La gravità dell’inadempimento deve essere sempre valutata tenuto conto dell’intero valore del contratto

La diffida ad adempiere, nella sua struttura logica e sistematica, è uno strumento offerto a un contraente nei confronti dell’altro inadempiente per una celere risoluzione del contratto, affinché il contraente adempiente non resti vincolato all’altro fino alla pronuncia del Giudice e possa provvedere con altri alla realizzazione del suo interesse negoziale.

La gravità dell’inadempimento deve essere valutata tenuto conto dell’intero contratto poiché, solo in tal modo, è possibile verificare se detto abbia sensibilmente alterato l’equilibrio contrattuale voluto dalle parti. La fattispecie. Nel caso in esame il Tribunale aveva ritenuto legittima, secondo il giudizio di proporzionalità, il rifiuto di eseguire i lavori di ampliamento di un immobile stante il mancato pagamento della seconda rata del prezzo dovuta per l’acquisto di un immobile. Ciò a maggior ragione tenuto conto della notifica della diffida ad adempiere, ai sensi dell’art. 1454 c.c., con la quale l’acquirente era stato invitato a versare quanto dovuto. La Corte d’Appello, confermando la sentenza con la quale il contratto era stato dichiarato risolto, ha altresì affermato l’esistenza di un nesso tra il pagamento della seconda rata e l’esecuzione dei lavori di ampliamento nel senso che detta avrebbe dovuto fungere da provvista economica per la realizzazione degli stessi. La diffida ad adempiere ai sensi dell’art. 1454 c.c Il contraente che si avvale della diffida ad adempiere, ai sensi dell’art. 1454 c.c., deve essere già vittima dell’altrui inadempimento e, pertanto, deve escludersi che detta possa essere inviata prima del termine per l’esecuzione del contratto. D’altronde la ratio di tale norma è quella di fissare, con estrema chiarezza, che la parte non è disposta a tollerare un ulteriore ritardo nell’inadempimento. Ne consegue che la Corte di merito avrebbe dovuto sindacare se, al momento dell’invio della diffida, la parte a cui è stata richiesta l’esecuzione fosse già inadempiente. La valutazione della gravità dell’inadempimento. La Corte di legittimità ha poi censurato la decisione del Giudice di merito nella parte in cui ha valutato la gravità dell’inadempimento limitatamente all’omesso pagamento della seconda rata. Ai fini della risoluzione del contratto l’indagine circa la gravità dell’inadempimento deve essere valutata tenuto conto dell’intero sinallagma poiché, solo in tal modo, è possibile verificare se detto abbia sensibilmente alterato l’equilibrio contrattuale. I limiti del Giudice di legittimità. Nei contratti a prestazioni corrispettive la valutazione, in caso di inadempienze reciproche, del comportamento delle parti onde valutare quale si sia resa maggiormente responsabile dell’alterazione dell’equilibrio contrattuale spetta al Giudice di merito ed è insindacabile da quello di legittimità ove congruamente motivato.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 14 febbraio – 11 giugno 2018, n. 15052 Presidente Matera – Relatore Tedesco Fatti di causa Nella controversia promossa da M.P. , M.S. , V.P. , V.V. , promissari venditori di porzioni immobiliari in Taormina, oggetto di preliminare stipulato con il promissario acquirente P.V. attuale ricorrente , la Corte d’Appello di Catania, riformando la sentenza di primo grado, ha dichiarato la risoluzione di diritto del contratto per inadempimento del P. . Secondo la ricostruzione della corte di merito, la risoluzione di diritto rifletteva la diffida ad adempiere notificata dai venditori il 31 luglio 2004. Con tale diffida del 31 luglio 2004 i venditori avevano intimato il pagamento della seconda rata del prezzo pattuito per la vendita. Essa seguiva una precedente richiesta dei venditori del 12 maggio 2004, rimasta senza esito. La seconda rata del prezzo, in base al contratto, avrebbe dovuto essere corrisposta al momento di approvazione del progetto per i lavori di ampliamento dell’immobile compromesso in vendita tali lavori di ampliamento avrebbero dovuto essere eseguiti dai promittenti venditori. La corte d’appello ha individuato un nesso fra l’obbligazione del promissario di corrispondere la seconda rata del prezzo e l’obbligazione dei promittenti di effettuare i lavori di ampliamento, nel senso che il pagamento doveva servire a fornire ai promittenti la provvista necessaria per effettuarli. Ha poi censurato la condotta del promissario, che non aveva completato il pagamento della seconda rata del prezzo, né dopo una richiesta del 12 maggio 2004, né dopo quella notificata dai venditori il 31 luglio 204 ai sensi dell’art. 1454 c.c. a mezzo ufficiale giudiziario, con la quale era stato certamente informato dell’avvenuto rilascio della concessione edilizia. Infine, quanto all’ulteriore fatto eccepito dal compratore, che i promittenti venditori erano in possesso di due assegni già da epoca precedente la comunicazione del maggio 2004, la corte di merito ha ritenuto verosimile quanto dedotto al riguardo dai venditori, secondo cui gli assegni non erano stati tempestivamente posti all’incasso per venire incontro alle richieste di dilazione del promissario. Ad ogni modo la corte di merito ha rimarcato che gli assegni furono posti all’incasso, senza esito, il 28 giugno 2004, prima che fosse notificata la diffida ad adempiere. In tale situazione la corte di merito ha riconosciuto giustificata la scelta dei promittenti venditori di non eseguire le opere di ampliamento previste nel contratto, in presenza dell’inadempimento del promissario acquirente. Secondo la corte distrettuale il giudizio di proporzionalità andava effettuato avuto riguardo al rapporto tra la somma non pagata e quanto dovuto per la seconda rata e non rispetto al prezzo complessivo pattuito. Per la cassazione della sentenza P.V. ha proposto ricorso affidato a tre motivi. Gli intimati hanno resistito con controricorso, illustrato da memoria. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo denuncia violazione dei principi in tema di inadempimento contrattuale e degli art. 1453, 1455, 1460 c.c. art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c. . Si sostiene che la corte d’appello ha operato la comparazione fra le diverse condotte dei contraenti sulla base di un esame incompleto della fattispecie, in quanto non ha tenuto conto dell’inadempimento dei promittenti venditori, i quali, obbligati per contratto a eseguire i lavori di ampliamento entro dodici mesi dal rilascio della concessione edilizia, avvenuto nel mese di ottobre 2003, non vi avevano provveduto, pur disponendo già di una parte della somma e pur essendo in possesso di altri assegni, che furono messi all’incasso solo il 28 giugno 2004. La corte di merito non ha inoltre considerato che il ritardo nel pagamento della seconda rata fu principalmente determinato dalla ritardata comunicazione, da parte dei promissari acquirenti, del rilascio della concessione edilizia . 1.1. Il motivo è fondato nei limiti di seguito indicati. La corte d’appello ha dichiarato risolto il contratto a seguito di diffida ad adempiere notificata ai promittenti venditori il 31 luglio 2004. L’inadempimento, giudicato grave, è identificato nel mancato pagamento integrale della seconda rata del prezzo, che, secondo contratto, avrebbe dovuto essere corrisposta al momento del rilascio della concessione edilizia. La concessione è stata rilasciata nel mese di ottobre 2003 e di ciò, secondo la corte di merito, il promissario era state certamente informato quantomeno in virtù della richiesta notificata ex art. 1454 c.c. a mezzo ufficiale giudiziario il 31 luglio 2004. Trascura però la corte di merito che la richiesta del 31 luglio 2004 non era genericamente l’atto con il quale i promittenti venditori comunicavano il rilascio della concessione edilizia e chiedevano il pagamento della seconda rata del prezzo, ma era, appunto, una diffida ad adempiere, ossia un atto finalizzato a determinare la risoluzione del contratto sulla base di un inadempimento preesistente. In verità, nella ricostruzione della corte di merito, sembra emergere una complessiva svalutazione dell’obiezione del P. fondata sul ritardo nella comunicazione dell’avvenuto rilascio della concessione. Tuttavia la corte distrettuale non si è spinta fino al punto di ritenere la comunicazione inutile, perché non prevista nel contratto o comunque perché irrilevante essendo il fatto certamente noto al contraente a prescindere dalla formale comunicazione. La corte di merito ha superato l’obiezione del promissario in base al rilievo che la comunicazione era quantomeno avvenuta con la diffida ad adempiere del 31 luglio 2004 nello stesso senso i controricorrenti nella memoria, pag. 13 . Ma il ragionamento trascura che ex art. 1454 c.c. il contraente che si avvale dello strumento dalla diffida deve essere già vittima dell’altrui inadempimento. In quanto la legge prevede che la diffida sia fatta alla parte inadempiente , deve escludersi che la diffida possa essere intimata prima della scadenza del termine di esecuzione del contratto. La diffida ad adempiere, nella sua struttura logica e sistematica, è uno strumento offerto ad un contraente nei confronti dell’altro inadempiente per una celere risoluzione del contratto, affinché il contraente adempiente non resti vincolato all’altro fino alla pronuncia del giudice e possa provvedere con altri alla realizzazione del suo interesse negoziale Cass. n. 3851/1978 . La ratio dell’art. 1454 c.c. è quella di fissare con chiarezza la posizione delle parti rispetto all’esecuzione del contratto, mercé formale avvertimento alla parte diffidata che l’intimante non è disposto a tollerare un ulteriore ritardo nell’adempimento Cass. 8844/2001 conf. 27530/2016 in motivazione . Se ne deduce che l’infruttuosa scadenza del termine di diffida aggiunge un nuovo inadempimento all’inadempimento pregresso. In considerazione di tale carattere della diffida si giustifica il principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, che la gravità dell’inadempimento deve essere valutata al momento della scadenza del termine di diffida e, nel caso di più e successive diffide, in riferimento a quella situazione determinatasi, anche in ragione delle relative motivazioni, alla scadenza del termine fissato con l’ultima di esse ed all’interesse della parte all’esatto e tempestivo adempimento Cass. n. 2979/2001 conf. n. 9314/2007 n. 18696/2014 . In contrasto con tali principi la corte di merito ha riconosciuto l’avvenuta risoluzione di diritto in conseguenza della infruttuosa scadenza del termine di diffida senza preventivamente accertare se l’altro contraente fosse già in ritardo al momento della notificazione della diffida ad adempiere, ad esempio perché la comunicazione del rilascio della concessione edilizia era stata fatta in precedenza, perché l’avvenuto rilascio era noto al compratore, perché la comunicazione era contrattualmente inutile al fine di determinare l’esigibilità della prestazione oggetto della diffida, ecc. Gli altri profili di censura del primo motivo, sotto lo schermo della violazione di legge, censurano un omesso esame di fatti che i promittenti venditori erano obbligati a completare i lavori entro dodici mesi dal rilascio della concessione e che disponevano di parte della provvista, in quanto corrisposta in anticipo , che sono stati invece considerati dalla corte d’appello, che ha ravvisato l’esistenza di un collegamento fra l’obbligo dei venditori e il pagamento della seconda rata, nel senso che il pagamento della seconda rata aveva anche la finalità di procurare ai promittenti venditori la provvista per effettuare i lavori di ampliamento pattuiti. Tale interpretazione della volontà contrattuale non ha costituito oggetto di censura. Quanto al resto delle censure, queste si dirigono contro apprezzamenti di merito non censurabili in cassazione Nei contratti con prestazioni corrispettive, in caso di denuncia di inadempienze reciproche, è necessario comparare il comportamento di ambo le parti per stabilire quale di esse, con riferimento ai rispettivi interessi ed alla oggettiva entità degli inadempimenti, si sia resa responsabile delle trasgressioni maggiormente rilevanti ed abbia causato il comportamento della controparte, nonché della conseguente alterazione del sinallagma. Tale accertamento, fondato sulla valutazione dei fatti e delle prove, rientra nei poteri del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato Cass. n. 13627/2017 n. 10477/2017 . 2. Il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 1455 c.c. e dei principi in tema di valutazione della proporzionalità dell’inadempimento. La corte di merito ha valutato la gravità dell’inadempimento in rapporto all’ammontare della seconda rata e non al prezzo complessivo art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c. . 2.2. Il motivo è fondato. La sentenza, nel valutare la gravità dell’inadempimento, ha considerato il rapporto fra quanto pagato dal promissario venditore per la seconda rata e quanto avrebbe dovuto pagare per il medesimo titolo, rimarcando che ben oltre il 40% della rata non era stato corrisposto. Diversamente, ai fini della risoluzione del contratto nel caso di parziale o inesatto adempimento della prestazione, l’indagine circa la gravità della inadempienza deve tener conto del valore, determinabile mediante il criterio di proporzionalità, che la parte dell’obbligazione non adempiuta ha rispetto al tutto, nonché considerare se per effetto dell’inadempimento si sia verificata ai danni della controparte una sensibile alterazione dell’equilibrio contrattuale Cass. 6367/93 n. 3742/2006 n. 24003/2004 . 3. Il terzo motivo denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio in relazione alla mancata esecuzione dei lavori di ampliamento delle terrazze e alla disponibilità ad adempiere manifestata dal promissario. Il motivo è assorbito. 4. Si impone, pertanto, in relazione ai profili accolti del primo e secondo motivo, la cassazione della sentenza, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Catania, che provvederà a nuovo esame attenendosi ai principi di cui sopra e regolerà le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il primo e il secondo motivo dichiara assorbito il terzo cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Catania anche per le spese.