Danni cagionati dal conduttore al termine della locazione. La Cassazione chiarisce il riparto dell'onere della prova

Il conduttore ha l'obbligo di restituire la cosa locata nel medesimo stato in cui l'aveva ricevuta, salvo il deterioramento o il consumo risultante dall'uso della stessa in conformità del contratto.

Il caso. Il Tribunale in primo grado aveva accolto la domanda di parte locatrice nei confronti di parte conduttrice in merito al risarcimento dei danni subiti al termine di un contratto di locazione di un immobile adibito ad uso commerciale per averlo restituito in cattivo stato di manutenzione. In appello la decisione veniva riformata e la domanda di risarcimento danni era rigettata. Parte locatrice proponeva allora ricorso in Cassazione. In materia di locazione immobiliare ai sensi dell'art. 1590 c.c. il conduttore ha l'obbligo di restituire la cosa locata nel medesimo stato in cui l'aveva ricevuta, salvo il deterioramento o il consumo risultante dall'uso della stessa in conformità del contratto. Risarcimento danni, onere della prova e prova per presunzioni. La Cassazione ripercorre i consolidati principi giurisprudenziali in tema di risarcimento danni, onere della prova e prova per presunzioni con riferimento ai rapporti di locazione. In primo luogo gli Ermellini ricordano che nell’ambito della responsabilità contrattuale colui che agisce per il risarcimento dei danni subiti a seguito di un inadempimento altrui deve fornire la prova della fonte negoziale o legale del proprio diritto, limitandosi ad allegare la circostanza dell’inadempimento e a provare il danno causalmente ricollegabile all’inadempimento lamentato. È onere del convenuto invece provare il fatto estintivo dell’adempimento o il fatto impeditivo o modificativo Cass. Sezioni, n. 13533/2001 . In particolare, in materia di locazione immobiliare ai sensi dell’art. 1590 c.c. il conduttore ha l’obbligo di restituire la cosa locata nello stato in cui l’aveva ricevuta, salvo il deterioramento naturale dovuto all’uso nel tempo. Il conduttore peraltro non è tenuto al risarcimento se, per particolari circostanze, dal deterioramento della cosa non è in realtà conseguito alcun danno al locatore Cass. 17964/2014 Cass. 4352/2013 Cass. 5328/2007 . Il locatore da parte sua deve provare i danni lamentati, mentre è onere del conduttore dimostrare i fatti impeditivi e che il deterioramento è legato all’uso normale e conforme della cosa e o che il danno è dovuto a fatto a lui non imputabile. La prova del fatto costitutivo può essere fornita anche con presunzioni, mentre la parte a cui sfavore opera la presunzione deve fornire la prova contraria idonea a vincerla. Nello specifico in tema di presunzioni la giurisprudenza della Cassazione ha spiegato che nel dedurre dal fatto noto quello ignoto il Giudice di merito incontra il solo limite del principio di probabilità. Prova per presunzione. In altre parole, osserva la Corte, la prova per presunzione non implica che i fatti su cui essa si fondi siano tali da far apparire l'esistenza del fatto ignoto come l'unica conseguenza possibile, ma è sufficiente che vi sia tra fatto noto-fatto ignoto una relazione di ragionevole probabilità secondo comuni regole di esperienza. Aggiunge la Cassazione che le massime di esperienza sono definizioni o giudizi ipotetici di contenuto generale, indipendenti dal caso concreto sul quale il giudice è chiamato a decidere, acquisiti con l'esperienza, ma autonomi e distinti dai singoli casi oggetto di osservazione. Tali massime possono essere così utilizzate dal Giudice come premesse maggiori dei sillogismi giudiziali Cass. 18665/2017 . Al contrario non hanno tale funzione e non posso essere così utilizzate le mere congetture non corrispondenti a criteri di regolarità probabilistica id quod plerumque accidit e non plausibili. Nel complesso la valutazione degli indizi, delle presunzioni e delle massime di esperienza è giudizio di fatto rimesso al Giudice di merito e non sindacabile in Cassazione se adeguatamente motivato. Una volta raggiunta la prova per presunzioni nei termini brevemente riepilogati, il Giudice deve ritenere dimostrato il fatto previsto. Secondo la Cassazione però la Corte d’Appello nella fattispecie ha disatteso i principi ricordati traendo conclusioni giudicate apodittiche, illogiche ed erronee. In primo luogo ha infatti affermato, senza ragionevole giustificazione, di non poter distinguere, nell’ambito di un rapporto di locazione ultra quarantennale, tra deterioramento concernente il normale uso dell’immobile condotto in locazione e danni maggiori ed ulteriori a quelli da ricondurre all’utilizzo consueto anzidetto. Sotto altro profilo ha escluso, senza fornire ragioni, che le ristrutturazioni svolte dal nuovo conduttore subentrato al precedente potessero essere legate alle condizioni in cui il predecessore aveva lasciato l’immobile. I Giudici di secondo grado si sono poi discostati immotivatamente dalle risultanze della CTU svolta dinanzi al Tribunale che aveva individuato degli importi proprio a titolo di decremento del valore dell'immobile derivante dai danni riscontrati . Hanno disatteso inoltre la tesi di parte locatrice secondo cui il nuovo conduttore, accollandosi gli ingenti lavori di ristrutturazione per la rimessa in pristino dell'immobile danneggiato dal predecessore, avrebbe usufruito di un canone di locazione più basso, con evidente danno per il locatore medesimo come lucro cessante. Quanto sopra solo per la mancata dimostrazione per così dire specifica e concreta di tale danno, omettendo di considerare che, proprio in virtù delle massime di esperienza ricordate e delle presunzioni di cui sopra, quando le opere di ristrutturazione sono poste a carico del conduttore esso si giova - secondo l' id quod plerumque accidit – di un canone inferiore agli standard normali”. Il danno da lucro cessante in altre parole secondo la Cassazione era stato dimostrato tramite presunzioni e a tale prova i giudici di secondo grado avrebbero dovuto attenersi. Per tali ragioni la Cassazione accoglie i motivi di ricorso e cassa la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 5 ottobre 2017 – 15 marzo 2018, numero 6387 Presidente Chiarini – Relatore Scarano Svolgimento del processo Con sentenza del 24/11/2015 la Corte d’Appello di Bologna, in accoglimento del gravame interposto dalla società Coin s.p.a. e in conseguente riforma della pronunzia Trib. Parma numero 644/2013, ha rigettato la domanda nei confronti della medesima spiegata dai sigg. R.G.P., N.e M.quali usufruttuari dell’immobile sito in omissis , oggetto del contratto di locazione stipulato il 26/10/2007- di pagamento di somma a titolo di risarcimento danni lamentati in conseguenza della riconsegna del medesimo in cattivo stato di manutenzione. Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito i R.e il sig. F.M. , erede della defunta M.R. , propongono ora ricorso per cassazione affidato a 3 motivi, illustrati da memoria. Resiste con controricorso la società Gruppo Coin s.p.a. già Coin s.p.a. , che ha presentato anche memoria. Motivi della decisione Con il 2 motivo denunziano violazione e falsa applicazione degli artt. 2909 c.c., in riferimento all’art. 360, 1^ co. numero 3, c.p.c Si dolgono che la corte di merito non abbia considerato che il danno, consistente nella diminuzione patrimoniale dell’immobile condotto in locazione addebitabile al conduttore, si determina in capo al locatore al momento della riconsegna dello stesso, senza che possano rivestire alcuna incidenza eventi successivi, quali la vendita o la sua concessione in locazione ad un altro conduttore . Lamentano che la parziale ristrutturazione dell’immobile che . avrebbe eliso il danno in capo ai locatori è fatto indipendente dal danno cagionato da Coin, essendo correlata ad un diverso rapporto giuridico, sorto successivamente alla produzione dell’evento ed a carico di un soggetto terzo, con la conseguenza che non potrebbe mai portare ad una riduzione dell’obbligazione a carico del danneggiante, essendo questa completamente autonoma e distinta . Con il 3^ motivo denunzia violazione dell’art. 112 c.p.c., in riferimento all’art. 360, 1^ co. numero 3, c.p.c Si dolgono non essersi dalla corte di merito considerato che la ristrutturazione riguardava, a ben vedere, solo i piani bassi , e pertanto solo una porzione dell’immobile pari a meno del 50% dell’intero fabbricato , attesa la necessità del nuovo conduttore H& amp M di adeguarli allo standard estetico dei propri negozi di vendita , mentre il resto dell’edificio è tutt’ora sfitto e nelle condizioni pessime in cui lo ha lasciato Coin , laddove erroneamente la corte di merito ha fatto discendere dall’esistenza di una D.I.A. relativa ad un progetto contemplante interventi di ristrutturazione edilizia dell’immobile la insussistenza di qualsiasi danno patito dai Signori R. . I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono fondati e vanno per quanto di ragione accolti, nei termini di seguito indicati. Giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità in tema di responsabilità contrattuale, colui che agisce per l’adempimento o per la risoluzione del contratto o come nella specie per il risarcimento del danno deve dare la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre è al debitore convenuto che incombe di dare la prova del fatto estintivo, costituito dall’avvenuto adempimento, ovvero del fatto impeditivo o modificativo cfr. Cass., Sez Unumero , 30/10/2001, numero 13533 . Come questa Corte ha già avuto modo di affermare in materia di locazione immobiliare, ai sensi dell’art. 1590 c.c. il conduttore ha l’obbligo di restituire la cosa locata nel medesimo stato in cui l’aveva ricevuta, salvo il deterioramento o il consumo risultante dall’uso della stessa in conformità del contratto. Si è altresì precisato che l’inadempimento o l’inesatto adempimento di tale obbligazione è invero di per sé un illecito, ma non obbliga l’inadempiente al risarcimento se in concreto non ne è derivato un danno al patrimonio del creditore, con la conseguenza che il conduttore non è obbligato al risarcimento se dal deterioramento della cosa locata, superiore a quello corrispondente all’uso della cosa in conformità del contratto, per particolari circostanze non ne è derivato un danno patrimoniale al locatore v. Cass., 14/8/2014, numero 17964 Cass., 21/2/2013, numero 4352 Cass., 8/3/2007, numero 5328 Cass., 16/11/2005, numero 23086 Cass., 11/5/2005, numero 9872 Cass., 7/10/1996, numero 8751 . In tal caso, incombe al locatore, che i danni pretende, fornire la prova del fatto costitutivo del vantato diritto Cass., 8/3/2007, numero 5328. E già Cass., 19/7/1957, numero 3045 , e cioè il deterioramento intervenuto tra il momento della consegna e quello della restituzione dell’immobile, essendo quindi onere del conduttore dimostrare il fatto impeditivo della sua responsabilità, che il deterioramento si è verificato per uso conforme al contratto o per fatto a lui non imputabile. La prova del fatto costitutivo della pretesa può essere peraltro dal locatore data anche per presunzioni, che costituiscono un mezzo di prova di rango non inferiore agli altri, in quanto di grado non subordinato nella gerarchia dei mezzi di prova e dunque non più debole della prova diretta o rappresentativa, ben potendo le presunzioni assurgere anche ad unica fonte di convincimento del giudice v. Cass., 13/5/2011, numero 10527 Cass., Sez., Unumero , 11/11/2008, numero 26972 Cass., Sez, Unumero , 24/3/2006, numero 6572, Cass., 12/6/2006, numero 13546, Cass., 6/7/2002, numero 9834 , in quanto trattasi di una prova completa , sulla quale può anche unicamente fondarsi il convincimento del giudice v. Cass., 12/6/2006, numero 13546. E già Cass., 22 luglio 1968, numero 2643 . A tale stregua, la presunzione solleva la parte che ex art. 2697 c.c., sarebbe onerata di provare il fatto previsto che, come posto in rilievo in dottrina, deve considerarsi provato ove provato il fatto base v. Cass., 12/6/2006, numero 13546 . Quando ammessa, la presunzione, in assenza di prova contraria, impone al giudice di ritenere provato il fatto previsto, senza consentirgli la valutazione ai sensi dell’art. 116 c.p.c. v. Cass., 12/6/2006, numero 13546 . Anche nella giurisprudenza di legittimità si è con riferimento alla prova per presunzioni semplici sottolineato che, nel dedurre dal fatto noto quello ignoto il giudice di merito incontra il solo limite del principio di probabilità v. Cass., 12/6/2006, numero 13546 . Non occorre cioè che i fatti su cui la presunzione si fonda siano tali da far apparire la esistenza del fatto ignoto come l’unica conseguenza possibile dei fatti accertati secondo un legame di necessità assoluta ed esclusiva in tal senso v. peraltro Cass., 6/8/1999, numero 8489 Cass., 23/7/1999, numero 7954 Cass., 28/11/1998, numero 12088 , ma è sufficiente che l’operata inferenza sia effettuata alla stregua di un canone di ragionevole probabilità, con riferimento alla connessione degli accadimenti la cui normale sequenza e ricorrenza può verificarsi secondo regole di esperienza v. Cass., 23/3/2005, numero 6220 Cass., 16/7/2004, numero 13169 Cass., 13/11/1996, numero 9961 Cass., 18/9/1991, numero 9717 Cass., 20/12/1982, numero 7026 , basate sull’id quod plerumque accidit v. Cass., 30/11/2005, numero 6081 Cass., 6/6/1997, numero 5082 . In presenza dell’allegazione il giudice deve quindi ritenere, sulla base della presunzione fondata essenzialmente sulla tipicità di determinati fatti alla stregua della regola di esperienza di tipo statistico, provati gli effetti che da tale fatto normalmente derivano, avendo riguardo ad una apparenza basata sul tipico decorso degli avvenimenti. Incombe quindi alla parte a cui sfavore opera la presunzione dare la prova contraria idonea a vincerla, con valutazione al riguardo spettante al giudice di merito v. Cass., 12/6/2006, numero 13546 . La valutazione degli indizi costituisce infatti un giudizio di fatto, come tale rimesso al giudice di merito che ben può nel suo apprezzamento liberamente valutarli - quand’anche trattisi di atti di parte - come idonei alla dimostrazione di un fatto determinato e porli, in concorso o meno con altri elementi significativi, a base del proprio convincimento cfr. Cass., 15/3/2006, numero 5645 Cass., 17/11/2003, numero 17371 Cass., 30/5/2002, numero 7935 Cass., 14/2/2002, numero 2124 Cass., 26/10/2001, numero 13213. Cfr. altresì Cass., 28/6/2010, numero 15383 Cass., 28/4/2004, numero 8126 . Siffatto apprezzamento è invero incensurabile in sede di legittimità solo in presenza di motivazione congrua, immune da errori di diritto e rispettosa dei principi che regolano la prova per presunzioni cfr. Cass., 8/3/2007, numero 5332 Cass., 23/1/2006, numero 1216 Cass., 19/3/2002, numero 3974 . Le differenti possibili valutazioni degli indizi attengono dunque al piano dell’apprezzamento di merito, e sono incompatibili con il giudizio di legittimità, a questa Corte spettando soltanto la verifica sulla correttezza logico-giuridica del ragionamento seguito e delle argomentazioni sostenute senza che ciò possa tradursi in un nuovo accertamento ovvero nella ripetizione dell’esperienza conoscitiva propria dei gradi precedenti nonché il sindacato sulle massime di esperienza adottate nella valutazione delle risultanze probatorie. Siffatto controllo non può peraltro spingersi fino a sindacarne la scelta, dovendo questa S.C. limitarsi a verificare che il giudice di merito non abbia con le massime di esperienza confuso quelle che sono invece delle mere congetture. Come questa Corte ha già avuto modo di porre il rilievo, le massime di esperienza sono definizioni o giudizi ipotetici di contenuto generale, indipendenti dal caso concreto sul quale il giudice è chiamato a decidere, acquisiti con l’esperienza, ma autonomi rispetto ai singoli casi dalla cui osservazione sono dedotti ed oltre i quali devono valere tali massime sono adoperabili come criteri di inferenza, vale a dire come premesse maggiori dei sillogismi giudiziari v. Cass., 27/7/2017, numero 18665 . Costituisce invece una mera congettura, in quanto tale inidonea ai fini del sillogismo giudiziario, tanto l’ipotesi non fondata sull’id quod plerumque accidit, insuscettibile di verifica empirica, quanto la pretesa regola generale che risulti priva di una pur minima plausibilità v. Cass., 27/7/2017, numero 18665 . Dell’esercizio dei suoi poteri il giudice è in ogni caso tenuto a dare debitamente conto, con motivazione congrua e immune da vizi logici e giuridici, non essendogli consentito pervenire ad apodittiche ed immotivate conclusioni cfr., da ultimo, Cass., 21/12/2017, numero 30656 . Fornita la prova - anche per presunzioni - dei fatti costitutivi della domanda da parte del locatore, è quindi al conduttore convenuto che incombe - come detto - di dare la prova del fatto impeditivo, modificativo o estintivo. Orbene i suindicati principi risultano dalla corte di merito invero disattesi nell’impugnata sentenza. Rimasto nella specie accertato che l’immobile è stato, dopo un rapporto di locazione . durato oltre 45 anni , dalla conduttrice società Coin s.p.a. restituito ai locatori - usufruttuari dell’immobile locato - in condizioni tali da richiedere opere di ristrutturazione, la corte di merito, pur movendo da tale fatto oggettivo, ha infatti affermato di voler prescindere da ogni considerazione circa l’essere tale stato peggiore di quello necessariamente da ricondurre all’utilizzo ultra quarantennale dell’immobile per un’attività commerciale e che lo stesso determinasse ex se una diminuzione patrimoniale per i ricorrenti in termini di danno emergente o di lucro cessante . Affermazione invero non solo apodittica ma altresì illogica ed erronea, trattandosi di accertamento concernente l’imprescindibile presupposto della domanda risarcitoria nella specie originariamente proposta dagli odierni ricorrenti. Movendo dal rilievo che la sussistenza di un progetto di integrale ristrutturazione . intrapreso quando il rapporto locativo con la SpA Coin era ancora in corso , e che nella specie trattasi di una ristrutturazione prevedente frazionamenti dell’immobile con limitazione della porzione da locare ai soli primi tre piani e destinazione di altre porzioni dell’immobile ad uffici della Spa Industrie R.e ad abitazione dei proprietari implicanti tempi di realizzazione nonché decisioni imprenditoriali .ristrutturazione , la corte di merito è quindi pervenuta ad apoditticamente, illogicamente e contraddittoriamente altresì concludere che ciò è di per sé sufficiente a far escludere che la ristrutturazione dell’immobile sia stata in qualunque modo influenzata dallo stato in cui si trovava l’immobile al momento del suo rilascio da parte della SpA Coin . A tale stregua, risultano invero dalla corte di merito non spiegate le ragioni sia della ravvisata impossibilità che la progettata ristrutturazione de qua possa essere stata influenzata quantomeno anche dalle condizioni dell’immobile il cui accertamento è stato come detto del tutto apoditticamente, illogicamente ed erroneamente volutamente omesso dagli odierni ricorrenti lamentate e dal giudice di prime cure riscontrate , sia della ritenuta esclusione dell’esservi prova che il canone del nuovo contratto di locazione stipulato con la società H& amp M s.p.a. sia stato influenzato dalla situazione in cui versava l’immobile , per non essere stato tale contratto prodotto in giudizio e in ragione della ritenuta impossibilità che la situazione in cui versava l’immobile possa essere provata per mezzo di testimoni . Orbene, a parte il rilievo che nulla risulta dalla corte di merito affermato in merito alle emergenze dalla CTU espletata nel 1 grado di giudizio e poste dal giudice di prime cure a base della riformata decisione, e in particolare del rilievo debitamente riportato dai ricorrenti nel ricorso in ossequio ai requisiti richiesti all’art. 366, 1^ co. numero 6, c.p.c. secondo cui le somme indicate dal CTU erano rappresentative del decremento del valore dell’immobile derivante dai danni riscontrati e d erano quindi funzionali alla sua rimessa in pristino , va d’altro canto sottolineato che nella specie nulla risulta dalla corte di merito argomentato nemmeno in ordine alla possibilità che del danno da lucro cessante de quo la prova possa essere dal locatore data anche per, presunzioni. In particolare in presenza, da un canto, della necessità di procedere ad opere di ristrutturazione per ovviare alla suaccennata situazione di degrado dell’immobile accertata dal CTU al di là dell’esigenza del nuovo conduttore H& amp M di adeguarli allo standard estetico dei propri negozi di vendita di si fa menzione nell’impugnata sentenza e, per altro verso, del rispondere a massima d’esperienza che in tale ipotesi, ove le opere di ristrutturazione vengano convenzionalmente poste a carico del conduttore, il canone di locazione è in base all’id quod plerumque accidit a fortiori ove trattisi come nella specie di imprenditore aduso alle pratiche commerciali, qual è la società H& amp M s.p.a. dalle parti stabilito in un ammontare inferiore rispetto a quello che verrebbe altrimenti determinato in assenza di siffatta necessità. A tale stregua, la conclusione raggiunta dalla corte di merito nell’impugnata sentenza si appalesa allora inammissibilmente apoditticamente, illogicamente e contraddittoriamente fondata su una mera astratta congettura o supposizione. Dell’impugnata sentenza assorbito il 1^ motivo, con il quale i ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione dell’art. 434 c.p.c., in riferimento all’art. 360, 1^ co. numero 3, c.p.c., dolendosi che la corte di merito non abbia pronunziato in ordine all’eccepita inammissibilità dell’appello per mancato assolvimento, sotto vari profili, al disposto normativo di cui all’art. 434 cod. proc. civ. introdotto dal decreto legge 22 giugno 2012, numero 83 convertito nella legge 7 agosto 2012, numero 134 s’impone pertanto la cassazione in relazione, con rinvio alla Corte d’Appello di Bologna, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo dei suindicati disattesi principi applicazione. Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il 2^ e il 3^ motivo, assorbito il 1^. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Bologna, in diversa composizione.