Ripetizione dell’indebito? L’onere della prova è sull’attore

La Corte di Cassazione afferma che in tema di ripetizione dell’indebito incomba sull’attore l’onere di fornire la prova sia dell’avvenuto pagamento sia della mancanza di causa debendi.

Così ha deciso la Cassazione con l’ordinanza n. 24948/17, depositata il 23 ottobre. Il caso. Il Tribunale condannava Intesa Sanpaolo al pagamento in favore dell’attore una somma di denaro come ripetizione dell’indebito. Avverso tale pronuncio l’Istituto bancario proponeva appello, respinto dalla Corte. Il soccombente ricorreva, quindi, in Cassazione lamentando che la Corte d’Appello avesse imposto l’onere probatorio relativo ai pagamenti e all’assenza della causa debendi in capo alla stessa banca. Gli estratti conto. La Corte di Cassazione afferma che in tema di ripetizione dell’indebito incomba sull’attore l’onere di fornire la prova sia dell’avvenuto pagamento sia della mancanza di causa debendi. Nel caso di specie quindi, la Corte d’Appello ha errato nel ritenere che banca, convenuta nell’azione di ripetizione, fosse tenuta a produrre gli estratti conto a far data dall’inizio del rapporto, dal momento che tale onere doveva ritenersi piuttosto incombente sulla ricorrente. La Corte quindi, cassa la sentenza impugnata rimettendo all’applicazione del principio di diritto per cui in tema di contratto di conto corrente bancario, il correntista che agisca per la ripetizione dell’indebito, tenuto a fornire la prova sia degli avvenuti pagamenti che della mancanza rispetto ad essi, di una valida causa debendi, è onerato di documentare l’andamento del rapporto con la produzione degli estratti conto, i quali evidenziano le singole rimesse che, per riferirsi ad importi non dovuti, sono suscettibili di ripetizione .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 12 settembre – 23 ottobre 2017, n. 24948 Presidente Genovese – Relatore Falabella Fatti di causa 1. - Il Tribunale di Como giudicando dell’azione di ripetizione di indebito proposta da s.r.l. nei confronti di Intesa Sanpaolo s.p.a., condannava quest’ultima al pagamento, in favore dell’attore, della somma di Euro 9.399,15, oltre interessi legali. 2. - La sentenza era impugnata dalla banca e la Corte di appello di Milano, con sentenza pubblicata il 18 ottobre 2016, respingeva il gravame. 3. - Ricorre per cassazione Intesa Sanpaolo, la quale fa valere quattro motivi di impugnazione. Resiste con controricorso la società . Ragioni della decisione 1. - Le censure poste a fondamento del ricorso per cassazione possono riassumersi come segue. 1.1. - Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 2697 c.c Deduce la ricorrente che la Corte di appello di Milano aveva posto l’onere probatorio relativo ai pagamenti e all’assenza della causa debendi a carico di essa banca dalla accertata insufficienza della documentazione prodotta al fine di ricostruire l’esistenza dell’ammontare dell’indebito, la Corte del merito aveva fatto impropriamente discendere, ad avviso dell’istante, una pronuncia di condanna, anziché di rigetto. 1.2. - Con il secondo motivo è lamentata la violazione degli artt. 2697, 2934, 2935, 1842 e 1852 c.c Assume la ricorrente che poiché le rimesse sul conto non possono presumersi di natura ripristinatoria, è il correntista che, a fronte dell’eccezione di prescrizione sollevata dalla banca, deve provare che i versamenti effettuati nel corso del rapporto non integrano pagamenti e non hanno, quindi, funzione solutoria. Deduce che il giudice del gravame aveva riversato sulla banca l’onere di provare la natura solutoria delle rimesse oggetto dell’eccezione di prescrizione. 1.3. - Il terzo motivo censura la sentenza per violazione dell’art. 2935 c.c., oltre che dei principi sanciti da Cass. Sez. U. 2 dicembre 2010, n. 24418. La Corte del merito si duole l’istante - aveva fatto decorrere la prescrizione del diritto di ripetizione dalla chiusura del conto, e non dalla data anteriore del 1 marzo 1999 in cui essa correntista aveva pagato tutte le somme a debito, riportando il conto stesso in attivo. In tal modo era stata disattesa la disposizione di cui all’art. 2935 c.c., a mente del quale la prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere risultava inoltre violato il principio affermato dalla nominata sentenza delle Sezioni Unite, secondo cui il termine di inizio della prescrizione coinciderebbe col momento della chiusura del conto solo se in quel frangente siano state corrisposte le somme che comprendevano gli interessi non dovuti. 1.4. - Col quarto ed ultimo motivo l’istante oppone la violazione dell’art. 1283 c.c. e la nullità della sentenza per la violazione del combinato disposto degli artt. 132 comma 2, n. 4 e 156 c.p.c La censura investe la decisione della Corte di appello circa l’illegittimità della capitalizzazione anche solo annuale degli interessi passivi e propone considerazioni critiche rispetto alla pronuncia resa, in tema, dalla cit. Cass. Sez. U. 2 dicembre 2010, n. 24418. 2. È fondato il primo motivo e ciò determina l’assorbimento degli altri. La Corte di Milano, pronunciandosi sul secondo motivo di appello, ha osservato che l’onere di produrre gli estratti conto incombeva sulla banca in particolare, secondo il giudice distrettuale, l’appellante aveva l’onere di produrre gli estratti conto a partire dall’inizio del rapporto, al fine di dimostrare il proprio diritto di credito anche nell’ipotesi di azione di accertamento proposta dal correntista tale onere, ha precisato la stessa Corte, non poteva considerarsi escluso dal decorso del decennio, dal momento che l’obbligo di conservazione della documentazione contabile andava tenuto distinto dall’onere di fornire la prova in giudizio del proprio credito. La produzione di estratti conto per una frazione temporale unilateralmente individuata dalla banca - ha concluso il giudice del gravame - doveva quindi ritenersi inidonea ad assolvere l’onere della prova che faceva carico a Intesa Sanpaolo. Tali proposizioni hanno ragion d’essere, e possono essere senz’altro condivise, nell’ipotesi in cui la banca agisca in giudizio per domandare il pagamento delle somme che le sono dovute. Conclusione opposta si impone nel caso in cui sia il correntista ad assumere l’iniziativa giudiziaria chiedendo la condanna della banca alla ripetizione delle somme indebitamente riscosse da questa come è accaduto nella fattispecie, avendo la società domandato la restituzione delle somme corrisposte a titolo di interessi ultralegali e anatocistici cfr. ricorso e controricorso . Nella ripetizione di indebito incombe all’attore fornire la prova sia dell’avvenuto pagamento che della mancanza di causa debendi Cass. 8 marzo 2001, n. 3387 Cass. 3 marzo 1998, n. 2334 Cass. 28 luglio 1997, n. 7027 Cass. 18 dicembre 1995, n. 12897 con riguardo all’onere probatorio circa la mancanza della causa debendi, più di recente Cass. 14 maggio 2012, n. 7501 Cass. 11 ottobre 2010, n. 22872 . Ciò implica che il correntista che agisca per la ripetizione dell’indebito sia tenuto a documentare l’andamento del rapporto attraverso la produzione degli estratti conto, dal momento che è attraverso questi ultimi che hanno evidenza le singole rimesse che, avendo ad oggetto importi non dovuti, sono suscettibili di ripetizione. Non può d’altro canto condividersi l’assunto della controricorrente secondo cui quanto affermato dalla Corte di merito con riguardo all’onere probatorio della banca si riferirebbe al tema della prescrizione. Anzitutto, la mancata produzione degli estratti conto, se rileva ai fini della verifica del fondamento dell’eccezione di prescrizione, conta, altresì - per quanto appena osservato - nella diversa prospettiva dell’accertamento della pretesa fatta valere da chi agisce per la ripetizione dell’indebito sicché non si vede come possano scindersi gli effetti che devono farsi derivare, sul piano processuale, dall’omessa documentazione delle movimentazioni del conto. In secondo luogo, come ricordato in ricorso pag. 5 , la banca aveva riproposto, in appello, la questione circa il mancato assolvimento della prova cui era tenuta controparte e di ciò si trae conferma dalla stessa sentenza impugnata, che infatti identifica tale questione, vertente sull’ erroneo rigetto dell’eccezione di carenza di prova , nel secondo motivo di appello. Deve conseguentemente escludersi che la Corte di merito, allorquando si è pronunciata su tale motivo di gravame, abbia inteso riferirsi alla diversa materia dell’eccezione di prescrizione. In conclusione, ha errato la Corte di appello nel ritenere che la banca, convenuta nell’azione di ripetizione, fosse tenuta a produrre gli estratti conto a far data dall’inizio del rapporto, giacché un tale onere incombeva, semmai, sull’odierna controricorrente. 3. - L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento dei restanti. La sentenza è dunque cassata e la causa deve essere rinviata alla Corte di appello di Milano anche per le spese. La Corte del rinvio dovrà fare applicazione del principio di diritto che si viene ad enunciare In tema di contratto di conto corrente bancario, il correntista che agisca per la ripeti pione dell’indebito, tenuto a fornire la prova sia degli avvenuti pagamenti che della mancanza, rispetto ad essi, di una valida causa debendi, è onerato di documentare l’andamento del rapporto con la produzione degli estratti conto, i quali evidenziano le singole rimesse che, per riferirsi ad importi non dovuti, sono suscettibili di ripetizione . P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbiti gli altri cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Milano, in altra composizione, anche per le spese.