E’ legittima la sospensione dell'adempimento dell'obbligazione del conduttore se viene completamente a mancare la controprestazione del locatore

In tema di locazione, la sospensione totale o parziale dell'adempimento dell'obbligazione del conduttore è legittima soltanto qualora venga completamente a mancare la controprestazione da parte del locatore, costituendo altrimenti un'alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno squilibrio tra le prestazioni delle parti. Al di fuori di questo caso al conduttore non è consentito astenersi dal versare il canone, ovvero ridurlo unilateralmente, nel caso in cui si verifichi una riduzione o una diminuzione nel godimento del bene, e ciò anche quando si assume che tale evento sia ricollegabile al fatto del locatore.

Così la Corte di Cassazione con ordinanza n. 7766/18, depositata il 29 marzo. Il caso. Nel maggio 2011 veniva stipulato – tra un signore locatore e una società in nome collettivo conduttore – un contratto di locazione, relativamente ad un immobile, sito nel Comune di Policoro, destinato ad attività socio-sanitaria per la quale occorreva l’acquisizione di un nullaosta sanitario. Nell’agosto dello stesso anno divampava un incendio nel box sottostante che danneggiava il solaio divisorio tra i due locali e comportava vari altri danni, a seguito dei quali i due locali venivano dichiarati inagibili prima con un fonogramma del Comando dei Vigili del Fuoco e successivamente con un’ordinanza cautelare del Dirigente del Settore Tecnico del Comune di Policoro. In entrambi i casi si dava atto della necessità di procedere a lavori di ristrutturazione e di ripristino dell’impianto elettrico. L’ordinanza comunale prevedeva che il proprietario facesse pervenire una comunicazione di inizio lavori, controfirmata dall’impresa esecutrice o, in alternativa, una dichiarazione di conformità di un’altra ditta che attestasse che gli impianti e le strutture non avessero subito danni. La società conduttrice cessava di pagare i canoni di locazione nel settembre 2011 – essendo venuta meno la disponibilità dei locali – in attesa che il bene oggetto di contratto divenisse agibile e potesse, dunque, essere destinato all’uso pattuito. Veniva, così, presentato da parte di un professionista privato, incaricato dai proprietari dei due locali interessati dall’incendio, un certificato di collaudo statico in cui si dava atto dei risultati di una verifica statica ed impiantistica del locale interrato, confermando l’assenza di danni nelle fondazioni. Dato il perdurare della morosità nei pagamenti da parte della società conduttrice, il locatore intimava lo sfratto e, a seguito di opposizione, il Tribunale di Matera, nel novembre 2013, dichiarava la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, consistente nel mancato pagamento dei canoni prendeva atto dell’intervenuto rilascio spontaneo del bene e condannava la convenuta al pagamento di una somma di denaro per i canoni insoluti. Avverso la decisione del Giudice di primo grado, la società proponeva appello dinanzi alla Corte di Appello di Potenza la quale, nel 2015, rigettava il gravame, confermando quanto stabilito dal Tribunale. Avverso la decisione della Corte territoriale la società proponeva, quindi, ricorso per cassazione, sulla base di cinque motivi. Gli eredi del locatore resistevano in giudizio con controricorso. Ragioni della decisione della Corte di Cassazione. I Supremi Giudici trattano congiuntamente il primo, il secondo e il quinto motivo del ricorso e li accolgono. Essi rilevano come la Corte territoriale non abbia considerato, in alcun modo, nel rigettare l’appello, le ragioni della sospensione del pagamento dei canoni, in relazione ad un non uso, almeno in parte, dei locali locati, o conforme a quello pattuito tra le parti. Ad avviso della Suprema Corte, dunque, la pronuncia di secondo grado omette di valutare il rapporto di interdipendenza tra la prestazione e la controprestazione dedotte in contratto e se questo rapporto è venuto meno in tutto o in parte in conseguenza dell’inagibilità dei locali. I Giudici di piazza Cavour si richiamano ad una propria decisione del 2011 secondo la quale, anche se il conduttore di un immobile non può astenersi dal versare il canone, ovvero ridurlo unilateralmente, nel caso in cui si verifichi una riduzione o una diminuzione nel godimento del bene, quand'anche tale evento sia ricollegabile al fatto del locatore, la sospensione totale o parziale dell'adempimento dell'obbligazione del conduttore è, difatti, legittima soltanto qualora venga completamente a mancare la controprestazione da parte del locatore, costituendo altrimenti un'alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno squilibrio tra le prestazioni delle parti. Inoltre, la sospensione della controprestazione è legittima solo se conforme a lealtà e buona fede. Conclusione. I Giudici della Terza Sezione civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza in oggetto, accolgono il primo, il secondo e il quinto motivo del ricorso, ritengono assorbito il quarto cassano e rinviano la causa alla Corte di Appello di Potenza, in diversa composizione, per un nuovo esame del merito, anche ai fini della liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 19 settembre 2017 – 29 marzo 2018, n. 7766 Presidente Chiarini – Relatore Moscarini Fatti di causa La Nuova Ortopedia Lucana s.n.c. di C.R. & amp C., di seguito Nuova Ortopedia Lucana , ricorre per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Potenza n. 19 del 2015 che, rigettando l’appello avverso la sentenza del Tribunale di Matera del 26 novembre 2013, ha confermato la risoluzione del contratto di locazione stipulato tra P.E. locatore e la Nuova Ortopedia conduttore per inadempimento del conduttore consistente nel mancato pagamento di canoni. Il contratto era stato stipulato in data 16 maggio 2011 con riguardo ad un immobile sito in e destinato ad attività socio-sanitaria per la quale necessitava l’acquisizione di un nullaosta sanitario il locale non era ancora in uso quando, a seguito di un incendio sviluppatosi nel box sottostante nell’agosto 2011, ne risultò danneggiato il solaio divisorio tra i due locali con distacco di vaste parti di intonaco, la caduta di alcune pignatte, il danneggiamento dell’impianto elettrico e di altri impianti dei due locali. Questi furono dichiarati inagibili, dapprima con fonogramma del Comando dei Vigili del Fuoco del 20/8/2011 in base al quale i due locali interessati dall’incendio erano da considerare inagibili in attesa dei lavori di ristrutturazione e di ripristino dell’impianto elettrico e, successivamente, con ordinanza cautelare del 4/10/2011 del Dirigente del Settore Tecnico del Comune di Policoro, con la quale si dava atto della necessità di lavori di ristrutturazione e di ripristino dell’impianto elettrico, della verifica delle tubature del gas e del controllo dell’idoneità statica, sospendendosi pertanto l’agibilità. L’ordinanza prevedeva che il proprietario facesse pervenire una comunicazione di inizio lavori controfirmata dall’impresa esecutrice o, in alternativa, una dichiarazione di conformità di altra ditta che attestasse che gli impianti e le strutture non avessero subito danni. La società conduttrice cessò di pagare i canoni nel settembre 2011 in conseguenza del venire meno della disponibilità dei locali e dunque in attesa che il locatore adempisse al proprio obbligo di mantenere il bene in condizioni di essere utilizzato per lo scopo dedotto nel contratto. In data 12/10/2011 fu presentato un certificato di collaudo statico redatto da un professionista privato incaricato dai proprietari del locale interessato dall’incendio e dal proprietario locatore del locale sovrastante, P.E. , in cui si dava atto dei risultati di una verifica statica ed impiantistica del locale interrato confermando l’assenza di danni nelle fondazioni ma, a quanto risulta dalla sentenza, non fu revocata l’ordinanza di sospensione dell’agibilità. Perdurante la morosità del conduttore, il locatore agì con intimazione di sfratto e, a seguito di opposizione, il Tribunale di Matera con sentenza del 26/11/2013 dichiarò risolto il contratto di locazione per inadempimento della conduttrice , prese atto dell’intervenuto spontaneo rilascio del bene e condannò la convenuta al pagamento della somma di Euro 11.729,76 per canoni insoluti. La Corte d’Appello di Potenza, adita da Nuova Ortopedia, per quanto rilevabile in questa sede, in correlazione con le censure formulate, dato atto di una certificazione di idoneità statica e di agibilità dell’immobile erroneamente attribuita al Servizio Urbanistica del Comune di , laddove si tratta di perizia proveniente da un privato incaricato dai proprietari degli immobili lesionati, ha escluso la responsabilità del locatore in merito alla perdita di idoneità del bene locato che continuò ad essere destinato ad attività commerciale, ed ha applicato, rigettando l’appello, la giurisprudenza di questa Corte relativa all’inadempimento del conduttore al fondamentale obbligo di pagamento dei canoni, come se le cause che rendevano l’immobile sostanzialmente inservibile e comunque non idoneo all’uso pattuito in contratto non avessero alcuna rilevanza causale sul sinallagma contrattuale e quindi sull’obbligo del pagamento del canone. La Nuova Ortopedia Lucana propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi. Resistono con controricorso gli eredi P. . Ragioni della decisione Con il primo motivo denuncia la giuridica inesistenza e comunque la nullità formale e sostanziale dell’impugnata sentenza per mancanza del requisito minimo di cui all’art. 132, 2 co., n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 360, 1 co., nn. 3 e 4 c.p.c. La ricorrente lamenta che la pur concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione non sia tale da consentire di individuare i fatti essenziali della controversia, con particolare riguardo all’indeterminatezza del numero di mensilità dovute dalla conduttrice e alla mancanza della necessaria valutazione di importanza dell’inadempimento di una parte del contratto con riguardo alla tutela ed alla salvaguardia degli interessi dell’altra la sentenza non si darebbe minimamente carico del rapporto indefettibilmente proporzionale tra la prestazione e la controprestazione dedotte in contratto. Con il secondo motivo denuncia la nullità dell’impugnata sentenza per difetto di motivazione motivazione apparente ai sensi dell’art. 132, 2 co., n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 360, 1 co., nn. 3 e 4, c.p.c. nella parte in cui ritiene che la causa di inagibilità fosse stata rimossa, laddove l’ordinanza di sospensione dell’agibilità non fu mai revocata né il Comune provvide a rilasciare un nuovo certificato di agibilità altro punto lacunoso sarebbe costituito dall’affermazione che l’attività commerciale potesse continuare, mentre nella perizia si dichiarava testualmente che l’attività commerciale non era ancora iniziata quando l’incendio rese inagibili i locali. Con il terzo motivo di ricorso denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione fra le parti, in relazione all’art. 360, 1 co. n. 5, c.p.c. con riguardo alla circostanza, nota alle parti, che, senza un nuovo certificato di agibilità, non sarebbe stato possibile ottenere il nulla osta sanitario, pregiudizialmente indispensabile all’esercizio di un’attività ortopedico-sanitaria. Con il quarto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 2 co. e 21 bis, ter, quater e quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, nonché degli artt. 24 e 25 del DPR n. 389/2001, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. nella parte in cui la sentenza non avrebbe valutato se fosse necessario che, in base alle norme indicate, l’ordinanza contingibile ed urgente contenesse un termine non sopperibile dalla verifica di idoneità degli impianti e dall’autocertificazione rimessa alla discrezionalità dei proprietari degli immobili tanto più se si ha riguardo alla finalità di tutela della pubblica incolumità a cui era preordinato il provvedimento contingibile ed urgente di inagibilità temporanea del 28/8/2011, in mancanza del quale doveva ritenersi surrettiziamente revocata l’agibilità con pregiudizio definitivo del godimento degli immobili e dell’esercizio di qualsiasi attività commerciale e necessità di nuovo certificato ai sensi degli artt. 24 e 25 d.P.R. 380/2001. Con il quinto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1256, 1455, 1460, 1462, 1464, 1575, 1584, 1587 cc., in relazione all’art. 360, 1 co., n. 3, c.p.c. che inficerebbe la sentenza per non aver ritenuto legittima la sospensione, anche totale, del pagamento del canone in presenza della violazione, da parte del locatore, del proprio obbligo di garantire il mantenimento della cosa in stato da servire all’uso convenuto. I motivi primo, secondo e quinto vanno trattati congiuntamente e vanno accolti. In effetti la sentenza è viziata da violazione dell’art. 132 c.p.c. in quanto, rispetto agli elementi di fatto dalla stessa emergenti scaturisce che, in data 12 ottobre 2011, il responsabile del servizio urbanistica rilasciò un certificato di idoneità statica ed agibilità del locale di cui è causa e che, in presenza di un’ordinanza sindacale di inagibilità del 4 ottobre, il locale aveva comunque continuato ad essere destinato ad attività commerciale senza minimamente dar conto delle ragioni di tale accertamento. Ed invero se pur si voglia ritenere riconoscibile e non rilevante l’errore di aver ritenuto questa attestazione proveniente dal Comune, ancorché dal tecnico incaricato dai proprietari degli immobili, la motivazione della sentenza impugnata sul punto relativo alla continuità dell’uso è certamente di stile e quindi inesistente a prescindere dalla circostanza che, nella perizia privata del 12 ottobre 2011, si dava atto che l’attività non era in uso e non lo era neppure alla data del 20 agosto 2011 cfr. verbale VV.FF. del 23/08/2011 pag. 6 del ricorso , l’affermazione in base alla quale la destinazione del bene locato non era stata interrotta non può che essere considerata meramente apodittica. Anche il quinto motivo, relativo alla violazione delle norme specificate in rubrica, in particolare per non avere in alcun modo considerato le ragioni della sospensione del pagamento del canone in relazione ad un non uso, almeno in parte, dei locali locati ovvero conforme a quello convenuto tra le parti, è da accogliere in quanto la pronuncia omette di valutare il rapporto di interdipendenza tra la prestazione e la controprestazione dedotte in contratto, e se detto rapporto è venuto in parte o del tutto meno in conseguenza dell’inagibilità dei locali avuto riguardo anche alla data di riconsegna di essi e secondo i criteri di lealtà e buona fede ex multiis Cass., 13887/2011 . Il quarto motivo è assorbito. Conclusivamente il ricorso deve essere accolto in relazione ai motivi esaminati, con cassazione dell’impugnata sentenza e rinvio della causa per nuovo esame del merito, alla luce dei principi suesposti, alla Corte d’Appello di Potenza, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il primo, secondo e quinto motivo di ricorso, assorbito il quarto, cassa e rinvia alla Corte d’Appello di Potenza in diversa composizione anche ai fini della liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.