Pignoramento dalla creditrice della società locatrice dell’immobile: ciò non rende meno grave la morosità della società locataria

Confermata la risoluzione dell’accordo relativo all’uso non abitativo di un immobile. La società locataria condannata a pagare i quasi 10mila euro di canoni dovuti e non versati. Irrilevante il fatto che essa abbia ricevuto un atto di pignoramento da parte di una creditrice della società locatrice dell’immobile.

Canoni dovuti ma mai versati. Inevitabile la risoluzione del contratto di locazione, relativo ad un immobile adibito ad uso non abitativo. Irrilevante il fatto che la società conduttrice si sia vista consegnare un atto di pignoramento proveniente da una creditrice della società locatrice Cassazione, ordinanza n. 12122/2016, Sezione Sesta Civile, depositata ieri . Canoni. Linea di pensiero comune per i giudici del Tribunale e della Corte d’appello evidente l’ inadempimento da parte della locataria , che ha ‘dimenticato’ di pagare quasi 10mila euro come canoni per l’immobile preso in locazione a scopo commerciale. Consequenziali la risoluzione del contratto e l’ordine di immediato rilascio dell’immobile . Logica anche la condanna al pagamento dei canoni dovuti e non versati . Non plausibile l’obiezione proposta dalla società conduttrice , secondo cui sulle somme dovute sussisteva un vincolo di non esigibilità conseguente alla notifica, avvenuta nei suoi confronti, di un atto di pignoramento proveniente da una società creditrice della locatrice . Pignoramento. Decisivo, anche per i magistrati della Cassazione, un semplice dato temporale la società locatrice ha fatto valere una morosità che già prima della notifica del pignoramento era così grave da giustificare la risoluzione del contratto . Questa semplice constatazione azzera la linea proposta dalla società conduttrice , che, peraltro, non pare avere in alcun modo offerto il pagamento in data antecedente o anche successiva al pignoramento . Fuori luogo, quindi, il richiamo difensivo al cosiddetto vincolo di indisponibilità . Allo stesso tempo, però, i giudici del ‘Palazzaccio’ tengono a sottolineare che la notificazione al conduttore di un atto di pignoramento presso terzi non lo libera dall’obbligo di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni versando il canone dovuto, o, almeno, mettendo le relative somme a disposizione del creditore pignorante .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 14 aprile – 13 giugno 2016, n. 12122 Presidente Armano – Relatore Cirillo Svolgimento del processo E’ stata depositata la seguente relazione. 1. La A. Immobiliare s.n.c. intimò sfratto per morosità alla Centro energia rinnovabile s.r.l. in relazione ad un immobile adibito ad uso non abitativo e la convenne in giudizio davanti al Tribunale di Viterbo per ottenere la risoluzione del contratto per inadempimento della conduttrice, l'immediato rilascio dell'immobile e la condanna al pagamento dei canoni dovuti e non versati. Si costituì in giudizio la Centro energia rinnovabile s.r.l., eccependo che sulle somme da essa dovute a titolo di canoni di locazione sussisteva un vincolo di non esigibilità conseguente alla notifica, avvenuta nei suoi confronti, di un atto di pignoramento presso terzi proveniente da una terza società, creditrice della locatrice A I1 Tribunale, disposto il mutamento del rito, accolse la domanda, dichiarò risolto il contratto per inadempimento della società conduttrice e la condannò al pagamento della somma di curo 9.670,14 a titolo di canoni insoluti, più gli oneri accessori e con il carico delle spese di giudizio. 2. La sentenza è stata appellata dalla Centro energia rinnovabile s.r.l. e la Corte d'appello di Roma, con sentenza del 21 maggio 2014, ha rigettato l'appello, condannando la società appellante al pagamento delle ulteriori spese del grado. 3. Contro la sentenza d'appello ricorre la Centro energia rinnovabile s.r.l. con atto affidato ad un motivo. Resiste la A. Immobiliare s.n.c. con controricorso. 4. Osserva il relatore che il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ., in quanto appare destinato ad essere rigettato. 5. Occorre innanzitutto osservare che è priva di fondamento l'eccezione preliminare, contenuta nel controricorso, secondo cui il ricorso sarebbe inammissibile in quanto notificato ad uno solo dei due difensori della società rincaro e non ad entrambi. Il ricorso risulta notificato all'avv. F.R. nel domicilio eletto, ed è evidente che ciò è sufficiente ai fini della valida instaurazione del contraddittorio, non essendo necessaria la notifica del ricorso anche all'altro difensore avv. D.G 6. Con l'unico motivo di ricorso si lamenta, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 , cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell'art. 1453 cod. civ. e degli artt. 543 e 546 cod. proc. civ., rilevando che la Corte d'appello avrebbe errato nel pronunciare la risoluzione del contratto, perché nel momento in cui la morosità è stata fatta valere, la società conduttrice non poteva essere più ritenuta responsabile dell'inadempimento, atteso il vincolo di destinazione determinato dall'atto di pignoramento presso terzi ad essa notificato. 6.1. Il motivo non è fondato. 1,a Corte d'appello, con accertamento di merito non sindacabile in questa sede e neppure realmente contestato, ha rilevato che l'atto di pignoramento era stato notificato alla società oggi ricorrente in data 3 luglio 2012, mentre le somme dovute dalla medesima si riferivano tutte ad un periodo antecedente il pignoramento, poiché la società A. aveva chiesto in giudizio il pagamento dei canoni scaduti fino al giugno 2012. Da tanto conseguiva che, nel momento in cui era sorto il vincolo di indisponibilità delle somme dovute a titolo di canone, era già maturata una considerevole morosità e, dunque, sussisteva già l'inadempimento della conduttrice, legittimante la risoluzione contrattuale . A fronte di siffatta motivazione, le argomentazioni della società ricorrente si risolvono nella ripetizione di argomenti che sono stati affrontati e superati dalla sentenza impugnata d'altra parte, è palese che il vincolo di indisponibilità che insorge in base all'art. 546 cod. proc. civ. è un qualcosa che rimane estraneo alla vicenda odierna, nella quale la società locatrice ha fatto valere una morosità che già prima della notifica del pignoramento era così grave da giustificare la risoluzione del contratto per morosità. Né la società ricorrente pare avere in alcun modo offerto il pagamento in data antecedente o anche successiva al pignoramento stesso. 7. Si ritiene, pertanto, che il ricorso vada trattato in camera di consiglio per essere rigettato . Motivi della decisione 1. Entrambe le parti hanno depositato memorie a tale relazione, insistendo per l'accoglimento delle rispettive conclusioni. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione medesima e di doverne fare proprie le conclusioni, con le seguenti precisazioni. La notificazione al conduttore di un atto di pignoramento presso terzi, mentre produce gli effetti di cui all'art. 546 cod. proc. civ., certamente non lo libera dall'obbligo di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni versando il canone dovuto o, almeno, mettendo le relative somme a disposizione del creditore pignorante. Mentre non risulta in alcun modo che l'odierna ricorrente si sia attenuta a tale doveroso comportamento, il ricorso si presenta anche lacunoso, non specificando neppure di quale entità fosse il credito in discussione. 2. Il ricorso, pertanto, è rigettato. A tale esito segue la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del d.m. 10 marzo 2014, n. 55. Sussistono inoltre le condizioni di cui all'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte della società ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi euro 3.000, di cui curo 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-guater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.