizione proposta dall’Avis, quest’ultima impugnò la sentenza innanzi al Tribunale di Messina. Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale, riformando la decisione di primo grado, ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva dell’Avis, ritenendo che del mancato pagamento del prezzo del parcheggio dovesse rispondere colui che aveva noleggiato il veicolo. Di conseguenza, ha rigettato la domanda proposta da D. , condannandolo alle spese di entrambi i gradi di giudizio. Avverso tale sentenza il D. ha proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi. L’Avis Budget Italia s.p.a. ha resistito con controricorso. Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 380-bis cod. proc. civ. come modificato dal comma 1, lett. e , dell’art. 1-bis d.l. 31 agosto 2016, n. 168, conv. con modif. dalla l. 25 ottobre 2016, n. 197 , ha formulato proposta di trattazione del ricorso in camera di consiglio non partecipata. Entrambe le parti hanno depositato memorie difensive, sebbene quelle del D. siano pervenute fuori termine. Considerato In considerazione dei motivi dedotti e delle ragioni della decisione, la motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata. Il ricorso è inammissibile. Con il primo motivo si deduce la violazione o falsa applicazione di norme di diritto non meglio precisate. Il ricorso è dunque carente del requisito di ammissibilità di cui all’art. 366, comma primo, n. 4, cod. proc. civ. Giova peraltro osservare che la carenza non è solamente formale. La lettura del motivo, che affronta molteplici questioni compresa quella della natura del contratto di parcheggio irrilevanti ai fini della decisione, rende davvero problematica l’identificazione delle norme che il D. assume violate, fermo restando che non è compito della Corte di cassazione colmare le deficienze del ricorso sostituendosi al ricorrente nell’individuazione di possibili violazioni di legge. Ad ogni modo, la ratio decidendi della sentenza impugnata risiede nell’affermazione secondo cui il contratto di parcheggio viene stipulato dal conducente che ha in uso la vettura e non dal suo proprietario. Avverso tale decisione il D. non si pone in effettivo rapporto dialettico, limitandosi, per un verso, ad affermare che egli è concessionario di un’area di parcheggio pubblico senza precisare che ricaduta possa avere la natura privata o pubblica del parcheggio sulla problematica in esame e, per altro verso, a richiamare alcune sentenze di questa Corte non pertinenti, in quanto relative al diverso caso in cui non è noto chi abbia in uso il veicolo in questo caso, invece, è pacifico che la vettura fosse stata noleggiata da tale R.F. . Con il secondo motivo si deduce il vizio di motivazione che, com’è noto, a seguito della riforma dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. non figura più fra i motivi di ricorso per cassazione per le sentenze pubblicate dall’11 settembre 2012. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385, comma primo, cod. proc. civ., nella misura indicata nel dispositivo. Ricorrono altresì i presupposti per l’applicazione dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, sicché va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello già dovuto per l’impugnazione da lui proposta. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 255,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.