La Cassazione stoppa ancora una volta l’usura sopravvenuta

Nei contratti di mutuo, allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell’usura – come determinata dalla l. n. 108/1998 – non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all’entrata in vigore delle predetta legge o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula, né la pretesa del mutuante di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di detta soglia, contraria al dovere della buona fede nell’esecuzione del contratto.

Il caso. Un istituto di credito ha ottenuto l’emissione di un decreto ingiuntivo nei confronti del fideiussore di una società relativamente alla risoluzione di un contratto di leasing avente ad oggetto un bene immobile. All’esito del giudizio di opposizione – promosso dal fideiussore che aveva disconosciuto la firma apposta sull’atto di garanzia – il Tribunale di Bologna ha confermato il decreto ingiuntivo. Il fideiussore ha impugnato detta decisione avanti alla Corte di Appello di Bologna contestando altresì la natura usuraria degli interessi applicati dalla banca. La Corte territoriale – pur osservando che l’ulteriore questione posta dal fideiussore relativamente alla presunta natura usuraria dei tassi di interessi poteva comunque essere esaminata, benché tardivamente sollevata, trattandosi di presunta nullità di clausole contrattuali rilevabile d’ufficio anche dal giudice – ha rigettato l’appello, in quanto la contestazione sulla natura usuraria dei tassi d’interesse era stata formulata in modo troppo generico. Per tale ragione la richiesta di CTU avanzata è stata considerata inammissibile, avendo natura meramente esplorativa. La contestazione della natura usuraria dei tassi deve essere precisa e circostanziata. Il fideiussore, ricorrendo in Cassazione, ha contestato l’omesso esame dell’oggettiva indicazione del periodo temporale in cui i tassi applicati avrebbero superato la soglia legale da parte della Corte di Appello di Bologna. Tuttavia, gli Ermellini, rigettando il gravame, hanno ritenuto del tutto infondato il ricorso, ritenendolo in quanto tale inammissibile. Le Sezioni Unite, già chiamate a pronunciarsi su un caso di usura c.d. sopravvenuta, hanno infatti statuito – risolvendo un contrasto di giurisprudenza – che nei contratti di mutuo, allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell’usura, come determinata dalla L. n. 108/1998, non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all’entrata in vigore delle predetta legge o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula, né la pretesa del mutuante, di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato, può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di detta soglia, contraria al dovere della buona fede nell’esecuzione del contratto. Tale impostazione, secondo la Corte di Cassazione, fa sì che acquisti fondamentale importanza l’indicazione dei tassi di interesse pattuiti al momento della stipula del contratto. La contestazione della natura usuraria dei tassi di interesse deve infatti, per essere ritenuta meritevole d’accoglimento, comportare la necessità di indicare in sede di merito la pattuizione originaria, le somme pagate ogni anno a titolo di interessi e non solo l’aliquota, il tutto in rapporto al capitale oggetto del finanziamento. Solo dal confronto tra quanto è stato pagato e quanto si sarebbe dovuto pagare applicando un tasso di interesse legale è possibile comprendere se vi sia stata o meno applicazione di un tasso usurario.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 3, ordinanza 4 dicembre 2017 - 30 gennaio 2018, n. 2311 Presidente Amendola – Relatore Cirillo Fatti di causa 1. La Unicredit Credit Management Bank s.p.a. ottenne dal Tribunale di Bologna un decreto ingiuntivo per la somma di Euro 48.155,87 nei confronti di B.F. , quale fideiussore della società G.M.B. B. , a titolo di risoluzione di un contratto di leasing avente ad oggetto un bene immobile. Avverso il decreto propose opposizione la B. , contestando l’autenticità della sottoscrizione della sua firma sull’atto di garanzia fideiussoria. Si costituì in giudizio la Banca, contestando l’atto di opposizione e chiedendo l’espletamento di una perizia grafologica. Espletata una c.t.u. grafologica, il Tribunale rigettò l’opposizione e condannò la parte opponente al pagamento delle spese di giudizio. 2. La pronuncia è stata impugnata dalla parte soccombente e la Corte d’appello di Bologna, con sentenza del 22 marzo 2015, ha rigettato l’appello ed ha condannato l’appellante al pagamento delle ulteriori spese del grado. Ha osservato la Corte territoriale che l’ulteriore questione posta dalla B. , relativa alla natura usuraria dei tassi di interesse praticati dalla Banca, poteva essere comunque esaminata, benché tardivamente sollevata, trattandosi di presunta nullità di clausole contrattuali rilevabile anche d’ufficio dal giudice. Ciò nonostante, l’appello era ugualmente da rigettare, perché la contestazione sulla natura usuraria dei tassi di interesse era stata formulata in modo troppo generico, per cui la richiesta c.t.u. non poteva essere ammessa, avendo natura meramente esplorativa. 3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Bologna propone ricorso B.F. con atto affidato ad un solo motivo. La Unicredit Credit Management Bank s.p.a. non ha svolto attività difensiva in questa sede. Il ricorso è stato avviato alla trattazione, in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ., e non sono state depositate memorie. Ragioni della decisione 1. Con l’unico motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 5 , cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti in particolare, si contesta l’omesso esame dell’oggettiva indicazione del periodo temporale in cui i tassi applicati avrebbero superato la soglia legale. Secondo la ricorrente, la Corte di merito avrebbe errato nel considerare generica la contestazione, posto che fin dal primo grado erano stati indicati i tassi di interesse applicati dalla Banca anno per anno ed il relativo tasso soglia, per cui ella null’altro poteva fare per dimostrare la fondatezza della propria contestazione. 1.1. Il motivo, quando non inammissibile, è comunque privo di fondamento. Osserva la Corte, innanzitutto, che la censura di omesso esame non è posta correttamente, poiché la Corte d’appello ha dato conto, nella motivazione, del fatto che la B. aveva indicato i tassi applicati e il corrispondente tasso soglia. Ciò premesso, è opportuno ricordare che le Sezioni Unite di questa Corte, con la recente sentenza 19 ottobre 2017, n. 24675, hanno stabilito, risolvendo un contrasto di giurisprudenza, che nei contratti di mutuo, allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell’usura, come determinata in base alle disposizioni della legge 7 marzo 1996, n. 108, non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all’entrata in vigore della predetta legge o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula, né la pretesa del mutuante, di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato, può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di detta soglia, contraria al dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto. Le Sezioni Unite, cioè, hanno attribuito rilievo essenziale, ai fini della sussistenza o meno del carattere usurario dei tassi di interesse, al momento in cui questi sono stati pattuiti, negando ingresso alla configurabilità della c.d. usura sopravvenuta. Tale impostazione, alla quale l’odierna pronuncia intende dare continuità, fa sì che acquisti fondamentale importanza l’indicazione dei tassi di interesse pattuiti al momento della stipula del contratto. La motivazione della Corte d’appello - benché vada su questo punto corretta, anche perché la pronuncia delle Sezioni Unite non era stata ancora pubblicata nel momento in cui fu depositata la sentenza qui impugnata - coglie tuttavia il punto centrale della questione, e cioè la genericità della tesi della parte oggi ricorrente la quale, specificando soltanto l’entità dei tassi anno per anno con l’indicazione dei tassi soglia, non consente in effetti di ritenere pacifica l’esistenza della usurarietà, risolvendosi nella sollecitazione allo svolgimento di una c.t.u. esplorativa. La contestazione della natura usuraria dei tassi avrebbe dovuto comportare, da parte dell’opponente, la necessità di indicare in sede di merito la pattuizione originaria, le somme pagate ogni anno a titolo di interessi e non solo l’aliquota, il tutto in rapporto al capitale oggetto del finanziamento. Tra l’altro, solo dal confronto tra quanto è stato pagato e quanto si sarebbe dovuto pagare applicando un tasso di interesse legale si può arrivare a comprendere se vi sia stata o meno applicazione di un tasso usurario. 2. Il ricorso, pertanto, è rigettato. Non occorre provvedere sulle spese, atteso il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimata. Sussistono tuttavia le condizioni di cui all’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.