La clausola penale deve essere determinata, anche solo nell’importo massimo

E’ legittima la facoltà, riconosciuta nel contratto alla parte, di graduare la penale determinata nel solo importo massimo, tenuto conto della gravità dell’inadempimento.

È valida ed efficace la clausola con la quale si concede a una delle parti un limitato potere di graduare la penale, in relazione alla gravità dell’inadempimento, purché sia stabilita una forbice tra un importo minimo e uno massimo. Nell’ipotesi di riduzione giudiziale della penale convenzionalmente stabilita dalle parti, il Giudice deve esplicitare le ragioni che lo hanno indotto a ritenere eccessivo l’importo come originariamente determinato, soprattutto con riferimento alla valutazione dell’interesse del creditore all’adempimento. La fattispecie. Nel caso in esame, la Corte d’Appello aveva ritenuto valida la clausola inserita in un contratto che prevedeva la corresponsione di un importo massimo a titolo di penale concedendo la facoltà alla parte interessata di graduare tale somma in considerazione della gravità dell’inadempimento. Per converso il Giudice di gravame aveva ridotto la penale richiesta ritenendola manifestamente eccessiva. La clausola penale deve essere determinata? A dire del ricorrente il Giudice di gravame avrebbe errato nel ritenere valida tale pattuizione in quanto la somma da corrispondersi a titolo di penale dovrebbe essere sempre determinata senza alcuna possibilità di arbitrio. La Corte di Cassazione, disattendendo tale tesi, ha osservato che non può parlarsi di indeterminatezza qualora l’importo dovuto quale penale sia individuato nel massimo ancorché una delle parti abbia la facoltà di rideterminare lo stesso in ribasso tenuto conto della gravità di inadempimento. Natura della clausola penale. La clausola penale non ha natura sanzionatoria o punitiva ma assolve alla funzione di rafforzare il vincolo contrattuale e di liquidare preventivamente la prestazione risarcitoria. Solo qualora il Giudice rilevi che l’ammontare fissato a titolo di penale configuri un abuso o uno sconfinamento dell’autonomia privata, rilevante sul sinallagma contrattuale, può essere ridotto. Riduzione da parte del Magistrato. In caso di riduzione giudiziale della penale convenzionalmente stabilita dalle parti, il Magistrato deve esplicitare le ragioni che lo hanno indotto a ritenere eccessivo l’importo come originariamente determinato, soprattutto con riferimento alla valutazione dell’interesse del creditore all’adempimento e allo squilibrio contrattuale che è conseguito a seguito dell’inadempimento della parte. Ciò a prescindere da una rigida correlazione con l’effettività del danno subito.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 13 settembre 2017 – 18 gennaio 2018, n. 1189 Presidente Giancola – Relatore Terrusi Fatto e diritto Rilevato che il tribunale di Roma riduceva da Euro 15.000,00 a Euro 1.000,00 la penale che l’Inpdap aveva applicato alla Romeo Gestioni s.p.a. ai sensi dell’art. 30 del contratto di appalto di servizi stipulato il 31-12002, per la gestione integrata di una gran parte del patrimonio immobiliare la decisione veniva confermata dalla corte d’appello di Roma con sentenza in data 24-10-2011 la corte territoriale rigettava, innanzi tutto, l’appello principale della società, osservando che la misura della penale non poteva ritenersi indeterminata, poiché la stessa era stata convenuta nel massimo di lire 100.000.000 salva possibilità di riduzione che in particolare la misura della sanzione non era stata rimessa al preteso totale arbitrio dell’Inpdap, in quanto la facoltà comminatoria nel quantum, contrattualmente prevista e accettata, era pur sempre rapportabile a criteri oggettivi, quali la gravità dell’inadempimento e l’interesse del creditore da esso pregiudicato, ferma rimanendo la possibilità del debitore di agire giudizialmente a salvaguardia del pericolo di abusi che gli inadempimenti sanzionati dalla clausola dovevano dirsi a loro volta determinabili, essendo stati individuati con legittimo rinvio a tutti i singoli obblighi di servizio e di gestione desumibili dal contratto che l’eccezione di nullità della clausola per illiceità della causa, per la prima volta formulata nella comparsa conclusionale dinanzi al tribunale, era stata giustamente ritenuta tardiva e, in ogni caso, era anche infondata nel merito, visto che il contenuto della clausola era comunque conforme alla sua funzione, e non poteva ritenersi illecito un meccanismo riduttivo rimettente alla parte interessata il limitato potere di graduare - in diminuzione - la penale, in astratto prevista dal contratto, in relazione alla gravità dell’inadempimento ed all’interesse del creditore da esso pregiudicato la corte territoriale rigettava inoltre l’appello incidentale dell’Indap a riguardo della riduzione della penale operata dal tribunale, evidenziando che in effetti la prestazione inadempiuta dalla Romeo Gestioni s.p.a., implicante un omesso pagamento di quote consortili per importo di Euro 2.652,00 poi oggetto di ingiunzione , era stata di modestissima rilevanza in relazione al complesso e variegato numero di obblighi connessi al complesso rapporto contrattuale de quo avverso la sentenza, la Romeo Gestioni ha proposto ricorso per cassazione articolato su due motivi si è costituito con controricorso l’Inps, quale successore ex lege dell’Inpdap, proponendo ricorso incidentale parimenti articolato in due motivi e poi illustrato anche da memoria. Considerato che col primo motivo del ricorso principale, la società denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1346, 1349, 1382 e 1384 cod. civ. e il vizio di motivazione della sentenza, in quanto, per potersi ritenere determinata, la penale avrebbe dovuto essere indicata nel contratto in cifra unica, e non anche in una forbice, peraltro così divaricata da 1 a 100 milioni di lire tra un minimo e un massimo in tal senso la determinazione era stata illegittimamente rimessa alla parte contraente in favore della quale la penale era stata istituita, cosa che l’ordinamento comunque non consente a prescindere dal rinvenimento di criteri oggettivi, essendo possibile la determinazione della prestazione contrattuale non stabilita nell’accordo solo se essa determinazione sia deferita, ex art. 1346 cod. civ., a un terzo in ogni caso, non facendo l’art. 30, n. 1, del contratto alcun cenno ai criteri di cui all’art. 1384 cod. civ., la clausola aveva rimesso all’Inpdap la facoltà di quantificare la penale in modo assolutamente arbitrario, anche considerando che i criteri di cui al citato art. 1384 non sono oggettivi, tanto da risultare attinenti sempre a un equo apprezzamento , per modo da non poter rappresentare un limite all’arbitrio del creditore col secondo motivo del ricorso principale, la società denunzia la violazione e falsa applicazione dei principi di diritto in tema di domanda nuova, nonché degli artt. 1421 e 1343 cod. civ., imputando alla corte d’appello di avere errato nel ritenere non esaminabile l’ulteriore profilo di nullità della clausola sollevato in relazione alla sua causa, stante il recente ampliamento del potere di rilevazione delle nullità anche d’ufficio e dall’altro di avere, con la sua motivazione in punto di riconoscimento del relativo potere in capo all’ente beneficiario, alterato la causa giuridica della penale, trasformandola in clausola con funzione sanzionatoria a sua volta l’Inps, coi due motivi del ricorso incidentale, deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1384 cod. civ. e dell’art. 115 cod. proc. civ. e il vizio di insufficiente motivazione della sentenza, non avendo la corte d’appello adeguato la decisione al criterio dell’interesse che il creditore aveva all’adempimento al momento della stipula del contratto difatti, già la sentenza di primo grado aveva chiarito che l’inadempimento della società agli obblighi gestori in tema di rapporti consortili non era stato limitato al profilo del mancato pagamento delle somme portate dal decreto ingiuntivo, ma era stato pressoché integrale avendo riguardato, come del resto riconosciuto dalla corte d’appello, anche la mancata partecipazione alle assemblee consortili e la corte d’appello, nel ridurre la penale mercé le scarne considerazioni ivi esposte, aveva mancato di considerare l’effettività degli interessi sottesi alla stipulazione il ricorso principale, i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente per connessione, è in parte inammissibile e in parte infondato, mentre è fondato il ricorso incidentale dell’Inps giova premettere che la sentenza contiene il puntuale riferimento alla clausola di cui si discute, espressa dalla previsione che l’applicazione di tale penale riguarda l’inadempimento di tutti gli obblighi previsti nel presente contratto, ad esclusione degli obblighi sanzionati dalle penali di seguito descritte. Per ogni singolo inadempimento, anche semplice ritardo, l’Inpdap, esaminate le controdeduzioni dell’affidataria, può applicare una penale di importo massimo di lire 100.000.000 la corte d’appello, valutando il contenuto complessivo del contratto al quale la penale accedeva, contratto col quale l’Inpdap aveva affidato alla società i servizi id est, tutti i servizi di gestione integrata del proprio patrimonio immobiliare per Campania, Toscana e Roma nord, ha attribuito alla clausola una natura residuale rispetto a tutti gli inadempimenti diversi da quelli considerati nei successivi numeri dello stesso art. 30 inadempimenti diversi, appunto, ma pur sempre inerenti a ciascun servizio della gestione appaltata ancora la corte d’appello ha evidenziato - e in proposito non v’è censura - che nella specie l’inadempimento era stato determinato dal totale disinteresse nella gestione dei rapporti condominiali e consortili con il consorzio La Valletta poiché l’inadempimento era consistito nella mancata partecipazione di Romeo Gestioni alle assemblee consortili, con conseguente omesso pagamento delle quote consortili dell’anno 2002 , la corte ha ritenuto giustificata la comminatoria della penale, sebbene confermandone la riduzione operata dal tribunale da Euro 15.000,00 a Euro 1.000,00 in considerazione della modestissima rilevanza della prestazione inadempiuta in relazione al complesso e variegato numero di obblighi connessi al complesso rapporto contrattuale de quo l’assunto della ricorrente principale, secondo cui primo motivo la penale era affetta da indeterminatezza perché indicata solo nel massimo, ed era altresì illegittima perché rimessa alla determinazione unilaterale e arbitraria della parte nel cui interesse essa era stata predisposta, al punto secondo motivo da stravolgerne la funzione tipicamente risarcitoria, è inammissibile perché non tiene conto dell’esegesi fornita dal giudice del merito a proposito della consistenza della penale stessa, ed è altresì infondato in consecuzione con tale esegesi il punto qualificante dell’accertamento di fatto operato a tal riguardo dalla corte territoriale è nell’affermazione che la penale suddetta conteneva un meccanismo sanzionatorio riduttivo , col quale si rimetteva ad una delle parti un limitato potere di graduare - in diminuzione, si badi bene - la penale, in astratto prevista nel contratto, in relazione alla gravità dell’inadempimento ed all’interesse del creditore da esso pregiudicato rispetto a codesta non implausibile ricostruzione, non giova perpetuare l’asserto che la penale fosse indeterminata siccome stabilita in una forbice tra 1 e 100 così il primo motivo di ricorso non giova perché la corte d’appello ha accertato, con apprezzamento non sindacabile in quanto attinente all’interpretazione del contratto né del resto censurato in relazione all’esatta osservanza dei canoni interpretativi , che la penale era stata determinata in somma specifica Lire 100.000.000 , salva la previsione di una facoltà di riduzione in capo al creditore ora non può sostenersi che la previsione di una simile facoltà comporti l’assoggettamento del debitore all’autorità privata del creditore, poiché la possibilità di rideterminare in diminuzione l’ammontare contrattualmente stabilito non esula dalla funzione risarcitoria in tal senso deve semplicemente correggersi la motivazione dell’impugnata sentenza nella parte in cui ha indugiato su una inesistente qualificazione sanzionatoria del meccanismo indicato questa Corte ha da tempo chiarito, in sintonia con la tradizione, che la clausola penale non ha natura e finalità sanzionatoria o punitiva, ma assolve alla funzione di rafforzare il vincolo contrattuale e di liquidare preventivamente la prestazione risarcitoria v. ex aliis Cass. n. 1183-07 Cass. n. 11204-98 ciò è tanto vero che, se l’ammontare fissato nella clausola penale venga a configurare, secondo l’apprezzamento discrezionale del giudice, un abuso o uno sconfinamento dell’autonomia privata oltre determinati limiti di equilibrio contrattuale, la penale può essere equamente ridotta il carattere forfetario della liquidazione nulla toglie al fatto che lo stesso creditore possa richiedere il pagamento della penale in misura ridotta rispetto a quella fissata nel contratto, perché ciò serve semplicemente ad adeguare la prestazione a equità a prescindere dalla mediazione giudiziale, in rapporto all’interesse all’adempimento della specifica obbligazione di cui si tratta l’errore della ricorrente principale è nell’inferenza - ben vero ingiustificata - per cui la concreta determinazione della penale in diminuzione rispetto alla misura massima prevista nel contratto equivarrebbe alla sostanziale attribuzione a una delle parti di un potere unilaterale punitivo meramente discrezionale in contrasto con l’indefettibile principio di parità tra privati contraenti così non è, in quanto la penale determinata in somma massima è specifica, equivalendo alla determinazione del massimo ottenibile in base al titolo risarcitorio forfetario art. 1382 cod. civ. e a fronte di una penale determinata in somma specifica è sempre possibile per l’avente diritto richiedere al medesimo titolo una somma minore simile minor pretesa semplicemente dimostra, infatti, che la penale convenuta era eccessiva rispetto al danno prevedibile, al punto da indurre lo stesso creditore a contenerla il ricorso principale è dunque da rigettare invece è fondato il ricorso incidentale in caso di riduzione giudiziale della penale convenzionalmente stabilita dalle parti, il giudice deve esplicitare le ragioni che lo hanno indotto a ritenerne eccessivo l’importo come originariamente determinato, soprattutto con riferimento alla valutazione dell’interesse del creditore all’adempimento alla data di stipulazione del contratto, tenendo conto dell’effettiva incidenza dell’adempimento sullo squilibrio delle prestazioni e sulla concreta situazione contrattuale, a prescindere da una rigida ed esclusiva correlazione con l’effettiva entità del danno subito v. per tutte Cass. n. 1773115 la motivazione spesa in proposito dalla corte d’appello è manifestamente inadeguata e si risolve in una falsa applicazione dell’art. 1384 cod. civ., essendo stato dalla corte medesima accertato che l’inadempimento della società era consistito nel totale disinteresse nella gestione dei rapporti condominiali e consortili con il consorzio La Valletta codesto totale disinteresse , manifestato nella egualmente accertata mancata partecipazione di Romeo Gestioni alle assemblee consortili e nel conseguente omesso pagamento delle quote dell’anno 2002 , non giustifica l’assunto di modestissima rilevanza della prestazione inadempiuta ancorata al mero fatto della tenuità dell’addebito di pagamento Euro 2.652,00 sofferto dall’Inpdap infatti la penale può essere ridotta in considerazione dell’interesse del creditore all’adempimento al momento della stipula, non rilevando l’entità del danno effettivo cagionato, giacché la funzione della clausola penale è nella liquidazione preventiva e forfetaria di quel danno in associazione con un giudizio di prevedibilità in rapporto all’interesse del creditore a quel momento al momento - cioè - della stipulazione come in altre occasioni questa Corte ha puntualizzato, l’apprezzamento sulla eccessività dell’importo fissato con clausola penale dalle parti contraenti, per il caso di inadempimento o di ritardato adempimento, nonché l’apprezzamento circa la misura della riduzione equitativa dell’importo medesimo, rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito ma il relativo esercizio resta incensurabile solo se correttamente fondato, a norma dell’art. 1384 cod. civ., sulla valutazione dell’interesse del creditore all’adempimento con riguardo all’effettiva incidenza dello stesso sull’equilibrio delle prestazioni e sulla concreta situazione contrattuale, indipendentemente da una rigida ed esclusiva correlazione con l’entità del danno subito v. Cass. n. 6380-01 Cass. n. 7528-02 Cass. n. 6158-07 Cass. n. 2231-12 da questo punto di vista quindi l’impugnata sentenza va cassata e la causa rinviata alla medesima corte d’appello di Roma, diversa sezione, la quale rinnoverà l’esame, nel profilo che rileva, attenendosi al principio di diritto esposto la corte d’appello provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso principale, accoglie il ricorso incidentale, cassa l’impugnata sentenza in relazione al profilo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte d’appello di Roma.