Investimento troppo rischioso per un cliente non professionale: la segnalazione di inadeguatezza non basta

É configurabile la responsabilità dell’intermediario finanziario che abbia dato corso ad un ordine, ancorché vincolante, ricevuto da un cliente non professionale, concernente un investimento particolarmente rischioso, dal momento che la professionalità del primo, su cui il secondo abbia ragionevolmente fatto affidamento in considerazione dello speciale rapporto contrattuale tra essi intercorrente, gli impone di valutare comunque l’adeguatezza di quell’operazione rispetto ai parametri di gestioni concordati, con facoltà di recedere dall’incarico per giusta causa, ai sensi degli artt. 1722, comma 1, n. 3, 1727, comma 1, c.c. e 24, comma 1, lett. d del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 nel testo applicabile ratione temporis , qualora non ravvisi tale adeguatezza.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella pronuncia n. 1376 del 22 gennaio 2016. Il caso. Un investitore si rivolge all’Autorità Giudiziaria per ottenere l’annullamento o la risoluzione del contratto di investimento in bonds argentini stipulato con un istituto di credito per un’ingente somma di denaro, chiedendo la condanna del convenuto alla restituzione delle somme versate ed al risarcimento dei danni. La domanda viene respinta sia in primo che in secondo grado sicché l’attore si rivolge alla Corte di Cassazione. La segnalazione di non adeguatezza dell’operazione. La questione principale sottoposta all’esame della Suprema Corte riguarda la presunta violazione, da parte della banca, degli obblighi informativi imposti a suo carico oltre che dei doveri di diligenza, correttezza e trasparenza. Osservano gli Ermellini che tali doveri sono imposti a tutti i soggetti abilitati al compimento dei servizi di investimento dall’art. 21, comma 1, d.lgs. n. 58/1998, e ulteriormente specificati dagli artt. 28 e 29 del Regolamento CONSOB n. 1522/1998 abrogato con decorrenza dal 2 novembre 2007 dall’art. 113 del Regolamento CONSOB del 29 ottobre 2007 n. 16190 . Ebbene, la pluralità degli obblighi previsti dalle disposizioni richiamate convergono verso un fine unitario, consistente nel segnalare all’investitore, in relazione alla sua accertata propensione al rischio, la non adeguatezza delle operazioni di investimento che si accinge a compiere c.d. suitability rule . La scelta tra differenti opportunità di investimento è, quindi, un problema di raccolta e di valutazione di informazioni concernenti 1 la natura e le caratteristiche peculiari del titolo, con particolare riferimento alla rischiosità del prodotto finanziario offerto 2 la precisa individuazione del suo emittente precisandosi, in particolare, se si tratta di uno Stato, di un ente locale, o di una società privata , non essendo sufficiente la mera indicazione che si tratta di un Paese emergente” 3 il rating nel periodo di esecuzione dell’operazione ed il connesso rapporto rendimento/rischio 4 eventuali situazioni di grey market , ovverosia di carenza di informazioni circa le caratteristiche concrete del titolo 5 l’avvertimento circa il pericolo di un imminente default dell’emittente. Il modulo sul rischio dell’investimento. Ciò premesso, la Suprema Corte ribadisce quanto già affermato in altre occasioni, ossia che la dichiarazione resa dal cliente, su modulo predisposto dalla banca e da lui sottoscritto, in ordine alla propria consapevolezza, conseguente alle informazioni ricevute, della rischiosità dell’investimento suggerito e sollecitato dalla banca e della inadeguatezza dello stesso rispetto al suo profilo di investitore, non può costituire dichiarazione confessoria, in quanto è rivolta alla formulazione di un giudizio e non all’affermazione di scienza e verità di un fatto obiettivo Cass., n. 6142/2012 . Tale dichiarazione può, al più, comprovare l’avvenuto assolvimento degli obblighi di informazione incombenti sull’intermediario, sempre che sia corredata da una, sia pure sintetica, indicazione delle caratteristiche del titolo, in relazione al profilo dell’investitore ed alla sua propensione al rischio Cass., n. 4620/2015 . Le omissioni della banca. Nel caso di specie, l’istituto di credito si era limitato a rendere noto all’investitore che l’operazione di investimento in bonds argentini non fosse adeguata. A fronte di tale segnalazione scritta, il cliente aveva confermato espressamente la volontà di effettuare l’operazione. Ebbene, a giudizio degli Ermellini, la suddetta segnalazione di inadeguatezza dell’operazione era del tutto generica, non contenendo indicazione alcuna circa ipotetiche avvertenze che l’attore avrebbe ricevuto dalla banca, in ordine alla natura del titolo, al suo emittente, al rating nel periodo di esecuzione dell’operazione ed alla sussistenza di eventuali situazioni di grey market o di default dell’emittente. Tale carenza informativa avrebbe assunto particolare rilievo nel caso di specie considerato che 1 si trattava di titoli emessi da un Paese prossimo al default finanziario, e per di più emessi, non dallo Stato, bensì da un ente locale territoriale 2 la propensione al rischio dell’attore era medio-bassa 3 il cliente investiva nell’operazione la totalità dei propri risparmi. Tali considerazioni – afferma la Suprema Corte – avrebbero dovuto indurre la banca a tenere una condotta particolarmente prudente, astenendosi perfino dal compiere l’operazione, come impone il comma 1 dell’art. 29 del Regolamento succitato, nonostante la conferma scritta dell’investitore di voler effettuare comunque l’operazione. Facoltà di recesso dell’intermediario in caso di ordini rischiosi. Nello specifico, il comportamento del ricorrente non è ritenuto idoneo ad escludere la responsabilità dell’intermediario atteso che, secondo la più recente giurisprudenza, essa è configurabile nell’ipotesi in cui l’intermediario finanziario abbia dato corso ad un ordine, ancorché vincolante, ricevuto da un cliente non professionale, concernente un investimento particolarmente rischioso. Ciò in quanto la professionalità dell’intermediario gli impone di valutare comunque l’adeguatezza di quell’operazione rispetto ai parametri di gestione concordati, con facoltà di recedere dall’incarico, per giusta causa, ai sensi degli artt. 1722, comma 1, n. 3 e 1727, comma 1, c.c., qualora non ravvisi tale adeguatezza. Nel caso concreto, la banca intermediaria si era determinata a compiere l’operazione nonostante l’investimento fosse ad alto rischio e per di più sulla base della generica indicazione che l’investimento non era adeguato. Per tali ragioni la Suprema Corte accoglie il ricorso e procede alla cassazione della sentenza con rinvio al giudice di merito per un nuovo esame della controversia in relazione ai profili di responsabilità dell’intermediario.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 1 dicembre 2015 – 26 gennaio 2016, n. 1376 Presidente Di Palma – Relatore Valitutti Ritenuto in fatto 1. Con atto di citazione notificato il 19 marzo 2003, G.R. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Mantova, la Banca Agricola Mantovana s.p.a., chiedendo dichiararsi la nullità o pronunciarsi l'annullamento o la risoluzione del contratto di investimento in bonds argentini, stipulato con l'istituto di credito nel febbraio del 2001 per l'importo di Euro 129.174,00, con condanna della convenuta alla restituzione delle somme versate ed al risarcimento dei danni subiti. 1.1. All'udienza del 10 giugno 2003, si costituiva in giudizio la Nuova Banca Agricola Mantovana - quale successore a titolo particolare del Monte dei Paschi di Siena che aveva incorporato l'originaria, ed omonima, Banca Agricola Mantovana - producendo la documentazione della quale intendeva avvalersi in giudizio. Nella successiva udienza del 14 ottobre 2003, la causa veniva dichiarata interrotta e, quindi, riassunta con ricorso del 16 ottobre 2003, sia nei confronti del Monte dei Paschi di Siena, successore a titolo universale della vecchia Banca Agricola Mantovana e cedente il ramo di azienda in questione, che restava contumace, sia nei confronti della nuova Banca Agricola Mantovana s.p.a., che si ricostituiva in giudizio, riportandosi alla comparsa ed alla documentazione prodotte nell'udienza del 10 giugno 2003. 1.2. Il Tribunale adito, con sentenza n. 1527/2005, depositata l'1 dicembre 2005, rigettava la domanda, condannando l'attore alle spese di lite. 2. Avverso tale decisione proponeva appello il G. , con atto di citazione notificato il 13 marzo 2006. Il gravame veniva, peraltro, rigettato dalla Corte di Appello di Brescia, con sentenza n. 217/2009, depositata il 17 febbraio 2009, con la quale il giudice di seconde cure - confermata la ritualità della costituzione in giudizio della nuova Banca Agricola Mantovana e della produzione documentale dalla medesima effettuata - riteneva, nel merito, di non poter ravvisare nella condotta dell'appellata violazione alcuna degli obblighi sulla medesima incombenti, ai sensi dell'art. 21 del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 e degli artt. 28 e 29 del Regolamento CONSOB 1 luglio 1998, n. 11522. 3. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto, quindi, ricorso G.R. nei confronti della Banca Agricola Mantovana s.p.a. e del Monte dei Paschi di Siena s.p.a., affidato a sei motivi, illustrati anche con memoria ex art. 378 c.p.c 4. Il resistente Monte dei Paschi di Siena s.p.a. ha replicato con controricorso. L'intimata Banca Agricola Mantovana s.p.a. non ha svolto attività difensiva. Considerato in diritto 1. Con il primo motivo di ricorso, G.R. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 299 cod. proc. civ. e, 74 e 87 disp. att. cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ 1.1. Rileva il ricorrente che l'atto di citazione di primo grado veniva notificato dal G. alla originaria Banca Agricola Mantovana s.p.a. il 19 marzo 2003, per l'udienza del 10 giugno 2003. Senonché la società convenuta, in data 25 marzo 2003, era stata incorporata per fusione dal Monte dei Paschi di Siena s.p.a., che aveva contestualmente ceduto il ramo di azienda, già della originaria Banca Agricola Mantovana s.p.a., alla neocostituita ed omonima Banca Agricola Mantovana. Alla suddetta udienza del 10 giugno 2003 si costituiva, pertanto, la nuova Banca Agricola Mantovana, depositando comparsa di risposta con i documenti dei quali intendeva avvalersi. Alla successiva udienza del 14 ottobre 2003, la causa veniva, peraltro, dichiarata interrotta e, quindi, riassunta con ricorso del 16 ottobre 2003, sia nei confronti del Monte dei Paschi di Siena, successore a titolo universale della vecchia Banca Agricola Mantovana e cedente il ramo di azienda in questione, sia nei confronti della nuova Banca Agricola Mantovana s.p.a., successore a titolo particolare nel ramo di azienda in questione. Si ricostituiva, quindi, in giudizio la nuova Banca Agricola Mantovana s.p.a., dichiarando espressamente di volersi riportare alla comparsa di risposta depositata all'udienza di prima comparizione del 10 giugno 2003 dalla originaria convenuta Banca Agricola Mantovana , e nuovamente allegata in giudizio all'atto della seconda costituzione, dichiarando, altresì, di fare propri i documenti allegati alla comparsa stessa . Il Monte dei Paschi di Siena rimaneva contumace. 1.2. Tanto premesso, il G. - muovendo dal rilievo secondo cui l'originaria convenuta , per tale dovendo intendersi, ad avviso dell'istante, la vecchia Banca Agricola Mantovana s.p.a., non si era mai costituita all'udienza del 10 giugno 2003 - deduce che i documenti dei quali la nuova banca aveva dichiarato di volersi avvalere non erano mai stati prodotti ritualmente in giudizio, ai sensi degli artt. 74 e 87 disp. att. cod. proc. civ., essendo rimasti allegati al fascicolo di parte della nuova banca, depositato all'udienza del 10 giugno 2003. Tale udienza sarebbe, peraltro, da ritenersi affetta da nullità per violazione degli artt. 299 e 304 cod. proc. civ., per effetto della già avvenuta, automatica, interruzione del processo conseguente alla fusione per incorporazione della vecchia Banca Agricola Mantovana s.p.a. da parte del Monte dei Paschi di Siena s.p.a Né la nuova ed omonima Banca Agricola Mantovana aveva provveduto a produrre nuovamente i documenti prodotti all'atto della prima costituzione in giudizio, allegandoli alla seconda comparsa di costituzione o dando atto della nuova produzione nel verbale dell'udienza successiva alla riassunzione del giudizio. E neppure la medesima avrebbe potuto avvalersi - a parere dei ricorrente - di documenti, per sua stessa ammissione, prodotti in causa dall' originaria convenuta , posto che questa non si era mai costituita in giudizio. 1.3. La censura è del tutto infondata. 1.3.1. In tema di fusione di società, invero, l'art. 2504 bis cod. civ., introdotto dalla riforma del diritto societario d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 , ha natura innovativa e non interpretativa e, pertanto, il principio, da esso desumibile, per cui la fusione tra società si risolve in una vicenda meramente evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico, che conserva la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo, non vale per le fusioni per unione od incorporazione anteriori all'entrata in vigore della nuova disciplina 1 gennaio 2004 . Tali fusioni, sottratte all'applicazione della nuova norma succitata, pur dando luogo ad un fenomeno successorio, si diversificano, tuttavia, dalla successione mortis causa perché la modificazione dell'organizzazione societaria dipende esclusivamente dalla volontà delle società partecipanti, con la conseguenza che quella che viene meno non è pregiudicata dalla continuazione di un processo del quale era perfettamente a conoscenza, così come nessun pregiudizio subisce la incorporante o la società risultante dalla fusione , che può intervenire nel processo ed impugnare la decisione sfavorevole. Neppure a dette fusioni - ancorché non soggette al disposto dell'art. 2504 bis cod. civ. - si applica, dunque, la disciplina dell'interruzione di cui agli artt. 299 e ss. c.p.c. cfr. Cass. S.U. 19698/2010 Cass. 4749/2011 21916/2011 8600/2014 . 1.3.2. Ne discende, con riferimento al caso di specie, che, essendo la fusione per incorporazione della preesistente Banca Agricola Mantovana nel Monte dei Paschi di Siena avvenuta il 25 marzo 2003, ossia prima dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 6 del 2003, l'udienza del 10 giugno 2003 e le attività in essa svolte, ivi compresa la produzione documentale in contestazione operata dalla nuova Banca Agricola Mantovana - originariamente costituitasi in giudizio, così dovendo correttamente intendersi il menzionato inciso originaria convenuta -, non possono considerarsi affette da nullità per a dedotta interruzione automatica del processo ex art. 299 cod. proc. civ., conseguente all'estinzione della vecchia Banca Agricola Mantovana. Tale disposizione processuale - per le ragioni suesposte - non si applica, infatti, nel caso di specie. 1.4. Il motivo in esame va, di conseguenza, disatteso. 2. Con il secondo motivo di ricorso, G.R. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 345 cod. proc. civ., 1421 cod. civ. e 6 del d.lgs. n. 58 del 1998, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ 2.1. Avrebbe errato il giudice di appello nei ritenere che il Tribunale avesse correttamente deciso di non prendere in esame l'eccezione di nullità del contratto quadro intercorso tra le parti, poiché sfornito di prova scritta, essendo stata tale eccezione dedotta solo nella comparsa conclusionale. La Corte territoriale, ritenendo - di conseguenza - l'eccezione tardiva, in relazione al disposto di cui all'art. 345 cod. proc. civ., sarebbe incorsa nel vizio di omessa pronuncia, giacché - inerendo il profilo di nullità in parola alla questione di invalidità del contratto di investimento finanziario dedotta con l'atto di citazione - il giudice di appello avrebbe dovuto pronunciarsi sull'eccezione proposta, sostanzialmente, già nell'atto introduttivo del giudizio, e soltanto illustrata ulteriormente in comparsa conclusionale. 2.2. Il motivo è infondato. 2.2.1. Va, difatti, osservato, al riguardo, che nel caso in cui il ricorrente lamenti l'omessa pronuncia, da parte dell'impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni proposte, sebbene non sia indispensabile che il medesimo faccia esplicita menzione della ravvisabilità della fattispecie di cui al n. 4 del co. 1 dell'art. 360 cod. proc. civ., con riguardo all'art. 112 dello stesso codice, è, tuttavia, pur sempre necessario che il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, dovendosi, invece, dichiarare inammissibile il gravame allorché sostenga che la motivazione sia mancante o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge Cass. S.U. 17931/2013 Cass. 24553/2013 21165/2013 . 2.2.2. Nel caso concreto, il G. lamenta la violazione degli artt. 112 e 345 cod. proc. civ., nonché dell'art. 23 del d.lgs. n. 58 del 1998, sub specie del vizio di cui all'art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., senza in alcun modo dedurre la nullità della sentenza di appello per omessa pronuncia, ex artt. 112 e 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. Sotto tale profilo, dunque, la censura in esame di palesa addirittura inammissibile. 2.2.3. Ad ogni buon conto, la dedotta nullità del contratto quadro per difetto di forma scritta è ancorata dal ricorrente alla nullità della produzione documentale operata dalla Banca Agricola Mantovana all'udienza del 10 giugno 2003, in conseguenza della quale il contratto di negoziazione - ad avviso del ricorrente - dovrebbe considerarsi mancante dei tutto p. 12 del ricorso . E tuttavia tale nullità deve, per contro, essere esclusa, per le ragioni esposte in relazione al primo motivo di ricorso, sicché il motivo in esame è altresì infondato nel merito. 2.3. Il mezzo va, pertanto, rigettato. 3. Con il terzo, quarto e sesto motivo di ricorso - che, per la loro evidente connessione, vanno esaminati congiuntamente - G.R. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 21, comma 1, lettere a e b del d.lgs. n. 58 del 1998, 28, comma 2 e 29 del Regolamento CONSOB 1 luglio 1998, n. 11522, 1337, 1338, 1374, 1375 e 1175 cod. civ., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ 3.1. Il ricorrente lamenta di avere ricevuto dalla banca negoziatrice dei titoli bonds argentini acquistati - in violazione dell'art. 28, comma 2, del Regolamento CONSOB n. 11522 del 1998 - informazioni parziali ed incomplete circa la pericolosità dell'investimento in questione, non essendo stato informato né del rapporto rendimento/rischio relativo ai titolo in questione, né del rating assegnato all'emittente, e neppure del fatto che questi non fosse uno Stato estero, bensì un ente territoriale ad esso facente capo Provincia di Buenos Aires , essendogli stato prospettato solo che la rischiosità dell'investimento sarebbe derivata dall'essere l'Argentina un Paese emergente . 3.2. Di più, a fronte di una propensione al rischio medio - bassa , l'istituto di credito resistente si sarebbe limitato a segnalare - nell'ordine di acquisto dei bonds argentini - che l'operazione non appariva adeguata e che, per tale ragione, non avrebbe voluto dare seguito all'ordine, ma di essere stato indotto a farlo in virtù della volontà ribadita per iscritto dal cliente, ai sensi dell'art. 29, comma 3, del regolamento CONSOB n. 11522 del 1998. Sotto tale ultimo profilo, la Corte territoriale non avrebbe, peraltro, tenuto conto del fatto che l'esecuzione di detto ordine presupponeva comunque, ai sensi del medesimo comma 3 del citato art. 29, una compiuta ed adeguata Informazione da parte della banca al cliente, in ordine alla non adeguatezza dell'operazione, dovendo, in mancanza, l’intermediaria astenersi dall'effettua re l'investimento, come testualmente prescrive il comma 1 dello stesso articolo 29. 3.3. Tale condotta dell'istituto di credito, oltre ad integrare una palese violazione delle succitate disposizioni del Regolamento CONSOB, si porrebbe, peraltro, in contrasto anche con il generale dovere di diligenza, correttezza e trasparenza, che l'art. 21 del d.lgs. n. 58 del 1998 impone a tutti i soggetti abilitati al compimento dei servizi di investimento, derivandone, dunque, una palese responsabilità della banca nei confronti dell'odierno ricorrente, per il pregiudizio da lui sofferto. 3.4. Le censure sono fondate. 3.4.1. L'art. 21, comma 1, del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 prevede, in via generale, che 1. Nella prestazione dei servizi di investimento e accessori i soggetti abilitati devono a comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell'interesse dei clienti e per l'integrità dei mercati b acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati . . Dispone, poi, l'art. 28 del Regolamento CONSOB n. 1522 del 1998 abrogato con decorrenza dal 2 novembre 2007 dall'art. 113 del Regolamento CONSOB del 29 ottobre 2007 n. 16190, con il quale è stata attuata la Direttiva MIFID n. 2004/39/CE, ma applicabile alla fattispecie concreta ratione temporis , che 1. 2. Gli intermediari autorizzati non possono effettuare o consigliare operazioni o prestare il servizio di gestione se non dopo aver fornito all'investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento o disinvestimento . Il successivo art. 29 del medesimo Regolamento stabilisce, infine, che 1. Gli intermediari autorizzati si astengono dall'effettuare con o per conto degli investitori operazioni non adeguate per tipologia, oggetto, frequenza o dimensione. 2. Ai fini di cui al comma 1, gli intermediari autorizzati tengono conto delle informazioni di cui all'art. 28 e di ogni altra informazione disponibile in relazione ai servizi prestati. 3. Gli intermediari autorizzati, quando ricevono da un investitore disposizioni relative ad una operazione non adeguata, lo informano di tale circostanza e delle ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione. Qualora l'investitore intenda comunque dare corso all'operazione, gli intermediari autorizzati possono eseguire l'operazione stessa solo sulla base di un ordine impartito per iscritto ovvero, nel caso di ordini telefonici, registrato su nastro magnetico o su altro supporto equivalente, in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute . 3.4.2. Orbene, il suesposto quadro normativo di riferimento evidenzia, senza ombra di dubbio, che la pluralità degli obblighi facenti capo ai soggetti abilitati a compiere operazioni finanziarie obbligo di diligenza, correttezza e trasparenza, obbligo di informazione, obbligo di evidenziare l'inadeguatezza dell'operazione che si va a compiere convergono verso un fine unitario segnalare all'investitore la non adeguatezza delle operazioni di acquisto di prodotti finanziari che si accinge a compiere c.d. suitability rule . Alla base di siffatta finalità sta, invero, la considerazione secondo cui ogni investitore razionale è avverso al rischio, sicché il medesimo, a parità di rendimento, sceglierà l'investimento meno aleatorio ed, a parità di alea, quello più redditizio, se non si asterrà perfino dal compiere l'operazione, ove l'alea dovesse superare la sua propensione al rischio. La scelta tra differenti opportunità di investimento è, quindi, essenzialmente un problema di raccolta e di valu-tazione di informazioni, ovvero di ogni dato sulla natura dello strumento finanziario, sui suo emittente, sul suo rendimento e sull'economia nel suo complesso, compresa l'informativa circa l'eventuale sussistenza, con riferimento alla singola operazione da porre in essere, di una situazione di c.d. grey market, ovverosia di carenza di informazioni circa le caratteristiche concrete del titolo ed il rating del prodotto finanziario nel periodo in considerazione, o - addirittura - di una situazione di imminente default economico dell'ente o dello Stato emittente. Ed è evidente che, essendo le informazioni finanziarie complesse e costose, nei rapporti di intermediazione finanziaria le imprese di investimento posseggono frammenti informativi diversi e superiori rispetto a quelli a disposizione degli investitori, o da essi acquisibili. Da tali considerazioni discende, dunque, la necessità che - come si dirà in prosieguo - l'operato della banca o dell'intermediario finanziario sia, nell'evidenziare l'eventuale non adeguatezza dell'operazione, altamente professionale, prudente e diligente. 3.4.3. Nel senso dell'unitaria finalizzazione degli obblighi dei soggetti autorizzati a compiere le operazioni in parola a consentire la c.d. suitability rule, depone, del resto, il richiamo che l’art. 29, comma 2, del Regolamento n. 11522 del 1998 opera al precedente art. 28, sancendo che ai fini di cui al comma 1 - ossia per stabilire se l'operazione sia, o meno, adeguata, dovendo in caso di inadeguatezza dell'operazione l'intermediario astenersi dal compierla - wgli intermediari autorizzati tengono conto delle informazioni di cui all'art. 28 e di ogni altra informazione disponibile in relazione ai servizi prestati . È di chiara evidenza, pertanto, che l'obbligo di informazione art. 21 del d.lgs. n. 58 del 1998 e art. 28 del Regolamento n. 11522 del 1998 e l'obbligo di segnalare la non adeguatezza dell'operazione e di indicare le ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione art. 29 del Regolamento cit. , confluiscono nell'unitario obbligo di diligenza, di correttezza e di trasparenza dell'intermediario finanziario, sanciti dall'art. 21 del d.lgs. n. 58 del 1998. 3.4.4. In tal senso si è, peraltro, già da tempo espressa la giurisprudenza di questa Corte, laddove ha affermato che, in tema di servizi di investimento, la banca intermediaria, prima di effettuare operazioni, ha l'obbligo di fornire all'investitore un'informazione adeguata in concreto, tale cioè da soddisfare le specifiche esigenze dei singolo rapporto, in relazione alle caratteristiche personali e alla situazione finanziaria del cliente, e, a fronte di un'operazione non adeguata, può darvi corso soltanto a seguito di un ordine impartito per iscritto dall'investitore in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute cfr. Cass. 17340/2008 Cass. 22147/2010 . A tal fine, si è - tuttavia - osservato che la dichiarazione resa dai cliente, su modulo predisposto dalla banca e da lui sottoscritto, in ordine alla propria consapevolezza, conseguente alle informazioni ricevute, della rischiosità dell'investimento suggerito e sollecitato dalla banca nella specie in bond argentini e della inadeguatezza dello stesso rispetto al suo profilo d'investitore, non può - di certo -costituire dichiarazione confessoria, in quanto è rivolta alla formulazione di un giudizio e non all'affermazione di scienza e verità di un fatto obiettivo Cass. 6142/2012 . Tale dichiarazione può, al più, comprovare l'avvenuto assolvimento degli obblighi di informazione incombenti sull'intermediario, sempre che sia corredata da una, sia pure sintetica, indicazione delle caratteristiche del titolo, in relazione al profilo dell'investitore ed alla sua propensione al rischio, tali da poterne sconsigliare l'acquisto, come nel caso in cui venga indicato nella dichiarazione che si tratti di titolo non quotato o emesso da soggetto in gravi condizioni finanziarie Cass. 4620/2015 . 3.4.5. Tutto ciò premesso, va rilevato che nel caso di specie dall'esame degli atti si evince, per contro, che la Banca Agricola Mantovana s.p.a. si è limitata - come accertato dalla stessa sentenza di appello - a rendere noto all'investitore quanto segue con riferimento alle informazioni acquisite la banca segnala che la presente operazione non appare adeguata e per tale ragione non intende dar seguito all'ordine . A fronte di tale segnalazione scritta che l'operazione doveva considerarsi inadeguata ex art. 29 del Regolamento , il cliente avrebbe, nondimeno, confermato espressa-mente la volontà ad effettuare l'operazione . Orbene, è di tutta evidenza che detta segnalazione di inadeguatezza dell'operazione è del tutto generica, non contenendo indicazione alcuna circa ipotetiche avvertenze che il G. abbia ricevute dalla banca, in ordine alla natura del titolo, al suo emittente, al rating nel periodo di esecuzione dell'operazione, ed alla sussistenza di eventuali situazioni di grey market o di default dell'emittente, ai fini suindicati. Non possono, invero, considerarsi sufficienti, a garantire il rispetto delle prescrizioni di cui ai menzionati artt. 28 e 29 del Regolamento CONSOB n. 11522 del 1998, il fatto che risulti acquisito in causa che la banca aveva informato il G. della rischiosità dell'investimento perché emesso da un Paese emergente , ben potendo esservi Paesi emergenti i cui titoli sono connotati da un rating adeguato, nonché la generica dichiarazione contenuta nell'ordine di acquisto, nella quale l'istituto di credito si limitava a segnalare che la presente operazione non appare adeguata , in relazione al profilo finanziario del cliente, e per tale ragione non intende dar seguito all'ordine , eseguito, peraltro, su disposizione scritta dell'investitore. Si tratta, infatti, - com'è del tutto evidente - di avvertenze affatto generiche, come tali inidonee a concretare l'adempimento dei complessi obblighi gravanti sull'intermediario finanziario. Tale carenza informativa assume, peraltro, particolare rilievo nel caso di specie, considerato che 1 si trattava, come dianzi detto, di titoli di una Paese prossimo al default finanziario, e per di più emessi, non dallo Stato, bensì da un ente locale territoriale 2 la propensione al rischio del G. , come accertato anche dal giudice di appello, era medio-bassa 3 il cliente investiva nell'operazione -come si evince anche dalla sentenza impugnata - la totalità dei propri risparmi. Tali considerazioni avrebbero dovuto, pertanto, indurre la banca a tenere una condotta particolarmente oculata, diligente e prudente, astenendosi perfino dal compiere l'operazione in discussione, come impone il comma 1 dell'art. 29 del Regolamento succitato, ad onta della conferma scritta della volontà dell'investitore di effettuare comunque l'operazione. 3.4.6. Ed invero, il comportamento della ricorrente non può, nella specie, ritenersi giustificato dal fatto che, a fronte della segnalazione di inadeguatezza dell'operazione - peraltro, come dianzi detto, del tutto priva di riferimenti alle informazioni date al cliente - quest'ultimo abbia ribadito per iscritto la sua volontà di effettuare l'operazione. 3.4.6.1. Va, difatti, osservato, al riguardo, che - secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte ed alla quale si intende dare continuità - in tema di gestione di patrimonio mobiliare, è configurabile la responsabilità dell'intermediario finanziario che abbia dato corso ad un ordine, ancorché vincolante, ricevuto da un cliente non professionale, concernente un investimento particolarmente rischioso. La professionalità del primo, su cui il secondo abbia ragionevolmente fatto affidamento in considerazione dello speciale rapporto contrattuale tra essi intercorrente, gli impone, invero, di valutare comunque l'adeguatezza di quell'operazione rispetto ai parametri di gestione concordati, con facoltà di recedere dall'Incarico, per giusta causa, ai sensi degli artt. 1722, comma 1, n. 3 e 1727, comma 1, cod. civ., qualora non ravvisi tale adeguatezza. È bensì vero, infatti, che, a differenza della legge n. 1 del 1991, art. 8, lett. e , il cliente può impartire istruzioni vincolanti sulle operazioni da effettuare salvo il diritto di recesso della società ai sensi dell'art. 1727 c.c. , l'art. 24, comma 1, lett. b - nel testo vigente ratione temporis, precedente la novella introdotta dall'art. 4 del d.lgs. 17 settembre 2007, n. 164 - non ha fatto espressamente salvo il diritto di recesso del gestore ai sensi dell'art. 1727 c.c. Tuttavia, secondo la dottrina e la giurisprudenza di questa Corte, ciò non significa che le istruzioni del cliente siano in ogni caso vincolanti, posto che deve tenersi conto del più ampio diritto di recesso attribuito all'intermediario dall'art. 24, comma 1, lett. d , nel testo vigente ratione temporis , esercitabile anche in presenza di ordini chiaramente rischiosi, idonei ad integrare gli estremi della giusta causa di recesso, ai sensi dell'art. 1727, comma 1, c.c. cfr. Cass. 7922/2015 12262/2015 . 3.4.6.2. E, del resto, come si è in precedenza rilevato, la dichiarazione del cliente, contenuta nell'ordine di acquisto di un prodotto finanziario, quand'anche - ipotesi non ricorrente nel caso concreto - il medesimo dia atto di avere ricevuto le informazioni necessarie e sufficienti ai fini della completa valutazione del grado di rischiosità , non può essere comunque qualificata come confessione stra-giudiziale, essendo a tal fine necessaria la consapevolezza e volontà di ammettere un fatto specifico sfavorevole per il dichiarante e favorevole all'altra parte, che determini la realizzazione di un obiettivo pregiudizio. Siffatta dichiarazione è, inoltre, inidonea ad assolvere gli obblighi informativi prescritti dagli artt. 21 del d.lgs. n. 58 del 1998 e 28 del Reg. Consob n. 11522 del 1998, integrando la stessa un'affermazione del tutto riassuntiva e generica circa l'avvenuta completezza dell'informazione sottoscritta dal cliente Cass. 11412/2012 . 3.4.7. A tutto quanto suesposto va, dipoi, soggiunto che è certamente significativo dell'intento di accentuare i profili di responsabilità degli intermediarti finanziari, il fatto che l'evoluzione legislativa - per l'influenza di determinazioni assunte a livello comunitario - si sia posta nell'ottica di ampliare notevolmente i parametri di valutazione della correttezza informativa, da parte degli operatori del settore, da fornirsi ai clienti in sede di conclusione delle operazioni di investimento finanziario. Basti citare in proposito - ma una ben più unga, dettagliata ed analitica indicazione degli specifici obblighi informativi è contenuta negli articoli successivi - l'art. 27 del Regolamento CONSOB del 29 ottobre 2007, n. 16190, con il quale è stata attuata la Direttiva MIFID n. 2004/39/CE, a norma del quale 1. Tutte le informazioni, comprese le comunicazioni pubblicitarie e promozionali, indirizzate dagli intermediari a clienti o potenziali clienti devono essere corrette, chiare e non fuorvianti. Le comunicazioni pubblicitarie e promozionali sono chiaramente identificabili come tali. 2. Gli intermediari forniscono ai clienti o potenziali clienti, in una forma comprensibile, informazioni appropriate affinché essi possano ragionevolmente comprendere la natura del servizio di investimento e del tipo specifico di strumenti finanziari interessati e i rischi ad essi connessi e, di conseguenza, possano prendere le decisioni in materia di investimenti in modo consapevole. Tali informazioni, che possono essere fornite in formato standardizzato, si riferiscono a all'impresa di investimento e ai relativi servizi b agli strumenti finanziari e alle strategie di investimento proposte, inclusi opportuni orientamenti e avvertenze sui rischi associati agli investimenti relativi a tali strumenti o a determinate strategie di investimento c alle sedi di esecuzione, e d ai costi e oneri connessi . Si è evidentemente in presenza di una presa di coscienza, da parte del legislatore nazionale - sulla scorta di sollecitazioni di rango Europeo -, dell'estrema delicatezza e complessità delle operazioni di investimento che si vanno a compiere da parte di soggetti che, nella quasi totalità dei casi, sono del tutto ignari ed inconsapevoli dei rischi, spesso assai elevati, che possono incontrare nell'investire i propri risparmi nell'acquisto di titoli non affidabili. 3.4.8. Nel caso concreto, la banca intermediaria - ad onta di tutte le carenze informative e. comportamentali suesposte - si è, nondimeno, determinata a compiere l'operazione, sebbene - come risulta dalla stessa sentenza impugnata - si fosse in presenza di un investimento ad alto rischio, concernente un'emittente in situazione di imminente default economico, avente ad oggetto una somma molto elevata, e - per di più - sulla base della generica indicazione che l'investimento non era adeguato, essendo l'emittente un Paese emergente . 3.5. Per tutte le considerazioni che precedono, i motivi di ricorso in esame, in quanto pienamente fondati, non possono, pertanto, che essere accolti. 4. Ne consegue l'assorbimento del quinto motivo di ricorso, con il quale - denunciando la violazione degli artt. 21, comma 1, lettere a e b , 27 del Regolamento CONSOB n. 11522 del 1998 e 8 della Delibera CONSOB n. 11768 del 23 dicembre 1998 - il ricorrente si duole del fatto che la resistente abbia operato in conflitto di interessi, avendo eseguita l'operazione de qua in contropartita diretta , per essersi la banca posta come diretta venditrice dei titoli per cui è causa, transitati dal suo portafoglio, e ad un prezzo da ritenersi speculativo. 5. L'accoglimento del terzo, quarto e sesto motivo di ricorso comporta la cassazione dell'impugnata sentenza, con rinvio alla Corte di Appello di Brescia in diversa composizione, che dovrà procedere a nuovo esame della controversia, facendo applicazione dei seguenti principi di diritto la pluralità degli obblighi, previsti dagli artt. 21 del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, comma 1, lettere a e b , 28, comma 2 e 29 del Regolamento CONSOB 1 luglio 1998, n. 11522, facenti capo ai soggetti abilitati a compiere operazioni finanziarie obbligo di diligenza, correttezza e trasparenza, obbligo di informazione, obbligo di evidenziare l'inadeguatezza dell'operazione che si va a compiere convergono verso un fine unitario, consistente nel segnalare all'investitore, in relazione alla sua accertata propensione al rischio, la non adeguatezza delle operazioni di investimento che si accinge a compiere c.d. suitability rule per il perseguimento di tale finalità, la segnalazione di inadeguatezza dell'operazione, che l'intermediario deve effettuare nei confronti dell'investitore, in forza del combinato disposto degli artt. 28 e 29 dei Regolamento CONSOB n. 11522, deve, contenere specifiche indicazioni concernenti 1 la natura e le caratteristiche peculiari del titolo, con particolare riferimento alla rischiosità del prodotto finanziario offerto 2 la precisa individuazione del suo emittente precisandosi, in particolare, se si tratta di uno Stato, di un ente locale, o di una società privata , non essendo sufficiente la mera indicazione che si tratta di un Paese emergente 3 il rating nel periodo di esecuzione dell'operazione ed il connesso rapporto rendimento/rischio 4 eventuali situazioni di grey market, ovverosia di carenza di informazioni circa le caratteristiche concrete del titolo 5 l'avvertimento circa il pericolo di un imminente default dell'emittente è configurabile la responsabilità dell'intermediario finanziario che abbia dato corso ad un ordine, ancorché vincolante, ricevuto da un cliente non professionale, concernente un investimento particolarmente rischioso, dal momento che la professionalità del primo, su cui il secondo abbia ragionevolmente fatto affidamento in considerazione dello speciale rapporto contrattuale tra essi intercorrente, gli impone di valutare comunque l'adeguatezza di quell'operazione rispetto ai parametri di gestione concordati, con facoltà di recedere dall'incarico, per giusta causa, ai sensi degli artt. 1722, comma 1, n. 3, 1727, comma 1, cod. civ. e 24, comma 1, lett. d del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 nel testo applicabile ratione temporis , qualora non ravvisi tale adeguatezza . 6. Il giudice del rinvio provvederà, altresì, alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione rigetta il primo e secondo motivo di ricorso, accoglie il terzo, quarto e sesto motivo, assorbito il quinto cassa l'impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di Appello di Brescia in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.