Il conduttore cessionario è moroso: la responsabilità è del cedente

Nella cessione del contratto di locazione intervenuta senza il consenso del locatore, sussiste un vincolo di responsabilità sussidiaria tra il cedente e il cessionario divenuto successivo conduttore dell’immobile, caratterizzata dal mero benificium ordinis.

Questa è l’ interpretazione dell’art. 36 della legge numero 392/1978, fornita dalla sentenza numero 23111, pubblicata in data 12 novembre 2015 dalla VI sezione Civile della Corte di Cassazione, con la quale è stato confermato il costante orientamento giurisprudenziale vigente in tema di cessione dei contratti di locazione. Il fatto. La Corte, infatti, è stata chiamata a pronunciarsi sul ricorso interposto da un conduttore evocato in giudizio dal locatore, al fine di rispondere dell’inadempimento al pagamento dei canoni, posto in essere dal soggetto al quale era stato ceduto il contratto. Più precisamente, in data 17.1.1995, il ricorrente aveva ceduto ad una società il proprio contratto di locazione ad uso commerciale, decorrente sin dal 14.1.1994 dal 2010, tuttavia, la società aveva omesso di pagare i canoni pattuiti, di guisa che il locatore le aveva intimato lo sfratto per morosità. Successivamente, quest’ultimo aveva convenuto in giudizio il cedente, onde ottenere la sua condanna al pagamento dei canoni non versati dal cessionario, dell’indennità di occupazione di cui all’art. 1591 c.c. e delle spese sostenute per l’esecuzione dello sfratto per morosità. Il cedente si era costituito in giudizio eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva e chiedendo il rigetto delle avverse pretese, ma il Tribunale aveva accolto le domande del locatore. Lo stesso era avvenuto in sede di gravame, ove la Corte di appello di Catanzaro, adita dal soccombente, con sentenza del 26.11.2013, aveva integralmente confermato le statuizioni del Tribunale. Il giudizio di legittimità. Avverso tale pronuncia è stato formulato ricorso in Cassazione, affidato ad un solo motivo di diritto, con il quale conduttore cedente ha lamentato, in relazione all’art. 360, comma 1, numero 3 e 5 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1372, 1596 c.c., nonché dell’art. 36 della l. numero 392/78. In particolare è stato eccepito che, trattandosi di un contratto stipulato nel 1994 ed essendosi l’inadempimento manifestato dopo i dodici anni, la solidarietà passiva di cui all’art. 36 l. numero 392/78 non sarebbe stata più operativa. La Corte ha trattato il ricorso in Camera di Consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380- bis c.p.c. ritenendolo manifestamente infondato. Ciò perché, a parere degli Ermellini, in tema di locazioni ed in caso di cessione del contratto effettuata ai sensi dell’art. 36 della l. numero 392/78, senza il consenso del locatore, quest’ultimo può rivolgersi al cedente con l’esperimento delle relative azioni giudiziali per il soddisfacimento delle obbligazioni inerenti il detto contratto, solo dopo che si sia consumato l’inadempimento del nuovo conduttore. A nulla vale, hanno aggiunto, il fatto che l’inadempimento si sia verificato in costanza del periodo di rinnovo del rapporto dopo la prima scadenza dei sei anni , poiché la rinnovazione non comporta la nascita di un nuovo contratto, ma la sola prosecuzione del precedente. Muovendo da tali premesse, il Collegio ha rigettato il ricorso e condannato l’istante anche al pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, ritenendo sussistenti le condizioni dettate dall’art. 13, comma 1- quater , d.P.R. numero 115/2002.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 13 ottobre – 12 novembre, n. 23111 Presidente Finocchiaro – Relatore Cirillo Svolgimento del processo È stata depositata la seguente relazione. 1. M.G. convenne in giudizio A.G. davanti al Tribunale di Catanzaro e — sulla premessa di avergli locato un immobile di sua proprietà, ad uso commerciale, con contratto del 14 gennaio 1994, ceduto dal conduttore alla s.r.l. Nauticalcaro, in data 17 gennaio 1995, ai sensi dell'art. 36 della legge 27 luglio 1978, n. 392 - chiese che l'A. fosse condannato al pagamento dei canoni non versati dal conduttore cessionario a decorrere dal 2010, nonché al pagamento dell'indennità di occupazione di cui all'art. 1591 cod. civ. e delle spese sostenute per l'esecuzione dello sfratto per morosità nei confronti del cessionario. Si costituì il convenuto, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva e chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale accolse la domanda e condannò il convenuto al pagamento della somma complessiva di Euro 28.000, escludendo il diritto alle spese relative al procedimento di sfratto per morosità. 2. La sentenza è stata appellata dal convenuto soccombente e la Corte d'appello di Catanzaro, con sentenza del 26 novembre 2013, ha respinto il gravame, confermando la pronuncia del Tribunale e condannando l'appellante al pagamento delle ulteriori spese del grado. 3. Contro la sentenza d'appello ricorre A.G. , con atto affidato ad un solo motivo. Resiste Giovanna Mazza con controricorso. 4. Osserva il relatore che il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ., in quanto appare destinato ad essere rigettato. 5. Con il primo ed unico motivo di ricorso si lamenta, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5 , cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1372 e 1596 cod. civ., nonché dell'art. 36 della legge n. 392 del 1978. 5.1. Il motivo non è fondato. Tralasciando le parti del ricorso nelle quali ci si sofferma su aspetti giuridici che non interessano ai fini del problema in esame, l'unica doglianza effettivamente proposta, peraltro in modo un po generico, consiste nel fatto che, trattandosi di un contratto stipulato nel 1994 ed essendosi l'inadempimento manifestato dopo i dodici anni sei più sei , la solidarietà passiva di cui all'art. 36 della legge n. 392 del 1978 non sarebbe più operativa. Si tratta, però, di una costruzione che non trova alcun appiglio nella disposizione ora richiamata essa, dopo aver disposto che il conduttore può cedere il contratto di locazione anche senza il consenso del locatore, stabilisce che il locatore se non ha liberato il cedente, può agire contro il medesimo qualora il cessionario non adempia le obbligazioni assunte. La giurisprudenza di questa Corte, correttamente richiamata dalla Corte calabrese, ha affermato in più occasioni che in materia di locazioni, in caso di cessione del contratto di locazione contestualmente a quella dell'azienda effettuata ai sensi dell'art. 36 della legge n. 392 del 1978 senza il consenso del locatore, tra il cedente e il cessionario divenuto successivo conduttore dell'immobile esiste un vincolo di responsabilità sussidiaria, caratterizzata dal mero beneficium ordinis , che consente, perciò, al locatore di rivolgersi al cedente, con l'esperimento delle relative azioni giudiziali per il soddisfacimento delle obbligazioni inerenti il suddetto contratto, solo dopo che si sia consumato l'inadempimento di detto nuovo conduttore sentenze 20 aprile 2007, n. 9486, e 11 novembre 2011, n. 23557 . Il fatto che si tratti di un contratto che si era già rinnovato tacitamente alla prima scadenza e che, dopo altri sei anni, si è ulteriormente rinnovato non modifica sostanzialmente i termini del problema, perché la rinnovazione non comporta la nascita di un nuovo contratto, bensì la prosecuzione del precedente, che rimane identico nel suo contenuto. Il che è coerente nel suo complesso, sol che si pensi che la permanenza del vincolo obbligatorio in capo al cedente - che peraltro la legge consente di escludere - è compensata dalla facoltà del conduttore, come si è detto, di cedere il contratto senza il consenso del locatore. 6. Si ritiene, pertanto, che il ricorso vada trattato in camera di consiglio per essere rigettato”. Motivi della decisione 1. Non sono state presentate memorie alla trascritta relazione. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione medesima e di doverne fare proprie le conclusioni. 2. Il ricorso, pertanto, è rigettato. A tale esito segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del d.m. 10 marzo 2014, n. 55. Sussistono inoltre le condizioni di cui all'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.800, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.