Spese di spedizione della bolletta telefonica: legittima l’applicazione dell’IVA

Le spese di spedizione della fattura telefonica riguardano l’esecuzione della prestazione dedotta in contratto, facendo così parte della base imponibile soggetta ad IVA ex art. 13 d.P.R. 633/72. A nulla rileva quindi che tali spese siano affrontate dalla compagnia in regime di esenzione IVA ex art. 1.

La Sesta sezione della Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 17655, depositata il 6 settembre 2016, torna ad occuparsi di una controversa questione che da diversi anni occupa l’attenzione dei consumatori, quale quella dell’addebito dell’IVA alle spese di spedizione postale delle bollette telefoniche. Il caso. La vicenda nasce da una sentenza di appello con cui il Tribunale aveva confermato la pronuncia di primo grado che condannava una compagnia telefonica alla restituzione, in favore dell’utente, degli importi corrisposti a titolo di IVA sulle spese di spedizione postali delle bollette telefoniche, in quanto non dovute. La società telefonica ricorreva così in Cassazione sostenendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 10, n. 16 e 13 del d.P.R. 633/72, rapportato all’art. 360 c.p.c. n. 3, in quanto il Tribunale avrebbe completamente trascurato il principio di diritto di segno contrario espresso in numerosi occasioni dalla giurisprudenza. Il rapporto tra utente e compagnia . La giurisprudenza di legittimità in numerose occasioni aveva avuto modo di ricostruire in maniera precisa il rapporto tra utente e compagnia dal punto di vista contrattuale. Invero, analizzando le condizioni generali del contratto di telefonia era emerso per le spese di spedizione postale la natura di costo da addebitare. Sicché, trattandosi di costo questo non era anticipato in nome e per conto del cliente bensì solo per conto e nel suo interesse. Tale ricostruzione impediva evidentemente di sussumere la fattispecie in quella di cui al d.P.R. n. 633/72, articolo 15. In altri termini la spesa di spedizione postale della fattura affrontata dalla compagnia, riferendosi ad un servizio necessario per l’esecuzione del contratto con l’utente deve necessariamente essere ricompresa nella base imponibile ciò ancorché la società non ne affronti il costo con applicazione dell’IVA trattandosi di spesa in regime di esenzione ex art. 10 n. 16 d.P.R. 633/72. In effetti l’esenzione prevista dall’articolo 10 n. 16 del citato d.P.R. riguarda soltanto chi ha rapporto diretto con il gestore del servizio postale né esiste una norma specifica che preveda il trasferimento del beneficio dell’esenzione in capo all’utente per il quale la società è ricorsa al sistema postale. Per queste ragioni il ricorso presentato dalla compagnia telefonica era accolto in maniera integrale.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 3, ordinanza 8 giugno 6 settembre 2016, n. 17655 Presidente Amendola Relatore Frasca Fatto e diritto Ritenuto quanto segue p.1. Telecom Italia s.p.a. ha proposto ricorso per Cassazione, contro C.F. , avverso la sentenza n. 1146/2014 con cui il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Sezione Distaccata di Aversa, in data 5 aprile 2014, rigettava l’appello proposto dall’odierna ricorrente e confermava la sentenza n. 1829/2012 del 21 novembre 2012 del Giudice di Pace di Trentola Ducenta, con cui si condannava Telecom Italia s.p.a. alla restituzione, in favore dell’intimato, dell’importo pari all’IVA applicata sulle spese postali di spedizione delle fatture, relative al rapporto di utenza inter partes, assumendo tale importo come non dovuto e l’IVA come erroneamente applicata. p.2. La parte intimata non ha svolto attività difensiva. p.3. Prestandosi il ricorso ad essere deciso con il procedimento di cui all’art. 380-bis c.p.c. è stata redatta relazione ai sensi di tale norma e ne è stata fatta notificazione all’avvocato della ricorrente unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte. Considerato quanto segue p.1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380-bis si sono svolte le seguenti considerazioni p.3. Il ricorso può essere deciso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., in quanto appare manifestamente fondato. Queste le ragioni. p.4. Con l’unico motivo di ricorso, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 10 n. 16 e 13 del D.P.R. n. 633/1972 c.d. legge IVA , in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., in quanto il Tribunale nell’asserire che l’operazione in oggetto, ovvero di spedizione postale, va esente da IVA, per cui non si comprende come possa essere, poi, addebitata al cliente, dal momento che Telecom stessa non paga l’IVA sull’importo a titolo di spese di spedizione - avrebbe ignorato il contrario principio di diritto più volte espresso dalla giurisprudenza della Suprema Corte. In particolare, si adduce che il Tribunale, dopo avere fatto corretta applicazione dei principi affermati da questa Corte in controversie di analogo contenuto sull’esegesi dell’art. 15 n. 3 della l. n. 633 del 1972, ha poi ritenuto che la pretesa di restituzione di indebito dell’utente qui intimato fosse fondata sulla base dell’art. 10 n. 16 della stessa legge, in tal modo ignorando numerosi precedenti in senso contrario di questa Corte. Al riguardo la ricorrente ha evocato le ordinanze nn. 17526/2013, 17613/2013, 17614/2013, 17797/2013, 17798/2013, 17800/2013, 17517/2013, 17531/2103, 7843/2014, 7844/2014, 7845/2014, 8226/2014, 17531/2013 e da ultimo le pronunce 5495/2014 e 5461/2014. p.4.1. La prospettazione della Telecom è fondata. La giurisprudenza da essa evocata ha, infatti, affermato il principio di diritto secondo cui In tema di rapporto di utenza telefonica fra utente e Telecom, poiché il costo sopportato per l’anticipazione delle spesa sostenuta nei confronti delle Poste Italiane dalla Telecom, per la spedizione della fattura a mezzo del servizio postale, prevista dalle condizioni generali di contratto come costo da addebitare a carico dell’utente, non è, in mancanza di previsione nelle condizioni contrattuali, un’anticipazione eseguita in nome e per conto dell’utente, ma solo un’anticipazione per conto e nell’interesse dello stesso, e, dunque, non da luogo alla fattispecie del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 15, n. 3, deve ritenersi che la pretesa di rimborso della Telecom verso l’utente riguardo a quanto corrisposto per la spesa di spedizione alle Poste Italiane fa parte della base imponibile ai sensi dell’art. 13 del detto D.P.R., trattandosi di spesa per l’esecuzione della prestazione, con la conseguenza che legittimamente la Telecom ricarica detta spesa dell’i.v.a. e ciò ancorché la Telecom sopporti la spesa di spedizione verso le Poste Italiane in regime di esenzione ai sensi dell’art. 10, n. 16, dello stesso D.P.R. così, in particolare, Cass. ord. n. 17526 del 2013 . Presupposto per l’affermazione del principio di diritto è stata la seguente precisazione Ai fini del rapporto con l’utente, poiché il costo sopportato per l’anticipazione delle spesa sostenuta nei confronti delle Poste Italiane non è anticipazione in nome e per conto dell’utente e, dunque, non da luogo alla fattispecie del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 15, n. 3, e poiché l’esenzione di cui all’art. 10 n. 16 concerne solo chi ha diretto rapporto con chi gestisce il servizio postale universale, la pretesa di rimborso della Telecom verso l’utente fa parte della base imponibile ai sensi dell’art. 13, detto D.P.R. quale spesa per l’esecuzione della prestazione e, quindi, può essere ricaricata di i.v.a., in quanto nessuna norma prevede una sorta di trascinamento dell’esenzione che ha avuto la Telecom al rapporto con l’utente, per cono del quale Essa ha fatto ricorso al sevizio postale. Il Tribunale ha ignorato gli arresti che hanno espresso tali principi. Ne segue che il ricorso appare fondato e la sentenza impugnata dovrebbe essere cassata. Non occorrendo accertamenti di fatto per decidere sulla domanda proposta dalla parte qui intimata nel senso del suo rigetto, sembrano sussistere le condizioni per decidere nel merito con l’accoglimento dell’appello della Telecom e il rigetto della domanda della parte attrice . p.2. Il Collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni della relazione che sono conformi a consolidata giurisprudenza di questa Corte. Il ricorso dev’essere, dunque, accolto e la sentenza cassata. Poiché non occorrono accertamenti di fatto ai fini della decisione sul merito alla cassazione può non conseguire il rinvio bensì la decisione nel merito sull’appello della Telecom e, quindi, l’accoglimento di quest’ultimo e la riforma della sentenza di primo grado con il rigetto della domanda dell’utente per infondatezza in iure. Ciò sulla base delle ragioni indicate dalla relazione e del principio di diritto da essa richiamato. 3. Dovendosi pronunciare sulle spese dell’intero giudizio, si ritiene di dispone la compensazione delle spese dell’intero giudizio, tenuto conto che l’orientamento decisivo per la soluzione della lite si è consolidato dopo l’inizio del giudizio anche in appello. Circostanza che - tenuto conto che la parte intimata no ha resistito in questo giudizio - implica gravi ed eccezionali ragioni giustificative per la compensazione, secondo il regime del secondo comma dell’art. 92 c.p.c. applicabile al giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata. Pronunciando sul merito dell’appello proposto dalla s.p.a. Telecom Italia contro la sentenza del Giudice di Pace di Trentola Ducenta, lo accoglie e, in riforma di detta sentenza, rigetta la domanda di C.F. . Compensa le spese dell’intero giudizio.