Delibera dell’autorità amministrativa che impedisce l’adempimento: responsabile il debitore se vi ha dato causa

Nel caso in cui l’impresa esercente servizi di telefonia non abbia adempiuto la propria obbligazione nei termini contrattualmente stabiliti, essa non può invocare l’impossibilità della prestazione con riferimento ad un provvedimento dell’autorità amministrativa che fosse ragionevolmente prevedibile secondo la comune diligenza. La diligenza e la buona fede nell’esecuzione del contratto impongono di comunicare tempestivamente al proprio cliente l’impossibilità di eseguire la prestazione e di adottare gli opportuni provvedimenti al fine del contenimento dei danni.

La Terza sezione della Corte di Cassazione con la pronuncia n. 11914, depositata il 10 giugno 2016, si è occupata di risarcimento danni per inadempimento contrattuale. La sentenza è d’interesse trattando della particolare ipotesi in cui la parte obbligata contrattualmente si renda inadempiente ed eccepisca la sopravvenuta esistenza di un provvedimento dell’autorità amministrativa avente riflessi negativi sull’attuazione del rapporto obbligatorio. Vengono così individuati gli elementi che rendono l’atto dell’Autorità amministrativa idoneo a giustificare l’inadempimento. Il fatto. La vicenda processuale vede coinvolta una compagnia di servizi telefonici ed un’impresa che fondava la propria organizzazione sull’utilizzo della linea telefonica. Quest’ultima sottoscriveva una proposta contrattuale per la migrazione ad altro operatore, tale proposta prevedeva che la nuova compagnia, al fine di garantire l’attivazione del contratto, si occupasse di gestire tutti gli adempimenti per il distacco dal vecchio operatore sulla base di una procedura di rientro unilaterale gestita autonomamente e prevista dall’AGCOM. Accadeva che l’operatore non rispettasse la condizione generale di contratto che prevedeva l’attivazione del servizio entro dieci giorni dalla richiesta del cliente. Così la società cliente restava priva di utenza telefonica e si rivolgeva al Tribunale richiedendo il risarcimento dei danni. La convenuta chiamava in causa il vecchio gestore ritenendolo responsabile in via esclusiva del disservizio. In primo grado la domanda era accolta. In appello la decisione veniva riformata, la Corte d’appello riteneva che la compagnia non fosse più nelle condizioni di adempiere al contratto essendo intervenuta una delibera dell’AGCOM che le aveva sostanzialmente vietato di procedere in via unilaterale al rientro dei clienti abbonati in precedenza con altri gestori. Tale delibera, che peraltro era stata comunicata all’attrice a distanza di circa due mesi dalla sua adozione e solo dopo numerosi solleciti, al contempo stabiliva che le modalità di rientro andassero concordate con gli altri gestori. E’ cosi che la delibera era qualificata quale caso di forza maggiore con conseguente esclusione della responsabilità della compagnia. L’inadempimento nella ricostruzione offerta dalla creditrice. La sentenza era impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione. Deduceva l’appellante che la soluzione offerta dalla Corte d’appello violasse le regole di cui agli articoli 1218 e 1256 c.c La ricorrente riferiva come il provvedimento dell’AGCOM fosse interdittivo ed adottato proprio per porre fine ai reiterati comportamenti scorretti della compagnia telefonica consistiti nell’attivare unilateralmente le procedure di rientro telefonico. Ulteriore censura mossa dall’impugnante era quella relativa alla violazione degli obblighi operanti in materia di mandato giacché la compagnia, non ebbe ad informare la cliente dell’impossibilità di adempiere la propria prestazione. L’impossibilità sopravvenuta della prestazione che giustifica l’inadempimento. Le due censure venivano accolte dalla Cassazione. L’organo di nomofilachia con riferimento al profilo dell’impossibilità sopravvenuta della prestazione argomentava che la delibera dell’Autorità non fosse qualificabile quale causa impeditiva per l’adempimento contrattuale. In questa direzione la giurisprudenza di legittimità ai fini della sussistenza dell’impossibilità sopravvenuta della prestazione richiede la sua assolutezza ed obiettività, indipendente dai comportamenti di soggetti terzi. Esclusione del comportamento colposo del debitore. Nel caso di specie la delibera dell’AGCOM con cui, lo si ricorda, era stato inibito alla compagnia di gestire unilateralmente i rientri non era considerata dalla Cassazione sufficiente a giustificare l’inadempimento invero la compagnia aveva in passato adottato procedure di migrazione unilaterale in contrasto con la normativa vigente ed era stata più volte sollecitata nel cessare tale atteggiamento lesivo dei diritti. In buona sostanza aveva colposamente concorso con il proprio comportamento alla emanazione della delibera. La Corte sosteneva che l’inadempimento sarebbe stato giustificato solo in presenza di ordine o divieto dell’Autorità slegato dal fatto e dalla volontà dell’obbligato, con conseguente responsabilità del debitore nel caso di specie. Responsabilità che veniva confermata anche sotto il profilo della tardiva comunicazione alla cliente.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 18 febbraio – 10 giugno 2016, n. 11914 Presidente Ambrosio – Relatore Armano Svolgimento del processo La società V.G. s.n.c di V.G. & amp C ha citato in giudizio la Telecom Italia s.p.a per ottenere il risarcimento dei danni dovuto alla sospensione dell’utenza telefonica fissa nella fase di migrazione dal vecchio gestore, Teleunit S.p.A, alla Telecom Italia. La Telecom Italia ha chiamato in giudizio la Teleunit s.r.l., già Teleunit S.p.A, ritenendola unica responsabile del disservizio. Il Tribunale di Bologna, accertata la concorrente responsabilità di entrambe le compagnie telefoniche, ha condannato la Telecom a risarcire alla società V.G. l’importo di Euro 190.000,00,oltre all’indennizzo contrattualmente previsto, e la società Teleunit a tenere indenne la Telecom nella misura del 50% delle somme liquidate in favore della società attrice. La Corte di appello di Bologna, con sentenza del 24 maggio 2013, a modifica della decisione di primo grado, ha accolto l’appello della Telecom, rigettando la domanda proposta dalla società V.G.,e l’appello incidentale della Teleunit, dichiarando inammissibile la domanda proposta nei suoi confronti. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la società V.G. con cinque motivi illustrati da successiva memoria. Ha resistito con controricorso e proposto ricorso incidentale condizionato la Teleunit s.r.l., illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c Ha resistito con controricorso la Telecom Italia s.p.a al ricorso principale ed al ricorso incidentale proposto dalla Teleunit. Motivi della decisione 1. La Corte d’appello ha accertato che in data 6 dicembre 2007 la società V.G. aveva sottoscritto una proposta di attivazione del servizio telefonico con la quale la Telecom si era assunta l’obbligo di svolgere tutti gli adempimenti per operare il distacco dal vecchio gestore Teleunit ed attivare la nuova utenza, sulla base di una procedura di rientro unilaterale gestita autonomamente da Telecom e prevista dall’AGCOM. In base all’articolo 4 delle condizioni generali di abbonamento, la Telecom si era impegnata ad attivare il servizio entro 10 giorni dalla richiesta del cliente. La V.G. aveva contemporaneamente sottoscritto il modulo di recesso dal contratto con Teleunit. A seguito di solleciti da parte della società V.G., che dopo il distacco della linea non aveva ottenuto ancora la nuova, la Telecom aveva comunicato in data 12-2-2008 l’impossibilità di adempiere agli impegni assunti a causa della delibera dell’AGCOM, intervenuta nelle more, comunicata agli operatori l’11 dicembre 2007 ed entrata in vigore il 26 dicembre 2007, con la quale le veniva interdetto di procedere in via unilaterale al rientro dei clienti in precedenza abbonati presso altri gestori, disponendo altresì che tali modalità di rientro dovessero essere disciplinate da accordi assunti da Telecom con i vari gestori. La Corte d’appello ha ritenuto che, a causa di tale delibera dell’AGCOM,la Telecom si era trovata nell’impossibilità di adempiere alla prestazione. 2.In relazione alla posizione di Teleunit, la Corte di merito ha ritenuto che la domanda proposta dalla società V.G. nei confronti della Telecom non si estendeva automaticamente alla Teleunit, senza un’espressa domanda nei suoi confronti, domanda che era stata formulata tardivamente. Di conseguenza ha dichiarato inammissibile la domanda della società V.G. nei confronti della Teleunit. 3. Con il primo motivo del ricorso principale si denunzia violazione degli artt. 1218 c.c. e 1256 c.c. in riferimento all’art. 360 numero 3 e 5 c.p.c Sostiene la ricorrente che la Corte d’appello ha errato nel ritenere che la di delibera dell’AGCOM 569/07/Cons integrasse gli estremi della forza maggiore. Infatti i provvedimenti dell’autorità integrano gli estremi della forza maggiore solo quando discendono da circostanze imprevedibili ed inevitabili, non connesse a comportamenti colposi, che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza. Al contrario, la delibera in questione nasceva da comportamenti lesivi del diritto degli utenti messi in atto dalla Telecom, e conteneva l’ordine della cessazione del ripetersi di tali comportamenti. L’ordine di cessazione di tali comportamenti era prevedibile ed evitabile. 4.Con il secondo motivo si denunzia omessa pronunzia e violazione degli artt. 1218, 1710 e 1176 ex art. 360 n. 3 e 5 in quanto la Telecom, quale mandataria, non provvide ad informare la propria mandante dell’impossibilità dell’adempimento. 5. I due motivi si esaminano congiuntamente per la connessione logico giuridica che li lega e sono fondati. Ai sensi degli artt. 1218 e 1256 c.c. il debitore è responsabile per l’inadempimento dell’obbligazione fino al limite della possibilità della prestazione, presumendosi, fino a prova contraria, che l’impossibilità sopravvenuta, temporanea o definitiva, della prestazione stessa gli sia imputabile per colpa. La giurisprudenza di questa Corte è costante nel ritenere che l’impossibilità sopravvenuta che libera dall’obbligazione deve essere obiettiva, assoluta e riferibile al contratto e alla prestazione ivi contemplata, e deve consistere non in una mera difficoltà, ma in un impedimento, del pari obiettivo e assoluto, tale da non poter essere rimosso, a nulla rilevando comportamenti di soggetti terzi rispetto al rapporto cfr. e pluribus, Cass. nn. 15073/09, 9645/04, 8294/90, 5653/90 e 252/53 . Di conseguenza l’impossibilità sopravvenuta della prestazione produce gli effetti estintivi o dilatori se deriva da una causa avente natura esterna e carattere imprevedibile secondo la diligenza media. cfr. Cass. nn. 2691/87, 3844/80, 2555/68 . 6. Questa Corte, in relazione all’ipotesi in cui un atto dell’autorità legislativa, amministrativa o giudiziaria, che incide negativamente sull’attuazione del rapporto obbligatorio, possa ritenersi idoneo a giustificare l’inadempimento o il ritardo nell’esecuzione della prestazione, ha ritenuto che nell’ipotesi di cd. factum principis deve ritenersi sussistente la responsabilità del debitore laddove il medesimo vi abbia colposamente dato causa v. Cass. n. 21973/07 . Ciò in quanto il factum principis non basta, di per sé solo, a giustificare l’inadempimento ed a liberare l’obbligato inadempiente da ogni responsabilità. Perché tale effetto estintivo si produca è necessario che l’ordine o il divieto dell’autorità sia configurabile come un fatto totalmente estraneo alla volontà dell’obbligato e ad ogni suo obbligo di ordinaria diligenza, il che vuoi dire che, di fronte all’intervento dell’autorità, il debitore non deve restare inerte né porsi in condizione di soggiacervi senza rimedio, ma deve, nei limiti segnati dal criterio dell’ordinaria diligenza, sperimentare ed esaurire tutte le possibilità che gli si offrono per vincere e rimuovere la resistenza o il rifiuto della pubblica autorità così, Cass. n. 818/70 . Inoltre, nel caso in cui il debitore non abbia adempiuto la propria obbligazione nei termini contrattualmente stabiliti, egli non può invocare l’impossibilità della prestazione con riferimento ad un provvedimento dell’autorità amministrativa che fosse ragionevolmente prevedibile secondo la comune diligenza. Cass., Sentenza n. 2059 del 23/02/2000. 7. È certa nella specie l’esistenza di una causa esterna incidente sul momento strumentale dell’adempimento, vale a dire sulla migrazione dell’utenza telefonica da un diverso gestore alla Telecom. Manca, invece, in base a quanto emerge dalla motivazione della sentenza impugnata e dai motivi di impugnazione proposti, la valutazione sulla non imputabilità remota alla società debitrice della predetta causa. La sola e pacifica circostanza che l’AGCOM, dopo la conclusione del contratto, emise un ordine interdittivo nei confronti della Telecom, non determina automaticamente il carattere non imputabile dell’impossibilità di adempiere, sotto la specie della diligenza impiegata in concreto sia per evitare che sorgesse, sia per rimuovere tempestivamente l’ostacolo all’adempimento. 8. Come denunziato dalla ricorrente principale risulta dalla delibera in oggetto che già nell’anno 2007 la Telecom aveva ricevuto numerosi solleciti da parte dell’AGCOM a non porre in essere procedure di migrazione unilaterale in contrasto con la normativa vigente e di provvedere alla conclusione delle negoziazioni in atto. Risulta, inoltre, che nel corso dell’anno 2007, erano giunte all’AGCOM numerose comunicazioni da parte delle altre compagnie telefoniche della circostanza che la Telecom non aveva cessato le procedure di migrazione unilaterale. 9. La Corte d’appello ha ritenuto la delibera giustificativa dell’inadempimento della Telecom, senza adeguatamente motivare in ordine ai requisiti previsti dal modello legale disciplinato dagli artt. 1218 c.c. e 1256 c.c. per ritenere impossibile l’adempimento determinato da un provvedimento dell’autorità. Risulta omessa ogni valutazione in ordine alla colpa della debitore nel determinare l’emissione del provvedimento dell’autorità AGCOM e sulla natura imprevedibile dello stesso. 10. La Corte di merito avrebbe dovuto valutare se la delibera in oggetto, che ordina alla Telecom l’interruzione immediata della procedura unilaterale di migrazione, fosse stata la conseguenza del comportamento tenuto dalla Telecom stessa, che aveva attuato il trasferimento dei clienti da precedenti compagnie a se stessa con modalità unilaterali e non concordate fra le varie compagnie telefoniche, come prevede la legge, comportamento più volte contestatogli dall’AGCOM nel corso dell’anno 2007 se l’emissione della delibera fosse prevedibile al momento della conclusione del contratto con la società V.G 11. Inoltre, come denunziato dalla ricorrente principale nella sentenza impugnata manca qualunque valutazione in ordine alla diligenza tenuta dalla Telecom nell’esecuzione del contratto al momento in cui è venuta a conoscenza della delibera interdittiva. Infatti risulta che la Telecom è venuta a conoscenza della delibera dell’AGCOM 569/07/Cons in data 11 dicembre 2007 ed ha aspettato circa due mesi senza effettuare alcuna comunicazione alla società V.G. e senza adottare alcun provvedimento a protezione del proprio cliente, tenendo anche conto che la società V.G. fondava la propria organizzazione operativa proprio sulla connessione telefonica. 12. Il terzo motivo del ricorso principale, con cui si denunzia violazione dell’articolo 106 c.p.c. ex art. 360 n. 3 e 5 il quarto motivo, con cui contesta la qualificazione della domanda proposta nei confronti della Teleunit come domanda extracontrattuale, ed il quinto motivo sulle spese processuali, sono assorbiti dall’accoglimento del primo e secondo motivo del ricorso principale. Il ricorso incidentale Teleunit, condizionato all’accoglimento del terzo e quarto motivo di impugnazione del ricorso principale, è assorbito. 13. La sentenza impugnata va cassata in relazione all’accoglimento del primo e secondo motivo del ricorso principale ed il processo deve essere rimesso alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, che provvederà anche alle spese del giudizio di cassazione, e che si atterrà ai seguenti principi di diritto in relazione ad un contratto fra una impresa esercente servizi di telefonia ed il cliente, in presenza di un atto dell’autorità legislativa, amministrativa o giudiziaria che abbia inciso negativamente sull’attuazione del rapporto obbligatorio, è necessario, per giustificare l’inadempimento o il ritardo nell’esecuzione della prestazione, che l’impresa non vi abbia colposamente dato causa, in quanto il factum principis non basta, di per sé solo, a giustificare l’inadempimento ed a liberare l’obbligato inadempiente da ogni responsabilità. Nel caso in cui l’impresa esercente servizi di telefonia non abbia adempiuto la propria obbligazione nei termini contrattualmente stabiliti, essa non può invocare l’impossibilità della prestazione con riferimento ad un provvedimento dell’autorità amministrativa che fosse ragionevolmente prevedibile secondo la comune diligenza. La diligenza e buona fede nell’esecuzione del contratto da parte di una impresa esercente servizi di telefonia impongono di comunicare tempestivamente al proprio cliente l’impossibilità di eseguire la prestazione e di adottare gli opportuni provvedimenti al fine del contenimento dei danni. P.Q.M. La Corte accoglie il primo e secondo motivo del ricorso principale e dichiara assorbiti gli altri dichiara assorbito il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Bologna in diversa composizione. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 115 del 2002 dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale e di quello incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.