Come quantificare il canone di un contratto (anteriore all'1 gennaio 2016) registrato tardivamente?

Il contratto anteriore al 1 gennaio 2016 registrato, seppure tardivamente ma prima della proposizione della domanda giudiziale , è valido. Viceversa, è nullo se non registrato. Ne consegue che il canone dovuto fino alla data del 16.07.2015 è pari a triplo della rendita catastale ex art. 13, L. n. 431/1998 per il periodo successivo vale quanto stabilito a contratto.

Tale, in sintesi, la conclusione cui perviene la recente sentenza del Tribunale di Milano del 25 maggio 2016. La questione di cui si occupa la sentenza attiene alla quantificazione del canone di un contratto di locazione non registrato nei termini. In particolare, a fronte di un'intimazione di sfratto per morosità, l'intimata si difendeva eccependo la mancata registrazione del contratto e la conseguente riduzione del canone ex art. 3, comma 8, d.lgs. n. 23/2011. Il contratto in realtà risultava registrato, anche se tardivamente . Excursus normativo. In materia si sono susseguite varie norme, alcune delle quali poi eliminate dal nostro ordinamento giuridico per declaratoria di illegittimità costituzionale nel corso del giudizio de quo . Sarà dunque utile seguire il Giudice nell' excursus storico-normativo che egli compie. L'art. 3, comma 8, d.lgs. n. 23/2011, cui l'intimata fa riferimento, è stato rimosso dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 50/2014 per eccesso di delega. La norma, per il caso di registrazione tardiva del contratto, prevedeva 8. Ai contratti di locazione degli immobili ad uso abitativo, comunque stipulati, che, ricorrendone i presupposti, non sono registrati entro il termine stabilito dalla legge, si applica la seguente disciplina a la durata della locazione è stabilita in quattro anni a decorrere dalla data della registrazione, volontaria o d'ufficio b al rinnovo si applica la disciplina di cui all'articolo 2, comma 1, della citata legge n. 431 del 1998 c a decorrere dalla registrazione il canone annuo di locazione è fissato in misura pari al triplo della rendita catastale, oltre l'adeguamento, dal secondo anno, in base al 75 per cento dell'aumento degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli impiegati ed operai. Se il contratto prevede un canone inferiore, si applica comunque il canone stabilito dalle parti . Successivamente, veniva emanata la l. n. 80/14, che all'art. 5, comma 1- ter testualmente prevedeva 1- ter . Sono fatti salvi, fino alla data del 31 dicembre 2015, gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dei contratti di locazione registrati ai sensi dell'articolo 3, commi 8 e 9, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 . La norma a sua volta, volendo mantenere in vita gli effetti di una normativa dichiarata incostituzionale, veniva dichiarata illegittima per violazione dell'art. 136, comma 1, Cost. con sentenza n. 169 del 2015 , secondo cui le disposizioni dichiarate illegittime cessano di avere efficacia dal giorno della pubblicazione della decisione. È stata poi emanata la l. n. 208 del 2015, che all'art. 1, comma 59 ha modificato l'art. 13 della l. n. 431/1998 Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo . Ora, testualmente, il comma 5 del detto art. 13 prevede che 5. Per i conduttori che, per gli effetti della disciplina di cui all'articolo 3, commi 8 e 9, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, prorogati dall'articolo 5, comma 1- ter , del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80, hanno versato, nel periodo intercorso dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 23 del 2011 al giorno 16 luglio 2015, il canone annuo di locazione nella misura stabilita dalla disposizione di cui al citato articolo 3, comma 8, del decreto legislativo n. 23 del 2011, l'importo del canone di locazione dovuto ovvero dell'indennità di occupazione maturata, su base annua, è pari al triplo della rendita catastale dell'immobile, nel periodo considerato . Infondata la questione di legittimità dell'art. 1, comma 59, l. n. 208/2015. La nuova norma non ha il fine di fare risorgere la precedente, in violazione dunque dell'art. 136, comma 1, Cost., ma va invece a legiferare in luogo della precedente. Ed è questo sostanzialmente il motivo per cui il Giudice non vede manifesta fondatezza nella questione di legittimità sollevata nel giudizio. Il Giudice richiama infatti alcuni passi della citata sentenza n. 169 del 2015 con cui la Corte Costituzionale precisa una distinzione tra potere di disciplinare con un nuovo atto, la stessa materia e salvare o mantenere in vita gli effetti prodotti da disposizioni che, in ragione della dichiarazione di illegittimità costituzionale, non sono più in grado di produrne . Con il nuovo comma 5 dell'art. 13, prosegue il Giudice, il legislatore regola situazioni in precedenza regolate da normativa travolta da declaratoria di illegittimità costituzionale e lo fa dettando una nuova disciplina della materia in questo caso esercitando dunque un potere che gli è proprio. Aggiunge il Giudice che il nuovo art. 13, l. n. 431/98 non incorre nelle censure mosse dalla Corte alle precedenti, affrettate, iniziative la norma è ora inserita in maniera organica in un provvedimento normativo che stabilmente regola la materia, contemperando inoltre gli interessi di conduttori divenuti improvvisamente morosi per la caducazione di una norma e locatori, limitando ad un periodo ridotto la riduzione del canone e non vincolando le parti quanto alla durata come invece le precedenti disposizioni . La sentenza n. 50 della Corte Costituzionale, pur accogliendo il motivo del difetto di delega, con assorbimento degli altri , evidenzia anche un contrasto con lo Statuto del contribuente l. n. 212/2000 , richiamato dalla stessa delega, ai sensi del quale la violazione di disposizioni tributarie non può comportare la nullità del contratto vedi art. 10. comma 3 dunque, una registrazione tardiva non può comportare una novazione del contratto. Validità dei contratti registrati tardivamente. Un'altra norma va a completare il quadro normativo che ci interessa è l'art. 1, comma 346, l. n. 311/2004, tutt'ora in vigore , che sancisce la nullità dei contratti anche di locazione che ricorrendone i presupposti, non sono registrati . La norma è stata oggetto di contrapposte interpretazioni invece che trattarsi come si ritiene altrove di un contratto valido sin dall'inizio, ma poi invalidato dalla mancata registrazione, per il Giudice di Milano il contratto diviene valido solo con la registrazione la quale va a completare un iter formativo necessario perché il contratto sia valido. Vale anche la registrazione tardiva, purché la registrazione sia avvenuta prima della proposizione della domanda giudiziale . Cioè, anche un contratto registrato tardivamente, se comporta la sanzione fiscale, non è però viziato da un punto di vista civilistico e dunque trovano applicazione le condizioni di pagamento ivi stabilite. Mentre altre norme prevedevano art. 3, comma 10, d.lgs. n. 23/2011 e prevedono un termine quanto alla registrazione art. 13, l. n. 431/98 , la norma sulla nullità ex l. n. 311/2004 no il contratto non è nullo se è stato registrato, anche tardivamente. In particolare, poi la nuova forma dell'art. 13 prevede l'applicazione della normativa solo ai casi insorti dopo l'entrata in vigore della legge 1.01.2016 . Il discorso cambia per i contratti successivi al 1° gennaio di quest'anno, per i quali l'art. 13 nella nuova veste ai commi 1 e 6 prevede, per quanto ci interessa registrazione entro 30 giorni e azione giudiziale in caso di mancata registrazione nel termine. Dunque Dunque, per un contratto come quello de quo , concluso prima dell'entrata in vigore della l. n. 208/2015 e valido perché registrato prima della domanda giudiziale, anche se tardivamente, troveranno applicazione le norme dell'art. 13, comma 5, l. n. 431/1998 per i contratti registrati tardivamente e pertanto le mensilità sino al 16 luglio 2015 ammonteranno al triplo della rendita catastale, mentre le mensilità successive ammonteranno a quanto pattuito a contratto.

Tribunale di Milano, sez. XIII Civile, sentenza 25 maggio 2016 Giudice Manunta Svolgimento del processo Con atto di citazione regolarmente notificato intimavano a lo sfratto per morosità relativamente all'immobile sito in condotto in locazione dalla parte intimata ad uso abitativo. L'intimata si costituiva opponendosi alla convalida ed eccependo la inarcata registrazione del contratto con conseguente applicabilità della disciplina dettata dall'articolo 3, comma 8, D.Lgs. numero 23212011, con conseguente riduzione legale del canone dovuto. Rigettata l'istanza di emissione di ordinanza di rilascio e disposto il mutamento del rito, la causa è stata discussa e decisa, dandosi lettura dell'allegato dispositivo. Motivi della decisione Sull'omessa o tardiva registrazione del contratto Il rapporto locativo dedotto in giudizio è documentato dalla scrittura in atti, registrata il 27.11.12, per iniziativa della parte intimata, e il 14.12.12, per iniziativa dei locatori, come da rispettivi documenti 3 e 1. Nel costituirsi in giudizio la conduttrice aveva legittimamente invocato l'applicazione delle disposizioni di cui al D.L.vo numero 23/11 articolo 3, comma 8 , con conseguente riduzione del canone al triplo della rendita catastale. Peraltro, gli interventi della Corte Costituzionale hanno rimosso sin dall'origine la normativa in questione prima, con la dichiarazione di illegittimità del D.L.vo 23111 suddetto sentenza numero 50/2014 del 10.3.2014 e poi della L. 80114 articolo 5 comma 1 ° ter del D.L. 47/2014 sentenza numero 169 del 16.7.2015 , norma che aveva, per così dire, prorogato fino al 31.12.15 gli effetti del D.L.vo numero 23/11. Nelle more, con L. 208115 Legge di Stabilità 2016 - articolo 1, comma 59 è stata introdotta una nuova disciplina in materia articolo 13 L. 431198, comma 5, nella nuova formulazione Per i conduttori che, per gli effetti della disciplina di citi all'articolo 3, commi 8 e 9, del decreto legislativo 14 marzo 2011, numero 23, prorogati dall'articolo 5, comma 1-ter, del decreto-legge 28 marzo 2014, numero 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, numero 80, hanno versato, nel periodo intercorso dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo numero 23 del 2011 al giorno 16 luglio 2015, il canone annito di locazione nella misura stabilita dalla disposizione di citi al citato articolo 3, comma 8, del decreto legislativo numero 23 del 2011, l'importo del canone di locazione dovuto ovvero dell'indennità di occupazione maturata, sii base annua, è pari al triplo della rendita catastale dell'immobile, nel periodo considerato . Per completare il riassunto delle vicende nonnative susseguitesi e del quadro delle nonne attualmente vigenti va ricordato anche l'articolo 1, comma 346 della L. 31112004, che per la prima volta aveva previsto la nullità dei contratti di locazione o di comodato non registrati. Sull'eccezione di illegittimità costituzionale della L.208/15, art], comma 59 Con riferimento all'ultima disposizione entrata in vigore articolo 13 L431/98 riformulato dalla legge di stabilità 2016 gli intimanti hanno dedotto la questione di legittimità costituzionale. L'eccezione di illegittimità suddetta, che muove dalle precedenti pronunce della Corte sopra ricordate, appare, peraltro, manifestamente infondata. Con la prima pronuncia sent. numero 50/2014 la questione di costituzionalità rispetto al D.L.vo numero 23/11 articolo 3, coturni 8 e 9 è stata ritenuta `fondata, in particolare riferimento al parametro di citi all'articolo 76 Cost., sotto il profilo del difetto di delega . Con la successiva pronuncia sentenza numero 169/15 la Corte ha rilevato che con la L.80/14 articolo 5, comma 1 ter il legislatore si è proposto non già di disciplinare medio tempore - o ex novo e a regime - la tematica degli affitti non registrati tempestivamente, magari attraverso un rimedio ai vizi additati da questa Corte e neppure quello di confermare o di riprodurre pedissequamente il contenuto normativo di norme dichiarate costituzionalmente illegittime ma semplicemente quello di impedire, sia pure temporaneamente, che la declaratoria di illegittimità costituzionale producesse le previste conseguenze, vale a dire la cessazione di efficacia delle disposizioni dichiarate illegittime dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione articolo 136 Cost. . Nella sua stessa formulazione letterale, del resto, la norma censurata, evidentemente priva di autonomia, si prefigge soltanto di ricostituire una base normativa per effetti e rapporti relativi a contratti che, in conseguenza della pronuncia di illegittimità costituzionale, ne sarebbero rimasti privi . Peraltro, la stessa Corte ha ribadito come una pronuncia di illegittimità costituzionale non possa, in linea di principio, determinare, a svantaggio del legislatore, effetti corrispondenti a quelli di un esproprio della potestà legislativa sul punto - tenuto anche conto che una declaratoria di illegittimità ha contenuto, oggetto e occasio circoscritti dal tema normativo devoluto e dal contesto in citi la pronuncia denmolitoria è chiamata ad iscriversi e ha, quindi, censurato solo l'intervento normativo per effetto del quale la sentenza di illegittimità costituzionale `possa risultare pronunciata inutilmente come accadrebbe quando una accertata violazione della Costituzione potesse, in una qualsiasi forma, inopinatamente riproporsi. E se, perciò, certamente il legislatore resta titolare del potere di disciplinare, con un nuovo atto, la stessa materia, è senz'altro da escludere che possa legittimamente farlo - come avvenuto nella specie - limitandosi a salvare , e cioè a mantenere in vita , o a ripristinare gli effetti prodotti da disposizioni che, in ragione della dichiarazione di illegittimità costituzionale, non sono più in grado di produrne. Il contrasto con l'articolo 136 Cost. ha, in un simile frangente, portata addirittura letterale. Prosegue la Corte In altri termini nel mutato contesto di esperienza determinato da una pronuncia caducatoria, un conto sarebbe riproporre, per quanto discutibilmente, con un nuovo provvedimento, anche la stessa volontà normativa censurata dalla Corte un altro conto è emanare un nuovo atto diretto esclusivamente a prolungare nel tempo, anche in via indiretta, l'efficacia di norme che non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione articolo 30, terzo comma, della legge 11 marzo 1953, numero 87 - Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale . Con la norma in esame articolo 13 cit., nel nuovo testo il legislatore ha esercitato il potere di disciplinare le situazioni in precedenza regolate dalla normativa dichiarata incostituzionale e tale facoltà di intervento è stata attuata dettando una nuova disciplina della materia, con incidenza limitata e diversa rispetto al precedente intervento, che aveva semplicemente prorogato , fino al 31.12.2015, gli effetti della nonna illegittima. Tra l'altro, il legislatore ha ora previsto conseguenze ancor meno invasive sul diritto di proprietà, escludendo la durata legale del contratto fino ad una scadenza successiva come era, invece, previsto dal D.L.vo 23111 e dalla L80/14 . In sostanza la nuova normativa non incorre nelle censure mosse dalla Corte alle precedenti, affrettate, iniziative la disciplina è ora contenuta nell'articolo 13 della L.431/98, norma stabile e fondamentale in materia di locazione di immobili urbani e che per i contratti, quale quello di specie, prevede un regime temporaneo idoneo a salvaguardare l'interesse dei conduttori, improvvisamente divenuti gravemente morosi per aver fatto affidamento su una disciplina legale del canone, caducata per effetto delle sentenze di illegittimità costituzionale interesse dei conduttori che è stato, però, equamente contemperato con quello dei locatori, limitando a un periodo contenuto la riduzione legale del canone ed escludendo a differenza delle precedenti disposizioni dichiarate illegittime vincoli sulla durata del rapporto. Non risultando, dunque, necessaria la rimessione alla Corte per l'esame di una nuova questione di legittimità costituzionale, deve passarsi all'esame del merito della causa, in particolare accertando la validità del contratto alla luce della normativa vigente e, in caso positivo, l'entità dei canoni dovuti. La disciplina vigente ante L.2081I5 legge di stabilità 2016 In base alla disciplina anteriore alla modifica dell'articolo 13 L.431198 ma tuttora applicabile ai contratti anteriori al 1 ° gennaio 2016 , secondo la prevalente giurisprudenza condivisa da questo Tribunale, il contratto di locazione non registrato doveva ritenersi nullo ai sensi dell'articolo 1, comma 346 L.31112004, che così dispone i contratti di locazione o che comunque costituiscono diritti reali di godimento, di unità immobiliari o di singole porzioni, comunque stipulati, sono nulli se ricorrendone i presupposti non sono registrati . La norma in oggetto è tuttora in vigore, perché non è stata abrogata, nemmeno implicitamente, da alcuna nonna successiva le disposizioni, sul punto, del D.L.vo 23/11, che dettavano una più dettagliata e completa disciplina, come si è visto, sono venute meno per intervento della Corte Costituzionale . E' stata ampiamente dibattuta la natura della nullità delineata dalla L.311/04 e si è giunti a parlare di un contratto valido ed efficace sin dalla sua stipulazione, che, però, diverrebbe invalido nullo dopo la scadenza del termine 30 giorni prescritto per la registrazione a fini fiscali e che riacquisterebbe validità per effetto della registrazione tardiva. Si tratta di una ricostruzione giuridica del tutto incongrua la nullità consegue a un vizio coevo alla formazione del negozio e non successivo nella specie dipenderebbe, oltretutto, da un adempimento estraneo al regolamento negoziale. Deve, invece, ritenersi che la nullità di cui trattasi, introdotta dal legislatore nell'ambito dell'azione di contrasto all'evasione fiscale e con l'evidente intento di provocare l' emersione delle c.d. locazioni in nero, abbia a ragion veduta richiamato la sanzione della nullità, condizionando la validità del contratto all'adempimento della registrazione. Con la conseguenza che, fino al completamento della fattispecie stipulazione del contratto fra le parti e registrazione dello stesso il negozio non può considerarsi valido. Tale chiave interpretativa è chiaramente determinata dall'opzione normativa per la sanzione della nullità il legislatore, cioè, non può aver usato il termne nullità se non in senso tecnico e letterale, intendendo evidentemente richiamare integralmente la disciplina degli articolo 1418 e ss. c.comma nullità prevista dalla legge - ultimo comma dell'articolo cit. . Ne consegue l'esclusione, anche concettuale, di una convalida successiva articolo 1423 c.c. per effetto del tardivo adempimento fiscale. La tardiva registrazione, se comportava e comporta, per il contratto in oggetto sul piano fiscale l'applicazione delle relative sanzioni, sotto il profilo civilistico consente di considerare completa, ai fini della validità, la fattispecie negoziale per effetto dell'intervenuta registrazione. Non a caso l'articolo 1 comma 346, a differenza di quanto era espressamente previsto dall'articolo 3 comma 10 D.L.vo 23/2011 che prevedeva La disciplina di cui ai commi 8 e 9 non si applica ove la registrazione sia effettuata entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto non ricollega la sanzione della nullità alla mancata registrazione nel termine previsto dalla legge, ma alla pura e semplice omissione di tale adempimento fiscale in tal senso si è chiaramente espresso anche il Tribunale di Firenze nella causa R.G. 1399512013 . Anche dalla nuova fonnulazione dell'articolo 13 L.431/98, che ora prevede, come si vedrà appresso, la perentorietà del termine per la registrazione, si destane a contrario che lo stesso legislatore ha interpretato il regime previgente e tuttora applicabile ai contratti anteriori al 2016 nel senso di escludere la nullità ove, comunque, la registrazione sia stata eseguita, sia pure tardivamente. Ne consegue che i contratti conclusi anteriormente all'entrata in vigore della L.208/15 devono considerarsi validi purché la registrazione sia avvenuta prisma della proposizione della domanda giudiziale. Per i contratti conclusi dopo l'entrata in vigore della legge suddetta, invece, il mancato rispetto del termine perentorio di gg.30 per la registrazione comma 1 articolo 13 cit., nuovo testo È fatto carico al locatore di provvedere alla registrazione nel termine perentorio di trenta giorni produce le conseguenze indicate nello stesso articolo al comma 6 infatti, il comma 7 prevede l'applicabilità della normativa solo alle ipotesi insorte successivamente all'entrata in vigore 1.1.2016 della legge stessa. Le conseguenze sul contratto per cui è processo Applicando la disciplina appena illustrata al caso di specie, il contratto deve ritenersi valido ed efficace a seguito della registrazione del 14.12.12, anteriore alla notifica dell'intimazione di sfratto per morosità. Pertanto, ai sensi dell'articolo 13 L.431/98 come riformulato deve considerarsi legittimo fino al 16 luglio 2015 il pagamento del canone in misura pari al triplo della rendita catastale mentre per il periodo successivo la riduzione legale del canone, rispetto a quello risultante dal contratto, sia pure registrato tardivamente, non ha più efficacia. Per il periodo successivo al 16.7.15 deve, infatti, considerarsi valido ed efficace, in particolare quanto alla misura del canone, il contratto sottoscritto dalle parti. I canoni dovuti dall'intimata vanno, pertanto, calcolati in misura pari al triplo della rendita catastale fino al 16.7.15 e in misura pari a quanto risultante dal contratto per il periodo successivo. In particolare, fino al 16.7.2015 la conduttrice era legittimamente tenuta al pagamento del canone di € quindi, in totale di € E per numero 31,5 mensilità dal dicembre 2012 al 16.7.2015 successivamente al 16 luglio dello scorso anno il canone dovuto è pari a quello convenzionale e di cui al contratto registrato tardivamente , onde risultano dovuti € E per numero 11 mensilità dal 17.7.15 ad oggi quindi, l'intimata era tenuta a versare in totale € L'intimata ribadisce in memoria integrativa di avere a tutt'oggi continuato a pagare il canone ridotto La sig.ra ha pagato, come paga, un canone di € per anno, oltre € per oneri condominiali, per nulla autoridotto, semmai eteroridotto secondo il combinato disposto dalla D.Lgs. numero 2312011 e del D.L. numero 4712014 l'affermazione e l'effettivo pagamento degli importi non sono contestati dagli intimanti. Poiché, dunque, la conduttrice ha continuato e continua a versare il canone di € in totale ad oggi risultano pagati € e residua un debito a carico della conduttrice medesima di € Conseguentemente, sia pure in misura inferiore a quanto dedotto dall'intimante, la morosità della conduttrice persiste ed è rilevante. Successivamente alla scadenza del 16.7.15 infatti, la conduttrice non ha corrisposto l'intero canone convenzionalmente dovuto ed è divenuta morosa. L'inadempi vento non è di scarsa importanza e il contratto deve, quindi, essere dichiarato risolto fatto imputabile alla parte intimata stessa, con condanna di quest'ultima al rilascio. Considerate le vicende normative del tutto particolari e l'insorgenza della morosità solo a seguito del succedersi di nonne caducate dall'intervento della Corte Costituzionale e di interventi del legislatore in corso di causa, l'inizio dell'esecuzione va fissato a 120 giorni. Le spese di giudizio vanno poste a carico della parte soccombente, con esclusione di quelle relative alla fase sommaria, posto che, in quel momento, l'eccezione dell'intimata trovava fondamento in una nonna in vigore, rimossa solo in corso di giudizio le spese suddette vanno liquidate come in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, in contraddittorio, rigettata ogni contraria o diversa domanda, eccezione o istanza, così provvede 1 Dichiara risolto per inadempimento della parte resistente-intimata il contratto di locazione di cui alla scrittura, priva di data, registrata il 14.12.2012, relativa all'immobile adibito ad uso abitativo, sito in 2 Condanna a rilasciare libero di persone e cose nella disponibilità di 1'iimnobile suddetto. 3 Fissa per l'esecuzione la data del 25.9.16. 4 Condanna a pagare all'intimante-ricorrente la somma di € oltre interessi legali dalle singole scadenze al saldo. 5 Condanna la parte intimata-resistente a rifondere all'intimante-ricorrente le spese di giudizio, liquidate in € per spese ed in € per compensi, oltre rimborso spese generali 15% ed oneri di legge.