La fornitura di carburante continua con contratto di comodato d’uso cessato? Nessuna incompatibilità

Il comportamento del proprietario concedente di un impianto di distribuzione carburante che abbia comunicato disdetta del contratto di comodato d’uso alla prima scadenza e che, al contempo, abbia continuato a somministrare carburante al distributore, non può essere interpretato in termini contrastanti con la volontà di far cessare il rapporto, giacché persegue l’interesse di evitare la chiusura dell’impianto e la conseguente perdita dell’avviamento commerciale e della clientela.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 2697/16, depositata il 10 febbraio. Il caso posto al vaglio della Corte di Cassazione verte essenzialmente sui canoni legali d’interpretazione del contratto. La vicenda concerne il collegamento negoziale esistente tra contratto di comodato d’uso d’impianto di carburanti e contratto di somministrazione, nella particolare ipotesi in cui, disdettato il comodato da parte del concedente quest’ultimo continui ad erogare carburante all’impianto. Si considera tacitamente rinnovato il contratto comodato? Il fatto. La società di distribuzione di carburante conveniva in giudizio il comodatario dell’impianto, onde sentire dichiarare la risoluzione del contratto, di durata novennale, alla prima scadenza e la condanna al rilascio dell’impianto medesimo. Il comodatario eccepiva l’intervenuto tacito rinnovo del contratto valorizzando l’atteggiamento concludente del comodante il quale, nonostante la disdetta, aveva continuato a fornire carburante all’impianto, dando così esecuzione concreta al contratto di somministrazione, pure questo concluso tra le parti. Il Tribunale accoglieva la domanda attorea dichiarando l’intervenuta risoluzione del contratto, sebbene a far data dalla seconda scadenza, con condanna al rilascio dell’impianto. Il comodatario proponeva appello insistendo per l’intervenuto rinnovo tacito del contratto il comodante, con appello incidentale, chiedeva la riforma della sentenza quanto alla parte relativa agli effetti del diniego di rinnovo che dovevano essere fatti decorrere dalla scadenza del primo novennio. La Corte territoriale respingeva l’appello principale ed accoglieva invece quello incidentale, sul presupposto che la comune volontà delle parti fosse quella di considerare il contratto di somministrazione accessorio a quello principale di comodato, venendosi così a creare tra i due rapporti un unico collegamento negoziale. Ricorreva per cassazione il comodatario il quale, pur non negando l’esistenza del collegamento negoziale, lamentava l’erronea valutazione, da parte della Corte di appello, del profilo causale dell’intera operazione economico finanziaria, che avrebbe invece dovuto, secondo la sua tesi, considerare principale il contratto di somministrazione allo stesso tempo censurava la mancata valorizzazione del comportamento tenuto dalla società di carburanti che, di fatto, aveva continuato a fornire materia prima al distributore, nonostante la scadenza del contratto di comodato. L’unicità della causa economico finanziaria dei due contratti e la prevalenza di quello di comodato. Già in altre occasioni la Cassazione si è occupata del particolare rapporto contrattuale esistente tra proprietario di un impianto di distribuzione e suo gestore, statuendo che lo stesso possa ben trarre origine da due distinti contratti, appunto di comodato e di somministrazione, collegati tra loro dalla medesima causa. Nel caso concreto tuttavia l’unicità della causa economico finanziaria individuata dal ricorrente, secondo il giudizio della Cassazione, non valeva ad inficiare il ragionamento logico giuridico seguito dai giudici di seconde cure. Questi, infatti, attraverso un corretto utilizzo dei canoni d’interpretazione contrattuale, avevano individuato, quale comune volontà delle parti, quella di privilegiare il contratto di comodato rispetto a quello di somministrazione. La somministrazione di carburante non contrasta con la volontà di disdetta del contratto di comodato. Sotto altro profilo il comportamento del fornitore/proprietario dell’impianto consistito, come detto, nel continuare a somministrare il carburante, era stato interpretato, dalla Corte di appello, secondo un ragionamento ritenuto dall’organo di legittimità immune da vizi, compatibile con la volontà di disdetta del contratto di comodato. Esso infatti rispondeva all’esigenza ed all’interesse del fornitore di non lasciare l’impianto sprovvisto di carburante onde evitare la perdita dell’avviamento commerciale e della clientela. In altri termini il carburante era stato fornito solo per consentire all’impianto stesso di continuare a funzionare sino al riacquisto della sua disponibilità da parte del proprietario ed allo scopo di perseguire un interesse di carattere pubblicistico. Pertanto, in questa prospettiva, l’ultrattività della struttura non poteva essere interpretata quale volontà del comodante di far si che il contratto si rinnovasse tacitamente. Il ricorso era così rigettato.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile 3, sentenza 10 dicembre 2015 – 10 febbraio 2016, n. 2697 Presidente Vivaldi – Relatore Barreca Premesso in fatto e in diritto E' stata depositata in cancelleria la seguente relazione 1. con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Cagliari ha rigettato l'appello proposto da P. L. avverso la sentenza del Tribunale di Cagliari, la quale si era pronunciata -per quello che rileva in questa sede sulle domande dell'E.N.I. di accertamento di avvenuta risoluzione in data 18 agosto 2003 per effetto di una precedente disdetta inviata il 30 luglio 2002 del contratto di comodato di durata novennale, avente ad oggetto un impianto di distribuzione del carburante, stipulato tra l'allora società attrice e il L., e di condanna al rilascio dei detto impianto il giudice di primo grado aveva accolto la domanda di risoluzione, ma a far data dal 18 agosto 2012 ossia alla data di scadenza del rinnovo tacito novennale e per l'effetto aveva condannato l'odierno ricorrente al rilascio dell'impianto lo stesso giudice aveva disatteso l'eccezione formulata da quest'ultimo, secondo la quale il rapporto si sarebbe dovuto ritenere tacitamente rinnovato per fatti concludenti per ulteriori nove anni in virtù della prosecuzione del contratto di fornitura di carburante, in essere tra le stesse parti, al quale l'E.N.I. aveva continuato e continuava a dare esecuzione, pur dopo aver intimato la disdetta per il comodato 1.1. il L. spiegava appello avverso detta pronuncia, riproponendo l'eccezione di rinnovo tacito del contratto, disattesa in primo grado l'E.N.I., costituitasi, proponeva appello incidentale, chiedendo, tra l'altro, di accertare che il contratto di comodato era cessato già in data 18 agosto 2003, in virtù della precedente disdetta la Corte di Appello rigettava il gravame principale, ritenendo, contrariamente alle richieste dell'appellante, che la volontà delle parti fosse quella di ritenere principale il contratto di comodato, cui accedeva il contratto di somministrazione , e accoglieva l'appello incidentale, confermando, per l'effetto, la condanna al rilascio dell'impianto 1.2. avverso detta pronuncia ricorre P. L., affidando le sorti dell'impugnazione ad un solo motivo di ricorso l'E.N.I. resiste con controricorso 2. con l'unico motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 1325, n. 2, 1362, 1366, 1367, 1368, 1369, 1370, 1371 cod. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., nonché omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ. 2.1. a prescindere dai profili di inammissibilità, anche eccepiti dalla parte resistente, relativi alla violazione del principio di autosufficienza per mancata trascrizione di tutti i documenti sui quali le censure si fondano in particolare contratto di fornitura e contratto di comodato, ovvero delle clausole rilevanti e alla deduzione del vizio di motivazione sulla base di una norma di legge non più applicabile posto che le sentenze depositate dopo l'l1 settembre 2012 sono ricorribili solo se viziate da un omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti , si ritiene che l'unico articolato motivo di ricorso non possa comunque trovare accoglimento per le ragioni di cui appresso 3. la Corte di Appello , dopo aver considerato che i contratti erano stati stipulati contestualmente ed aver analizzato alcune clausole contrattuali contenute nel contratto di somministrazione, ha ritenuto che Io specifico intento delle parti fosse univocamente diretto a creare un collegamento negoziale volontario tra i due rapporti contrattuali, tale da subordinare la sorte della somministrazione al contratto di comodato, da ritenersi perciò principale ha altresì ritenuto che, avendo l'ENI intimato la disdetta per il contratto principale di comodato, avesse inteso caducare anche il contratto di somministrazione e che questa volontà non fosse stata smentita dalla continuazione della fornitura di carburante, rispondente ad un preciso interesse della società concessionaria- evitare la chiusura dell'impianto, con conseguente perdita della clientela e dell'avviamento commerciale 3.1. il ricorrente, senza negare detto collegamento negoziale tra i due contratti, si duole perché la Corte territoriale, nel condurre il suo ragionamento interpretativo, non avrebbe attribuito adeguata rilevanza, né al profilo causale dell'intera operazione economico sostanziale venuta ad esistenza in virtù dell'interconnessione contrattuale che avrebbe dovuto indurre la Corte a riconoscere nella somministrazione il contratto principale né al comportamento tenuto dalle parti successivamente alla manifestazione di volontà .dell'E.N.I. di far cessare il contratto di comodato 3.2. la censura relativa al profilo causale appare manifestamente infondata. Premesso che il collegamento negoziale non incide sulle cause, che restano autonome, dei contratti oggetto dei collegamento cfr. Cass., 18 luglio 2003, n. 11240 Cass., 12 gennaio 2006, n. 415 , effettivamente si è affermato, anche da parte di questa Corte, che il rapporto tra il proprietario ed il gestore di un impianto di carburanti può trarre origine da contratti distinti di comodato d'uso e di somministrazione, collegati tra loro e contrassegnati da un'unica causa cfr. Cass. n. 9576104 . Tuttavia, siffatto rilievo, che pure sembrerebbe dare riscontro all'assunto dei ricorrente, in riferimento all'unitarietà della causa dell'operazione economica, non è idonea ad inficiare l'attività interpretativa svolta dalla Corte d'Appello. Questa infatti non solo ha espressamente riconosciuto il collegamento negoziale, ma nemmeno ha espressamente escluso l'unitarietà del profilo causale. Piuttosto, seguendo correttamente i canoni legali di interpretazione contrattuale, ha ritenuto che, nel caso concreto, le parti avessero inteso privilegiare il contratto di comodato, facendo dipendere dalle sorti di quest'ultimo anche le sorti del contratto di somministrazione. Questa conclusione non trova smentita nella dedotta unicità del profilo causale dell'operazione, attesa l'indispensabilità dell'impianto per l'esercizio dell'attività. Pertanto, dal punto di vista oggettivo e funzionale, i contratti non possono che operare sullo stesso piano. Ne consegue che, come ritenuto dal giudice di merito, la loro disciplina va desunta dalla volontà, in concreto, manifestata nelle pattuizioni contrattuali. 3.3. In effetti, la vera ratio decidendi della sentenza consiste nel diniego di attribuzione di significato concludente al comportamento dell'ENI che continuò a rifornire il L. di carburante, malgrado l'intimata disdetta. Sotto questo profilo, la motivazione resa dalla Corte d'Appello, oltre che mal censurata per la ragione detta sopra , si appalesa comunque immune da vizi. In particolare, risulta logica -e non contraddetta da altri elementi di fatto addotti dal ricorrente l'individuazione di un interesse del fornitore non contrastante con la volontà di disdetta, quale quello di evitare -in mancanza di rilascio spontaneo da parte del gestore la chiusura dell'impianto con la conseguente perdita di clientela e dell'avviamento commerciale questa Corte ha già avuto modo di precisare che la persistente esecuzione del contratto di fornitura non si pone necessariamente in contrasto con la prevalenza del contratto di comodato su di esso, posto che la circostanza che il concessionario di un impianto per la distribuzione di carburante, dopo la scadenza del relativo contratto continui a fornire, al gestore che ha rifiutato di procedere alla riconsegna dell'impianto, il carburante necessario per proseguire nell'attività, determina, certamente la ultrattività in via di mero fatto della efficacia dei contratto per il tempo successivo alla scadenza e sino a quando il concessionario non riacquisti la effettiva disponibilità dell'impianto stesso dal gestore vedi Cass., 26 luglio 2002, n. 11059, la quale, sia pure pronunciata nel regime previgente all'entrata in vigore del decreto legislativo n. 32 del 1998, in cui sussisteva l'obbligo legale di proseguire la fornitura di carburante, resta ancora valida nella parte in cui, venuto meno l'interesse pubblicistico, consente la verifica, in concreto, da parte del giudice del merito che la prosecuzione di fatto della fornitura risponda ad un interesse del contraente non incompatibile con la volontà di far cessare comunque il rapporto, a seguito dell'intimata disdetta . La relazione è stata notificata come per legge. Parte ricorrente ha depositato memoria Ritenuto in diritto. A seguito della discussione sul -ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione. Va precisato che la memoria di parte ricorrente è irricevibile perché pervenuta oltre il termine di legge. Conclusivamente, il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13. P.q.m. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore della resistente, nell'importo complessivo di € 8.000,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13. Così deciso in Roma, il giorno 10 dicembre 2015, nr I camera di consiglio della sesta sezione civile 3 della Corte suprema di cassazione.