Dopo lo stato di avanzamento dei lavori non è ammessa riserva

La riserva non può essere più iscritta una volta che sia stato emesso il certificato dello stato di avanzamento dei lavori approvato dall’impresa, poiché essa assolve alla funzione di consentire la tempestiva evidenza di tutti i fattori che siano oggetto di contrastanti valutazioni tra le parti e perciò suscettibili di aggravare il compenso complessivo e le pretese di natura risarcitoria.

Ciò è quanto statuito dalla Prima sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, nella pronuncia n. 5253/16, depositata il 16 marzo, in tema di appalto di opere pubbliche. La questione. La fattispecie riguardava l’esecuzione di alcuni lavori affidati ad una impresa e la risoluzione amministrativa delle riserve apposte al secondo stato di avanzamento dei lavori ed allo stato finale. Dopo aver diffidato l’Ente pubblico al bonario componimento della vicenda, la ditta chiariva che, in mancanza, l’atto in questione avrebbe dovuto intendersi come domanda di arbitrato, ex art. 32 della l. n. 109/94. La Comunità montana appaltante respingeva in toto le riserve e seguiva, pertanto, il decreto del Presidente del Tribunale di Perugia, che nominava il collegio arbitrale, il quale, dichiarata la rituale instaurazione del contraddittorio, con lodo definitivo del 30.11.2000, accoglieva parzialmente la domanda dell’impresa, condannando l’ente al pagamento di euro 95.044,00. Quest’ultimo, tuttavia, impugnava la pronuncia innanzi alla Corte di appello di Perugia, che dichiarava l’improcedibilità del giudizio arbitrale e la nullità del lodo la decisione, però, veniva riformata dalla Suprema Corte all’esito del ricorso interposto dall’appaltatore. Ne seguiva la riassunzione innanzi alla Corte di merito territoriale, che riteneva procedibile l’arbitrato, tempestive le riserve formulate dalla ditta e finiva con il rigettare l’appello interposto dalla Comunità montana. L’ultimo grado. La vicenda è stata nuovamente portata all’attenzione del Supremo Collegio, con ricorso affidato a 4 motivi di diritto i primi due sono stati esaminati congiuntamente, in quanto connessi, ed entrambi rigettati. La Comunità ha sostenuto l’erronea interpretazione degli artt. 31- bis e 32 della l. n. 109/1994, in tema di procedura di accordo bonario, assumendo di aver ritualmente osservato le iniziative richieste dalla legge la Corte, tuttavia, ha chiarito che tale tentativo costituisce una procedura che l’amministrazione ha il dovere di attivare, al fine di accelerare la risoluzione delle controversie, trattandosi di una vera e propria condizione di procedibilità della domanda giudiziale, anche in ossequio al dettato dell’art. 24 Cost Nel caso di specie l’ente si era limitato a rigettare le riserve apposte dalla ditta, senza formulare alcuna proposta transattiva, pertanto, la procedura in questione non poteva ritenersi correttamente instaurata, come ritualmente osservato dalla Corte di appello perugina. Il terzo ed il quarto motivo di ricorso, anch’essi esaminati congiuntamente, sono stati invece condivisi dalla Corte più precisamente, la Comunità montana ha sostenuto che, diversamente da quanto rilevato dalla Corte di merito, la prima riserva apposta dalla ditta era tardiva, in quanto inserita nel registro di contabilità in data 18 dicembre 1998, ossia, in relazione al secondo stato di avanzamento dei lavori, laddove il primo era stato sottoscritto dall’impresa, in data 25 novembre 1998, senza proporre riserve. Il Collegio ha ritenuto fondata la doglianza, chiarendo che è fatto obbligo alle imprese inserire una riserva nella contabilità, contestualmente all’insorgenza della percezione del fatto dannoso, anche nelle ipotesi di danni continuativi, per i quali il solo quantum può essere indicato in un momento successivo. Nel caso di specie la ditta comunicava l’impossibilità di accedere ai fondi interessati alla realizzazione dell’opera pubblica, a causa dell’indisponibilità delle aree, per mancato compimento degli atti espropriativi da parte della comunità, 3 mesi dopo la consegna dei lavori. Dopo altri 5 mesi veniva comunicato di aver avuto finalmente accesso ai fondi ed il 23 settembre 1998, il direttore dei lavori annotava il primo SAL, senza riserve. Queste venivano iscritte solo nel secondo stato di avanzamento dei lavori, sottoscritto il 7 dicembre ed esplicato il successivo 18, assumendo che i maggiori oneri derivavano dalla mancata immediata messa a disposizione delle aree, da parte della stazione appaltante. Emergeva, pertanto, come il fatto dannoso fosse scaturito ben prima di dicembre e già nel primo SAL la ditta era in grado di quantificare il pregiudizio subito, ma non lo aveva fatto la riserva formalizzata oltre 8 mesi dopo, dunque, era da reputare tardiva. Invero, ha chiarito la Corte, la sottoscrizione di una riserva dopo la registrazione dello stato di avanzamento dei lavori viene a vanificare la stessa ragion d’essere del sistema, fondato sulla tempestiva comunicazione all’amministrazione delle ulteriori pretese economiche dell’impresa appaltatrice, tali da aggravare il compenso complessivo, originariamente pattuito. Per tali ragioni il Collegio ha cassato la sentenza, con rinvio alla Corte di appello di Perugia, chiamata a fare applicazione del seguente principio di diritto in tema di appalto di lavori pubblici, nelle ipotesi in cui l’appaltatore non abbia la necessità di attendere la concreta esecuzione dei lavori per avere consapevolezza del preteso maggior onere che tale fatto dannoso comporta, ndr. come nel caso di specie , è tardiva la riserva formulata solo nello stato di avanzamento dei lavori successivo .

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 11 febbraio – 16 marzo 2016, n. 5253 Presidente Salvago – Relatore Valitutti Ritenuto in fatto 1. Con atto di diffida del 18 novembre 1999, l’Impresa Eredi G.V. invitava la Comunità Montana Monte Subasio a voler provvedere - con riferimento al rapporto scaturente dal contratto di appalto stipulato dalle parti in data 29 aprile 1998, alla risoluzione amministrativa delle riserve, apposte al secondo stato di avanzamento dei lavori, in data 18 dicembre 1998, ed allo stato finale dei lavori, in data 29 settembre 1999, ai sensi dell’art. 31 bis della legge 11 febbraio 1994, n. 109 applicabile alla fattispecie concreta ratione temporis , significando che, in mancanza, l’atto in questione avrebbe dovuto intendersi come domanda di arbitrato, ex art. 32 della stessa legge. Con nota del 15 dicembre 1999, la Comunità Montana, in risposta al suddetto atto di diffida, comunicava di respingere e rigettare in toto le riserve formulate dall’impresa . Seguiva, pertanto, la notifica all’ente del decreto del Presidente del Tribunale di Perugia in data 8 febbraio 2000, di nomina del collegio arbitrale, che si costituiva in data 28 marzo 2000. Con lodo non definitivo del 6 luglio 2000, il collegio rigettava le eccezioni preliminari e pregiudiziali proposte dalla Comunità Montana, dichiarando la rituale instaurazione del giudizio arbitrale, e disponendo la prosecuzione del giudizio per l’esame del merito Con lodo definitivo del 30 novembre 2000, il collegio accoglieva parzialmente la domanda del G. , condannando l’ente al pagamento in suo favore della somma complessiva di L 184.030.845 Euro 95.044,00 . 2. Avverso entrambe le decisioni, la Comunità Montana proponeva impugnazione per nullità ex art. 829 cod. proc. civ., che veniva accolto dalla Corte di Appello di Perugia, con sentenza n. 146/2003, depositata il 16 aprile 2003, con la quale il giudice del gravame dichiarava l’improcedibilità del giudizio arbitrale, per violazione degli artt. 31 bis e 32 della legge n. 109 del 1994, e la conseguente nullità dei lodi impugnati. Avverso tale pronuncia proponeva ricorso per cassazione l’Impresa Eredi G. , che veniva accolto da questa Corte con sentenza n. 14971/2007, con la quale la decisione di appello veniva cassata con rinvio alla Corte di appello di Perugia in diversa composizione. 3. Ai sensi dell’art. 392 cod. proc. civ., l’impresa G. provvedeva alla riassunzione del giudizio che si concludeva con la sentenza n. 234/2011, depositata il 14 aprile 2011 e notificata il 26 settembre 2011, con la quale la Corte territoriale, ritenendo rituale e procedibile il giudizio arbitrale espletato e tempestive le riserve proposte dalla ditta appaltatrice, rigettava l’appello principale proposto dalla Comunità Montana Monte Subasio e l’appello incidentale proposto dalla impresa Eredi G. s.a.s. di G.D. S. & amp C. già Impresa Eredi G.V. , dichiarando interamente compensate tra le parti le spese del giudizio. 4. Per la cassazione della sentenza n. 234/2011 ha proposto, quindi, ricorso la Comunità Montana dei Monti Martani, Serano e Subasio subentrata alla disciolta Comunità Montana Monte Subasio nei confronti della Eredi G.V. s.a.s. di G.D. S. & amp C., sulla base di quattro motivi. La resistente ha replicato con controricorso. 5. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 cod. proc. civ Considerato in diritto 1. Con il primo e secondo motivi di ricorso - che, per la loro evidente connessione, vanno esaminati congiuntamente - la Comunità Montana dei Monti Martani, Serano e Subasio denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 31 bis e 32 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, nonché l’insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 cod. proc. civ 1.1. Il ricorrente deduce, infatti, che il giudice di appello sarebbe incorso nella violazione e falsa applicazione degli artt. 31 bis e 32 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 applicabile alla fattispecie concreta ratione temporis , come modificata dall’art. 9, comma 1, del d.l. 3 aprile 1995, n. 1010, convertito nella legge 2 giugno 1995, n. 216, per avere ritenuto - peraltro con motivazione del tutto incongrua - in relazione al rapporto intercorso tra le parti scaturente dal contratto di appalto del 29 aprile 1998, che la procedura di accordo bonario, costituente condizione di procedibilità del ricorso al procedimento arbitrale, non fosse stata instaurata dall’appaltante nel termine di centocinquanta giorni previsto dalla prima delle norme suindicate, con decorrenza dall’ultima riserva annotata in contabilità il 29 settembre 1999 in coincidenza con l’emissione dello stato finale dei lavori . E ciò nonostante l’amministrazione avesse, già con nota del 15 dicembre 1999, comunicato all’impresa G. di respingere e rigettare in toto le riserve formulate dall’impresa . in base all’art. 31 bis della I. 109 del 1994 . La valida instaurazione o conclusione della procedura di accordo bonario non sarebbe, infatti, subordinata dalla legge - a parere della ricorrente - accoglimento delle riserve della impresa, ma solo alla formulazione di una proposta all’appaltatore anche in termini di totale rigetto delle riserve iscritte in contabilità. 1.2. Le censure sono infondate. 1.2.1. L’art. 31 bis della legge n. 109 del 1994 nel testo applicabile ratione temporis stabilisce, invero, che qualora a seguito dell’iscrizione di riserve sui documenti contabili, l’importo economico dell’opera possa variare in misura sostanziale, e in ogni caso in misura non inferiore al 10% dell’importo contrattuale il responsabile del procedimento acquisisce immediatamente la relazione riservata del direttore dei lavori e, ove costituito, dell’organo di collaudo e, sentito l’affidatario, formula all’Amministrazione, entro 90 giorni dall’apposizione dell’ultima delle riserve di cui sopra, proposta motivata di accordo bonario. L’Amministrazione, entro 60 giorni dall’accordo di cui sopra, delibera in merito con provvedimento motivato. Il verbale di accordo bonario è sottoscritto dall’affidatario . In caso di mancato accordo bonario, ai sensi dell’art. 31 bis cit., si darà corso alla procedura arbitrale, a norma del successivo art. 32 della legge n. 109 del 1994. Orbene, il tentativo di accordo bonario previsto dal menzionato art. 31-bis costituisce una procedura che l’Amministrazione ha il dovere di attivare, al fine di accelerare la risoluzione delle controversie, configurandosi l’esperimento di tale procedimento conciliativo come una condizione di procedibilità della domanda giudiziale, che deve precedere il ricorso al procedimento arbitrale. Esso, peraltro, presuppone il rispetto della scansione temporale indicata dalla norma, con la conseguenza che il suo mancato esperimento, determinando un’improcedibilità solo temporanea della domanda, non ostacola lo svolgimento del procedimento arbitrale e l’emissione del lodo, una volta che, pur dopo la notifica della domanda di arbitrato, sia decorso il termine di novanta giorni entro il quale l’Amministrazione è tenuta a formulare la relativa proposta conciliativa Cass. 5274/2007 . 1.2.2. La normativa in esame ha in parte ribaltato, dunque, la regola generale di rinviare al momento del collaudo la decisione in sede amministrativa sulle controversie sollevate dall’appaltatore in corso d’opera, consentendone la definizione in un momento precedente. In tal caso, rimane tuttavia ferma, quale condizione di procedibilità sia del giudizio ordinario sia dell’arbitrato, la necessità dell’espletamento di una fase amministrativa che si svolge con l’audizione dell’appaltatore, con una proposta di accordo, e con la deliberazione dell’Amministrazione sulle domande proposte dall’appaltatore durante la esecuzione del contratto , restando subordinata la procedibilità delle azioni dell’appaltatore a tutela delle proprie pretese all’espletamento di tale fase, ovvero, in mancanza, al decorso dei termini prestabiliti. Detta previsione di una condizione di procedibilità è da reputarsi, peraltro, manifestamente rispettosa dell’art. 24 Cost., che non impone una correlazione assoluta tra l’insorgenza del diritto e la sua azionabilità, purché tale differimento non renda eccessivamente gravoso l’esercizio del diritto e risponda a ragioni di interesse generale Cass. 14971/2007 . 1.2.3. Tale ultima decisione, pronunciata nella presente vicenda processuale, ha accertato, pertanto, che, nel caso di specie, l’amministrazione committente non aveva in alcun modo osservato l’iter procedimentale previsto dalla normativa succitata audizione dell’appaltatore, proposta di accordo, deliberazione dell’Amministrazione sulle domande proposte dall’appaltatore durante la esecuzione del contratto , essendosi la stazione appaltante risolta, immediatamente e definitivamente, dopo la notifica della richiesta dell’impresa di attivare la procedura conciliativa, direttamente per il rigetto di tutte le riserve proposte dall’appaltatrice, senza neppure formulare, quindi, una qualsiasi proposta di risoluzione bonaria della controversia. Contrariamente all’assunto della ricorrente, pertanto, la procedura di accordo bonario in questione non può ritenersi instaurata dalla stazione appaltante nel termine di legge. 1.3. I motivi in esame vanno, pertanto, disattesi. 2. Con il terzo e quarto motivo di ricorso - che, per la loro evidente connessione, vanno esaminati congiuntamente - la Comunità Montana dei Monti Martani, Serano e Subasio denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 53 e 54 del r.d. 25 maggio 1895, n. 350, nonché l’insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 cod. proc. civ 2.1. Avrebbe errato la Corte di Appello, a parere della ricorrente, nel ritenere - peraltro con motivazione del tutto inadeguata tempestiva la prima riserva, sebbene annotata nel registro di contabilità in data 18 dicembre 1998, ossia in relazione al secondo stato di avanzamento dei lavori, laddove il primo era stato sottoscritto dall’impresa, in data 25 novembre 1998, senza proporre riserva alcuna. 2.2. I motivi sono fondati. 2.2.1. Va osservato, invero, che, nei pubblici appalti, è obbligo dell’impresa inserire una riserva nella contabilità contestualmente all’insorgenza e percezione del fatto dannoso ed, in particolare, in relazione ai fatti produttivi di danno continuativo, la riserva va iscritta contestualmente o immediatamente dopo l’insorgenza del fatto lesivo, percepibile con la normale diligenza, mentre il quantum può essere successivamente indicato. Ne consegue che, ove l’appaltatore non abbia la necessità di attendere la concreta esecuzione dei lavori per avere consapevolezza del preteso maggior onere che tale fatto dannoso comporta, è tardiva la riserva formulata solo nello stato di avanzamento dei lavori successivo Cass. 5540/2004 10949/2014 . Deve, pertanto, ritenersi che l’appaltatore non sia esonerato dall’obbligo - che non è circoscritto agli elementi di natura strettamente contabile, ma riguarda conseguentemente tutti i fatti che siano comunque idonei a produrre spesa Cass. 9380/1990 - di proporre tempestiva riserva in caso di ritardata consegna dei lavori, salva la decorrenza del relativo termine dal momento in cui si manifesta obiettivamente, secondo indici di media diligenza e di buona fede, la rilevanza causale del fatto rispetto al maggior onere incontrato dall’appaltatore, il quale è poi tenuto ad esplicare la riserva nelle successive registrazioni e nel conto finale Cass. 5300/1981 26916/2008 . 2.2.2. Nel caso di specie, dall’esame dell’impugnata sentenza e degli atti del presente giudizio - ed, in particolare, dallo stesso controricorso della resistente Eredi G.V. s.a.s. - si evince che i lavori venivano consegnati all’impresa appaltatrice in data 29 aprile 1998. Con nota in data 15 luglio 1998, ossia dopo tre mesi dalla consegna dei lavori, quest’ultima comunicava alla stazione appai-tante l’impossibilità di accedere ai fondi interessati alla realizzazione dell’opera pubblica a causa della indisponibilità delle aree, derivante dal mancato compimento degli atti espropriativi da parte dell’ente. Quindi, in data 14 settembre 1998, dopo ben cinque mesi dalla consegna dei lavori, l’impresa comunicava di avere avuto finalmente accesso ai fondi, essendo stata superata ogni causa ostativa già a vs conoscenza . Il 23 settembre 1998, il direttore dei lavori annotava, quindi, nel registro di contabilità la percentuale di opere eseguite a quella data, redigendo il primo stato di avanzamento dei lavori, che veniva sottoscritto dalla Eredi G. senza riserve e che veniva approvato, altresì, dalla stazione appaltante con atto del 25 novembre 1998, sottoscritto anch’esso senza riserve dall’appaltatrice. Il 7 dicembre 1998 il direttore dei lavori disponeva, poi, la sospensione degli stessi a causa del maltempo , e lo stesso giorno annotava in contabilità una ulteriore percentuale di opere eseguite, redigendo il secondo stato di avanzamento dei lavori e questa volta l’annotazione veniva sottoscritta con riserva dall’impresa, che provvedeva altresì ad esplicarla con nota del 18 dicembre 1998, assumendo che i maggiori oneri richiesti derivavano dalla mancata immediata messa a disposizione degli immobili da parte della stazione appaltante, in conseguenza della ritardata esecuzione dei necessari espropri. La Eredi G. sottoscriveva, infine, con riserva anche il successivo stato finale dei lavori, emesso in data 29 settembre 1999. 2.2.3. Orbene, non può revocarsi in dubbio che - contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di Appello, alla data del primo stato di avanzamento dei lavori 23 settembre 1998 la appaltatrice era perfettamente in grado - essendo decorsi ben cinque mesi dalla consegna degli stessi - di quantificare il pregiudizio subito per effetto dell’inadempimento istantaneo posto in essere dall’ente appaltante, e di effettuare anche le sue determinazioni in ordine all’eventuale prosecuzione dell’appalto, atteso il carattere istantaneo pur se suscettibile di produrre effetti continuativi dell’inadempimento posto in essere dall’ente, per non avere il medesimo tempestivamente perfezionato le necessarie procedure espropriative. La successiva riserva formalizzata dopo ben otto mesi 18 dicembre dalla consegna dei lavori, con riferimento, non alla sospensione disposta dalla direzione il 7 dicembre 1998, ma a fatti che potevano, e dovevano, essere dedotti immediatamente, avendone avuto l’impresa - come si evince dalla comunicazione del 15 luglio 1998 - piena conoscenza ab origine, è da reputarsi, pertanto, certamente tardiva. Va osservato, infatti, che, in tema di appalti pubblici, dal combinato disposto degli artt. 53, 54 e 64 del r.d. 25 maggio 1895, n. 350 applicabile ratione temporis si ricava la regola secondo cui sono soggette all’onere di riserva non solo tutte le possibili richieste inerenti a partite di lavori eseguite, nonché alle contestazioni tecniche e/o giuridiche circa la loro quantità e qualità, ma anche e soprattutto quelle relative ai pregiudizi sofferti dall’appaltatore ed ai costi aggiuntivi dovuti affrontare, sia a causa dello svolgimento anomalo dell’appalto, sia a causa delle carenze progettuali per le conseguenti maggiori difficoltà che le stesse hanno ingenerato sia, infine, per i comportamenti inadempienti della stazione appaltante. Ed invero, l’onere della riserva assolve alla funzione di consentire la tempestiva e costante evidenza di tutti i fattori che siano oggetto di contrastanti valutazioni tra le parti e perciò suscettibili di aggravare il compenso complessivo, ivi comprese le pretese di natura risarcitoria Cass. 15013/2011 . È del tutto evidente pertanto, che la sottoscrizione della riserva dopo la registrazione dello stato di avanzamento dei lavori viene a vanificare la stessa ragion d’essere del sistema, fondato sulla tempestiva comunicazione all’amministrazione delle ulteriori pretese economiche dell’impresa appaltatrice. 2.2.4. Ne discende che il contenuto della registrazione dello stato di avanzamento dei lavori determina il limite temporale massimo insuperabile per la formulazive di riserve, anche relative a fatti continuativi che qui non ricorrono in relazione a pretese che dalla stessa registrazione siano state disconosciute espressamente o implicitamente. La riserva dell’appaltatore nel registro di contabilità, la cui cura e affidata alla competenza tecnico-amministrativa degli organi della p.a., deve corrispondere, invero, ad ogni singola partita iscritta e contabilizzata, all’epoca in cui il registro stesso gli e sottoposto. Solo in presenza di una contabilizzazione dei lavori provvisoria ed incompleta, può considerarsi, difatti, tempestiva la riserva formulata dall’appaltatore in sede di sottoscrizione del conto finale, allorché si riferisca a partite di lavoro non riportate e non rilevabili dal registro di contabilità già sottopostogli Cass. 4206/1981 . 2.3. Per le ragioni esposte, pertanto, i motivi suesposti devono trovare pieno accoglimento. 3. L’accoglimento del terzo e quarto motivo di ricorso comporta la cassazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte di Appello di Perugia in diversa composizione, che dovrà procedere a nuovo esame della controversia facendo applicazione dei seguenti principi di diritto in tema di appalto di lavori pubblici, nelle ipotesi in cui l’appaltatore non abbia la necessità di attendere la concreta esecuzione dei lavori per avere consapevolezza del preteso maggior onere che tale fatto dannoso comporta, come nel caso di inadempimento istantaneo dell’amministrazione appaltante, che abbia posto con ritardo i suoli a disposizione dell’impresa appaltatrice, per non avere tempestivamente attuato le necessarie procedure espropriative, è tardiva la riserva formulata solo nello stato di avanzamento dei lavori successivo la riserva non può, invero, essere più essere iscritta una volta che sia stato emesso il certificato dello stato di avanzamento dei lavori approvato dall’impresa . 4. Il giudice di rinvio provvederà, altresì, alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione accoglie il terzo e quarto motivo di ricorso, rigettati il primo e secondo cassa l’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di Appello di Perugia in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.