Falsificazione dell’assegno: la limitata responsabilità della banca

Nell’ipotesi di pagamento da parte della banca di un assegno con sottoscrizione apocrifa, essa può essere ritenuta responsabile non a fronte dell’alterazione del titolo, ma solo qualora una tale alterazione sia rilevabile a colpo d’occhio”.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con sentenza n. 16178/18 depositata il 19 giugno. La vicenda. La Corte d’Appello respingeva la domanda attorea di condanna della banca al risarcimento del danno per aver consentito prelevamenti dal conto corrente della società attrice sulla base di assegni bancari e circolari, aventi falsa firma di traenza o di girata. La limita responsabilità della banca. Sulla base di un consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Corte, l’ente creditizio può essere ritenuto responsabile nel caso di pagamento di un assegno con sottoscrizione apocrifa, non a fronte della mera alterazione del titolo di credito, ma solo nelle ipotesi in cui detta alterazione sia rilevabile ictu oculi , in base alle conoscenze del soggetto bancario medio, il quale non è tenuto a disporre di particolari attrezzature strumentali o chimiche per rilevare la falsificazione, né è tenuto a mostrare le qualità di un esperto grafologo . Infatti, la Corte territoriale aveva ritenuto necessario l’esame visivo dei titoli, ma la mancata produzione degli originali ad opera della banca non integra la prova dell’illecito dedotto, ex art. 210 c.p.c., e della rilevabilità ictu oculi delle firme, posto che l’insussistenza dell’obbligo di conservazione dei documenti per lungo tempo rende non decisiva la mancata produzione, che deve essere sintomatica della volontà della parte di sottrarre i documenti al processo. Pertanto, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile, ordinanza 3 maggio – 19 giugno 2018, n. 16178 Presidente Genovese – Relatore Nazzicone Rilevato in fatto - che viene proposto ricorso, sulla base di tre motivi, avverso la sentenza del 14 luglio 2016 della Corte d’appello di Napoli, la quale, decidendo su rinvio da Cass. n. 16824 del 2013, ha respinto la domanda proposta da Villa dei Gerani s.p.a., volta alla condanna del Banco di Napoli s.p.a. al risarcimento del danno, per avere consentito prelevamenti dal conto corrente della società negli anni 1993 e 1994, sulla base di assegni bancari e circolari, recanti tuttavia falsa firma di traenza o di girata - che resiste la banca con controricorso - che sono stati ravvisati i presupposti dell’art. 380-bis cod. proc. civ. - che le parti hanno depositato le memorie. Considerato in diritto - che il primo motivo lamenta la violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., per avere la sentenza impugnata esposto una motivazione apparente, essendo in essa affermato che le sigle apposte hanno caratteristiche analoghe, sebbene non morfologicamente identiche allo specimen, e che dunque il mero timbro della società autorizzava il cassiere a compiere le operazioni richieste inoltre, come emerge dalla riproduzione delle richieste di addebito in ricorso, nove di esse non recavano detto timbro e le sigle sono difformi dallo specimen - che il secondo motivo deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 24 Cost., 113, 116 e 210 cod. proc. civ., in quanto la corte d’appello ha, dapprima, ritenuto necessario l’esame degli originali e, poi, giustificato la mancata produzione di essi, perché non rinvenuti dalla banca, quando invece da ciò avrebbe dovuto ritenere provato l’assunto attoreo - che il terzo motivo lamenta la violazione dell’art. 1176 cod. civ., laddove la sentenza impugnata ha affermato che nella specie la falsificazione non era rilevabile a vista - che la corte d’appello, per quanto ancora rileva, ha ritenuto come a il pagamento di assegni a firma apocrifa determina la responsabilità della banca solo qualora sussista la non conformità della sottoscrizione allo specimen depositato, rilevabile ictu oculi, laddove, nella specie, l’attrice ha inteso sostenere la responsabilità oggettiva per rischio d’impresa della banca b il collegio aveva ritenuto necessario l’esame visivo dei titoli e delle richieste di rilascio degli assegni circolari, accogliendo l’istanza attorea ex art. 210 cod. proc. civ. tuttavia, la mancata produzione degli originali ad opera della banca non integra la prova dell’illecito dedotto e della rilevabilità ictu oculi delle firme, posto che il decorso di un ventennio e l’insussistenza dell’obbligo di conservazione dei documenti per tutto questo tempo rende non decisiva la mancata produzione, che, al fine di trarne argomento di prova, deve essere sintomatica della volontà della parte di sottrarre al processo i documenti c l’indagine in questione può comunque svolgersi sulle copie degli atti e da tale esame risulta che la banca non può ritenersi responsabile, per l’impossibilità di rilevare la falsità ictu oculi, dal momento che tutte le sigle hanno caratteristiche analoghe, presenti anche nelle scritture di comparazione, utilizzate inoltre per centinaia di operazioni, senza che sia stata dedotta la falsificazione anche del timbro della società, né spiegata la ragione per la quale il carnet degli assegni fosse stato per oltre un anno a disposizione di soggetto diverso dall’a.d. della società, o perché gli organi ed i dipendenti contabili della società stessa non abbiano mai rilevato alcuna anomalia per oltre un anno e per centinaia di assegni né, infine, viene spiegato perché poi vennero eseguiti alcuni pagamenti a favore del concessionario della riscossione dei tributi - che tale motivazione resiste a tutte le critiche formulate, risultando i motivi proposti manifestamente infondati - che, invero, anzitutto non sussiste il vizio di motivazione apparente denunziato nel primo motivo, il quale neppure coglie la ratio della decisione impugnata la quale, invero, non ha affatto ritenuto sufficiente il timbro della società al fine del pagamento degli assegni, ma ha semplicemente considerato la presenza del medesimo, mai smentito nella sua conformità, come uno tra i molti elementi idonei a rendere non percepibile il falso inoltre, ogni questione in fatto, che il motivo tenta di introdurre in questa sede, persino riproducendo la copia delle scritture, è inammissibile - che, quanto al secondo motivo, la corte del merito ha ben chiarito le ragioni per le quali, nell’ambito dell’apprezzamento ad essa riservato, ha ritenuto inidonea, nella specie, la mancata esibizione ad integrare la prova dell’assunto - che, quanto al terzo motivo, ne sussiste, da un lato, la manifesta infondatezza, avendo la corte del merito applicato il principio, da questa Corte affermato, secondo cui, nel caso di pagamento, da parte di una banca, di un assegno con sottoscrizione apocrifa, l’ente creditizio può essere ritenuto responsabile non a fronte della mera alterazione del titolo, ma solo nei casi in cui una tale alterazione sia rilevabile ictu oculi, in base alle conoscenze del bancario medio, il quale non è tenuto a disporre di particolari attrezzature strumentali o chimiche per rilevare la falsificazione, né è tenuto a mostrare le qualità di un esperto grafologo Cass. 4 ottobre 2011, n. 20292 Cass. 20 marzo 2014, n. 6513 , e, dall’altro lato, addirittura l’inammissibilità, laddove pretende di ripetere la valutazione di rilevabilità del falso - che le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese di lite nella misura di Euro 8.000,00, oltre ad Euro 100,00 per esborsi, alle spese forfetarie al 15% ed agli accessori, come per legge. Dichiara che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla legge n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.