La “blindatura” della doppia sottoscrizione si può “scassinare” se il quadro (semantico e comportamentale) della relazione contrattuale non è chiaro

La clausola di un contratto di assicurazione che prevede l’intrasmissibilità del diritto all’indennizzo in caso l’assicurato muoia per cause diverse dall’infortunio prima della concreta liquidazione dell’indennità stessa non riguarda l’oggetto del contratto, né il rischio garantito ma rappresenta una limitazione” della responsabilità dell’assicuratore. Una simile clausola è vessatoria e, quindi, ai sensi dell’art. 36, comma 1, Codice del Consumo d.lgs. n. 206/2005 , è da dichiararsi nulla, anche se munita di doppia sottoscrizione”, ferma restando la validità del contratto.

Gli eredi della defunta assicurata, pertanto, possono beneficare dell’indennizzo ed hanno diritto, essendone stata fatta richiesta, anche al risarcimento del danno da ritardo” nella erogazione dell’indennità determinabile addirittura in via soltanto equitativa”. Partendo dalle definizioni di clausola vessatoria contenuta nell’art. 33, lett. d e v , d.lgs. n. 206/2005 – come interpretate dalla Corte di Cassazione già 10 anni fa con la sentenza n. 395/2007 – il Tribunale di Napoli, Sezione Dodicesima, Giudice estensore Pres. Dott. Edoardo Vitale, con sentenza n. 9816/2016 depositata il 12 settembre 2016, ha sanzionato come illegittima la suddetta clausola del divieto di trasmissibilità agli eredi del diritto all’indennizzo garantendo così una piena tutela agli eredi marito e figli della assicurata morta prematuramente di tumore al pancreas. La superabilità del meccanismo codicistico della doppia sottoscrizione”. La clausola che nega la trasmissione agli eredi del diritto all’indennizzo, oggetto di causa, non può essere considerata valida ed efficace in quanto – pur se avallata formalmente con una doppia sottoscrizione” – non è stata, di fatto, oggetto di una trattativa individuale” con la assicurata tant’è che è stata contenuta in un modulo o formulario predisposto per disciplinare - in maniera uniforme e standardizzata - una serie indeterminata ed indistinta di rapporti contrattuali. Nelle ipotesi come quella di specie, non solo non è sufficiente la semplice conoscibilità delle clausole ma è necessario che – per le clausole idonee a gravare” il consumatore – costui sia posto nelle condizioni di concordarle e, quindi, di dare una manifestazione di volontà costitutiva e non solo passivamente adesiva, qual è, invece, quella derivante dalla sottoscrizione di clausole unilateralmente predisposte. La Giustizia riconosce ai consumatori una protezione dai cd. poteri forti”. Una clausola come quella in esame è vessatoria poiché ha l’effetto di subordinare la prestazione dell’assicuratore ad una sua scelta discrezionale, prevedendo la liquidazione dell’indennizzo o la sua offerta in misura determinata in un momento antecedente alla morte dell’assicurato. Le imprese assicuratrici potrebbero avvantaggiarsi della loro mancata collaborazione, necessaria ai fini di procedere a tale liquidazione. Tutte queste circostanze che si traducono in specifiche del contratto per adesione predisposto dalla convenuta società che, nel loro complesso, hanno leso il legittimo affidamento della assicurata e, pertanto, sono antigiuridiche. Un vero precedente giurisprudenziale nel panorama italiano, dopo il disdicevole naufragio applicativo della tesi che sussumeva tali clausole nel genus del divieto del patto successorio. Per un breve periodo di tempo, molti anni fa, questo tipo di clausole furono oggetto di analoghi giudizi di impugnazione. I Giudici di merito aditi accolsero le domande ritenendo di sussumere il vulnus provocato da tali patti nel divieto di patto successorio. Tale parentesi giurisprudenziale, tuttavia, fu molto breve in quanto, anche a seguito dei giudizi di impugnazione intentati dagli Istituti assicuratori, si riportò lo status quo giurisprudenziale al mesozoico. Con buona pace degli indefessi consumatori, condannati a restituire quanto ricevuto. Il Tribunale di Napoli dà nuova eco ad un principio indicato dalla Corte Suprema 10 anni fa. Come chiarito già con sentenza n. 395 dell’11 gennaio 2007, la Corte di Cassazione, Sezione III, in tema di clausole vessatorie, occorre differenziare le condizioni contrattuali attinenti alle limitazioni delle conseguenze della colpa o dell’inadempimento o che escludono il rischio garantito, da quelle che attengono all’oggetto del contratto, e non sono perciò assoggettate al regime previsto per le clausole vessatorie qualora riguardino il contenuto ed i limiti della garanzia assicurativa e, dunque, specificano il rischio garantito. Con la sentenza n. 9816/2016 in commento, il Tribunale di Napoli ha sanzionato di nullità insanabile la clausola capestro del divieto di trasmissibilità agli eredi del diritto all’indennizzo , di generale diffusione nella attuale prassi contrattuale. Riconducibile al medesimo approccio interpretativo, a mio avviso, potrebbe considerarsi anche l’indicazione proposta pochi mesi fa dalla Corte di legittimità quando ha sostenuto che le condizioni generali della polizza possono contenere al loro interno, in più clausole e per molti versi, tanti e tali aspetti di illogicità contenutistica ed incongruenza semantica da inficiare, nel momento della loro applicazione pratica, la posizione dell’Assicurato a tutto vantaggio del predisponente. Come precisato, infatti, dalla Corte di Cassazione civile, sez. III, con sentenza del 18 gennaio 2016 n. 668, il contratto di assicurazione deve essere stipulato in modo chiaro e comprensibile. In presenza di clausole polisenso, è inibito al Giudice attribuire ad esse un significato pur teoricamente non incompatibile con la loro lettera, senza prima ricorrere all’ausilio di tutti gli altri criteri di ermeneutica previsti dagli artt. 1362 c.c. ed in particolare quello dell’interpretazione contro il predisponente, di cui all’art. 1370 c.c. . Un nuovo sentiero si è aperto sul campo del contenzioso in materia di contratti per adesione. In presenza di una contrattazione standard, con cui venga evocato un tipo contrattuale, le clausole, unilateralmente predisposte, di determinazione dell’oggetto in senso sfavorevole all’aderente non andranno considerate quali elementi idonei alla ri qualificazione del rapporto, nel senso della atipicità, ma, invece, come patti la cui validità va accertata. Si tratta, quindi, di salvaguardare l’affidamento ingenerato nell’aderente pure se professionista anch’esso dal nomen , ovvero da altri connotati qualificativi dati al contratto concreto dal predisponente. Le clausole vessatorie, per essere valide ed efficaci, devono essere oggetto di trattativa individuale e quando sono contenute in moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, incombe sul professionista l’assicuratore l’onere di provare che le clausole o gli elementi di clausola, malgrado siano dal medesimo unilateralmente predisposti, siano stati oggetto di specifica trattativa con il consumatore. Se si considera che nell’alveo del tipo contratto per adesione” ricadono una pletora infinita di relazioni contratti assicurativi, contratti bancari, contratti informatici, etc. , può ben comprendersi come il solco tracciato dalla pronuncia in commento rappresenti un rifugio di grande valore per i consumatori.

Tribunale di Napoli, sez. XII Civile, sentenza 12 settembre 2016, numero 9816 Giudice Vitale Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 24 maggio 2013 Serafino, Fabio, Azzurra e Rosario Farina hanno convenuto la s.p.a. Generali Italia, quale cessionaria delle attività assicurative della s.p.a. Assicurazioni Generali, dinanzi al Tribunale di Napoli per sentire accogliere le conclusioni sopra riportate, esponendo quanto segue. Il 18 novembre 1005 la signora Silvana Iovine stipulava con la s.p.a. Generali Italia la polizza infortuni, malattia ed assistenza DA DONNA”, distinta dal numero 252564667, con periodo di validità dal 18 novembre 2005 al 18 novembre 2010. Tale polizza le riconosceva, come assicurata, la liquidazione di un indennizzo nell’ipotesi di infortunio e/o malattia che avesse come conseguenza la morte, un’invalidità permanente o un’inabilità temporanea. Il 25 agosto 2010 l’assicurata comunicava alla s.p.a. Generali Italia di aver sviluppato una carcinosi peritoneale da adenocarcinoma di verosimile primitività vie biliari extraepatiche con secondarismi polmonari , come diagnosticatole dal Servizio di Medicina Oncologica della Clinica Mediterranea di Napoli. Successivamente, con lettera del 20 settembre 2010, l’assicurata denunciava formalmente il sinistro comunicando di aver manifestato un adenocarcinoma mediamente differenziato di natura incerta verosimilmente pancreatico , come da parere medico della dott.ssa Teresa Troiani, medico chirurgo specialista in oncologia presso il Policlinico di Napoli. In virtù della polizza suddetta, la signora Silvana Iovine, risultando invalida permanente al 100% a causa del tumore al pancreas, maturava il diritto alla liquidazione delle seguenti indennità da invalidità permanente da malattia art. 2.1. polizza da ricovero” in istituto di cura, reso necessario da malattia art. 2.4, lettera A giornaliera da Day hospital” art. 2.4, lettera B . Il 30 settembre 2010, per effetto della patologia poc’anzi descritta, sopravveniva la morte della signora. Con lettera dell’8 ottobre 2010, gli attori, nella qualità di eredi, rivendicavano la liquidazione delle indennità maturate in vita dalla loro dante causa, delle quali, alla data del decesso, non era stato ancora disposto il pagamento dalla compagnia assicuratrice € 75.000,00 per l’indennità da invalidità permanente da malattia, € 480,00 per l’indennità da ricovero 60 euro al giorno ed € 480,00 per l’indennità da day-hospital 60 euro al giorno . La richiesta era stata respinta con nota del 27 dicembre 2010 con la seguente motivazione il sinistro non è risarcibile, in quanto il diritto all’indennizzo non è trasmissibile agli eredi ai sensi dell’art. 2.1 delle CGA . Era stata quindi reiterata con lettera del 22 ottobre 2011, in quanto la clausola non sancisce alcun divieto di trasmissibilità agli eredi nel caso di indennità maturata in vita dall’interessato. Inoltre si tratta di clausola nulla, essendo contenuta in un modulo o formulario e non essendo stata oggetto di una trattativa individuale con la signora Silvana Iovine. Infine, aggiungono gli attori, il comportamento della compagnia assicuratrice è stato contraddittorio, non avendo avuto problemi a riconoscere la somma spettante a titolo di indennità da ricovero”. La s.p.a. Generali Italia, quale cessionaria delle attività assicurative della s.p.a. Assicurazioni Generali, si è costituita chiedendo la reiezione della domanda. In primo luogo, ha affermato che gli attori hanno l’onere di dimostrare la validità del contratto e l’avvenuto versamento del premio alla scadenza relativa al periodo nel quale venne denunciata la malattia. Ha altresì affermato che per l’art. 2.1 del contratto, clausola pienamente valida, il diritto all’indennizzo per invalidità permanente è di carattere personale ed è intrasmissibile agli eredi. Dopo la produzione di documenti il Tribunale, sulle conclusioni in epigrafe riportate, all’udienza del 28 aprile 2016 ha assegnato la causa a sentenza, riservandosi la decisione all’esito dello scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di replica ai sensi dell’art. 190 c.p.c Motivi della decisione La convenuta ha genericamente puntualizzato che la parte attrice ha l’onere di dimostrare la validità del contratto stipulato con la defunta signora Silvana Iovine polizza numero 252564667 del 18 novembre 2005 e il pagamento del relativo premio, ma non ha negato nessuna delle due circostanze, né formulato alcuna specifica contestazione. In ogni caso, gli attori hanno assolto tale onere producendo la polizza recante la sottoscrizione dell’assicurata e le quietanze attestanti il pagamento dei premi, sicché il regolamento contrattuale deve ritenersi pienamente valido e operativo come, del resto, ulteriormente confermato dall’offerta, che la compagnia assicuratrice ha ribadito in questo giudizio, del pagamento agli eredi delle indennità da ricovero e da day-hospital. Può, pertanto, procedersi all’esame della clausola in contestazione. Essa è compresa nell’art. 2.1 ed ha il seguente letterale tenore, parte in corsivo compresa Il diritto all’indennizzo per invalidità permanente è di carattere personale e quindi non trasmissibile agli eredi. Tuttavia, se l’Assicurata muore dopo che l’indennizzo sia stato liquidato o comunque offerto in misura determinata, la Società paga l’importo liquidato od offerto in parti uguali agli eredi. . In altri termini, tale clausola prevede che l’indennizzo per invalidità permanente viene pagato agli eredi in parti uguali e sull’importo determinato dalla compagnia assicuratrice a condizione che l’assicurata muoia dopo la liquidazione o l’offerta dell’indennizzo medesimo. Orbene, l’art. 33 del Decreto legislativo 6 settembre 2005 numero 206 Codice del consumo - applicabile al contratto in esame perché stipulato fra consumatore e professionista rispettivamente, l’assicurata e la compagnia assicuratrice secondo le definizioni contenute nell’art. 2 - stabilisce che si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto e che Si presumono vessatorie fino a prova contraria le clausole che hanno per oggetto, o per effetto, di d prevedere un impegno definitivo del consumatore mentre l’esecuzione della prestazione del professionista è subordinata ad una condizione il cui adempimento dipende unicamente dalla sua volontà. v prevedere l’alienazione di un diritto o l’assunzione di un obbligo come subordinati ad una condizione sospensiva dipendente dalla mera volontà del professionista a fronte di un’obbligazione immediatamente efficace del consumatore . Le ipotesi di cui ai riportati punti d e v , parzialmente coincidenti, ricorrono nella fattispecie, in quanto, a fronte dell’impegno definitivamente assunto dal consumatore di adempiere le obbligazioni nascenti a suo carico dal contratto, l’obbligo della società di assicurazione di erogare l’indennizzo ai suoi eredi è subordinato a una condizione, ossia la liquidazione o l’offerta dell’indennizzo medesimo, il cui adempimento dipende unicamente dalla sua volontà. È vero che la liquidazione è resa possibile anche dalla disponibilità dell’assicurato a sottoporsi ai controlli necessari, tuttavia, quand’anche fossero state effettuate tutte le verifiche e le formalità del caso, l’obbligo della società di eseguire la prestazione indennitaria nei confronti degli eredi dipenderebbe comunque dall’esclusiva volontà dell’ente assicuratore medesimo, che, omettendo o ritardando la liquidazione, potrebbe vanificare a propria discrezione le loro legittime aspettative. Né muta i termini della questione la possibilità per l’assicurato, pure contrattualmente prevista art. 2.2 , di sollecitare l’accertamento della percentuale d’invalidità permanente. È appena il caso di aggiungere che, già ai fini della mera applicabilità dell’art. 1341 c.c., la Suprema Corte cfr. sent. N. 395 dell’11 gennaio 2007 aveva avuto modo di qualificare come vessatoria la clausola di un contratto di assicurazione con la quale era stata prevista l’intrasmissibilità del diritto all’indennizzo nell’eventualità in cui l’assicurato fosse deceduto per cause diverse dall’infortunio prima della concreta liquidazione dell’indennità stessa, in quanto essa non riguardava, in alcun modo, né l’oggetto del contratto, né il rischio garantito, introducendosi piuttosto con la stessa una limitazione” della responsabilità dell’assicuratore. Discende dalle considerazioni svolte che la clausola in esame è vessatoria e pertanto, a norma dell’art. 36, I comma, codice del consumo, nulla nonostante la specifica approvazione per iscritto , ferma restando la validità del contratto. Orbene, poiché dall’ampia e coerente documentazione sanitaria prodotta vedi in particolare certificato medico del 20 agosto 2010, da cui emerge, fra l’altro, l’impossibilità a deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore, l’incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita senza assistenza continua, la presenza di malattia neoplastica in atto risulta provata l’invalidità al 100% sofferta dalla signora Silvana Iovine, non v’è dubbio che agli attori - la cui qualità di eredi legittimi risulta dalla dichiarazione sostitutiva di atto notorio datata 16 dicembre 2010 oltre che dal riconoscimento del loro diritto alle predette indennità da ricovero e da day-hospital - competa l’indennizzo, contrattualmente previsto e peraltro non contestato nel quantum, di € 75.000,00 da invalidità permanente conseguita a malattia. Complessivamente, pertanto, agli attori, in uguale misura, spetta l’importo complessivo di € 75.960,00 75.000,00 + 480,00 + 480,00 . Esso, assolvendo una funzione reintegratoria della perdita subita del patrimonio dell’assicurato, ha natura di debito di valore cfr. Cass. 28 luglio 2015 numero 15868 , con la conseguenza che deve essere necessariamente rivalutato con riferimento al periodo intercorso tra il sinistro e la liquidazione, pur se non vi sia inadempimento o ritardo colpevole dell’assicuratore, rilevando la condotta del debitore solo dal momento in cui, con la liquidazione, il debito indennitario diventa obbligazione di valuta, e tanto ai fini del riconoscimento, da tale momento, a titolo di risarcimento, degli interessi moratori o del maggior danno e art. 1224 c.c. cfr. cass. 7 maggio 2009 numero 10488 . Nel caso in esame, la rivalutazione va operata a decorrere dal 15 ottobre 2010, data di ricezione della denuncia di sinistro, valevole come atto di costituzione in mora. Ne scaturisce la somma di € 87.756,56, il ritardo nella cui corresponsione dà luogo all’ulteriore credito risarcitorio per lucro cessante che, secondo la più recente giurisprudenza Cass. SS.UU. 17 febbraio 1995 numero 1712 e successive non può realizzarsi automaticamente con l’attribuzione degli interessi compensativi sulla somma liquidata rivalutata all’attualità come ritenuto dal precedente orientamento , ma va riconosciuto sulla base dei mezzi di prova anche presuntivi e determinato mediante l’utilizzazione di criteri equitativi. In mancanza di una prova specifica del danno derivante dal ritardo nella corresponsione della somma dovuta e in considerazione della svalutazione monetaria intercorsa dal 15 ottobre 2010 a oggi, dell’entità delle somme dovute, del tasso di interesse legale e dei tassi medi di interesse ricavabili con le più comuni forme di investimento, si stima equo riconoscere l’attribuzione degli interessi nella misura dell’1,8% annuo a decorrere dalla messa in mora e da calcolare sulla somma risultante dall’applicazione di un indice medio di rivalutazione, ovvero sulla somma media tra quelle rappresentanti l’indennizzo all’attualità, vale a dire € 87.756,56, e quella rappresentante l’indennizzo all’epoca del fatto, contrattualmente pari ad € 75.960,00 orbene, il valore medio dato dalla somma dei precedenti divisa per due risulta di € 80.858,28 su questa ultima somma vanno quindi calcolati gli interessi al tasso dell’1,8% a decorrere dal 15 ottobre 2010, fino alla data della presente sentenza. Infine, divenendo l’obbligo di pagamento, una volta accertato, obbligazione di valuta, spetteranno gli interessi legali dalla pubblicazione della sentenza fino al soddisfo. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo in base ai criteri di cui al D.M. 10 marzo 2014 numero 55. P.Q.M. Il Tribunale di Napoli, in composizione monocratica, nella persona del giudice dott. Edoardo Vitale, definitivamente pronunciando, così provvede 1 dichiara la nullità della clausola 2.1. delle condizioni generali di assicurazione nella parte in cui prevede Il diritto all’indennizzo per invalidità permanente è di carattere personale e quindi non trasmissibile agli eredi. Tuttavia, se l’Assicurata muore dopo che l’indennizzo sia stato liquidato o comunque offerto in misura determinata, la Società paga l’importo liquidato od offerto in parti uguali agli eredi. 2 condanna la s.p.a. Generali Italia, quale cessionaria delle attività assicurative della s.p.a. Assicurazioni Generali, al pagamento, in favore di Serafino, Fabio, Azzurra e Rosario Farina, in misura di un quarto ciascuno, della somma di € 87.756,56, oltre agli interessi nella misura dell’1,8% annuo sulla somma di € 80.858,28 a decorrere dal 15 ottobre 2010 3 condanna la convenuta a rimborsare agli attori le spese del giudizio, che si liquidano in € 700,00 per esborsi ed € 12.000,00 per compensi di avvocato, oltre al rimborso delle spese generali nella misura del 15%, con attribuzione ai procuratori antistatari.