Vendita “a prova”: come si dimostra l’avvenuto superamento della prova stessa?

Nel contratto di vendita a prova ex art. 1521 codice civile è sufficiente la dimostrazione che la prova sia stata oggettivamente superata, senza la necessità di accertare che solo quel bene compravenduto poteva assicurare il risultato programmato dalle parti.

Si è occupata di vendita a prova” la sentenza della Sez. VI Civile della Cassazione n. 8491/16, depositata il 29 aprile. Nel cassare con rinvio la decisione gravata la Suprema Corte afferma esplicitamente un importante principio riguardante in modo particolare la portata dell’onere della prova circa il superamento, o meno, della prova”, di cui all’art. 1521 c.c Il caso. Tra due società veniva stipulato un contratto di vendita a prova” avente ad oggetto uno speciale dispositivo finalizzato a ridurre le emissioni inquinanti per ottenere un risparmio di combustive di un forno alimentato a gas metano. La prova” si considerava superata se, trascorso un certo periodo, il risparmio si fosse attestato sul 10% dei consumi medi registrati. In tal caso si sarebbe consolidata l’efficacia della vendita al prezzo complessivo di € 100.000, di cui € 10.000 versati a titolo di acconto. L’essenza della controversia. Il punto è questo la parte acquirente voleva valutare la prova prendendo come riferimento anche un altro forno, sul quale lo speciale dispositivo non era stato applicato forno alimentato con modalità differenti rispetto a quello direttamente interessato dalla prova. La prova, secondo la parte acquirente, doveva considerarsi fallita considerato che i due forni si erano attestati sui medesimi valori di consumo, per cui chiedeva l’accertamento dell’inefficacia del contratto, la condanna alla rimozione dell’apparecchiatura e alla restituzione dell’acconto versato. Secondo la parte venditrice, al contrario, la prova doveva intendersi superata a fronte di un risparmio dei consumi superiore al 25%, mentre doveva considerarsi irrilevante la circostanza per cui la parte acquirente aveva deciso di regolare parallelamente anche un altro forno privo di dispositivo nessun ulteriore accertamento tecnico era quindi necessario stante l’obiettivo superamento del parametro previsto in contratto. In conclusione la parte venditrice chiedeva la condanna della parte acquirente al versamento del prezzo. La decisione di primo e di secondo grado. Espletata una CTU, il Tribunale riteneva non superata la prova e dichiarava quindi l’inefficacia del contratto con condanna della parte venditrice alla restituzione dell’acconto ricevuto. La Corte d’appello confermava la decisione di prime cure, in particolare perché il CTU aveva affermato che non era possibile accertare se il dispositivo oggetto di causa fosse funzionante ed idoneo a conseguire il risparmio energetico pattuito contrattualmente sarebbero stati necessari ulteriori accertamenti ai quali la parte creditrice si era tuttavia opposta. Le caratteristiche della vendita a prova”. La vendita a prova è un contratto perfetto nei suoi elementi costitutivi, ma sospensivamente condizionato per la sua efficacia all’esito positivo della prova. In tale contratto il positivo accertamento della prova attiene alla verifica obiettiva consistente nell’accertamento che il bene venduto abbia le qualità pattuite o sia idoneo all’uso cui è desinato. Nel caso concreto la prova doveva intendersi superata perché era stato comunque accertato che l’apparecchiatura aveva determinato il risparmio di combustibile fissato nel contratto dalle parti. Una volta raggiunta tale prova, ogni ulteriore indagine, anche di tipo comparativo, non era necessaria. Il principio di diritto affermato dalla Suprema Corte. Gli Ermellini accolgono quindi il ricorso e cassano con rinvio la sentenza impugnata affermando esplicitamente il seguente principio di diritto nel contratto di vendita a prova ex art. 1521 codice civile è sufficiente la dimostrazione che la prova sia stata oggettivamente superata, senza la necessità di accertare che solo quel bene compravenduto poteva assicurare il risultato programmato dalle parti.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, sentenza 4 febbraio – 29 aprile 2016, n. 8491 Presidente Manna – Relatore Scalisi Svolgimento del processo La società Piombifera Bresciana spa conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Brescia, la società Farind sas di L.G. & amp C., esponendo di aver stipulato con la convenuta un contratto di vendita a prova di uno speciale dispositivo finalizzato a ridurre le emissioni inquinanti per ottenere un risparmio di combustibile dei propri forni alimentati a gas metano. Faceva presente che la prova sarebbe stata superata se, trascorso un periodo di tre mesi più uno, il risparmio si fosse attestato sul 10% dei consumi medi registrati nel corso di quattro mesi e che, in tal caso, si sarebbe consolidata l’efficacia della vendita al prezzo complessivo di Euro 100.000,00, oltre Iva, di cui Euro 10.000,00 pagati a titolo di accanto e soggetti a restituzione nel caso di mancato superamento della prova. Ove fosse necessario un supplemento di prova, sarebbe stato pagato un canone di affitto destinato ad essere scomputato dal prezzo nel caso di esito positivo. Aggiungeva Fattrice che la prova doveva ritenersi fallita, posto che, contrariamente a quanto prospettato inizialmente dalla Farind, i due forni uno nel quale era stata collocata l’apparecchiatura, di cui si dice, e l’altro che restava sfornito si erano attestati sui medesimi valori di consumo. Aggiungeva che a fronte della pretesa di Farind sas di ritenere la prova superata positivamente, si era dichiarata disponibile ad effettuare una ulteriore prova mediante eliminazione di tutti gli elementi al fine di monitorare se il risparmio fosse persistito, ma, la controparte aveva opposto il suo rifiuto. Chiedeva, pertanto, che venisse accertata l’inefficacia del contratto e si condannasse la Farind sas alla rimozione dell’apparecchiatura ed alla restituzione dell’acconto, oltre accessori. Si costituiva la società Farind sas, sostenendo che la prova avrebbe dovuto intendersi superata a fronte di un risparmio dei consumi superiore al 25%,mentre era irrilevante la circostanza che controparte avesse deciso di regolare parallelamente anche un altro forno privo del dispositivo. Contestava che il contratto contenesse una riserva di gradimento. Chiedeva, pertanto, la condanna dell’attrice al pagamento della somma di Euro 90.000,00 oltre IVA ela somma di Euro 2324,04 per direzione lavori, nonché la condanna per risarcimento del danno. Il Tribunale di Brescia, con sentenza del 23 aprile 2009, dichiarava l’inefficacia del contratto e condannava la convenuta alla restituzione di Euro 10.000,00, oltre Iva e oltre interessi dalla data di notificazione dell’atto di citazione. Secondo il Tribunale, qualificato il contratto come vendita a prova,incombeva sul venditore l’onere di dimostrare il superamento della prova che, nello specifico, coincideva con l’accertamento del rapporto di efficienza causale fra l’applira7ione dell’apparecchiatura e il risultato prospettato, non essendo ammissibile che quest’ultimo fosse ottenuto attraverso una diversa linea causale. Il Tribunale prendeva atto che il CTU aveva sottolineato la compatibilità della contrazione dei consumi con una più razionale regolamentazione dell’alimentazione dei forni. Avverso questa sentenza interponeva appello la società Farind sas., chiedendo l’integrale riforma della sentenza impugnata. Resisteva la società Piombifera Bresciana spa. La Corte di appello di Brescia con sentenza n. 1201 del 2013 rigettava l’appello, confermava integralmente la sentenza del Tribunale e condannava l’appellante al pagamento delle spese del grado di giudizio. Secondo la Corte bresciana, tenuto conto delle risultanze istruttorie ed, in particolare,richiamando la CTU, secondo la quale non era stato possibile accertare se il dispositivo fosse funzionante ed idoneo a consentire il risparmio energetico pattuito contrattualmente, in quanto la società Farind non aveva acconsentito di effettuare le operazioni funzionali concordate nel corso della prima riunione che si profilavano indispensabili e non sostituibili da altri dati di tipo documentale sollecitati dalla Farind, non era stato provato che la riduzione dei consumi fosse ascrivibile al dispositivo fornito dalla Farind e, pertanto, il contratto, così come aveva disposto il Tribunale, andava dichiarato inefficace. La cassazione, di questa sentenza, è stata chiesta dalla società Farind con ricorso affidato ad un solo motivo. La società Piombifera Bresciana spa, intimata, in questa fase, non ha svolto attività giudiziale. Motivi della decisione Il Collegio ha deliberato l’adozione della motivazione in forma semplificata. 1.- Con l’unico motivo di ricorso la società Farind lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1521 cc e dell’art. 2697 cc., ex art. 360 n. 3 cpc. Secondo la ricorrente, avrebbe errato la Corte distrettuale e, ancor prima, il Tribunale, nel ritenere che la prova pattuita non fosse stata superata, posto che il forno sul quale è stato applicato il dispositivo Farind avrebbe visto una diminuzione del consumo di almeno il 10% e non sarebbe necessaria, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte distrettuale, la prova dell’efficacia causale esclusiva fra l’oggetto del bene compravenduto ed il raggiungimento del risultato, cioè, non sarebbe necessaria la dimostrazione che il raggiungimento del risultato i.e. superamento della prova fosse dovuto proprio in ragione del dispositivo compravenduto. In particolare, specifica la ricorrente, la valutazione della prova non dipende dall’arbitrio o dalla aspettative del compratore ma dal suo esito obiettivo, a seconda che risultino o meno accertate le qualità pattuite o l’idoneità all’uso. Piuttosto, ove fosse stata necessaria la prova da parte della Farind dell’esclusiva efficacia causale del proprio dispositivo rispetto al risultato raggiunto ricorrerebbe un’ipotesi di contratto con riserva di gradimento, laddove la Piombifera avrebbe potuto decidere se gradire o no il bene in ragione del fatto che, eventualmente, il medesimo risultato sarebbe stato possibile raggiungere altrimenti. La Corte distrettuale, sempre secondo la ricorrente, avrebbe contraddetto anche le regole dell’onere della prova perché era pacifico in causa che il forno su cui era stato applicato il dispositivo Farind aveva visto una diminuzione di ben oltre il 10% di modo che, anche a seguire la tesi della Corte territoriale, avrebbe dovuto essere Piombifera a provare la mancanza di efficienza causale del dispositivo Farind, rispetto alla pacifica diminuzione del consumo del formo su cui è stato applicato il medesimo dispositivo. 1.1.- Il motivo è fondato. Va qui premesso che la vendita a prova è un contratto perfetto nei suoi elementi costitutivi, ma, sospensivamente, condizionato per la sua efficacia all’esito positivo della prova. Nel caso concreto, in particolare, la vendita dell’apparecchiatura ccdd. Economy Sistem by Fardin era stata sottoposta, ed è ormai acquisizione pacifica in giudizio, al superamento della prova consistente nel fatto che quella apparecchiatura assicurasse una diminuzione dell’inquinamento atmosferico e un consistente risparmio di combustibile. Va, altresì, evidenziato che nel contratto di vendita a prova ex art. 1521 cc. il positivo accertamento della prova attiene ad una verifica obiettiva, consistente nell’accertamento che il bene venduto abbia le qualità pattuite o sia idonea all’uso cui è destinata. Nel caso concreto, fermo restando che lo stessorisultato, in via di principio, avrebbe potuto essere assicurato, anche da altri sistemi e da altre apparecchiature, la prova doveva ritenersi superata se quell’apparecchiatura di fatto aveva determinato quel risparmio di combustibile fissato dalle parti, nel caso, calcolato, come specifica la sentenza impugnata, nella misura del 10%. Ha, dunque, errato la Corte distrettuale nell’aver ritenuto non superata la prova, nonostante, avesse accertato che il forno cui era stato applicato l’apparecchiatura Farind aveva assicurato un risparmio energetico, comunque,pari a quello concordato, sul semplice presupposto che, anche, un altro forno al quale erano stati praticati altri accorgimenti aveva assicurato la stesso risparmio di combustibile, perché il superamento della prova non consentiva un accertamento ponderato o una valutazione comparativa, ma,semplicemente, un accertamento oggettivo, riferito puntualmente alla sola apparecchiatura di cui si dice. La sentenza impugnata va, dunque, cassata e rinviata al Giudice del merito perché rivaluti i dati processuali uniformandosi al seguente principio di diritto nel contratto di vendita a prova ex art. 1521 cc. è sufficiente la dimostrazione che la prova sia stata oggettivamente superata, senza la necessità di accertare che solo quel bene compravenduto poteva assicurare il risultato programmato dalle parti. Al Giudice del rinvio viene demandato anche il regolamento delle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di Appello di Brescia altra sezione, anche per il regolamento delle spese della fase di legittimità.