Nei rapporti con la P.A. vi è l’onere di stipulare i contratti per iscritto

La volontà di obbligarsi della P.A. non può desumersi per implicito da fatti o atti, dovendo essere manifestata nelle forme richieste dalla legge, tra le quali l’atto scritto ad substantiam, e pertanto nei confronti di essa non è configurabile il rinnovo tacito del contratto né rileva, per la formazione del contratto stesso, un mero comportamento concludente, anche se protrattosi per anni.

Questo il principio ribadito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 22994, depositata l’11 novembre 2015. Il fatto. Il Tribunale di Campobasso con sentenza confermata in sede d’appello accoglieva l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta da una società contro il decreto ingiuntivo ottenuto dall’ERIM Ente Risorse Idriche Molise per il pagamento di somme a saldo di quanto ancora dovuto per fornitura d’acqua. Contro tale decisione ha proposto ricorso in Cassazione l’Ente Risorse Idriche. Con un primo motivo censura la sentenza laddove ha affermato che l’Erim, siccome dotato di personalità giuridica pubblica, aveva l’onere di stipulare per iscritto il contratto di somministrazione con la società controparte in giudizio. A parere del ricorrente, invece, il contratto si sarebbe tacitamente prorogato per fatti concludenti, nel momento in cui l’ente continuò la somministrazione anche dopo la scadenza del contratto. La p.a. esprime manifestamente la volontà di obbligarsi. I giudici del Collegio intervenuto sul punto hanno ritenuto il ricorso infondato. Infatti, ritengono che correttamente il ragionamento dei giudici di merito si sia fondato su di un principio giuridico consolidato in base al quale la volontà di obbligarsi della P.A. non può desumersi per implicito da fatti o atti, dovendo essere manifestata nelle forme richieste dalla legge, tra le quali l’atto scritto ad substantiam, e pertanto nei confronti di essa non è configurabile il rinnovo tacito del contratto né rileva, per la formazione del contratto stesso, un mero comportamento concludente, anche se protrattosi per anni . La sentenza impugnata, continua la Corte, ha fatto inoltre correttamente riferimento all’art. 1569 c.c., disposizione per cui, nei contratti di somministrazione, il preavviso di recesso è previsto solo quando non sia determinata la durata, mentre per quelli a tempo determinato la scadenza del termine consente alla parte di ritenersi definitivamente obbligata da ogni obbligo. Per tutto il resto, conclude la Corte, il ricorso pretende solo una serie di accertamenti di fatto che, già congruamente motivati dal giudice di merito, non sono discutibili in sede di legittimità. Per tali ragioni, la S.C. ha respinto il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 15 ottobre – 11 novembre 2015, n. 22994 Presidente / Relatore Spirito Svolgimento del processo L'ERIM Ente Risorse Idriche Molise ottenne decreto in giuntivo a carico della Fincomit srl per somme a saldo di quanto ancora dovuto per fornitura d'acqua negli anni dal 1995 al 1996. L'opposizione proposta dall'ingiunta è stata accolta dal Tribunale di Campobasso con sentenza poi con fermata dalla Corte d'appello della stessa città. Propone ricorso per cassazione l'ERIM attraverso due moti vi. Non si difende l'intimata. Motivi della decisione Il primo motivo violazione di legge censura la sentenza laddove ha affermato che l'ERIM, siccome dotato di persona lità giuridica pubblica, aveva l'onere di stipulare per i scritto il contratto di somministrazione con la società controparte. Sostiene, invece, il ricorrente che il con tratto di sarebbe tacitamente prorogato per facta conclu dentia così trasformandosi da contratto a tempo determina to a contratto senza termine , allorquando l'ente continuò la somministrazione anche dopo la scadenza del contratto e la società pagò i consumi dell'anno 1993 e parte di quelli degli anni 1994 e 1995. Il secondo motivo violazione di legge e vizio della moti vazione , nel ripetere le considerazioni del precedente, censura la sentenza nella parte in cui afferma che, a de correre dal 1° gennaio 1993 il rapporto è intercorso tra l'ente e soggetti terzi sul punto il giudice non avrebbe considerato che per realizzare validamente una cessione del rapporto a terzi sarebbe stato necessario il consenso dell'ente stesso, che, nella specie, manca. I motivi, che possono essere congiuntamente otiv '` sono inammissibili, sia perché generici rispetto al concreto te nore della sentenza, sia perché chiedono alla corte di le gittimità la nuova valutazione ed interpretazione di atti e fatti. Sono infondati dove censurano la sentenza per vizio della motivazione e violazione di legge. Innanzitutto, il ragionamento del giudice fonda sull'indiscutibile principio giuridico secondo cui la vo lontà di obbligarsi della P.A. non può desumersi per impli cito da fatti o atti, dovendo essere manifestata nelle for me richieste dalla legge, tra le quali l'atto scritto ad substantiam, e pertanto nei confronti di essa non è confi gurabile il rinnovo tacito del contratto né rileva, per la formazione del contratto stesso, un mero comportamento con cludente, anche se protrattosi per anni tra le tante, cfr. Cass. n. 12323/05 . In secondo luogo, la sentenza fa corretto riferimento alla disposizione dell'art. 1569 c.c., secondo cui, nei contrat ti di somministrazione, il preavviso di recesso è previsto solo allorquando non sia determinata la durata, mentre per quelli a tempo determinato la scadenza del termine consente alla parte di ritenersi definitivamente obbligata da ogni obbligo. Seguono, poi, una serie di accertamenti di fatto che, sic come congruamente e logicamente motivati, non sono discuti bili in questa sede, dai quali il giudice ha dedotto che, dopo la scadenza del contratto, la fornitura dell'acqua era avvenuta a favore di altri soggetti e che, se pure la Fin comit aveva continuato a corrispondere acconti per l'erogazione dell'acqua nel periodo di riferimento, lo ave va fatto nella non contestata qualità di amministratore del villaggio. In conclusione, il ricorso deve essere respinto, senza al cun provvedimento in ordine alle spese del giudizio di cas sazione, in considerazione della mancata difesa dell'intimata. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.