Nell’appalto pubblico l’approvazione dell’organo di controllo è condizione sospensiva dell’accordo

L’approvazione da parte di un organo di controllo di un contratto concluso da un soggetto pubblico non costituisce elemento integrativo del profilo volitivo del negozio. Tale controllo si caratterizza per essere un elemento del tutto estrinseco ai requisiti essenziali del contratto che può anche sopravvenire quale condizione sospensiva alla conclusione dell’accordo.

Così si è espressa la Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza n. 9779, depositata il 12 maggio 2016. La pronuncia in commento verte sui presupposti d’efficacia di un contratto pubblico d’appalto sottoscritto anteriormente alla l. n. 109/1994. Il fatto. Una società industriale conveniva in giudizio un Comune per sentir dichiarare la risoluzione di un contratto d’appalto per la costruzione di un impianto di depurazione delle acque reflue, per fatto colposo dell’ente committente. Il Tribunale, rigettata l’eccezione di incompetenza funzionale a favore del collegio arbitrale, dichiarava la risoluzione del contratto d’appalto e condannava il Comune al pagamento dei danni. Anche il giudice di seconde cure respingeva l’interposto appello. Nello specifico riteneva che la mancata adesione negoziale della Cassa del Mezzogiorno, ente finanziatore dell’opera, non potesse esser idonea ad elidere l’efficacia del contratto d’appalto. Ricorre per cassazione l’amministrazione committente. La decisione della Corte. La Suprema Corte, dopo aver chiarito la natura meramente obbligatoria ed unilateralmente derogabile della competenze arbitrale, accoglie il motivo di ricorso spiegato dall’ente comunale. Come noto, quando la pa agisce nel campo del diritto privato, è soggetta alle norme del codice civile, con la conseguenza che il contratto si perfeziona con l'incontro delle volontà delle parti nei modi previsti dall'art. 1326 c.c. cfr. Cass. civ. Sez. II, 21/02/1986, n. 1055 . Gli Ermellini spiegano però che l’approvazione da parte di un organo a ciò deputato di controllo di un contratto concluso da un soggetto pubblico non costituisce elemento integrativo del profilo volitivo del negozio. Tale controllo, per converso, si caratterizza per essere un elemento del tutto estrinseco ai requisiti essenziali del contratto che può anche sopravvenire alla conclusione dell’accordo. Il potere di diniego dell’approvazione, ovviamente, può essere esercitato per ragioni di opportunità o di convenienza, ma in ogni caso deve essere sorretto da adeguata motivazione ed è soggetto a sindacato giurisdizionale. In conclusione. Nella vicenda in esame, pertanto, incombeva ex art. 2697 c.c. sulla società attrice dimostrare l’avveramento di siffatta vera e propria condizione sospensiva, e non già al Comune committente. Pretesa di pagamento dunque paralizzata in assenza di siffatta prova. Da qui la cassazione con rinvio della sentenza impugnata. In pratica. L’insegnamento che possiamo trarre dalla sentenza n. 9779/2016 è il seguente. I controlli preventivi si innestano nella fase integrativa del procedimento contrattuale con la pa. Il loro eventuale esito positivo, che si manifesta con il c.d. visto e la registrazione, dà l’avvio alla fase in executivis del rapporto. Il suo diniego o l’assenza, per converso, hanno una valenza impeditiva in quanto precludono l’esplicazione degli effetti tipici del programma concordato in sede di stipulazione.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 24 febbraio 2014 – 12 maggio 2016, n. 9779 Presidente Salvago – Relatore Dogliotti Svolgimento del processo Con atto di citazione, notificato in data 14 giugno 1999, FISIA Italimpianti spa conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Augusta, il Comune di Augusta, perché fosse dichiarata la risoluzione del contratto di appalto relativo ai lavori di costruzione dell’impianto di depurazione delle acque reflue della città di Augusta e della zona Nord dell’agglomerato industriale ASI di per fatto e colpa dell’appaltante, e condannato il Comune al risarcimento del danno. Costituitosi il contraddittorio, il Comune eccepiva in via preliminare il difetto di competenza del giudice adito a favore del collegio arbitrale, ai sensi dell’art. 7 del contratto di appalto inter partes, e, nel merito, chiedeva il rigetto della domanda. Con sentenza in data 23/6/2003, il Tribunale di Augusta accoglieva la domanda dichiarava la risoluzione del contratto di appalto e condannava il Comune di Augusta a corrispondere alla società la complessiva somma di Euro 887.967,70. Proponeva appello la società. Costituitosi il contraddittorio, il Comune ne chiedeva il rigetto. La Corte d’Appello di Catania, con sentenza in data 21 luglio 2008, rigettava l’appello. Ricorre per cassazione il Comune di Augusta. Resiste con controricorso la FISIA Italimpianti. Entrambe le parti hanno depositato memorie difensive. MOTIVI DELLA DECISIONE Va preliminarmente osservato che i quesiti ex art. 366 bis cpc, abrogato, ma ancora operante per i rapporti pregressi, appaiono adeguati, e quindi non va accolta l’eccezione di inammissibilità della controricorrente. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta violazione degli artt. 807, 808 c.p.c., 8 l. n. 646 del 1950, 43 e 47 del Capitolato generale di appalto per le opere di competenza del Ministero dei Lavori Pubblici, con riguardo all’affermazione del giudice a quo circa la competenza del giudice ordinario e non di quella del collegio arbitrale. Con il secondo, violazione degli artt. 1353, 1362, 2697 c.c., là dove la Corte di Appello aveva escluso l’inefficacia del contratto, pur privo dell’approvazione della Cassa per il Mezzogiorno. Con il terzo, vizio di motivazione, là dove la Corte di merito aveva ritenuto la sussistenza di un inadempimento colpevole da parte dell’amministrazione committente. Con il quarto, violazione della L. n. 431 del 1985, art. 15 e 16 L. R. Siciliana n. 78 del 1976, art. 57 L.R. Siciliana n. 39 del 1977, nonché art. 1375 c.c., sostenendo che legittimamente esso Comune aveva ritenuto di poter stipulare il contratto, mentre il parere contrario sopravvenuto da parte della Sovrintendenza, costituiva revoca di un precedente parere favorevole. Con il quinto, violazione dell’art. 28 del Capitolato generale di appalto della Cassa per il Mezzogiorno, in ordine alla determinazione dei danni, secondo una errata interpretazione dell’art. 348 L. n. 2248 del 1865. Con il sesto, violazione degli artt. 115, 157, 183 e 184 e 194 cpc, nonché 2967c.c., sulla quantificazione dei danni, sollevando varie critiche alla espletata CTU. Il primo motivo è infondato. Come correttamente chiarisce il giudice a quo, il contratto di appalto de quo fu stipulato in data 8/4/1986, nel vigore del testo dell’art. 47, Capitolato generale di appalto per le opere di competenza del Ministero dei Lavori Pubblici, approvato con DPR n. 1063 del 1962 sostituito dall’art. 16 L. n. 741 del 1981, in virtù del quale la competenza arbitrale prevista in via generale dall’art. 43 per tutte le controversie tra amministrazione ed appaltatore - che, secondo il precedente tenore dell’art. 47, poteva essere esclusa per volontà unilaterale di ciascuna parte, era sempre e necessariamente operativa, salvo apposita clausola inserita nel bando o invito di gara, ovvero nel contratto, in caso di trattativa privata. L’arbitrato aveva dunque natura obbligatoria, nel senso che di regola le parti non potevano sottrarsi ad esso, avendo l’art. 9 legge reg. Sicomma 21/1973, imposto l’applicazione del Capitolato gen. D.P.R. 1063/1962 in tutte le opere pubbliche eseguite nel territorio regionale Cass. 20050/2010 12031/2004 . Come è noto, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 152 del 1996, dichiarò costituzionalmente illegittimo l’art. 16 L. n. 741 del 1981, nella parte in cui stabiliva che la competenza arbitrale non poteva essere derogata con atto unilaterale di ciascuno dei contraenti Per la Reg. Sicomma Cp. Cass. 5969 e 7535/2002 . Questa Corte ha successivamente precisato che nei contratti di appalto di opere pubbliche conclusi ed eseguiti - come nella specie - anteriormente alla L. n. 109 del 1994, e soggetti in origine all’art. 16 L. n. 741 del 1981, ove l’appaltatore, in applicazione del predetto articolo 47 nella sua originaria formulazione, avesse proposto la domanda davanti al giudice ordinario, anziché procedere all’istanza di arbitrato, tale domanda, a seguito della predetta dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 16 ed in virtù dell’efficacia retroattiva delle pronunce di incostituzionalità, salvo il limite delle situazioni giuridiche consolidate, doveva essere considerata, pur non contenendo una espressa declinatoria della competenza arbitrale, quale atto unilaterale di ciascuno dei contraenti, idoneo ad escludere la competenza arbitrale al riguardo, tra le altre, Cass. N. 4474 del 1997 e, successivamente, Cass. N. 1166 del 2013 . Nella specie, la FISIA propose citazione nei confronti del Comune di Augusta, davanti al Tribunale di Augusta in data 14/6/1999, e con essa manifestò, all’evidenza, la volontà di declinare la competenza arbitrale tale scelta, alla luce di quanto osservato, appare pienamente legittima. Va accolto il secondo motivo. La Corte di Appello ha escluso l’inefficacia del contratto, motivando nel senso che la labiale affermazione del Comune per cui non vi sarebbe stata approvazione del contratto stesso da parte della Cassa del Mezzogiorno, non sarebbe idonea a paralizzare l’efficacia del contratto stesso, in difetto di prova, che era onere del Comune fornire, circa il completamento dell’iter formativo del contratto, con l’adesione della Cassa del Mezzogiorno, ente finanziatore dell’opera. Va precisato che l’approvazione, da parte dell’organo di controllo, del contratto concluso da ente pubblico, non può ritenersi elemento integrativo della volontà di una delle parti contraenti al contrario, essa si configura come elemento estrinseco al contratto e può sopravvenire in genere proprio così accade alla conclusione del contratto, e pertanto configurarsi come una vera e propria condizione sospensiva. Conseguentemente non incombeva al Comune di Augusta provare il verificarsi della condizione l’avveramento di essa, cui fosse subordinata la nascita di una pretesa di pagamento, come nella specie, costituiva elemento costitutivo di tale pretesa, e dunque, secondo i principi di cui all’art. 2697 c.c., il relativo onere probatorio gravava necessariamente sull’attore. Accolto il secondo motivo del ricorso e rigettato il primo , rimangono necessariamente assorbiti gli altri motivi, costituendo elemento pregiudiziale la sussistenza o meno dell’approvazione del contratto da parte della Cassa del Mezzogiorno. Va cassata la sentenza impugnata, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di Appello di Catania, in diversa composizione, per l’accertamento della suindicata circostanza. P.Q.M. La Corte rigetta il primo motivo di ricorso accoglie il secondo, assorbiti gli altri, cassa al riguardo la sentenza impugnata con rinvio, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di Appello di Catania, in diversa composizione.