Interpretazione del contratto tra testo e comportamenti

Ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti, il primo e principale strumento è rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate, con la conseguente preclusione del ricorso ad altri criteri interpretativi, quando la comune volontà delle parti emerga in modo certo ed immediato dalle espressioni adoperate e sia talmente chiara da precludere la ricerca di una volontà diversa il rilievo da assegnare alla formulazione letterale va poi verificato alla luce dell'intero contesto contrattuale e le singole clausole vanno considerate in correlazione tra loro, dovendo procedersi al rispettivo coordinamento a norma dell'art. 1363 c.c

Ad affermarlo la Corte di Cassazione con la sentenza n. 14842/16, depositata il 20 luglio. Il caso. Un immobile ad uso alberghiero veniva ceduto in locazione. Il conduttore, successivamente, cedeva l'azienda ed anche il contratto di locazione. Il locatore più persone fisiche ed il secondo conduttore stipulavano una scrittura integrativa, in ragione delle quale decidevano la proroga del contratto, aumento del canone, lavori straordinari a carico del conduttore ad eccezione dei lavori di consolidamento da porsi a carico del locatore. Il locatore adiva il Tribunale affinché fosse dichiarata la risoluzione del contratto per inadempimento della parte conduttrice che, a sua volta, in riconvenzionale, chiedeva la condanna del locatore al ristoro delle somme anticipate per lavori di consolidamento. Il conduttore conveniva in giudizio il locatore affinché fosse condannato a pagare il risarcimento ex art. 34 l. n. 392/1978 il convenuto, chiedeva la restituzione della indennità di avviamento versata al conduttore. Il Tribunale riuniva i giudizi ed accoglieva le domande formulate da parte conduttrice, in misura pari a quella determinata nella C.T.U. espletata all'interno del giudizio. La Corte d'appello aumentava l'importo assegnato alla parte conduttrice. Le parti hanno proposto ricorso per cassazione. Il contratto integrativo. Parte locatrice sostiene che la decisione del Giudice di merito si fondi sulla libera interpretazione del contratto integrativo e, più precisamente, su una interpretazione estensiva non supportata dal dato testuale. Interpretazione del contratto e sindacato di legittimità. La S.C. ha ribadito l'orientamento consolidato a tenore del quale, in tema di interpretazione del contratto, il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sé, che appartiene all'ambito dei giudizi di fatto riservati al Giudice di merito, ed afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica e della coerenza e logicità della motivazione addotta, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal Giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati Cass. 2465/2015 . Interpretazione ed autosufficienza del dato letterale. I Giudici di legittimità hanno ricordato che la chiarezza letterale del testo non esclude automaticamente la ricerca della comune intenzione delle parti, dunque della interpretazione. Al contrario, anche lì dove il testo appaia chiaro, è corretta la ricerca di corrispondenza tra lo scritto e la comune intenzione delle parti, attraverso la valutazione complessiva del comportamento dei soggetti interessati. In tal senso appare utile richiamare Cass. n. 18180/2007 in tema di interpretazione del contratto ed ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti, il primo e principale strumento è rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate, con la conseguente preclusione del ricorso ad altri criteri interpretativi, quando la comune volontà delle parti emerga in modo certo ed immediato dalle espressioni adoperate e sia talmente chiara da precludere la ricerca di una volontà diversa il rilievo da assegnare alla formulazione letterale va poi verificato alla luce dell'intero contesto contrattuale e le singole clausole vanno considerate in correlazione tra loro, dovendo procedersi al rispettivo coordinamento a norma dell'art. 1363 c.c. e con riguardo a tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni parte e parola che la compone, dovendo il giudice collegare e raffrontare tra loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato. Con queste argomentazioni la Cassazione ha respinto il ricorso e confermato la decisione della Corte territoriale.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 17 maggio – 20 luglio 2016, numero 14842 Presidente Vivaldi – Relatore Graziosi Svolgimento del processo 1. T.C. e T.R. , quali proprietari di un immobile destinato a uso alberghiero sito in OMISSIS , lo concessero in locazione il 31 agosto 1982 a N.O. , il quale poi cedette la sua azienda alberghiera a Fr.Mi. e C. s.numero c. - ora Fr. e C. s.numero c. e C. -, che pertanto subentrò nel contratto locatizio. Il 17 gennaio 1997 T.R. e gli eredi di T.C. , ovvero T.V. e T.G. , stipularono con essa un negozio integrativo del contratto locatizio, in cui, in cambio una proroga di nove anni per cui la scadenza del contratto slittava al 31 dicembre 2008 e di un aumento del canone, la conduttrice assumeva l’obbligo di manutenzione straordinaria sull’immobile e sugli impianti, in riferimento alle leggi vigenti e alle successive modifiche legislative, esclusi soltanto gli interventi riguardanti la stabilità delle strutture in cemento armato articolo 4 dell’accordo . In data 21 giugno 2004, poi, Otto Marzo Srl acquistava da T.R. il 50% della proprietà dell’immobile - del quale acquisterà l’ulteriore 50% il 29 giugno 2010 da T.V. e T.G. . Nel 2007 T.V. , T.G. e Otto Marzo Srl adivano il Tribunale di Lucca, sezione distaccata di Viareggio, chiedendo dichiararsi la risoluzione del contratto locatizio per inadempimento della conduttrice, e chiedendo la sua condanna al rilascio dell’immobile nonché al risarcimento dei danni la società conduttrice resisteva, riconvenzionalmente chiedendo dichiararsi nulla la clausola numero 4 del patto del 1997 e, in subordine, qualora fosse stata ritenuta valida, chiedendo il ristoro delle spese sostenute per la stabilità delle strutture di cemento armato, cioè Euro 364.563 oltre accessori causa 10546/2007 R.G. . Veniva disposta nel corso del giudizio una c.t.u., della quale successivamente erano espletate due integrazioni. Nel 2010 intanto Fr. e C. s.numero c. instaurava, sempre davanti al Tribunale di Lucca, sezione distaccata di Viareggio, un altro giudizio causa 11163/2010 R.G. perché i locatori fossero condannati a pagarle l’indennità d’avviamento ex articolo 34, secondo comma, l. 392/1978 e i locatori si costituivano, chiedendo in via riconvenzionale la restituzione dell’indennità pagata ex articolo 34, primo comma, l. 392/1978. Riunite le due cause, il Tribunale, con sentenza 26 marzo 2012 numero 142, rigettava le domande dei locatori, condannandoli a pagare a controparte la somma di Euro 132.705, oltre accessori, per la domanda riconvenzionale proposta dalla conduttrice nella causa del 2007, nonché la somma di Euro 149.656 oltre accessori ex articolo 34, secondo comma, l. 392/1978, condannandoli altresì solidalmente a rifondere a controparte le spese processuali. Avendo i locatori proposto appello principale e la società conduttrice proposto appello incidentale sulle spese, la Corte d’appello di Firenze, con sentenza del 21 febbraio - 18 marzo 2013, ha respinto l’appello principale, ha accolto l’appello incidentale aumentando la condanna delle spese processuali del primo grado e ha condannato gli appellanti principali a rifondere all’appellante incidentale le spese del grado d’appello. 2. Ha presentato ricorso Otto Marzo Srl, sulla base di cinque motivi T.V. e T.G. hanno presentato controricorso con ricorso incidentale, aderendo al ricorso principale e riproponendo appunto nel ricorso incidentale tutti i suoi cinque motivi. Fr. e C. s.numero c. si difende con controricorso avverso il ricorso principale e con altro controricorso avverso il ricorso incidentale. Otto Marzo Srl ha presentato memoria ex articolo 278 c.p.c Motivi della decisione 3. I due ricorsi - principale e incidentale - possono essere esaminati congiuntamente in quanto il ricorso incidentale aderisce completamente al ricorso principale, riproponendone i motivi. 3.1.1 Il motivo primo denuncia, ex articolo 360, primo comma, numero 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’articolo 1362 c.c. Premesso che il criterio letterale è esaustivo se il testo del contratto è univoco, si adduce che il giudice d’appello l’avrebbe violato, aggiungendo, nell’articolo 4 del patto del 1997, all’obbligo di manutenzione straordinaria assunto dalla conduttrice due presupposti, che il suo dettato letterale appunto non prevede la richiesta del locatore dell’esecuzione gli interventi di straordinaria manutenzione sull’immobile e sugli impianti - così da individuarli - e l’urgenza/improrogabilità degli interventi stessi. Sarebbe d’altronde illogico, anche rispetto a quel che è evincibile dall’articolo 1577 c.c., richiedere che le opere necessarie di manutenzione straordinaria siano identificabili dal locatore, essendo il conduttore la parte che ha la materiale disponibilità dell’immobile e degli impianti. Inoltre la manutenzione straordinaria non coincide con la riparazione urgente viene richiamata al riguardo Cass. sez. 3, 9 ottobre 1996 numero 8814 . Pertanto la sentenza dovrebbe essere cassata in parte qua, con le evidenti conseguenze sull’accertamento dell’inadempimento della conduttrice. 3.1.2 Il motivo, in sostanza, si fonda sull’asserto che l’articolo 4 del patto aggiuntivo sarebbe stato assolutamente autosufficiente nel suo tenore letterale, per cui, operando una interpretazione che alla lettera ha aggiunto ulteriori elementi, il giudice d’appello avrebbe violato l’articolo 1362 c.c., entrando in conflitto con il reale significato della clausola. Deve rilevarsi che l’articolo 1362 c.c. non impone affatto di non discostarsi dal tenore letterale, ma al contrario legittima tale eventuale discostamento indicando come necessario oggetto della ricerca dell’interprete non il senso letterale delle parole , bensì la comune intenzione delle parti , la cui individuazione è ordinariamente frutto di una indagine, e non di una mera lettura si deve indagare , attesta il legislatore . Il risultato di tale indagine, cioè della effettiva volontà delle parti come manifestata nel negozio, è un accertamento fattuale, riservato quindi istituzionalmente al giudice di merito. Di per sé, pertanto, non può essere corretto adottando esiti alternativi nell’esercizio del sindacato di legittimità, che può vagliare esclusivamente il metodo dell’accertamento sotto il profilo della sua correttezza normativa e non, invece, il risultato dell’indagine da ultimo conferma in tal senso una giurisprudenza consolidata Cass. sez. 3, 10 febbraio 2015 numero 2465 In tema di interpretazione del contratto, il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sé, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica e della coerenza e logicità della motivazione addotta, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati sulla stessa linea v. Cass. sez. 1, 22 febbraio 2007 numero 4178 - che puntualizza come la configurabilità di valutazioni alternative rispetto a quella eletta dal giudice di merito non possa automaticamente implicare violazione di legge, ovvero aprire la strada al sindacato di legittimità, perché per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che quella data dal giudice sia l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, sicché, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra - e v. pure Cass. sez.3, 13 febbraio 2002 numero 2074, Cass. sez. 1, 7 marzo 2007 numero 5273, Cass. sez. 3, 12 luglio 2007 numero 15604 e Cass. sez. 2, 3 settembre 2010 numero 19044 . 3.1.3 Nel motivo in esame si identifica quale canone ermeneutico violato l’articolo 1362 c.c., che peraltro viene inteso, a ben guardare, come una pura manifestazione del principio in claris non fit interpretatio , nel senso - chiaramente non conforme con il dettato normativo per quanto sopra si è già evidenziato - che l’interprete non potrebbe trarre alcun elemento di significato al di fuori della lettera della clausola, nel caso in cui la lettera di per sé sia comprensibile. Ciò non corrisponde, si ripete, al contenuto della norma. Norma che, insegna consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte, nell’interpretazione del contratto impone di verificare compiutamente se sussista nel caso in esame un’assoluta autosufficienza del tenore letterale verifica il cui esito può essere positivo cfr. Cass. sez. 3, 29 luglio 2004 numero 14495 e allo scopo quindi di compiere l’esegesi del testo, ricostruire in base ad essa l’intenzione degli stipulanti e verificare se l’ipotesi di comune intenzione ricostruita sia coerente con le restanti parti del contratto e con la condotta, anche esecutiva, dei contraenti così da ultimo Cass. sez. lav., 1 dicembre 2015 numero 24421 . In particolare, l’assoluta autosufficienza letterale che è sintetizzata tradizionalmente nel brocardo in claris non fit interpretatio deve comunque parametrarsi alla individuazione dell’intenzione delle parti, frutto della razionale e reciproca contestualizzazione degli elementi significativi compresenti v., ex multis, Cass. sez. 3, 9 dicembre 2014 numero 25840 - che sottolinea come il principio in claris non fit interpretatio rende superfluo qualsiasi approfondimento interpretativo del testo contrattuale quando la comune intenzione dei contraenti sia chiara, non essendo a tal fine però sufficiente la chiarezza lessicale in sé e per sé considerata, sicché detto principio non trova applicazione nel caso in cui il testo negoziale sia chiaro, ma non coerente con ulteriori ed esterni indici rivelatori della volontà dei contraenti -, Cass. sez. lav. 3 giugno 2014 numero 12360 - per cui nella interpretazione del contratto il principio in claris non fit interpretatio presuppone che la formulazione testuale sia talmente chiara ed univoca da precludere la ricerca di una volontà diversa , occorrendo peraltro appurare se la lettera esterni realmente la comune intenzione delle parti attraverso una valutazione di merito che consideri il grado di chiarezza della clausola contrattuale mediante l’impiego articolato dei vari canoni ermeneutici, ivi compreso il comportamento complessivo delle parti, in quanto la lettera il senso letterale , la connessione il senso coordinato e l’integrazione il senso complessivo costituiscono strumenti interpretativi legati da un rapporto di implicazione necessario al relativo procedimento ermeneutico - e Cass. sez. 3, 28 marzo 2006 numero 7083 - per cui nell’interpretazione del contratto l’elemento letterale assume funzione fondamentale , ma le clausole devono essere interpretate le une a mezzo delle altre, senza potersi arrestare ad una considerazione atomistica delle stesse, neppure quando il loro senso possa ritenersi compiuto , e comunque l’intenzione delle parti svolge il ruolo di fondamentale parametro di interpretazione - cfr. pure sull’interpretazione del testo letterale del negozio Cass. sez. 28 agosto 2007 numero 18180, Cass. sez. 3, 11 gennaio 2006 numero 261, Cass. sez. 1, 10 ottobre 2003 numero 15150, Cass. sez. lav. 13 agosto 2001 numero 11089 e Cass. sez. 3, 11 giugno 1999 numero 5747 . 3.1.4 Pertanto, non è sostenibile che la corte territoriale abbia violato l’articolo 1362 c.c. per avere oltrepassato l’ambito letterale della clausola, interpretando l’obbligo della parte conduttrice in essa stabilito come condizionato da due elementi non presenti, appunto, nella sua lettera, e cioè la richiesta del locatore e la necessità cronologica delle opere. La corte, al contrario, ha correttamente operato un’indagine ermeneutica contestuale e razionale, prendendo le mosse dalla natura dell’obbligo assunto dalla conduttrice nell’articolo 4 del patto aggiuntivo - interventi di manutenzione straordinaria - e ricostruendo come tale obbligo avrebbe potuto concretizzare il suo oggetto - che indubbiamente, si nota per inciso, era rimasto alquanto generico, ovvero indefinito, nella clausola -, vale a dire i presupposti che lo avrebbero fatto insorgere nell’arco del termine di durata del contratto. La valutazione della corte sotto il profilo del suo esito, come già si è osservato, non è qui sindacabile, né può rilevare in questa sede, come pure rilevato più sopra, l’evidente configurabilità - frutto proprio di un’oggettiva genericità della clausola - di soluzioni diverse, ovvero alternative, in luogo di quella adottata dal giudice d’appello. Inconferenti sono pertanto le argomentazioni versate nel motivo allo scopo di supportare tali alternative, come il riferimento all’articolo 1577 c.c., il fatto che il conduttore avesse la materiale disponibilità dell’immobile e la natura della manutenzione straordinaria in raffronto con la riparazione urgente. Quel che incide è esclusivamente l’applicazione dell’articolo 1362 c.c., che è stata, come si è visto, correttamente effettuata dalla corte territoriale, per cui il motivo risulta infondato. 3.2 Il secondo motivo è presentato in subordine a quello precedente, e denuncia, ex articolo 360, primo comma, numero 5 c.p.c., omesso esame di fatto decisivo e controverso, cioè la richiesta dei locatori alla conduttrice di adempiere l’obbligo degli interventi di manutenzione straordinaria con la lettera ad essa inviata del 2 novembre 2001. Il motivo è palesemente infondato, poiché dal complessivo apparato motivazionale della sentenza impugnata emerge che il fatto suddetto in esso non gode di alcuna decisività, id est non è idoneo a ledere la ratio decidendi cfr. p. es. Cass. sez. L, 14 novembre 2013 numero 25608, S.U. 25 ottobre 2013 numero 24148, Cass. sez. L, 14 febbraio 2013 numero 3688 e Cass. sez. L, 18 marzo 2011 numero 6288 . Invero, la corte territoriale ha ricostruito la volontà delle parti quanto all’obbligo di effettuare manutenzione straordinaria assunto con l’articolo 4 del patto aggiuntivo dalla conduttrice nel senso che questo sarebbe stato efficace solo per le opere di manutenzione straordinaria qualificabili come urgenti/improrogabili. È evidente, allora, che se tale presupposto non sussiste, è svuotato di ogni rilevanza l’ulteriore presupposto della richiesta da parte del locatore di provvedere agli interventi. E la corte ha ritenuto che nessuna urgenza fosse venuta in essere durante il periodo di esecuzione del contratto motivazione, pagina 8 , così assorbendo il profilo della richiesta in questione, che - logicamente quindi - non menziona. 3.3 Il terzo motivo, anche questo proposto in subordine, denuncia, ex articolo 360, primo comma, numero 4 c.p.c., violazione degli articoli 132 c.p.c. e 111, sesto comma, Cost. per carenza di motivazione sulla necessità urgente delle manutenzioni straordinarie. Si adduce che la motivazione sussiste solo per una delle opere di manutenzione straordinaria richieste, cioè l’impianto antincendio, per le altre opere avendo il giudice d’appello rinviato agli elaborati del c.t.u., che però nulla direbbero sulla loro urgenza. Il motivo richiama solo una parte del contenuto dei tre elaborati del c.t.u., per cui non può definirsi autosufficiente. Ma soprattutto - a parte che adduce altresì argomentazioni puramente fattuali - denuncia un vizio motivazionale che avrebbe potuto, semmai, essere ricondotto al previgente testo dell’articolo 360, primo comma, numero 5 c.p.c Nel caso in esame, invece, è applicabile il testo vigente, come novellato dall’articolo 54 d.l. 22 giugno 2012 numero 83, convertito con modifiche nella l. 7 agosto 2012 numero 134. E la motivazione non può dirsi omessa, proprio in forza del rinvio ai tre elaborati, che la corte territoriale dichiara, per la loro sufficiente illustrazione, di far propri motivazione, pagina 8 . Sotto ogni profilo, dunque, il motivo è privo di pregio. 3.4 Il quarto motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, numero 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli articoli 2727 e 2729 c.c. in relazione agli articoli 2697 c.c. e 116 c.p.c., per avere il giudice d’appello, a proposito della prova dei presupposti dell’indennità ex articolo 34, secondo comma, l. 392/1978, qualificato alcuni documenti nnumero 9-12 argomenti di prova rafforzanti un altrimenti raggiunto convincimento, senza però indicare su che cosa, allora, si fondi il convincimento che questi soltanto rafforzerebbero. Anche questo motivo non ha consistenza, nel senso che non corrisponde al reale contenuto della motivazione offerta dalla corte nella sentenza impugnata. La corte, invero, espressamente supporta i presupposti dell’indennità su alcuni documenti che specificamente indica - e che segnala essere già stati richiamati anche dal primo giudice -. Si tratta dei documenti 3, 4,5 e 6 dell’appellata motivazione, pagina 11 , di cui la corte sottolinea la mancata contestazione da parte dell’appellante e che, si nota ad abundantiam , il motivo in esame omette completamente di richiamare, costituendo ictu oculi - vista l’assoluta chiarezza della motivazione sul punto - il fondamento del convincimento del giudice la cui esistenza il motivo stesso tenta di negare. 3.5 Il quinto motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, numero 4 c.p.c., violazione degli articoli 132 c.p.c. e 111 Cost. in ordine agli elementi che fondano il convincimento del giudice d’appello sulla data di inizio della nuova attività alberghiera nell’immobile ai fini dell’applicazione dell’articolo 34, secondo comma, l. 392/1978. Si tratta di una evidente replica del motivo precedente, sotto il profilo del vizio motivazionale nella accezione radicale dell’articolo 360, primo comma, numero 4 c.p.c., imputando alla corte territoriale la totale carenza di motivazione . Totale carenza che assolutamente non si riscontra, come si è visto nel precedente motivo, al quale si rimanda. In conclusione, entrambi i ricorsi devono essere rigettati, con conseguente condanna del ricorrente principale alla rifusione alla controricorrente delle spese processuali, liquidate come da dispositivo, e altresì conseguente condanna dei ricorrenti incidentali - solidalmente visto il comune interesse processuale - alla rifusione alla controricorrente delle spese processuali, liquidate come da dispositivo. Sussistono ex articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2012 i presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo. P.Q.M. Rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale condanna il ricorrente principale a rifondere alla controricorrente le spese processuali, liquidate in un totale di Euro 2.600,00, oltre a Euro 200,00 per esborsi e agli accessori di legge condanna solidalmente i ricorrenti incidentali a rifondere alla controricorrente le spese processuali, liquidate in un totale di Euro 2.600,00, oltre a Euro 200,00, per esborsi e agli accessori di legge. Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.