Ricevitoria inadempiente? Nessuna responsabilità per il CONI

Dalla disciplina vigente in tema di giochi e scommesse – con riferimento, in particolare, all’art. 1934 c.c., al d.m. 2.6.1998 e al d.m. 7.4.1999 – non si evince alcuna deroga all’art. 1372 c.c. in ordine alla irrilevanza, nei rapporti tra scommettitore e ricevitoria che agisce in forza di concessione da parte del CONI, della posizione del CONI quale concedente, il quale non è parte contrattuale ma terzo rispetto alla posizione dello scommettitore. Di conseguenza, il CONI non può essere chiamato a rispondere, non potendosi ravvisare nello stesso una posizione di garanzia, dell’eventuale inadempimento della ricevitoria, in ipotesi di mancato pagamento delle somme vinte dallo scommettitore.

Con la pronuncia del 31 marzo 2016, n. 6219, il S.C. interviene per chiarire la posizione del concedente rispetto all’inadempimento del concessionario nei confronti dello scommettitore, escludendo qualsiasi responsabilità del primo in caso di inadempimento della singola ricevitoria, posto che il contratto relativo alla scommessa si è perfezionato esclusivamente tra quest’ultima e lo scommettitore. Il caso. La vicenda decisa dal S.C. si presenta piuttosto lineare nel suo svolgimento di fatto all’esito di una scommessa su alcune partite di calcio, la cui vincita non è stata pagata dalla ricevitoria – dalla sentenza non si comprende il perché di tale diniego – lo scommettitore agisce in giudizio per ottenere il pagamento di quanto di sua spettanza nei confronti del Ministero delle Finanze oltre che del CONI, quale concedente alla ricevitoria della possibilità di svolgere e gestire le scommesse sui risultati calcistici. Appurato nel corso del giudizio il difetto di legittimazione passiva del Ministero, il Coni viene condannato al pagamento dal Giudice di Pace, con sentenza confermata in sede di appello. Il CONI propone quindi ricorso per cassazione, che viene deciso nel senso della massima di cui sopra. Le regole del gioco” come interpretarle. Secondo la Cassazione, in tal senso riprendendo alcune decisioni rese in precedenza, le norme dei regolamenti ministeriali in tema di giochi, scommesse e lotterie, hanno natura contrattuale e, quindi, vanno interpretate secondo i criteri di ermeneutica contrattuale. Da tale interpretazione discende che il rapporto che si instaura tra concessionario e scommettitore è di natura contrattuale e privatistica, senza che possa rilevare, quale figura di garanzia, il CONI, quale concedente alla ricevitoria della possibilità di gestire le scommesse sportive o analoghi giochi. Concorsi pronostici onere della prova e responsabilità della ricevitoria. Dall’interpretazione testè riferita derivano importanti conseguenze in punto di qualificazione dei profili giuridici dei concorsi pronostici”. In primo luogo, la clausola limitativa della responsabilità dell'ente gestore e dei ricevitori autorizzati per la mancata trasmissione della matrice di giocata ai soli casi di dolo o colpa grave, non altera i normali criteri di ripartizione dell'onere della prova di cui agli artt. 1218 e 2697 c.c., con la conseguenza che il debitore ricevitore, il quale voglia andare esente da responsabilità, ha l'onere di provare che l'inadempimento o inesatto adempimento, sia dipeso da causa estranea al suo potere di controllo, ovvero che la sua attività o inattività concreti colpa lieve. Spetterà, invece, al creditore scommettitore, secondo la previsione codicistica, la prova dell'inesecuzione della prestazione nonché del danno di cui chieda il risarcimento. Errore di stampa nel biglietto della lotteria quale risarcimento per lo scommettitore. In termini analoghi a quanto sopra, si è affermato che l'errore nella stampa dei biglietti di una lotteria istantanea rappresenta un mero inadempimento contrattuale da parte dell'ente gestore della medesima lotteria. Tale inadempimento dà luogo solamente al risarcimento dei danni pari al costo del biglietto stesso. Biglietto della lotteria o titolo di credito? Sotto un diverso profilo, seppur confermando l’approccio contrattuale e privatistico del rapporto tra scommettitore e concessionario, la giurisprudenza ha precisato che il biglietto di una lotteria autorizzata non è riconducibile tra i titoli di credito, ex art. 1992 c.c. e, quindi, non incorpora il diritto indicato, in quanto non è dotato dei requisiti di letteralità e autonomia che connotano tali titoli esso, valendo ad attestare la giocata del possessore, cui pagare la vincita, costituisce titolo di legittimazione in senso ampio, ex art. 2002 c.c., atto ad individuare l'avente diritto alla prestazione e quindi idoneo, per un verso, a liberare il debitore che paga in buona fede al possessore e, per altro verso, a legittimare il possessore della ricevuta a richiedere il pagamento della vincita. Ne consegue che il giocatore ha diritto di ottenere la prestazione costituente la vincita, non perché essa è contenuta nel biglietto, bensì perché le regole del contratto di lotteria di cui trattasi gliela attribuiscano in presenza di determinate condizioni, anche estranee al biglietto stesso. Gioco e scommessa il ruolo del concessionario. Con riferimento ad un gioco autorizzato, il raccoglitore della scommessa, anche qualora svolga l’attività in forza di apposita concessione, è pertanto tenuto alla valida registrazione della stessa e alla consegna allo scommettitore della relativa ricevuta, nonché ad evitare ogni ulteriore condotta, anche successiva alla stampa della ricevuta, che possa invalidare la giocata, la cui realizzazione configura un inesatto adempimento del contratto, di cui risponde il raccoglitore anche per fatto del proprio dipendente. Da ciò emerge un obbligo a carico del concessionario simile a quella del mandatario per quanto concerne il profilo della diligenza nello svolgimento della prestazione. Clausole vessatorie e giochi approvate anche consenso scritto. Da ultimo, può segnalarsi che, secondo un orientamento anch’esso espresso in più occasione dalla giurisprudenza anche di legittimità, le clausole fissate nel regolamento relativo al concorso a pronostici – che, si ribadisce, integra un contratto di natura privatistica - ancorché di tipo vessatorio, quale quella che stabilisce un termine di decadenza per proporre eventuali reclami, sono vincolanti nei confronti dei giocatori pur senza la specifica approvazione per iscritto contemplata dall'art. 1341 c.c., atteso che questa trova equipollente nella grande pubblicità e diffusione del regolamento stesso predisposte proprio al fine di richiamare l'attenzione dei partecipanti al gioco su tutte le condizioni ad esse inerenti.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 11 gennaio – 31 marzo 2016, n. 6219 Presidente Vivaldi – Relatore Di Marzio Svolgimento del processo B.E. richiedeva al giudice di pace di Bari, ed otteneva, ingiunzione di pagamento della somma di Euro 2364,64 nei confronti di Ministero delle Finanze, Coni Comitato Olimpico Nazionale Italiano e Coni Servizi s.p.a. quale importo dovuto per il mancato pagamento della vincita derivata da giocate multiple su partite del campionato di calcio, pagamento dovuto dal concessionario Coni di San Severo il quale era rimasto inadempiente e la cui concessione era stata nel frattempo revocata. Proponeva appello il ministero chiedendo che il tribunale di Bari ne dichiarasse il difetto di legittimazione passiva eguale richiesta era formulata da Coni e Coni Servizi s.p.a. costituitisi con appello incidentale. Il tribunale accoglieva l’appello del ministero e del Coni, confermando il decreto opposto nei soli confronti di Coni Servizi s.p.a., quale ente che nel frattempo era subentrato in tutti i rapporti attivi e passivi facenti capo al Coni. Coni Servizi s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione con unico motivo illustrato in memoria. B.E. ha presentato controricorso. Coni Servizi s.p.a. ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c. ulteriormente illustrando la doglianza esposta nel ricorso Motivi della decisione Parte ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione di legge negli artt. 1362 ss. cod. civ. e 1934 cod. civ., nonché artt. 1 e 30-37 d.m. 2 giugno 1998, n. 174, nonché del d.m .7 aprile 1999, rilevando come il rapporto di concessione intercorrente tra Coni e concessionario si esplica nell’affidamento da parte di una pubblica amministrazione di attività o servizi pubblici a imprenditori privati, con autonomia e indipendenza nella gestione del servizio. Il contratto intercorrente tra concessionario e scommettitore non sarebbe pertanto opponibile al concedente, quale soggetto terzo rispetto ad esso, perciò non responsabile per l’inadempimento contrattuale del concessionario. Il ricorso è fondato. Tra B.E. e il concessionario Coni di San Severo è stato concluso un contratto di scommessa avente a oggetto giocate multiple su partite del campionato di calcio. Secondo i giudici del merito, dal complesso normativo disciplinante il settore di giochi e scommesse collegati a manifestazioni sportive di società affiliate al Coni, discenderebbe una regola inespressa sul vincolo di coobbligazione, che graverebbe l’ente gestore del servizio rispetto ai debiti assunti dal singolo concessionario in ragione delle giocate ricevute conclusesi con vincite degli scommettitori. L’argomentazione dei tribunale si avvia dal rilievo della esistenza del vincolo concessorio, si svolge sulla notazione che il concessionario rivestirebbe, secondo la normativa in esame olisticamente interpretata, il ruolo di mero esecutore delle direttive impartite dal concedente sull’esercizio dell’attività, così da non esprimere, in essa, una piena libertà d’impresa si allarga fino a ricomprendere osservazioni sulla convenzione tipo per l’esercizio delle scommesse sportive al totalizzatore nazionale e a quota fissa approvata con d.m. Finanze 7.4.1999 , pacificamente non applicabile al soggetto scommettitore, terzo rispetto alla stessa, ma da cui si enucleano alcune clausole relative ad obbligazioni assunte dal concessionario verso il concedente, tra le quali quella - stabilita nell’art. 8 - di garantire, a mezzo di cauzione, fideiussione bancaria o polizza fideiussoria, la corretta esecuzione dell’attività di ricevitoria. Da queste premesse, conclude il tribunale che l’ente concedente sarebbe responsabile non si chiarisce se a titolo autonomo o quale garante per le obbligazioni contratte dal ricevitore, alle quali in caso di inadempimento e insolvenza del primo dovrebbe far fronte attingendo alla cauzione depositata dallo stesso o escutendo le garanzie personali alternativamente in essere. Con tale ragionamento si pretende di fondare un rapporto di coobbligazione sulla scorta di una asserita non autonomia gestionale del gestore, o cointeressenza del concedente nell’attività del gestore. Ciò in quanto il contratto di scommessa, in se stesso considerato, è invece intercorso tra scommettitore e ricevitore, e ad esso è estraneo l’ente concedente. La giurisprudenza della Corte è costante nell’affermare che le norme dei regolamenti ministeriali relativi a concorsi e lotterie hanno natura contrattuale e, conseguentemente, vanno interpretate secondo i criteri di ermeneutica contrattuale che il relativo decreto ha natura non di atto normativo, ma di negoziazione pubblico-amministrativa Cass. 29 maggio 2013, n. 13434 Cass. 31 luglio 2006, n. 17458 Cass. 5 marzo 2007, n. 5062 Cass. 10 gennaio 2003, n. 191 . Tuttavia, dalla citata normativa così considerata non si evince, contrariamente a quanto affermato dal tribunale, l’esistenza di una norma in deroga all’art. 1372 cod. civ. sulla irrilevanza del contratto rispetto a chi riveste la pozione non di parte ma di terzo né di una norma fondante l’obbligazione di garanzia a carico del concedente. Non di una norma espressa, certamente. Ma nemmeno di una norma implicita, giacché, come risulta dallo stesso ragionamento svolto dal tribunale, la disciplina di settore tratta sempre in maniera separata due distinti e non sovrapponibili rapporti l’uno, di concessione, tra concedente e concessionario l’altro, di scommessa, tra concessionario e scommettitore. In tale ultimo contratto non vi è menzione del preteso rapporto complesso sul lato passivo, né lo stesso è concluso anche dal Coni servizi, quale garante che non assume l’obbligazione di garanzia nemmeno con separato contratto . Giova riflettere che neppure la pretesa - e contestata in ricorso cointeressenza del concedente nell’attività del concessionario - dato di rilevanza meramente economica - potrebbe, come fatto, fondare una obbligazione nascente da contratto ma, nel caso, obbligazioni nascenti da fonti fattuali come l’illecito aquiliano, compreso il concorso in responsabilità, come nel caso del co-amministratore di fatto di una società commerciale . Diversamente ragionando, in talune relazioni commerciali socialmente tipiche, come il franchising, la ridotta autonomia d’impresa dell’affiliato dovrebbe costituire ragione per argomentare un vincolo di coobbligazione, a titolo autonomo o di garanzia, dell’affiliante in assenza - anche di apposita convenzione -, per le obbligazioni contrattuali che l’affiliato ha assunto verso terzi. Conclusivamente, restando ferma la diversa soggettività giuridica di concedente e concessionario, e il criterio di imputazione dell’obbligazione contrattuale come limitata per legge alle parti dello stesso, l’interessenza gestoria del terzo nell’attività d’impresa del contraente non vale a fondare una coobbligazione per i debiti contratti. Allo stesso modo, dall’esame dei rapporti tra concedente e concessionario, regolati da apposita convenzione a cui è estraneo lo scommettitore, e specialmente dall’esame dell’obbligazione gravante sul concedente di garantire nei modi ricordati la corretta esecuzione dell’attività, non può desumersi l’esistenza della diversa obbligazione, di cui non è traccia in detta convenzione, che infatti sarebbe intercorrente tra concedente e cliente, obbligazione avente a oggetto la coobbligazione anche a titolo di garanzia per i crediti vantati dal cliente verso il concessionario. Di modo che risulta confermata la erronea applicazione delle norme di cui agli artt. 1362 ss. cod. civ. e 1934 cod. civ., nonché artt. 1 e 30-37 d.m. 2 giugno 1998, n. 174, nonché del d.m. 7 aprile 1999, laddove si vorrebbe dedurre dalle stesse l’esistenza di una clausola contrattuale implicita, o comunque di una obbligazione di fonte legale, sulla coobbligazione dell’ente concedente rispetto alle obbligazioni assunte contrattualmente dal concessionario. Atteso il diverso esito del giudizio nei gradi di merito e in sede di legittimità, le spese devono essere compensate tra le parti. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da B.E. nei confronti di Coni Servizi s.p.a. Compensa integralmente le spese di tutti i gradi di giudizio fra tutte le parti.