Conflitto tra esigenze familiari di comodatario e comodante, quali prevalgono?

In caso di domanda di rilascio dell’immobile concesso in comodato, per esigenze impreviste e urgenti del comodante, la destinazione ad uso familiare dell’immobile deve essere accertata positivamente ed, in mancanza di prove, il cui onere è in capo al comodatario, deve essere adottata la soluzione più favorevole della cessazione del contratto di comodato.

Lo ha ribadito la Cassazione con ordinanza n. 17332/18, depositata il 3 luglio. La vicenda. Il Tribunale rigettava la domanda attorea con la quale veniva richiesto ai convenuti il rilascio dell’immobile concesso in comodato dagli attori affinché fosse adibito a residenza familiare. A sostegno dell’istanza gli attori rilevavano la sussistenza di uno stato di urgente ed imprevedibile di bisogno per le loro precarie condizioni di salute e dalla necessità di far fronte alle spese mediche. La Corte d’Appello, adita in secondo grado, rigettava il gravame sostenendo che gli appellanti non avessero dimostrato il carattere precario del comodato e che esso non poteva essere risolto sulla base della mera manifestazione di volontà dei comodanti, stante il vincolo di destinazione alle esigenze abitative familiari . Avverso la pronuncia di merito gli attori soccombenti hanno proposto ricorso per cassazione. Secondo i ricorrenti non è onere dei comodanti dimostrare la natura precaria del contratto, ma sono i comodatari che devono provare che l’abitazione concessa in godimento sia dovuto ad esigenze familiari. Inoltre i ricorrenti nel ricorso censurano la decisione della Corte territoriale per non aver riconosciuto l’urgente bisogno degli stessi che consente di esigere il rilascio dell’immobile. Esigenze familiari e bisogni imprevedibili e urgenti. Per risolvere la questione i Giudici di legittimità hanno richiamato i principi in materia affermanti dalla Sezioni Unite SS.UU. n. 20448/18 secondo i quali, in primo luogo, il coniuge separato, convivente con la prole non autosufficiente ed assegnatario dell’abitazione già attribuita in comodato, che si opponga alla richiesta di rilascio dell’immobile del comodante sostenendo la sussistenza di un vincolo di destinazione a casa familiare, ha l’onere di provare che tale era la pattuizione attributiva del diritto personale di godimento . In secondo luogo, ricorda la Suprema Corte, ai sensi dell’art. 1809 c.c. il motivo di bisogno per il quale il comodante chiede il rilascio del bene non deve essere grave, ma imprevisto e, dunque, sopravvenuto rispetto al momento della stipula del contratto di comodato ed urgente . Da ciò consegue che certamente la situazione di bisogno del comodante comporta la possibilità di porre fine al comodato e se la destinazione di quest’ultimo è quella di casa familiare, resta ferma la necessità che il giudice eserciti un controllo di proporzionalità tra le particolari esigenze di tutela tra comodante e prole del comodatario. Nella decisione di merito non è stata fatta corretta applicazione dei citati principi in quanto la Corte territoriale ha sostenuto che dovevano essere i comodanti a provare il carattere precario del comodato, il cui onere era, invece, dei comodatari. Per questi motivi la Cassazione ha accolto il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 17 maggio – 3 luglio 2018, n. 17332 Presidente Amendola – Relatore Cirillo Fatti di causa 1. S.F. e O.M. convennero in giudizio So.Am. ed Arturo S. davanti al Tribunale di Messina e - sulla premessa di avere concesso ai predetti, in comodato, un appartamento di loro proprietà affinché fosse adibito a residenza familiare, in attesa di reperire una migliore soluzione abitativa - chiesero che i convenuti fossero condannati al rilascio dell’immobile. A sostegno della domanda rilevarono che tale richiesta si fondava sull’insorgenza di uno stato di urgente ed imprevedibile bisogno, costituito dalle loro precarie condizioni di salute e dalla necessità di affrontare cospicue spese mediche. Si costituì in giudizio la sola So. , chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale rigettò la domanda e condannò gli attori al pagamento delle spese di lite. 2. La pronuncia è stata impugnata dagli attori soccombenti e la Corte d’appello di Messina, con sentenza del 21 novembre 2016, ha rigettato l’appello ed ha condannato gli appellanti al pagamento delle ulteriori spese del grado. Ha osservato la Corte territoriale che gli appellanti non avevano dimostrato il carattere precario del comodato e che esso non poteva essere risolto sulla base della mera manifestazione di volontà dei comodanti art. 1810, primo comma, cod. civ. , stante il vincolo di destinazione alle esigenze abitative familiari. Quanto all’urgente ed imprevedibile bisogno indicato dagli appellanti art. 1809, cpv., cod. civ. , esso non era stato dimostrato, perché la documentazione prodotta confermava solo la ricorrenza di patologie correlate all’età e tali da non richiedere un esborso mensile particolarmente elevato , al punto da giustificare la richiesta di restituzione del bene in questione. 3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Messina propongono ricorso S.F. e O.M. con unico atto affidato a tre motivi. Resiste So.Am. con controricorso. S.A. non ha svolto attività difensiva in questa sede. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ., e le parti hanno depositato memorie. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3 , cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1803, 1809, 1810, 1362 e ss., e 2697 del codice civile. Sostengono i ricorrenti che non è onere dei comodanti dimostrare la natura precaria del contratto, bensì è onere dei comodatari provare che la concessione dell’abitazione in godimento sia avvenuta per la destinazione del bene alle esigenze familiari. Il fatto che non fosse stato stipulato alcun contratto scritto dimostrerebbe che tale destinazione era esclusa. Vi sarebbe stata, quindi, una violazione delle regole sull’onere della prova. 2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3 , cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1803, 1809, 1810 e 2697 cod. civ., nonché degli artt. 345 e 702-quater del codice di procedura civile. Si sostiene che nell’atto di citazione in appello e con la memoria integrativa era stato richiesto l’interrogatorio formale dei convenuti sulle circostanze ivi indicate e che la Corte d’appello non ha ammesso la prova, senza neppure indicare le ragioni dell’esclusione. 3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3 , cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 1809 cod. civ., indicando tutte le ragioni per le quali la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere non sussistente quell’urgente ed imprevedibile bisogno che consente di esigere la restituzione del bene. In particolare, la doglianza evidenzia l’età anziana dei ricorrenti, i loro modesti redditi di pensione e la circostanza che l’abitazione oggetto del comodato sia l’unica risorsa a disposizione dei ricorrenti. 4. Ragioni di economia processuale consigliano di esaminare congiuntamente i motivi primo e terzo, che sono entrambi fondati. 4.1. Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza 29 settembre 2014, n. 20448, ribadita da altre pronunce successive, hanno affermato, tra l’altro, i seguenti principi 1 il coniuge separato, convivente con la prole minorenne o maggiorenne non autosufficiente ed assegnatario dell’abitazione già attribuita in comodato, che opponga alla richiesta di rilascio del comodante l’esistenza di una destinazione dell’immobile a casa familiare, ha l’onere di provare che tale era la pattuizione attributiva del diritto personale di godimento 2 ai sensi dell’art. 1809, secondo comma, cod. civ., il bisogno che giustifica la richiesta del comodante di restituzione del bene non deve essere grave ma imprevisto e, dunque, sopravvenuto rispetto al momento della stipula del contratto di comodato ed urgente ne consegue che non solo la necessità di un uso diretto ma anche il sopravvenire d’un imprevisto deterioramento della condizione economica del comodante, che giustifichi la restituzione del bene ai fini della sua vendita o di una redditizia locazione, consente di porre fine al comodato, ancorché la sua destinazione sia quella di casa familiare, ferma, in tal caso, la necessità che il giudice eserciti con massima attenzione il controllo di proporzionalità e adeguatezza nel comparare le particolari esigenze di tutela della prole e il contrapposto bisogno del comodante. La successiva sentenza 21 novembre 2014, n. 24838, poi, ha specificato che la destinazione a residenza familiare deve essere positivamente accertata e che, in mancanza, deve essere adottata la soluzione più favorevole alla cessazione del contratto di comodato. 4.2. La sentenza impugnata non risulta aver fatto buon governo di tali principi. Essa, infatti, da un lato ha affermato che i comodanti non avevano provato il carattere precario del comodato e dall’altro ha aggiunto che l’urgente ed imprevisto bisogno non era stato dimostrato dai medesimi, i quali avevano documentato solo l’esistenza di patologie correlate all’età e tali da non richiedere un esborso mensile particolarmente elevato . Tali affermazioni non resistono alle censure proposte. Rileva la Corte, infatti, che dovevano essere i comodatari, nella specie, a dimostrare che il contratto fosse stato concluso per esigenze di tutela della famiglia e della prole, esigenze persistenti anche nel momento in cui la richiesta di cessazione del comodato era stata proposta. In secondo luogo, poi, non risulta che la So. abbia contestato che l’immobile del quale si chiede la restituzione fosse l’unico a disposizione dei due odierni ricorrenti senza contare che l’età avanzata degli stessi, di per sé portatrice di inevitabili problemi di salute e della conseguente necessità di fronteggiare maggiori spese mediche, avrebbe dovuto essere considerata un fattore decisivo, tanto più in considerazione della data risalente del comodato e dell’età dei figli dei convenuti, uno dei quali è ormai maggiorenne. A tutto ciò va aggiunto, infine, l’obbligo di assistenza che grava comunque sui figli in favore dei genitori anziani art. 433 cod. civ. e che non consente di porre sulle spalle di questi ultimi una sorta di onere permanente di contribuzione al mantenimento delle più giovani generazioni. 5. In conclusione, sono accolti il primo ed il terzo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo. La sentenza impugnata è cassata e il giudizio è rinviato alla Corte d’appello di Messina, in diversa composizione personale, la quale riesaminerà il merito alla luce dei principi suindicati. Al giudice di rinvio è rimesso anche il compito di liquidare le spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Messina, in diversa composizione personale, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.