Può l’acquirente chiedere la cancellazione dell’ipoteca iscritta sull’immobile dalla banca del costruttore?

I terzi acquirenti dell’immobile su cui grava l’ipoteca iscritta in favore della banca a garanzia del mutuo fondiario concesso alla società costruttrice, non possono chiederne la cancellazione, poiché ciò entra palesemente in conflitto con il principio che sancisce il diritto di seguito della garanzia ipotecaria.

Sancisce così la Corte di Cassazione con sentenza n. 1367/17 depositata il 19 gennaio. Il caso. I proprietari di un immobile agivano in giudizio nei confronti della Banca popolare dell’Emilia Romagna per ottenere la dichiarazione di illegittimità della mancata esclusione dell’ipoteca iscritta in suo favore, a garanzia del mutuo fondiario concesso alla società costruttrice, in sede di frazionamento, del suddetto immobile che essi avevano acquistato dalla predetta società. La Corte d’appello confermava la decisione di primo grado che rigettava tale istanza e i proprietari, soccombenti, decidono di ricorrere per cassazione. Nel ricorso deducono come unico motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 39, comma 6, d.lgs. 385/1993, in materia di mutuo fondiario, laddove sancisce che in caso di edificio o complesso condominiale per il quale può ottenersi l'accatastamento delle singole porzioni che lo costituiscono, ancorché in corso di costruzione, il debitore, il terzo acquirente, il promissario acquirente o l'assegnatario del bene ipotecato o di parte dello stesso, questi ultimi limitatamente alla porzione immobiliare da essi acquistata o promessa in acquisto o in assegnazione, hanno diritto alla suddivisione del finanziamento in quote e, correlativamente, al frazionamento dell'ipoteca a garanzia. . In particolare, deducono l’illegittimità dell’ipoteca che grava sull’immobile anche dopo l’avvenuta erogazione totale e il successivo frazionamento del mutuo fondiario, a maggior ragione dopo che lo stesso è stato venduto a terzi con pagamento integrale del prezzo in contanti e senza alcun accollo di frazione del mutuo. In tal modo, i proprietari rivendicano, in qualità di terzi acquirenti, il diritto di ottenere la completa esclusione della garanzia sull’immobile acquistato. Cancellazione dell’ipoteca che grava sull’immobile acquistato. La Corte di Cassazione afferma innanzitutto che, nel principio dedotto dai ricorrenti, non è affatto contenuta la regola secondo cui in caso di alienazione di un’unità immobiliare ipotecaria a garanzia di un finanziamento fondiario, qualora non vi sia accollo della relativa quota di obbligazione da parte del terzo acquirente e di estinzione della stessa, questi abbia diritto alla cancellazione dell’ipoteca, essendo tale affermazione, aggiunge la Corte, palesemente contraria ai principi fondamentali in tema di diritto di seguito per la garanzia ipotecaria. Nella fattispecie, continuano gli Ermellini, non si tratta dell’ipotesi in cui l’unità immobiliare soggetta a ipoteca per l’intero importo del finanziamento venga alienata senza alcun accollo di quota di esso da parte dell’acquirente ma piuttosto della necessaria correlazione tra le quote in cui viene frazionato il finanziamento, oggetto in concreto di accollo da parte degli acquirenti delle singole unità immobiliari, e le quote del conseguente frazionamento dell’ipoteca . Infatti, precisano che, nel caso di specie, è evidente che l’ipoteca continui a gravare sull’unità alienata finché la società non ne otterrà la liberazione estinguendo la relativa quota del finanziamento e, di conseguenza, i proprietari non potranno integrare la cancellazione della stessa. Pertanto, la Suprema Corte, non ritenendo fondata la doglianza dedotto, manifestamente contraria alle regole in tema di opponibilità ai terzi della garanzia ipotecaria, rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese del giudizio.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, sentenza 10 novembre 2016 – 19 gennaio 2017, n. 1367 Presidente Amendola – Relatore Tatangelo Svolgimento del processo Il consigliere relatore ha depositato, ai sensi dell’art. 380- bis c.p.c., la seguente relazione 1. I coniugi Ca.Em. e C.F. agirono in giudizio nei confronti della Banca Popolare del Mezzogiorno oggi Banca Popolare dell’Emilia Romagna Soc. coop. per ottenere la dichiarazione di illegittimità della mancata esclusione dall’ipoteca iscritta in suo favore, a garanzia del mutuo fondiario concesso alla società costruttrice, in sede di frazionamento, di un immobile che essi avevano acquistato dalla predetta società, ed il conseguente ordine di cancellazione dell’ipoteca stessa. La domanda fu rigettata dal Tribunale di Cosenza. La Corte di Appello di Catanzaro ha confermato la decisione di primo grado. Ricorrono il Ca. e la C. , sulla base di un unico motivo. Resiste con controricorso la Banca Popolare dell’Emilia Romagna soc. coop 2. Ad avviso del relatore il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380- bis c.p.c., in quanto appare destinato ad essere rigettato. Con l’unico motivo del ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 39 sesto comma del D.lgs. 1.9.1993 n. 385 . Il motivo si chiude con l’enunciazione del seguente quesito di diritto se, in materia di mutuo fondiario concesso ex artt. 38 e ss. D.lgs. 1.9.1993 n. 385 e segnatamente alla luce di quanto disposto dall’art. 39 sesto comma stesso D.lgs., sia legittima o meno l’ipoteca che continui a gravare su un immobile anche dopo l’erogazione totale e il successivo e separato frazionamento del mutuo fondiario, quando, con atto trascritto prima del frazionamento, l’immobile medesimo sia stato venduto ad un terzo acquirente con pagamento integrale del prezzo in contanti e senza alcun accollo di frazione di mutuo. E conseguentemente se debba ordinarsi o meno la cancellazione dell’ipoteca . I ricorrenti deducono che dall’art. 39, comma 6, del T.U.L.B. decreto legislativo 1 settembre 1993 n. 385 , che prevede il diritto dei terzi acquirenti di singole unità immobiliari alla suddivisione del finanziamento in quote e al frazionamento dell’ipoteca iscritta unitariamente sull’intero fabbricato a garanzia del mutuo fondiario concesso al costruttore, deriverebbe altresì il diritto degli stessi terzi acquirenti di ottenere la completa esclusione della garanzia sull’immobile acquistato, laddove essi abbiano già corrisposto al costruttore l’intero prezzo di esso e non si siano accollati alcuna quota del mutuo. L’assunto è manifestamente infondato. Il richiamato art. 39, comma 6, del T.U.L.B. prevede esclusivamente il diritto degli acquirenti delle singole unità immobiliari di ottenere la suddivisione del mutuo in quote proporzionali alle unità stesse e il frazionamento dell’ipoteca, in correlazione a tali quote, su ciascuna unità. Non prevede affatto che alcune delle unità debbano essere escluse dal frazionamento, a meno che, naturalmente, dopo il frazionamento stesso o contestualmente non venga corrisposto alla banca mutuante l’importo della relativa quota. Nella specie i ricorrenti non deducono di avere corrisposto alcuna somma direttamente alla banca mutuante, ma esclusivamente di avere integralmente pagato al costruttore mutuatario l’intero prezzo dell’unità immobiliare acquistata prima del frazionamento , senza parziale accollo del mutuo a garanzia del quale era stata iscritta ipoteca sull’intero fabbricato. E neanche deducono e tanto meno dimostrano che in sede di frazionamento il mutuatario abbia effettivamente provveduto a corrispondere alla banca mutuante in tutto o in parte il predetto importo, imputandolo alla quota di mutuo gravante sull’unità da essi acquistata. Risulta anzi pacifico il contrario. È corretta dunque la conclusione cui sono giunti i giudici di merito, per cui i ricorrenti non hanno alcun diritto, nei confronti della banca mutuante, di ottenere l’esclusione del proprio immobile dall’ipoteca in sede di frazionamento, dovendo rivolgere eventualmente le proprie contestazioni nei confronti del venditore. 3. Si ritiene, pertanto, che il ricorso vada trattato in camera di consiglio per essere rigettato . La relazione è stata notificata come per legge. I ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380- bis , comma 2, c.p.c Motivi della decisione 1. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto della relazione. Ritiene invece non decisive le contrarie osservazioni svolte dai ricorrenti nella propria memoria. In particolare, non ritiene applicabili nel caso di specie i principi di diritto enunciati nei due precedenti di legittimità richiamati dai ricorrenti Cass., Sez. 1, Sentenza n. 7453 del 20/03/2008, Rv. 602711 Sez. 1, Sentenza n. 15685 del 21/06/2013, Rv. 627231 , i quali si limitano a sancire l’illegittimità della suddivisione del finanziamento e dell’ipoteca che non rispetti le quote di accollo pattuite dal mutuatario con i terzi acquirenti, aumentandone l’ammontare, come conseguenza del principio per cui il frazionamento del mutuo fondiario, in quanto atto unilaterale di rinuncia all’indivisibilità dell’ipoteca, avente carattere dichiarativo, non può costituire fonte di nuove obbligazioni per il terzo acquirente che non vi abbia partecipato, il quale rimane obbligato nei confronti del mutuante nei limiti in cui si è accollato il debito . In essi non è affatto contenuta l’affermazione per cui, in caso di alienazione di una unità immobiliare ipotecata a garanzia di un finanziamento fondiario, in mancanza di accollo della relativa quota di obbligazione da parte dell’acquirente e di estinzione della medesima, questi abbia diritto alla cancellazione dell’ipoteca e comunque una tale affermazione non potrebbe essere in alcun modo condivisa, essendo palesemente contraria ai principi fondamentali in tema di diritto di seguito per la garanzia ipotecaria . La questione affrontata nei suddetti precedenti riguarda, e può riguardare, esclusivamente la necessaria correlazione tra le quote in cui viene frazionato il finanziamento oggetto in concreto di accollo da parte degli acquirenti delle singole unità immobiliari e le quote del conseguente frazionamento dell’ipoteca. Non riguarda invece e non può riguardare l’ipotesi in cui una o più delle unità immobiliari soggette all’ipoteca per l’intero importo del finanziamento vengano alienate senza alcun accollo di quota di esso da parte dell’acquirente eventualmente con l’impegno da parte del venditore, nei confronti dell’acquirente, a procurare l’integrale cancellazione dell’ipoteca stessa sull’unità in questione, mediante estinzione della relativa quota di mutuo . In tal caso è infatti evidente che l’ipoteca, di regola, continuerà a gravare per l’intero sull’unità alienata finché l’originario debitore non ne otterrà la liberazione, estinguendo la relativa quota del finanziamento e, laddove si proceda a successivo frazionamento, l’acquirente potrà ottenere al massimo la limitazione dell’importo dell’iscrizione ipotecaria sul bene nei limiti della correlativa quota del finanziamento, ma non certo la integrale cancellazione della stessa. Il principio che i ricorrenti pretendono di trarre dai precedenti richiamati e cioè che in caso di mancato accollo del mutuo, l’acquirente ha diritto alla cancellazione dell’iscrizione ipotecaria gravante sul bene acquistato non può quindi in alcun modo essere condiviso, essendo manifestamente contrario alle regole in tema di opponibilità ai terzi della garanzia ipotecaria basti considerare che in base ad esso, se l’originario debitore costruttore alienasse tutte le unità immobiliari ipotecate senza imporre agli acquirenti alcun accollo del finanziamento fondiario, l’ipoteca andrebbe integralmente cancellata, e l’istituto mutuante non potrebbe in alcun modo evitare di perdere completamente la propria garanzia, pur senza essere stato soddisfatto. 2. Il ricorso è rigettato. Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo. Dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dall’art. 1, co. 18, della legge n. 228 del 2012, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, co. 1- quater , del D.P.R. n. 115 del 2002, introdotto dall’art. 1, co. 17, della citata legge n. 228 del 2012. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna i ricorrenti a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore della società controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1- quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso art. 13.