Acquisti non autorizzati con la carta di credito: la prova è a carico della banca

Spetta all’intermediario l’onere di provare di aver posto in essere tutte le procedure necessarie onde evitare il compimento di operazioni fraudolente sulla carta di credito.

Così l’A.B.F. di Milano con sentenza 2 agosto 2017, n. 9671. Ai sensi del d.lgs. n. 11/2010 l’intermediario è responsabile delle operazioni fraudolente eseguite a danno del cliente qualora non dimostri di aver posto in essere tutte le procedure necessarie per evitare tali inconvenienti. La fattispecie. Nel caso in esame una correntista aveva richiesto il rimborso di alcune operazioni di acquisto effettuate con la propria carta di credito che, a suo dire, erano fraudolente in quanto non dalla stessa poste in essere. La Banca, da parte sua, aveva negato la richiesta restitutoria asserendo che la correntista non aveva utilizzato il modulo predisposto dall’Istituto di credito al fine del disconoscimento delle operazioni. Di conseguenza li caso è stato sottoposto all’esame dell’A.B.F Il D. Lgs 27 gennaio 2010, n. 11. Il Collegio, in via preliminare, ha precisato che ai fini di una corretta decisione è opportuno verificare da un lato se la condotta della ricorrente sia caratterizzata da dolo o colpa grave e, dall’altro, se l’intermediario ha posto in essere gli obblighi previsti dalla citata normativa. Onere della prova a carico dell’intermediario. Più precisamente l’intermediario deve dimostrare che le operazioni di pagamento contestate siano state autenticate, registrate correttamente e contabilizzate e che, pertanto, la ricorrente non abbia subito le conseguenze del malfunzionamento delle procedure necessarie per la loro esecuzione. Nel difetto di tale prova l’intermediario dovrà essere ritenuto responsabile delle operazioni fraudolente con conseguente obbligo di rimborso delle stesse. Gli interessi sono dovuti dal reclamo. Inoltre il Collegio ha avuto modo di precisare, confermando il proprio orientamento, che trattandosi di una obbligazione di natura restitutoria e non risarcitoria gli interessi sono dovuti dal momento della proposizione del reclamo. La rifusione delle spese di lite. Infine l’A.B.F. ha ribadito che le spese sostenute dalla ricorrente per l’assistenza legale non possono essere rifuse non costituendo un pregiudizio suscettibile di essere ristorato anche in considerazione della natura seriale del ricorso. Posizione che, francamente, pare discutibile tenuto conto proprio delle precedenti pronunce dell’adita Autorità che avrebbero potuto indurre l’intermediario a rifondere le operazioni senza dover ricorrere all’arbitrato.

Arbitro Bancario Finanziario, Collegio di Milano, sentenza 21 marzo – 2 agosto 2017, n. 9671 Presidente Lapertosa – Relatore Di Nella Fatto La ricorrente lamenta quanto segue. - In data 13/11/2015, la ricorrente disconosceva tramite reclamo due operazioni di pagamento eseguite fraudolentemente on line con la carta di credito rilasciatale dall’intermediario. - Gli addebiti contestati riguardavano un pagamento per Euro 19,90 del 11/08/2015 ed uno di Euro 684,87 del 23/09/2015. - Non avendo ricevuto risposta, la cliente si rivolgeva ad un procuratore per sollecitare il pagamento della somma di Euro 704,77 da parte dell’intermediario e di spese concorrenti per Euro 150,00. - L’intermediario con comunicazione del 28/01/2016 negava il rimborso, opponendo l’inottemperanza alle indicazioni contenute nella propria comunicazione del 2/12/2015. - La ricorrente non aveva però mai ricevuto la relativa comunicazione del dicembre 2015 e, ciononostante, aveva diligentemente contestato le operazioni disconosciute, indicandole specificamente entro il termine di sessanta giorni. - Il mancato utilizzo del modulo predisposto dall’intermediario non implicava dunque alcuna decadenza dalla facoltà di chiedere il rimborso oggetto di controversia. - Alla luce di tali considerazioni, la cliente presentava ricorso all’arbitro chiedendo la restituzione della somma di Euro 704,77, nonché gli interessi e le spese legali. In sede di controdeduzioni, parte resistente ha dedotto, tra l’altro, quanto segue. - La ricorrente trasmetteva via fax il reclamo in data 13/11/2015 limitandosi a disconoscere le operazioni oggetto di controversia, senza però fornire ulteriori indicazioni. - In particolare, la cliente non menzionava l’eventuale perdita del possesso della carta, né forniva alcuna prova circa la propria estraneità alle transazioni contestate. - Il suddetto reclamo veniva riscontrato dall’intermediario con missiva del 2/12/2015, comunicando l’intervenuto blocco della carta e fornendo le indicazioni per avviare la procedura di disconoscimento. - L’intermediario evidenziava, in particolare, come la ricorrente non avesse presentato denuncia in ordine all’utilizzo fraudolento contestato. - Successivamente, perveniva la missiva del legale della cliente del 28/12/2015, alla quale l’intermediario rispondeva con lettera del 28/01/2016, evidenziando l’impossibilità di procedere al riaccredito degli importi contestati. - Se il disconoscimento della prima operazione fosse stato tempestivo, si sarebbe potuta evitare l’esecuzione della seconda operazione contestata. - L’esame del rendiconto induceva poi a ritenere che la cliente non fosse affatto estranea ai movimenti contestati - in particolare, uno dei servizi addebitati sembrava riconducibile all’acquisto in via continuativa di ricariche telefoniche. - Emergeva in ogni caso la colpa grave della cliente, poiché essa non aveva proceduto all’immediato blocco della carta di credito, né alla denuncia del suo uso fraudolento. - La ricorrente procedeva peraltro al disconoscimento con fax del 13/11/2015 soltanto dopo un lungo lasso di tempo dal recapito dei rendiconti che comunicavano i relativi addebiti risalenti al 7/09/2015 ed al 5/10/2015 . Si poteva dunque sostenere che se fosse stata tempestivamente disconosciuta la prima operazione si sarebbe potuta evitare la seconda attraverso il blocco della carta. In tale ipotesi, infatti, il primo importo inferiore alla franchigia di legge sarebbe comunque rimasto a carico della ricorrente, ma si sarebbe potuta evitare la perdita connessa alla seconda operazione. In risposta alle controdeduzioni, la ricorrente ha dedotto quanto segue - l’intermediario indicava nelle proprie controdeduzioni fatti impeditivi del rimborso differenti rispetto a quelli dedotti in sede di risposta al reclamo. - Nella comunicazione del 28/01/2016 la banca aveva infatti negato il rimborso richiesto per mancata conferma del blocco della carta e per mancato utilizzo dell’apposito modulo di disconoscimento. In sede di controdeduzioni, invece, detto rifiuto veniva motivato sulla base della mancata presentazione della denuncia e per la tardività del disconoscimento delle operazioni. - La deduzione di diversi fatti ostativi rispetto a quelli oggetto del procedimento di reclamo risultava, oltre che inammissibile, comunque inutile ai fini del rigetto del ricorso. - In particolare, il procuratore della cliente evidenziava che la denuncia alla P.G. non avrebbe valore di prova essendo il suo contenuto liberamente rimesso al denunciante e che la propria assistita si fosse comportata diligentemente nell’attivare la procedura di disconoscimento. In risposta alle predette repliche, la resistente ha sottolineato la natura autonoma delle controdeduzioni rispetto all’atto di riscontro del reclamo. In particolare, la convenuta ha negato che le difese dedotte in quest’ultimo atto avessero rilevanza preclusiva nell’ambito della successiva procedura stragiudiziale. La parte ricorrente chiede il rimborso di Euro 704,77, nonché gli interessi e le concorrenti spese quantificate nel reclamo in Euro 150,00 . L’intermediario resistente chiede - in via principale, di rigettare il ricorso - in via subordinata, di applicare alla richiesta di rimborso la franchigia di Euro 150,00. Diritto Con il reclamo” presentato con fax del 13.11.2015 la ricorrente disconosceva due operazioni non autorizzate, ma non chiedeva il blocco della carta e non specificava se aveva perduto il possesso della stessa. Queste due operazioni risultano essere state effettuate online e consistono in un pagamento di Euro 19,90 del 11/08/2015 ed uno di Euro 684,87 del 23/09/2015. Tra queste due operazioni risultano agli atti altri movimenti non contestati dalla ricorrente. Da questo si desume che la carta è rimasta in suo possesso, ma che qualcuno ha avuto accesso alla stessa per compiere le predette operazioni, senza averne la relativa autorizzazione della titolare. Nel merito, la vicenda va decisa in base alla disciplina del D.Lgs. n. 11 del 2010 che regola gli obblighi delle parti e la ripartizione delle responsabilità per le ipotesi di operazioni fraudolente poste in essere con gli strumenti di pagamento. Ai fini della decisione, occorre valutare se al ricorrente sia imputabile una condotta connotata da dolo o colpa grave in violazione agli obblighi sui di lui gravanti in forza dell’art. 7, gravando altrimenti il rischio di operazioni fraudolente sull’intermediario ai sensi dell’art. 12 D.Lgs. n. 11 del 2010. La prova dei fatti a carico dell’utilizzatore dello strumento di pagamento è posta a carico dell’intermediario dall’art. 10 D.Lgs. n. 11 del 2010. L’intermediario è altresì tenuto a fornire la prova di aver adempiuto gli obblighi su di lui gravanti in forza della disciplina ex D.Lgs. n. 11 del 2010. Il Collegio deve rilevare che l’intermediario non ha provato ai sensi di quanto dispone l’art. 10 D.Lgs. che le operazioni di pagamento siano state autenticate, correttamente registrate e contabilizzate e che pertanto la ricorrente non ha subito le conseguenze del malfunzionamento delle procedure necessarie per la loro esecuzione o di altri inconvenienti. Il sistema di cui al D.Lgs. n. 11 del 2010, in caso di violazione degli obblighi gravanti sull’intermediario, imputa quindi a quest’ultimo la responsabilità per le operazioni fraudolente eseguite a danno del cliente, obbligandolo al rimborso degli importi fraudolentemente sottratti a quest’ultimo. Quanto agli interessi legali chiesti dalla ricorrente, è orientamento del Collegio riconoscere la loro corresponsione dal momento del reclamo, trattandosi di una obbligazione pecuniaria di natura meramente restitutoria e non risarcitoria Collegio di coordinamento, decisione n. 5304/2013 . La ricorrente avanza infine domanda di refusione delle spese legali per Euro 150,00. La richiesta deve essere respinta in ragione del fatto che queste non costituiscono un pregiudizio suscettibile di essere ristorato, considerata la natura seriale del ricorso de quo in tal senso, tra le tante, Collegio di coordinamento, decisione n. 3498/2012 . P.Q.M. Il Collegio accoglie parzialmente il ricorso e dispone che l’intermediario corrisponda alla parte ricorrente la somma di Euro 704,77, oltre a interessi dal reclamo al saldo. Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d'Italia la somma di Euro 200,00, quale contributo alle spese della procedura, e alla parte ricorrente la somma di Euro 20,00, quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.