Il correntista deve provare l’indebito senza poter invocare il saldo zero

Nelle azioni per la ripetizione dell’indebito chi agisce deve produrre il contratto, ma la ripartizione dell’onere della prova e l’opponibilità del c.d. saldo zero sono differenti a seconda se l’attore sia il cliente o l’istituto bancario, unico che può avvalersi di quest’ultimo espediente contabile.

È quanto chiarito dal Tribunale di Benevento con la sentenza n. 1317 del 5 luglio 2017 di cui non sono noti i dettagli della lite, risultando il solo profilo del rigetto della domanda dovuto all’inerzia del correntista attore venuto meno ai suoi doveri probatori . Ripartizione dell’onere della prova. L’onere della prova ex artt. 115 c.p.c. e 2697 c.c. grava su chi agisce in giudizio, salvo rare e tassative eccezioni previste dalla legge. La Cassazione SS.UU. n. 13353/01 ne ha dettato le linee guida circa le azioni per la ripetizione dell’indebito il creditore che agisce in giudizio deve fornire la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto ed allegare l’inadempimento o l’inesatto adempimento del debitore, sul quale, invece, incombe l’onere di dimostrare l’avvenuto esatto adempimento dell’obbligazione ovvero un fatto estintivo o modificativo della stessa . Questo orientamento si basa su due principi cardine la vicinanza della prova secondo cui l’onere grava su chi può osservarlo in modo più agevole” in considerazione della concreta possibilità per entrambi di dimostrare fatti e circostanze che ricadono nella rispettiva sfera di azione la persistenza presuntiva del diritto qualora il creditore abbia dimostrato l’esistenza di un diritto destinato ad essere soddisfatto entro un certo termine, grava sul debitore l’onere di attestare l’esistenza del fatto estintivo costituito dal suo esatto adempimento. Recente giurisprudenza fornisce ulteriori chiarimenti su questi due principi di diritto quello di vicinanza non implica l’inversione dell’onere della prova poiché chi agisce ha l’onere di provare l’inesistenza del debito con la banca. Essa costituisce il fondamento della pretesa attorea, mentre se fosse stata un mero fatto impeditivo della stessa allora si sarebbe potuto invocare tale inversione Trib. Brindisi n. 53/14 . In conclusione la prassi distingue i casi in cui è il correntista ad agire contro la banca e quello in cui è questa ad agire contro il cliente. Nel primo il correntista ha l’obbligo di produrre il contratto e tutta la documentazione contabile a pena di nullità dell’azione e l’accertamento dell’indebito è circoscritto al periodo in relazione al quale risultano prodotti gli estratti conto a partire dall’inizio del rapporto ex multis Cass. n. 9201/15, Trib. Bari n. 1134/16 e Savona n. 861/14 . La prassi ha anche chiarito che in assenza del deposito del contratto e, quindi , di prova degli accordi con la banca è inutile una CTU tecno-contabile Trib. Teramo n. 121/17 . Deve attivarsi per ottenere il contratto ex art. 119 TUB, anche in via stragiudiziale, perché la sua inerzia, come nella fattispecie, comporta il rigetto dell’azione e la mera messa in mora per tale ripetizione non è esaustiva se non c’è anche la richiesta di consegna, sì che l’attore risulta inadempiente ai suoi doveri. Se, invece, è la banca ad agire dovrà produrre tali documenti oltre ai riassunti scalari con una distinzione nel calcolo del periodo dal primo estratto conto disponibile se il saldo è positivo a favore del cliente mentre se è negativo si parte dal c.d. saldo zero Cass. n. 9596/11 . La regola del saldo zero. Come per il riparto dell’onere della prova, questa regola si applica in modo sostanzialmente differente a seconda se l’attore sia la banca od il cliente. Nel primo caso, unico in cui può essere opposta, se la documentazione contabile non è prodotta od il saldo è negativo per il cliente, con un artificio contabile, si azzera il primo saldo da cui calcolare il credito della banca. Nell’altro invece cliente attore si considera, per tale conteggio, il saldo reale senza alcun azzeramento che non potrà essere richiesto nemmeno in via riconvenzionale. Per il principio di vicinanza sarà il correntista a dover produrre detta documentazione per provare l’inesistenza del debito e le eventuali condotte illecite della banca anatocismo, tassi usurari, clausole vessatorie etc. . Questo è l’orientamento maggioritario e condiviso Cass. n. 700/17, CDA Milano n. 31/17, Trib. Torino 21/03/16, Trib. Nola 21/01/15 ed Arezzo n. 9/13 . Per questa tesi accettare il contrario sarebbe una palese violazione dell’onere della prova a carico del correntista attore, contrario al principio di vicinanza. Si segnala, però, un diverso contrastante orientamento minoritario ed isolato che consente al correntista di farvi ricorso Trib. Ancona del 28/01/15 e 18/11/14 .

Tribunale di Benevento, sez. II Civile, sentenza 5 luglio 2017, n. 1317 Giudice Giuliano Motivi della decisione Come esposto nel verbale che precede, la presente decisione viene adottata ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c Inoltre, la presente motivazione viene redatta ai sensi degli artt. 118 disp. att. cod. proc. civ. e 132 cod. proc. civ., come novellati dalla 1. 69/2009, in virtù di quanto disposto dall'art. 58, comma 2,1. cit 1. Questioni preliminari e sul riparto dell'onere probatorio. Nella presente decisione, si ritiene di dover far applicazione, sotto il profilo metodologico, del criterio della ragione più liquida , che suggerisce al Giudice un approccio interpretativo con verifica delle soluzioni sul piano dell'impatto operativo, preferibile per economia processuale ed ove consenta una più rapida ed agevole soluzione della controversia rispetto a quello della coerenza logico sistematica, con la conseguenza che nell'analisi delle questioni è consentito sostituire il profilo di evidenza a quello dell'ordine delle questioni da trattare di cui all'art. 276 c.p.c., tralasciando l'analisi delle questioni logicamente preordinate, ma non dirimenti. Come hanno precisato le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, tale principio risponde ad esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, ormai anche costituzionalizzate ai sensi dell'art. 111 Cost, e che ha come sfondo una visione è dell'attività giurisdizionale, intesa non più come espressione della sovranità statale, ma come un servizio reso alla collettività con effettività e tempestività, per la realizzazione del diritto della parte ad avere una valida decisione nel merito in tempi ragionevoli cfr. Cass. S.U. 9.10.2008, n. 24883 Cass. S.U. 12.12.2014, n. 26242 Cass. S.U. 8.05.2014, n. 9936 secondo cui in applicazione del principio processuale della ragione più liquida desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost. deve ritenersi consentito al giudice esaminare un motivo di merito, suscettibile di assicurare la definizione del giudizio, anche in presenza di una questione pregiudiziale . Tanto premesso, va, poi, chiarito quale sia il riparto dell'onere probatorio nel caso in cui, nell'ambito di una controversia bancaria, ad agire in giudizio sia la banca ovvero il correntista. Punto di partenza è il principio dispositivo della prova, desumibile dal combinato disposto di cui agli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c., secondo cui coloro i quali intendono far valere un proprio diritto in giudizio, devono provare i fatti che ne costituiscono il fondamento onus probandi incumbit ei qui dicit, non ei qui negat. Tale principio, dunque, costituendo l'architrave dell'intero sistema processuale, non può soffrire deroghe se non nei casi espressamente previsti dalla legge, con la conseguenza che il Giudice non può porre a fondamento della propria decisione circostanze che non siano state provate da chi intenda avvalersene. La giurisprudenza di legittimità, nella nota sentenza Cass. Sez. Un. n. 13533/2001, ha chiarito in che modo debba essere ripartito tale onere probatorio, stabilendo che il creditore che agisce in giudizio deve fornire la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto ed allegare l'inadempimento o l'inesatto adempimento del debitore, sul quale, invece, incombe l'onere di dimostrare l'avvenuto esatto adempimento dell'obbligazione ovvero un fatto estintivo o modificativo della stessa . Tale pronuncia si fonda su due principi fondamentali, e cioè la vicinanza della prova per cui il relativo onere incombe su colui che può osservarlo in modo più agevole , tenendo conto, in concreto, della possibilità per l'uno o per l'altro soggetto di provare fatti e circostanze che ricadono nelle rispettive sfere di azione nonché la persistenza presuntiva del diritto per cui, una volta provata dal creditore l'esistenza di un diritto destinato ad essere soddisfatto entro un certo termine, grava sul debitore l'onere di dimostrare l'esistenza del fatto estintivo costituito dal suo esatto adempimento. Pertanto, nella controversie aventi ad oggetto rapporti bancari, 1 qualora ad agire in giudizio sia la Banca, grava su quest'ultima l'onere di produrre in giudizio il contratto, unitamente alla documentazione contabile estratti conto e riassunti scalari dall'inizio del rapporto, con la conseguenza che la ricostruzione dell'andamento del rapporto sulla base del contratto prodotto in atti dalla banca deve essere effettuata partendo dal saldo del primo estratto conto disponibile, se a credito per il cliente nel caso in cui, invece, il primo estratto conto disponibile sia a debito per il cliente, occorre ripartire dal saldo zero cfr. Cass. n. 9695/2011, Cass. n. 1842/2011, Cass. n. 23974/2010 2 qualora, invece, sia il correntista ad agire in ripetizione o comunque per l'accertamento del dovuto, la ricostruzione dei rapporti di dare/avere sulla base del contratto prodotto in atti da quest'ultimo va circoscritta al periodo in relazione al quale risultano prodotti gli estratti conto senza potere muovere dal saldo zero in caso di un primo estratto conto a debito per il cliente pertanto, se il correntista agisce in giudizio contro la Banca, ha l'onere, innanzitutto, di produrre il contratto, e, in mancanza, la relativa domanda deve essere rigettata cfr. Cass. n. 9201/2015 Trib. Lanciano n. 271/2016 Tribunale Bari, sez. IV, 01/03/2016, n. 1134 Trib. Vicenza 28.01.2016 Trib. Bari n. 591/2015 Trib. Cagliari 16.06.2015 Trib. Savona 861/2014 App. Milano 6/12/2012, Trib. Nocera Inferiore 29/1/2013, Trib. Roma 01.04.2010 Trib. Bari sez. dist. Monopoli 17/11/2011 Trib. Bari 02.12.2008 . In altri termini, l'attore cliente dell'istituto di credito, per fornire la prova documentale della fondatezza dell'azione esperita in giudizio nei confronti della Banca, deve adoperarsi mediante il ricorso agli strumenti predisposti al riguardo dall'ordinamento, con la conseguenza che qualora non si sia attivato prima dell'instaurazione del giudizio mediante una richiesta ex art. 119 T.U.B. che abbia ad oggetto l'intera documentazione necessaria per dimostrare la legittimità delle sue pretese, non adempie all'onere probatorio di cui è gravato, e le conseguenze della mancata produzione in atti del contratto di apertura di conto corrente, in questo caso, ricadranno sullo stesso attore correntista rimasto inerte. In applicazione dei richiamati principi di diritto, si ritiene che nel caso in esame SOCIETÀ CORRENTISTA non abbia correttamente ed esaustivamente adempiuto, nel senso appena descritto, all'onere probatorio di cui era gravata in quanto, per un verso, non ha depositato in atti il contratto di apertura del c/c n. omissis dedotto in giudizio e, per altro verso, prima della sua instaurazione non ha avanzato alcuna richiesta in tal senso all'istituto di credito convenuto come peraltro già osservato con ordinanza del 23.03.17 infatti, nella comunicazione inviata a tale ultima parte in data 20.01.2016 cfr. documento n. 2 allegato alla produzione di parte attrice , SOCIETÀ CORRENTISTA., si è limitata a mettere in mora la convenuta per la restituzione della somme addebitate in modo asseritamente illegittimo, senza, però, fare alcun riferimento nemmeno implicito alla consegna del contratto, e, tantomeno, della documentazione contrattuale riferita a tale rapporto. Né, per altro verso, può venire in rilievo la richiesta del 19.10.2016, in quanto successiva all'introduzione del presente giudizio. Pertanto, attesa l'assenza di del contratto riferibile al rapporto bancario dedotto in giudizio e di richieste preliminari all'instaurazione del giudizio volte ad ottenerla, la domanda avanzata in giudizio va rigettata, con il conseguente assorbimento delle altre questioni dedotte. 2. Sulle spese di lite Quanto al governo delle spese di lite, le stesse, liquidate come dispositivo ai sensi del d.m. 55/2014 applicando gli onorari nella misura media dello scaglione da Euro 52.001,00 ad Euro 260.000,00 in considerazione, cioè, del petitum ridotti della metà attesa la non particolare complessità delle questioni dedotte in giudizio e con esclusione dei compensi relativi alla fase decisionale considerata la sostanziale assenza di attività processuali in detta fase del giudizio , vanno poste a carico di parte attrice, in applicazione del principio della soccombenza di cui all'art. 91 c.p.c P.Q.M. Il Tribunale di Benevento, seconda sezione civile in persona del G.M., Dr. Gerardo Giuliano, definitivamente pronunciando, ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c., nella causa iscritta al n. omissis/2016 del R.G.A.C., avente ad oggetto CONTRATTI BANCARI, pendente tra SOCIETÀ CORRENTISTA e BANCA, ogni contraria o diversa istanza e deduzione disattesa, così provvede 1 RIGETTA, per le ragioni di cui in motivazione, la domanda avanzata in giudizio da parte attrice 2 CONDANNA SOCIETÀ CORRENTISTA, in persona del legale rapp.te pi., al pagamento, in favore di BANCA, delle spese di lite del presente giudizio, che si liquidano complessivamente in Euro 4.690,00, più il 15% sul compenso professionale per rimborso forfetario spese generali, oltre I.V.A. e C.P.A., se dovute, come per legge.