Rilevanza della causa in concreto: nessuna rinuncia al diritto di credito maturato in costanza della precedente locazione

Il contratto deve essere interpretato tenendo conto della sua ratio, della sua ragione pratica, in coerenza con gli interessi che le parti hanno specificatamente inteso tutelare mediante la stipulazione contrattuale, con convenzionale determinazione della regola volta a disciplinare il rapporto contrattuale.

La terza sezione della Corte di Cassazione con la sentenza n. 23701, depositata il 22 novembre 2016, torna ad occuparsi dei criteri d’interpretazione del contratto alla luce dell’importanza conferita all’elemento della causa in concreto. Il fatto. La vicenda vede coinvolte una società, in qualità di acquirente e l’Agenzia del Demanio, in qualità di venditrice di un immobile precedentemente condotto in locazione dalla medesima acquirente. Su tale immobile la conduttrice aveva apportato addizioni e miglioramenti, oltre ad aver affrontato le spese di condono edilizio. Al fine di vedersi riconoscere il diritto alla indennità ed il rimborso delle spese, la società acquirente conveniva in giudizio l’Agenzia del Demanio. Il Tribunale rigettava la domanda proposta, riconoscendo, invece, in favore della venditrice, la richiesta di pagamento dei canoni di locazione scaduti. La sentenza era impugnata in grado di appello, con esito negativo. Seguiva l’impugnazione della pronuncia dinanzi alla Corte di Cassazione. L’unico motivo di gravame mirava a censurare la decisione della Corte di merito per violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 1593, 1362 e 1253 c.c L’impugnante si doleva dell’erronea interpretazione del contratto di compravendita intercorso tra le parti, con particolare riferimento alla clausola con cui stabilivano l’alienazione dell’immobile nello stato di fatto e di diritto in cui si trovava. L’interpretazione data a tale clausola contrattuale dai giudici del merito avrebbe comportato per l’acquirente anche l’accollo delle spese e dei costi, soggettivamente gravanti sulla venditrice, in virtù della disciplina pattizia contenuta nel distinto ed antecedente contratto di locazione. In atri termini i giudici avevano trasferito sulla società acquirente le obbligazioni gravanti sulla venditrice, sulla stessa ricadenti in forza del precedente contratto di locazione. Evidenziava sempre la ricorrente che una lettura del contratto improntata al rispetto dei canoni di buona fede e correttezza non avrebbe potuto giustificare una simile impostazione in ragione del fatto che i miglioramenti apportati durante l’esecuzione del contratto di locazione avrebbero determinato un incremento di valore del bene inoltre la decisione di acquistare l’immobile non comporterebbe, di per sé, la rinuncia implicita al proprio diritto di credito maturato in costanza di locazione. L’interpretazione data era contraria ai principi di buona fede e correttezza anche sotto il profilo della rinuncia dell’acquirente alla riscossione del credito a fronte della corresponsione di un prezzo di vendita maggiore, in ragione dell’incremento di valore del bene. La rilevanza dei criteri d’interpretazione contrattuale funzionale e secondo buona fede. La Cassazione, chiamata a decidere sulla corretta applicazione dei criteri logici d’interpretazione del contratto da parte del Giudice del merito, non mancava di evidenziare come la ricerca della comune volontà delle parti sia, in prima analisi, attuata attraverso lo strumento del senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate. L’indagine passa necessariamente attraverso l’intero complesso contrattuale, con necessità di coordinamento con gli ulteriori strumenti interpretativi, quali, in particolare, quelli dell’interpretazione funzionale ex art. 1369 c.c. e secondo buona fede e correttezza ex art. 1366 c.c., valorizzando al contempo lo scopo pratico voluto dalla parti e, quindi, la causa concreta del contratto. Sotto il profilo funzionale il significato dell’accordo viene individuato con riferimento alla causa concreta perseguita dalle parti. Sotto il profilo della buona fede e correttezza il contratto deve essere interpretato in modo da non suscitare affidamenti falsi e speculativi ovvero nel non contestare affidamenti ingenerati nella controparte. La ragione pratica del contratto e la tutela degli interessi delle parti. Pertanto la Corte di Cassazione statuisce che l’interpretazione del contratto deve tener conto della sua ragione pratica e degli interessi che le parti hanno inteso tutelare con la sottoscrizione contrattuale. Gli Ermellini riconoscono come nel caso di specie la Corte territoriale fosse pervenuta ad una soluzione antitetica al rispetto dei principi poc’anzi enunciati, nella misura in cui aveva escluso il diritto alla percezione delle indennità de parte della conduttrice, sulla scorta di una clausola contrattuale contenuta all’interno di un differente contratto, quale quello di compravendita successivamente stipulato. Invero, il giudice di seconde cure, in virtù del successivo contratto di compravendita intervenuto tra le parti, aveva compensato il credito della conduttrice nei confronti della locatrice per confusione, in ragione dell’intervenuta alienazione dell’immobile nello stato di fatto e di diritto in cui si trovava. Concludendo. Tale ricostruzione è censurata del Giudice di legittimità giacché illogica e contrastante con la ragione pratica del contratto di compravendita, avendo i giudici del merito acceduto ad una ricostruzione delle clausole contrattuali atomistica e formalistica. Il ricorso è così accolto con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 20 maggio – 22 novembre 2016, n. 23701 Presidente Di Amato – Relatore Scarano Svolgimento del processo Con sentenza del 20/2/2013 la Corte d’Appello di Roma ha respinto il gravame interposto dalla società Vip Tassi s.r.l. unipersonale in relazione alla pronunzia Trib. Roma n. 20845/2009 di a rigetto della domanda proposta nei confronti dell’Agenzia del demanio di indennità per addizioni e miglioramenti oltre a rimborso delle spese di condono edilizio asseritamente apportati all’immobile sito in omissis già condotto in locazione giusta contratto d.d. 16/7/2002 stipulato con l’Agenzia del demanio e poi acquistato in proprietà esercitando la prelazione b accoglimento della domanda nei suoi confronti spiegata dalla società Patrimonio dello Stato s.p.a. subentrata all’Agenzia del demanio di pagamento di scaduti canoni di locazione. Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la società Vip Tassi s.r.l. unipersonale propone ora ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo. Resiste con controricorso la società Fintecna Immobiliare s.r.l. incorporante la società Patrimonio dello Stato s.p.a. , che spiega altresì ricorso incidentale condizionato, sulla base di unico complesso motivo, illustrato da memoria. Motivi della decisione Con unico complesso motivo la ricorrente in via principale denunzia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362 ss., 1593, 1253 c.c., in riferimento all’art. 360, 1 co. n. 3, c.p.c Si duole dell’erronea interpretazione del contratto di compravendita, e in particolare della clausola di cui all’art. 5, giacché il relativo testo letterale . non consente perplessità allorché inequivocabilmente si riferisce all’immobile inteso quale res compravenduta per affermare la volontà delle parti di farne acquistare alla Vip Tassi s.r.l. la proprietà nello stato di fatto e nella condizione di diritto in cui si trova deducendo altresì che i contraenti si riferiscono evidentemente all’immobile nella sua oggettività allorché precisano che faranno carico alla società acquirente tutti gli eventuali rischi e costi, nulla escluso ed eccettuato . Lamenta che il dato testuale della disposizione convenzionale non può in alcun modo giustificare l’affermazione della Corte d’Appello secondo cui, con la sottoscrizione dell’art. 5, la Vip Tassi s.r.l. si sarebbe anche fatta carico di ulteriori obbligazioni giuridiche soggettivamente gravanti sulla venditrice Patrimonio dello Stato S.p.A. in virtù di quanto pattuito nell’art. l del distinto e autonomo contratto di locazione del 16 luglio 2002 . Né può invero oggettivamente desumersi, dal testo dell’art. 5 del contratto di compravendita, una sorta di implicita volontà delle parti di trasferire alla società acquirente le obbligazioni gravanti sulla venditrice in virtù della locazione in precedenza disciplinata. Si duole non essersi dalla corte di merito considerato che fino alla conclusione del primo grado di giudizio controparte non aveva neppure ipotizzato che l’art. 5 del contratto di compravendita potesse avere determinato una sorta di estinzione convenzionale dell’obbligo gravante su Patrimonio dello Stato S.p.A. ai sensi dell’art. 1 del contratto di locazione del luglio 2002 , come sintomaticamente emerge sia dalla lettera in data 16 marzo 2007 ove a fronte della richiesta di corresponsione dell’indennizzo di cui all’art. 1 del contratto di locazione si è dalla controparte sottolineato che il riconoscimento di tale indennità alla Vip Tassi s.r.l. risulta legato alla sola fattispecie in cui il trasferimento del bene in argomento non avvenga in suo favore, così come chiaramente precisato nel citato art. 1 sia dalla comunicazione del 20 luglio 2007 con la quale la controparte ha manifestato la disponibilità a fissare un incontro . al fine di valutare, nel rispetto del quadro normativo di riferimento, gli elementi relativi alla problematica in questione . Lamenta che anche una lettura secondo buona fede delle clausole in esame non possa giustificare l’interpretazione seguita dalla Corte di Appello , in quanto le addizioni realizzate in passato dalla Vip Tassi s.r.l., e successivamente condonate, hanno sensibilmente incrementato il valore oggettivo del compendio immobiliare per cui è causa, non sembrando d’altro canto conforme a una valutazione secondo i canoni di buona fede ipotizzare che in difetto di qualsivoglia esplicita manifestazione di volontà l’attuale ricorrente abbia potuto implicitamente abdicare al proprio diritto di credito con la sottoscrizione del contratto di compravendita. Si duole essere parimenti non conforme a buona fede . la lettura dell’art. 5 del contratto di compravendita secondo cui la Vip Tassi s.r.l. avrebbe pagato un prezzo di acquisto pari al valore stimato del bene comprensivo delle addizioni e, allo stesso tempo, si sarebbe fatta implicitamente carico anche del costo per la realizzazione del fabbricato che invece gravava su controparte a norma dell’art. 1 del contratto di locazione del luglio 2002 , sicché avrebbe sostenuto il costo per la realizzazione di un cespite e, con ingiustificabile duplicazione, invece di essere rimborsata dell’esborso avrebbe addirittura corrisposto un prezzo maggiorato per il relativo acquisto. Il motivo è fondato e va accolto nei termini di seguito indicati. Va anzitutto osservato che, giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, l’interpretazione del contratto è riservata al giudice del merito, le cui valutazioni sono censurabili in sede di legittimità solo per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale o per vizio di motivazione v. Cass., 22/10/2014, n. 22343 Cass., 21/4/2005, n. 8296 . Il sindacato di legittimità può avere cioè ad oggetto non già la ricostruzione della volontà delle parti bensì solamente l’individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere i compiti a lui riservati, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto v. Cass., 22/10/2014, n. 22343 Cass., 29/7/2004, n. 14495 . Deve quindi porsi in rilievo che, pur non mancando qualche pronunzia di segno diverso v., Cass., 10/10/2003, n. 15100 Cass., 23/12/1993, n. 12758 , come questa Corte ha già avuto modo di affermare in tema di interpretazione del contratto, risponde ad orientamento consolidato che ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti il primo e principale strumento è rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate. Si è al riguardo peraltro precisato che il rilievo da assegnare alla formulazione letterale va invero verificato alla luce dell’intero contesto contrattuale, le singole clausole dovendo essere considerate in correlazione tra loro procedendosi al relativo coordinamento ai sensi dell’art. 1363 c.c., giacché per senso letterale delle parole va intesa tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la compone, e non già in una parte soltanto, quale una singola clausola di un contratto composto di più clausole, dovendo il giudice collegare e raffrontare tra loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato v. Cass., 28/8/2007, n. 828 Cass., 22/12/2005, n. 28479 16/6/2003, n. 9626 . Va d’altro canto sottolineato che, pur assumendo l’elemento letterale funzione fondamentale nella ricerca della reale o effettiva volontà delle parti, il giudice deve invero a tal fine necessariamente riguardarlo alla stregua degli ulteriori criteri di interpretazione, e in particolare di quelli quali primari criteri d’interpretazione soggettiva, e non già oggettiva, del contratto v. Cass., 23/10/2014, n. 22513 Cass., 27/6/2011, n. 14079 Cass., 23/5/2011, n. 11295 Cass., 19/5/2011, n. 10998 con riferimento agli atti unilaterali v. Cass., 6/5/2015, n. 9006 dell’interpretazione funzionale ex art. 1369 c.c. e dell’interpretazione secondo buona fede o correttezza ex art. 1366 c.c, avendo riguardo allo scopo pratico perseguito dalle parti con la stipulazione del contratto e quindi alla relativa causa concreta cfr. Cass., 23/5/2011, n. 11295 . Il primo di tali criteri art. 1369 c.c. consente di accertare il significato dell’accordo in coerenza appunto con la relativa ragione pratica o causa concreta. L’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza ex art. 1366 c.c. quale criterio d’interpretazione del contratto fondato sull’esigenza definita in dottrina di solidarietà contrattuale si specifica in particolare nel significato di lealtà, sostanziantesi nel non suscitare falsi affidamenti e non speculare su di essi, come pure nel non contestare ragionevoli affidamenti comunque ingenerati nella controparte v. Cass., 6/5/2015, n. 9006 Cass., 23/10/2014, n. 22513 Cass., 25/5/2007, n. 12235 Cass., 20/5/2004, n. 9628 . A tale stregua esso non consente di dare ingresso ad interpretazioni cavillose delle espressioni letterali contenute nelle clausole contrattuali, non rispondenti alle intese raggiunte v. Cass., 23/5/2011, n. 11295 e deponenti per un significato in contrasto con la ragione pratica o causa concreta dell’accordo negoziale cfr., con riferimento alla causa concreta del contratto autonomo di garanzia, Cass., Sez. Un., 18/2/2010, n. 3947 . Assume dunque fondamentale rilievo che il contratto venga interpretato avuto riguardo alla sua ratio , alla sua ragione pratica, in coerenza con gli interessi che le parti hanno specificamente inteso tutelare mediante la stipulazione contrattuale, con convenzionale determinazione della regola volta a disciplinare il rapporto contrattuale art. 1372 c.c. . Orbene, la corte di merito è nel caso pervenuta ad un’interpretazione del negozio de quo in termini non consentanei con i suindicati principi. Ha in particolare rigettato la domanda di corresponsione dell’indennità per addizioni e miglioramenti, dall’odierna ricorrente fondata sul contratto di locazione tra le parti intercorso, argomentando dalle clausole dell’altro e diverso contratto di compravendita da esse successivamente stipulato. In particolare, dalle parole nello stato di fatto e nella condizione di diritto in cui si trova, ben nota all’acquirente che dichiara di accettare, assumendosene tutti gli eventuali rischi e costi, nulla escluso ed eccettuato di cui al relativo art. 1, affermando che l’art. 5 dell’atto di compravendita è invero univoco nell’accollare alla società acquirente ogni rischio e costo relativo alla condizione di fatto e di diritto in cui si trovava il compendio alienato, con conseguente estinzione per confusione di ogni ipotetico credito della conduttrice nei confronti della locatrice”. Ha altresì escluso che i costi accollati sarebbero solo quelli futuri, in quanto i diritti in contestazione sono stati . azionati dopo la stipulazione della compravendita”. Orbene, a parte l’erroneità del riferimento all’operare nella specie in difetto dei relativi presupposti degli istituti dell’accollo e della confusione, emerge evidente come le non meglio precisate suindicate affermazioni, nonché quella per la quale l’art. 4 dell’atto di compravendita secondo cui ogni adempimento e spesa eventualmente occorrenti al completamento della sanatoria siano a carico esclusivo della società acquirente va inteso come contemplante l’esclusione della possibilità che gli oneri già sostenuti possano considerarsi ragione di ripartizione , oltre a risultare apoditticamente formulate non venendo indicato sulla base di quali elementi esse risultino suffragate si appalesano invero come del tutto illogiche nonché contrastanti con la ragione pratica del contratto di compravendita de quo, non potendo dalla circostanza della relativa mera stipulazione trarsi il corollario della tacita o implicita volontà dell’odierna ricorrente di rinunziare abdicare al diritto di credito alle addizioni apportate nel tempo alla cosa locata a fortiori in considerazione, nel caso, del loro rilevante valore economico , nonché al diritto al rimborso degli oneri sostenuti per il condono edilizio”. Dalla corte di merito non risulta d’altro canto nemmeno dato conto di come siffatta interpretazione possa trovare logica e coerente spiegazione avuto riguardo al comportamento nel caso dalle parti successivamente mantenuto, avuto in particolare riferimento alla redazione e invio della lettera in data 16 marzo 2007, della comunicazione in data 20 luglio 2007, della lettera 19 settembre 2007, dalle quali emerge come anche l’odierna controricorrente in realtà considerasse non estinti i diritti di controparte insorgenti dal contratto di locazione in ragione della successiva stipulazione tra di esse del contratto di compravendita de quo. Comportamento deponente in termini invero contrari alla comune volontà delle parti nell’impugnata sentenza indicata come volta ad accollare alla società acquirente ogni rischio e costo relativo alla condizione di fatto e di diritto in cui si trovava il compendio alienato, con conseguente estinzione per confusione di ogni ipotetico credito della conduttrice nei confronti della locatrice . Emerge dunque evidente come i giudici di merito si siano nel caso limitati dandone altresì erronea, insufficiente e illogica motivazione a un’interpretazione meramente atomistica e formalistica delle clausole contrattuali in argomento e in particolare di quelle di cui agli artt. 1, 4 e 5 , omettendo invero di riguardarne il tenore letterale alla stregua dei richiamati primari criteri di interpretazione soggettiva dell’interpretazione globale art. 1362, 2 co., c.c. , sistematica art. 1363 c.c. , funzionale art. 1369 c.c. e secondo buona fede art. 1366 c.c. , avuto riguardo alla relativa causa concreta. Dell’impugnata sentenza, logicamente assorbito il ricorso incidentale affidato ad unico motivo con il quale la ricorrente in via incidentale si duole non essersi dai giudici di merito considerato che nessuna autorizzazione era stata dalla locatrice data per la costruzione dell’addizione tra l’altro non consentita dalla disciplina urbanistica -, e, per altro verso, lamenta che in base alle clausole di cui agli artt. 1, 2 co., e 3, 2 co., del contratto di locazione l’indennizzo non sarebbe spettato qualora come nella specie l’immobile fosse stato alienato allo stesso conduttore, non ricorrendo in tale ipotesi la ragione giustificativa della relativa corresponsione consistente nell’attribuzione di una sorta di compenso al conduttore per l’improvvisa interruzione del rapporto locatizio e, quindi, della possibilità di continuare a godere del bene prospettante questione da valutarsi dal giudice del rinvio nell’ambito della disamina rimessagli giusta quanto sopra rilevato ed esposto, s’impone pertanto la cassazione in relazione, con rinvio alla Corte d’Appello di Roma, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo del suindicato disatteso principio applicazione. Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, assorbito l’incidentale. Cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione.