Il recesso dal contratto di locazione richiede la forma scritta

Al contratto di locazione ad uso abitativo non si può applicare il principio di libertà delle forme, il quale è valido esclusivamente per i contratti nei quali è richiesta la forma scritta per volontà delle parti.

Così ha deciso la Cassazione con l’ordinanza n. 22647/17, depositata il 27 settembre. Il caso. La locatrice di un immobile otteneva l’emissione di un decreto ingiuntivo nei confronti della co-conduttrice dello stesso, per il pagamento di alcuni canoni di locazione richiesti a seguito del recesso senza preavviso. Il Tribunale accoglieva l’opposizione al decreto proposta dalla co-conduttrice, la quale affermava di aver preavvisato la locatrice oralmente e di essersi, altresì, accordata con la stessa per individuare il nominativo di un’altra persona che le subentrasse. La Corte d’Appello rigettava l’impugnazione della soccombente. Avverso tale pronuncia la locatrice soccombente ricorreva in Cassazione. La forma scritta ad sustantiam. La Cassazione premette che il contratto di locazione stipulato senza la forma scritta ex art. 1, comma 4, l. n. 431/98 è affetto da nullità assoluta, rilevabile da entrambe le parti con l’evidente ratio di contrasto all’evasione fiscale. Detto ciò è da reputarsi che la risoluzione del contratto può avvenire anche attraverso una manifestazione tacita di volontà salvo che non sia richiesta la forma scritta ad sustantiam , come nel caso di specie, per il quale si richiede l’obbligo della forma scritta per la validità della risoluzione. Ne deriva il principio di diritto per il quale al contratto di locazione ad uso abitativo non può trovare applicazione il principio di libertà delle forme, il quale è valido esclusivamente per i contratti nei quali è richiesta la forma scritta per volontà delle parti. Per questo motivo la Corte accoglie il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 20 aprile – 27 settembre 2017, n. 22647 Presidente Amendola – Relatore D’Arrigo Ritenuto in fatto La motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata. M.R. , nella qualità di locatrice, otteneva l’emissione di un decreto ingiuntivo nei confronti della C. , co-conduttrice dell’immobile, per il pagamento di alcuni canoni di locazione richiesti a seguito del recesso senza preavviso di quest’ultima. Il Tribunale di Napoli accoglieva l’opposizione proposta dalla C. , la quale aveva dedotto di aver preavvisato oralmente la M. della sua intenzione di recedere il contratto e che, d’accordo con la stessa, aveva anche individuato il nominativo di un’altra persona che avrebbe preso il suo posto. La Corte d’appello ha rigettato l’impugnazione proposta dalla M. . Quest’ultima ricorre avverso tale sentenza per due motivi. Resiste la C. con controricorso e successive memorie. Considerato in diritto Il ricorso è fondato e deve essere accolto. Anzitutto va premesso che il contratto di locazione ad uso abitativo stipulato senza la forma scritta ex art. 1, comma 4, della I. n. 431 del 1998 è affetto da nullità assoluta, rilevabile da entrambe le parti e d’ufficio, attesa la ratio pubblicistica del contrasto all’evasione fiscale Sez. U, Sentenza n. 18214 del 17/09/2015, Rv. 636227 Sez. 3, Sentenza n. 14364 del 14/07/2016, Rv. 640577 . Ciò posto, questa Corte ha ripetutamente affermato che la risoluzione consensuale di un contratto può avvenire anche con una manifestazione tacita di volontà, salvo che per il contratto da risolvere non sia richiesta la forma scritta ad substantiam Sez. 3, Sentenza n. 3245 del 02/03/2012, Rv. 621455 Sez. 3, Sentenza n. 25126 del 27/11/2006, Rv. 595471 . Nella specie, il contratto da risolvere è soggetto all’obbligo della forma scritta ad substantiam e quindi deve essere quindi affermato il seguente principio di diritto il contratto di locazione ad uso abitativo, soggetto all’obbligo di forma scritta ai sensi dell’art. 1, comma 4, della l. n. 431 del 1998, deve essere risolto con comunicazione scritta, non potendo, in questo caso, trovare applicazione il principio di libertà delle forme, che vale solamente per i contratti in forma scritta per volontà delle parti e non per quelli per i quali la forma scritta sia prescritta dalla legge ad substantiam . Conseguentemente, il patto dedotto dalla C. , secondo la quale essa si sarebbe accordata oralmente con la M. circa la rinunzia al preavviso di recesso in forma scritta previsto dal contratto, è nullo. Con il secondo motivo si censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che la domanda relativa ai canoni ulteriormente maturati fosse inammissibile perché di natura riconvenzionale. Il motivo è fondato, in quanto non si tratta di domanda riconvenzionale, bensì di domanda accessoria a quella principale. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio. P.Q.M. accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.