Annullamento del contratto viziato per dolo e termine di prescrizione

Il termine di prescrizione per l’esercizio dell’azione di annullamento di un contratto decorre dal momento in cui l’attore ha percezione dei raggiri posti in essere per carpire il suo consenso.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18930/16 depositata il 27 settembre. Il caso. A seguito del passaggio in giudicato della condanna di un dipendente comunale e del rappresentante legale di una società per i reati di falso e truffa aggravata in danno al Comune di Messina per averlo indotto a concludere un contratto di appalto ad un corrispettivo superiore rispetto al valore effettivo dell’opera, il Comune conveniva in giudizio la società e i predetti responsabili per la restituzione delle somme indebitamente corrisposte, previa declaratoria di nullità del contratto di appalto, oltre che per il risarcimento del danno. La Corte territoriale rigettava la domanda non ravvisando la nullità del contratto, bensì l’annullabilità dello stesso per dolo, osservando peraltro come il termine di prescrizione di cui all’art. 1442, comma 1, c.c. decorra dal momento in cui l’attore ha percezione dei mezzi fraudolenti messi in opera per capire il suo consenso e che, nel caso di specie, era il quinquennio ormai decorso. Il Comune di Messina ricorre dinanzi alla Corte di Cassazione dolendosi per l’erronea valutazione dei giudici di merito circa gli elementi probatori inerenti alla conoscenza della frode realizzata a suo danno. La decorrenza della prescrizione. La Corte affronta dunque il profilo dell’individuazione del momento iniziale della prescrizione premettendo che in relazione all’azione di annullabilità del contratto non trova applicazione l’art. 2947, comma 3, c.c. applicabile alle sole azioni di danno . Il dolo costitutivo del reato di truffa è ontologicamente uguale a quello che vizia il consenso negoziale risolvendosi in artifizi o raggiri adoperati dall’agente e diretti ad indurre in errore l’altra parte viziandone il consenso. Nel caso di specie, correttamente i giudici di merito hanno attribuito rilevanza al momento in cui il Comune di Messina aveva tentato di costituirsi parte civile nel procedimento penale, considerando che tale iniziativa processuale doveva necessariamente fondarsi su una piena conoscenza dei fatti per cui si procedeva, da cui l’accoglimento dell’eccezione di prescrizione. In conclusione, la Corte rigetta il ricorso e condanna l’ente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 24 febbraio – 27 settembre 2016, n. 18930 Presidente Salvago – Relatore Campanile Svolgimento del processo 1 - Con sentenza n. 263 del 2003 il Pretore di Messina dichiarava R.S. , legale rappresentante della S.p.a. Russottfinance, nonché B.F. , dipendente del Comune di [], colpevoli dei reati di falso e truffa aggravata in danno del Comune di Messina, per averlo indotto con artifici e raggiri a concludere un contratto di appalto per il completamento di un impianto di riscaldamento in un complesso residenziale pubblico ad un corrispettivo pari a Lire 1.950.000.000, oltre Lire 100.000.000, a fronte di un valore effettivo delle opere pari ad ottocento milioni di lire. 1.1 - Divenuta definitiva detta condanna in data 18 giugno 1998, con atto di citazione notificato nel giugno del 1999 il Comune di Messina conveniva in giudizio la predetta società, nonché i soggetti ritenuti responsabili dei reati commessi in suo danno, chiedendo che, previa declaratoria di nullità del contratto, i convenuti fossero condannati in solido alla restituzione delle somme indebitamente corrisposte, nonché al risarcimento del danno. 1.2 - Con sentenza n. 2512 del 2003 il Tribunale di Messina, dichiarato il difetto di legittimazione passiva del R. e del B. rigettava la pretesa risarcitoria e dichiarava la nullità parziale del contratto, relativamente alla clausola di determinazione del corrispettivo, condannando la società convenuta alla restituzione della somma di Euro 137.661,13, oltre accessori. 1.3 - Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Messina, in accoglimento del gravame proposto dalla società, ha rigettato la domanda proposta dall’ente territoriale. 1.4 - Per quanto in questa sede maggiormente rileva, la corte distrettuale ha affermato che nella specie non era ravvisabile un’ipotesi di nullità del contratto, che ricorre quando la norma penale colpisce direttamente gli effetti negoziali, richiedendosi altresì che il comportamento sia ascrivibile ad entrambe le parti. Ritenuto pertanto che il contratto fosse annullabile per dolo, si è osservato che nella specie il termine di prescrizione quinquennale previsto dall’art. 1442, primo comma, cod. civ., decorrente dal momento della percezione, da parte dell’attore, dei mezzi fraudolenti messi in opera per carpire il proprio consenso, era da tempo maturato, in quanto il Comune di Messina aveva tentato, sia pure tardivamente, di costituirsi parte civile nel giudizio penale conclusosi in primo grado nell’anno 1993, così dimostrando di aver percepito la complessiva azione decettiva posta in essere nei suoi confronti. 1.2 - Si è altresì aggiunto che nella specie, trattandosi di azione di annullamento, non era predicabile il maggior termine di prescrizione previsto, ai sensi dell’art. 2947 cod. civ., per il reato, in quanto relativo alle sole domande di risarcimento e di restituzione. 1.3 - Per la cassazione di tale decisione il Comune di Messina propone ricorso, affidato a due motivi, cui la società intimata resiste con controricorso, illustrato da memoria. Motivi della decisione 2 - Con il primo motivo, deducendosi violazione e falsa applicazione degli artt. 1442 e 2935 cod. civ., nonché dell’art. 115 cod. proc. civ., nonché vizio motivazionale, si sostiene che la corte distrettuale avrebbe erroneamente valutato gli elementi probatori inerenti alla conoscenza dei mezzi fraudolenti messi in opera per carpire il proprio consenso premesso che la percezione del danno non può coincidere con detta conoscenza, si afferma che non rileverebbero né il tentativo di costituzione di parte civile nel giudizio a carico del R. e del B. , né come affermato nell’impugnata decisione - la sentenza emessa in primo grado dal giudice penale. 2.1 - Con il secondo mezzo si denuncia violazione degli art. 2727 e 2729 cod. civ., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in quanto non sussisterebbero elementi certi, precisi e concordanti per ritenere che la conoscenza del dolo fosse avvenuta prima del rilascio al legale del Comune - avvenuto, come risultante dagli atti, il 16 novembre 1988 - della copia della sentenza penale di condanna, in grado di appello, nei confronti dei predetti R. e B. . 3 - I suddetti motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto intimamente correlati, sono infondati e, quindi, vanno rigettati. 4 - Deve premettersi che, secondo la ricostruzione che emerge dalla decisione impugnata, il legale rappresentante della Russotfinance ed il B. , dipendente dell’amministrazione comunale, erano stati imputati, e poi giudicati colpevoli, del reato di truffa aggravata, per avere, attraverso artifici e raggiri, indotto il Comune di Messina a concludere un contratto avente ad oggetto il completamento dell’impianto di riscaldamento in un complesso edilizio popolare, verso un corrispettivo di gran lunga superiore a quello effettivamente congruo. 4.1 - L’ente ricorrente, che non contesta, per altro, la statuizione della Corte di appello di Messina secondo cui non si verserebbe in un’ipotesi di nullità, ma di annullabilità del contratto per dolo, afferma che erroneamente sarebbe stata accolta l’eccezione di prescrizione della propria azione, per aver acquisito la piena conoscenza degli artifici posti in essere per realizzare la truffa contrattuale soltanto con l’ottenimento della copia della sentenza penale di secondo grado. 4.2 - La questione dell’individuazione del momento iniziale della prescrizione - essendo per altro pacifico che l’art. 2947, terzo comma, cod. civ. si applica unicamente alle azioni di danno e non anche all’azione di annullamento del contratto, neppure quando il vizio del consenso dipenda da un fatto-reato Cass. 27 gennaio 2014, n. 1617 Cass., 9 settembre 2004, n. 18169 - attiene, come previsto dall’art. 1442 cod. civ., all’accertamento, riservato al giudice del merito, della scoperta del dolo, da intendersi come conoscenza del raggiro che ha dato luogo alla falsa rappresentazione, ovvero come percezione dei mezzi fraudolenti attuati dalla controparte Cass., 5 maggio 1975, n. 1717 . 4.3 - Orbene, è stato più volte affermato, sia in dottrina che in giurisprudenza, che il dolo costitutivo del delitto di truffa non è ontologicamente, neanche sotto il profilo dell’intensità, diverso da quello che vizia il consenso negoziale, entrambi risolvendosi in artifizi o raggiri adoperati dall’agente e diretti ad indurre in errore l’altra parte e così a viziarne il consenso Cass., 31 marzo 2011, n. 7468 Cass., 26 maggio 2008, n. 13566 . Ne consegue che in maniera del tutto congrua e conforme ai principi sopra richiamati la corte distrettuale ha considerato che il Comune di Messina aveva tentato - senza riuscirvi solo a causa della ritenuta tardività - di costituirsi parte civile nel giudizio penale a carico del R. e del B. tale costituzione non poteva non avvenire senza la piena conoscenza degli estremi di natura fattuale del reato di truffa ascritto agli imputati, ed avente ad oggetto proprio la conclusione del contratto per cui è processo. L’anteriorità di tale circostanza rispetto al periodo anno 1993 in cui venne pronunciata la sentenza di primo grado rende del tutto corretto l’accoglimento dell’eccezione di prescrizione, in quanto la domanda di annullamento, senza che risultino posti in essere eventuali atti interruttivi, è stata avanzata nell’anno 1999. 5 - Al rigetto del ricorso, per le ragioni sopra indicate, consegue la condanna dell’ente al pagamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna l’ente ricorrente al pagamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 7.200,00, di cui Euro 7.000,00 per compensi, oltre accessori di legge.