Pagamento delle opere appaltate dopo l’erogazione dei finanziamenti: clausola valida se trattasi di ente diverso dallo Stato

In tema di appalto di opere pubbliche, le norme del capitolato generale approvato con d.P.R. n. 1063/1962 hanno valore normativo e vincolante solo per i contratti stipulati dallo Stato, sicché quelli stipulati da enti pubblici diversi, in mancanza di specifica norma di legge, possono essere regolamentati sia da un capitolato speciale sia da una pattuizione derogatoria stipulata dalle parti. E’ così consentito all’ente di rispettare un termine di adempimento convenzionalmente stabilito nel suo interesse in deroga all’art. 4 l. n. 741/1981, con conseguente inesistenza della mora debendi presupposta dalla norma.

In questa prospettiva la clausola che impegni l’appaltante a pagare i lavori al momento di effettiva acquisizione dei finanziamenti da parte di un altro ente non è affetta dalla nullità di cui all’art. 4 l. n. 741/1981. Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 26336/16 depositata il 20 dicembre. Premessa. La prima sezione della Corte di Cassazione si è occupata di una vicenda occorsa in materia di appalti pubblici la peculiarità del caso sta nella facoltà contrattuale concessa all’Ente, diverso dallo Stato, di convenire un termine di adempimento nel suo interesse, differente da quello stabilito dall’art. 4 l. n. 741/81, all’epoca vigente. Il fatto. Un’impresa appaltatrice conveniva in giudizio l’appaltante chiedendo il pagamento degli interessi moratori maturati in virtù del ritardo nel pagamento dei lavori. L’Ente pubblico si difendeva sostenendo che il ritardo fosse da addebitare alla Regione finanziatrice del progetto, che non aveva erogato le singole rate alle scadenze previste. In primo grado la domanda dell’impresa veniva rigettata. La decisione era appellata dalla soccombente in via principale ed in via incidentale dall’Ente montano. La Corte d’appello, riformava la pronuncia di primo grado condannando la Comunità montana al pagamento degli interessi moratori, rideterminati nel loro ammontare. Per la Cassazione della sentenza ricorreva la parte soccombente. La differente disciplina applicabile agli enti pubblici diversi dallo Stato. Per quanto in questa sede preme mettere in evidenza la Comunità Montana denunciava la violazione e falsa applicazione della l. n. 741/1981 e del d.P.R. n. 1063/1962. La ricorrente riferiva che l’art. 4 del contratto di appalto, sottoscritto nel 1990, prevedeva che il pagamento degli interessi moratori fosse subordinato al superamento di una determinata soglia monetaria dei lavori inoltre, il pagamento poteva intervenire dopo che la Regione avesse messo a disposizione dell’Ente le risorse finanziarie necessarie. Nella prospettiva fornita dalla ricorrente il giudice di seconde cure, non avrebbe tenuto conto della particolare disciplina prevista per gli Enti pubblici diversi dallo Stato, i quali non risultano vincolati alle previsioni del d.P.R. n. 1063/1962, ben potendo, nell’ambito della propria autonomia contrattuale, derogare alla disciplina del citato d.P.R Infatti, nella vicenda in esame il contratto di appalto prevedeva espressamente, un regime convenzionale in forza del quale la ditta appaltatrice avrebbe potuto richiedere il pagamento dopo il superamento di una determinata soglia economica dei lavori, subordinando la corresponsione del dovuto al tempo di effettiva elargizione del finanziamento da parte della Regione ed in favore della committente. La Corte di Cassazione riconosceva la fondatezza del ricorso. Gli Ermellini argomentavano che trattandosi di ente pubblico diverso dallo Stato, nel quale residuava un certa libertà contrattuale, la presenza della clausola di cui all’art. 4 del contratto di appalto non doveva ritenersi affetta da nullità, proprio in virtù delle ragioni evidenziate dall’Ente territoriale nel ricorso. La nullità dei patti che esludono preventivamente il pagamento degli interessi. In questa prospettiva l’Organo di legittimità rigettava l’eccezione di giudicato interno sollevata dall’impresa appaltatrice, con riferimento alla mancata impugnazione della sentenza di primo grado nella parte in cui il Tribunale aveva affermato la nullità dei patti con cui si escludeva il pagamento degli interessi in caso di morosità, siccome in contrasto con l’art. 4 l. n. 471/1981, pro tempore vigente . Nessun ritardo imputabile all’ente. L’Organo di prime cure, infatti, aveva da un lato affermato il principio d’irrinunciabilità degli interessi per ritardato pagamento, non essendo ammissibile una rinuncia preventiva ad ogni forma di ristoro, dall’altro aveva ben interpretato l’art. 4 del contratto di appalto, escludendo che, nella vicenda in esame, potesse paventarsi un ritardo nei pagamenti imputabile alla Comunità montana quest’ultima infatti aveva eseguito i versamenti dovuti all’impresa appaltatrice in modo tempestivo, non appena ricevuti gli accrediti da parte della Regione finanziante. Concludendo. In modo erroneo, la Corte territoriale non aveva invece attribuito alcuna rilevanza ai tempi di erogazione dei finanziamenti regionali, così condannando la Comunità montana al pagamento degli interessi moratori ancorché il ritardo non fosse alla stessa materialmente imputabile. Per queste ragioni il ricorso era accolto con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello territorialmente competente.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 12 ottobre - 20 dicembre 2016, n. 26336 Presidente Salvago – relatore Valitutti Ritenuto in fatto 1. Con atto di citazione notificato il 10 febbraio 2001, la Costruzioni Falcione Geom. Luigi s.r.l. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Larino, la Comunità Montana Trigno-Monte Mauro , chiedendone la condanna al pagamento della somma di Lire 404.793.824, a titolo di interessi moratori per i ritardati pagamenti sulla rata di anticipazione, sulle rate di acconto e sulla rata di saldo, in relazione al contratto di appalto stipulato dalle parti in data 7 novembre 1990. Costituitasi in giudizio, la Comunità Montana eccepiva che la responsabilità per il maturare degli interessi pretesi dall’impresa era da ascrivere alla Regione Molise , che non aveva rispettato le scadenze previste nella convenzione per l’erogazione delle singole rate del finanziamento, da destinare al pagamento di quanto dovuto all’impresa appaltatrice. La convenuta chiedeva ed otteneva, pertanto, di potere evocare in garanzia il predetto ente. Il Tribunale adito, con sentenza n. 194/2006, rigettava - per quel che ancora interessa - la domanda di pagamento degli interessi proposta dalla società appaltatrice. 2. Avverso tale decisione proponeva appello principale l’impresa Costruzioni Falcione ed appello incidentale la Comunità Montana e la Regione Molise. La Corte di Appello di Campobasso, con sentenza n. 148/2011, depositata il 9 agosto 2011 e notificata il 19 settembre 2011, accoglieva parzialmente l’appello principale dell’impresa, ritenendo dovuti gli interessi moratori per il ritardo nei pagamenti, quantificandone l’importo nella somma di € 197.376,43. La medesima pronuncia rigettava l’appello incidentale della Comunità Montana e dichiarava assorbito quello della Regione Molise. 3. Per la cassazione di tale decisione ha proposto, quindi, ricorso la Comunità Montana Trigno-Monte Mauro nei confronti della Costruzioni Falcione Geom. Luigi s.r.l. e della Regione Molise, affidato a sei motivi. Le resistenti hanno replicato con controricorso. 4. La Costruzioni Falcione Geom. Luigi s.r.l. ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ Considerato in diritto 1. Con il primo, secondo, terzo e quinto motivo di ricorso, la Comunità Montana Trigno-Monte Mauro denuncia la violazione e falsa applicazione della legge n. 741 del 1981, del d.P.R. n. 1063 del 1962 e degli articolo 321, 1362, 1366, 1372 e 1374 cod. civ., nonché l’insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 cod. proc. civ. nel testo applicabile ratione temporis . 1.1. La ricorrente lamenta che la Corte di Appello abbia ritenuto peraltro con motivazione del tutto inadeguata - di riconoscere gli interessi moratori per i ritardati pagamenti sulla rata di anticipazione, sulle rate di acconto e sulla rata di saldo, sebbene - a tenore dell’art. 4 del contratto di appalto in data 7 novembre 1990, stipulato con la Costruzioni Falcione Geom. Luigi s.r.l., e come già previsto nella lettera di invito alla gara del 24 luglio 1990 - i pagamenti all’impresa sarebbero potuti avvenire solo al superamento della soglia dei lavori costituita dal raggiungimento dell’importo di Lire 400.000.000, e soltanto dopo che la Regione Molise avesse provveduto ad accreditare la relativa disponibilità finanziaria in favore della comunità Montana Trigno-Monte Mauro . La Corte territoriale non avrebbe, pertanto, tenuto conto del fatto che la disciplina di cui al d.P.R. n. 1063 del 1962 non sarebbe vincolante per gli enti diversi dallo Stato, i quali, pertanto, ben potrebbero derogare nell’esercizio della loro autonomia contrattuale - come in effetti sarebbe accaduto nel caso concreto con la predetta clausola contrattuale - alle previsioni di cui agli artt. 35 e 36 di detto decreto, in materia di interessi moratori. 1.2. Le doglianze sono fondate. 1.2.1. Va richiamato - in materia - il principio affermato da questa Corte, secondo cui, in tema di appalto di opere pubbliche, le norme del capitolato generale approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 hanno valore normativo e vincolante solo per i contratti stipulati dallo Stato, e non riguardano quelli stipulati da enti pubblici diversi, i quali - in mancanza di specifica norma di legge - possono legittimamente essere regolamentati sia da un capitolato speciale che contenga, anche solo in parte, una disciplina diversa, sia da una pattuizione derogatoria stipulata dalle parti. È, quindi, consentito all’ente committente rispettare un termine di adempimento pattuito convenzionalmente nel suo interesse, in deroga all’art. 4 della legge 10 dicembre 1981, n. 741, con conseguente inesistenza della mora debendi presupposta dalla norma Cass. 3648/2009 . La clausola che impegni l’appaltante a pagare la sorte capitale per stati di avanzamento e saldo finale dei lavori al momento della effettiva acquisizione dei finanziamenti da parte di un altro ente, non è, pertanto, nulla ex art. 4, terzo comma, della legge 10 dicembre 1981, n. 741 ratione temporis applicabile , che sancisce la nullità dei patti contrari o in deroga alla disciplina degli interessi per ritardato pagamento, poiché, senza implicare alcuna rinuncia, ha la funzione di determinare il termine dell’adempimento dell’obbligazione e, con esso, il momento in cui il credito dell’appaltatore diventi esigibile in concomitanza con la disponibilità delle somme accreditate all’appaltante. Ne discende che gli interessi moratori sono dovuti solo quando quest’ultimo, pur avendo ricevuto tempestivamente l’accredito delle somme da parte dell’ente finanziatore, abbia ritardato il versamento nel termine pattuito Cass. 22996/2014 . 1.2.2. Tanto premesso in via di principio, deve, pertanto, ritenersi che abbia errato la Corte di merito nel ritenere che, nel caso di specie, sussista la mora dell’amministrazione per avere quest’ultima adempiuto in ritardo rispetto ai termini stabiliti nel contratto di appalto . Ed invero, l’art. 4 del contratto in data 7 novembre 1990 trascritto nel ricorso prevedeva espressamente che la comunità montana avrebbe provveduto al pagamento dei lavori, non solo al superamento della menzionata soglia dei lavori, costituita dal raggiungimento dell’importo di Lire 400.000.000, ma anche solo dopo che la Regione Molise avesse provveduto ad accreditare la relativa disponibilità finanziaria in favore dell’ente committente. Orbene, siffatta pattuizione, trattandosi di un’amministrazione diversa da quella statale, non può ritenersi affetta da nullità, per le ragioni di principio suesposte. 1.2.3. Né può reputarsi fondata l’eccezione di giudicato interno proposta dalla resistente Costruzioni Falcione s.r.l. p. 10 del controricorso , per non avere la Comunità Montana appellato - in via incidentale - la decisione di prime cure, nella parte in cui aveva dichiarato la nullità della suddetta pattuizione per violazione del disposto dell’art. 4 della legge n. 741 del 1981. Ed invero, dalla sentenza di appello p. 4 si evince che la clausola in parola era stata dichiarata nulla dal Tribunale solo nella parte in cui sottraeva l’ente appaltante a responsabilità per il ritardo, concretandosi in una rinuncia preventiva ad ogni ristoro per i ritardi nei pagamenti la ditta appaltatrice solleva l’amministrazione da ogni responsabilità per eventuali ritardi nei pagamenti per cause ad essa non imputabili . E tale statuizione è perfettamente conforme all’insegnamento di questa Corte, laddove ha affermato che l’art. 4 della legge n. 741 del 1981, secondo cui sono nulli i patti in contrario o in deroga alla disciplina degli interessi per ritardo nei pagamenti spettanti all’appaltatore di opere pubbliche, sancisce il principio di irrinunciabilità degli interessi per ritardato pagamento. La norma va interpretata, invero, nel senso che il ritardato pagamento delle somme dovute a titolo di prezzo o compenso revisionale negli appalti di opere pubbliche comporta sempre l’obbligo degli interessi, in base alle norme che li disciplinano o, in mancanza, al codice civile, anche con riferimento al saggio degli interessi, se non derogato in senso più favorevole all’appaltatore cfr. Cass. 9747/2005 3064/2013 . 1.2.4. Per converso, lo stesso giudice di primo grado ha fatto corretta applicazione dell’art. 4 del contratto di appalto del 7 novembre 1990, avendo escluso la sussistenza di un ritardo nei pagamenti imputabile alla comunità montana, proprio in considerazione del fatto che la stessa aveva puntualmente adempiuto - a norma di contratto - versando alla Falcione i corrispettivi appena gli stessi sono stati accreditati dalla Regione sentenza di appello, p. 5 . I continui ritardi nell’accreditamento delle relative somme da parte della Regione erano stati, del resto, evidenziati dallo stesso c.t.u. nominato in prime cure, il quale aveva concluso la propria relazione, sul punto, affermando che, per effetto di tali ritardi, la Comunità Montana non avrebbe potuto rispettare i termini naturali di scadenza, causa l’effettiva indisponibilità delle specifiche risorse finanziarie . Va, infine, rilevato - in proposito - che fin dalla lettera di invito alla gara del 24 luglio 1990 trascritta nel ricorso era stato reso noto all’impresa che i pagamenti dei corrispettivi sarebbero stati ad essa effettuati sempre che la Regione Molise abbia provveduto ad accreditare in favore della Comunità Monte Mauro le relative disponibilità finanziarie . 1.2.4. E tuttavia la Corte di merito non ha in alcun modo tenuto in considerazione le risultanze documentali suindicate, negando erroneamente rilievo ai tempi di erogazione dei finanziamenti regionali. Sicché l’impugnata sentenza è, altresì, affetta dal denunciato vizio motivazionale. 1.3. Le censure suesposte non possono, pertanto, che essere pienamente accolte. 2. Resta assorbito il quarto motivo di ricorso con il quale - a denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1219 e 1224 cod. civ., della legge n. 741 del 1981, del d.P.R. n. 1063 del 1962, nonché la carenza di motivazione - la ricorrente si duole dell’erroneo computo della misura degli interessi in questione, la cui spettanza all’appaltatrice è stata, per contro, esclusa a monte. 3. Con il sesto motivo di ricorso, la Comunità Montana Trigno-Monte Mauro denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 342 e 343 cod. proc. civ., nonché l’insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 cod. proc. civ. nel testo applicabile ratione temporis . 3.1. Avrebbe errato la Corte di Appello, a parere della ricorrente, nel ritenere che l’appello incidentale proposto dalla comunità montana, al fine di reiterare, in subordine, la domanda di garanzia spiegata in prime cure nei confronti della Regione Molise, fosse da reputarsi inammissibile per difetto di specificità del motivo, ai sensi dell’art. 342 cod. civ., non risultando specificato dall’ente il titolo di ritenuta responsabilità della Regione, in palese violazione dell’art. 342, 1 comma, c.p.c. . 3.2. Il mezzo è fondato. 3.2.1. In caso di rigetto della domanda principale e conseguente omessa pronuncia sulla domanda di garanzia condizionata all’accoglimento, la devoluzione di quest’ultima al giudice investito dell’appello sulla domanda principale non richiede - per vero - la proposizione di appello incidentale, soggetto alla disposizione di cui all’art. 342 cod. proc. civ. applicata, nella specie, dalla Corte territoriale, essendo sufficiente la riproposizione della domanda ai sensi dell’art. 346 cod. proc. civ. Cass. S.U. 7700/2016 Cass. 2051/2014 . 3.2.2. Ne discende che, nel caso di specie, non poteva trovare applicazione - contrariamente all’assunto del giudice di seconde cure - il disposto di cui all’art. 342 cod. proc. civ., per cui la domanda riconvenzionale della Comunità Montana non avrebbe potuto essere considerata inammissibile. 3.3. Il motivo va, pertanto, accolto. 4. L’accoglimento del primo, secondo, terzo, quinto e sesto motivo di ricorso comporta la cassazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte di Appello di Campobasso in diversa composizione, che dovrà procedere a nuovo esame della controversia facendo applicazione dei seguenti principi di diritto in tema di appalto di opere pubbliche, le norme del capitolato generale approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 hanno valore normativo e vincolante solo per i contratti stipulati dallo Stato, e non riguardano quelli stipulati da enti pubblici diversi, i quali - in mancanza di specifica norma di legge - possono legittimamente essere regolamentati sia da un capitolato speciale che contenga, anche solo in parte, una disciplina diversa, sia da una pattuizione derogatoria stipulata dalle parti è consentito all’ente committente rispettare un termine di adempimento pattuito convenzionalmente nel suo interesse, in deroga all’art. 4 della legge 10 dicembre 1981, n. 741, con conseguente inesistenza della mora debendi presupposta dalla norma la clausola che impegni l’appaltante a pagare la sorte capitale per stati di avanzamento e saldo finale dei lavori al momento della effettiva acquisizione dei finanziamenti da parte di un altro ente, non è affetta da nullità ex art. 4, terzo comma, della legge 10 dicembre 1981, n. 741 ratione temporis applicabile , che sancisce la nullità dei patti contrari o in deroga alla disciplina degli interessi per ritardato pagamento, con la conseguenza che gli interessi moratori sono dovuti solo quando l’appaltante, pur avendo ricevuto tempestivamente l’accredito delle somme da parte dell’ente finanziatore, abbia ritardato il versamento nel termine pattuito in caso di rigetto della domanda principale e conseguente omessa pronuncia sulla domanda di garanzia condizionata all’accoglimento, la devoluzione di quest’ultima al giudice investito dell’appello sulla domanda principale non richiede la proposizione di appello incidentale, soggetto alla disposizione di cui all’art. 342 cod. proc. civ., essendo sufficiente la riproposizione della domanda ai sensi dell’art. 346 cod. proc. civ. . 5. Il giudice di rinvio provvederà, altresì, alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione accoglie il primo, secondo, terzo, quinto e sesto motivo di ricorso, assorbito il quarto cassa l’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di Appello di Campobasso in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.