Contratto “in vista” dell’esercizio di una professione? No alla qualifica di consumatore

Ai sensi dell’art. 3 lett. a del D.lgs. 206/2005 consumatore è la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. Peraltro la stessa persona fisica che svolga attività imprenditoriale o professionale potrà essere considerata consumatore solo quando concluda un contratto per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all’esercizio di dette attività. Di converso deve essere considerato professionista tanto la persona fisica, quanto quella giuridica, pubblica o privata, che utilizzi il contratto non necessariamente nell’esercizio dell’attività propria dell’impresa o della professione, ma anche per uno scopo collegato all’esercizio dell’attività imprenditoriale o professionale è, in altri termini, sufficiente che il contratto venga posto in essere per una finalità connessa all’esercizio dell’attività imprenditoriale o professionale.

Così si è espresso il Tribunale di Perugia con la sentenza del 12 ottobre 2015. Il caso. Una giovane di 25 anni stipulava un contratto per la partecipazione a uno stage per animatore turistico finalizzato poi all’occupazione presso le strutture turistiche. Il corrispettivo previsto era di € 2.640,00. A fronte del mancato pagamento, la società otteneva decreto ingiuntivo che veniva opposto dalla aspirante” animatrice. Questa sosteneva di aver comunicato immediatamente di non voler svolgere lo stage e di essere stata raggirata” al momento della firma del contratto. Chiedeva quindi la nullità o annullamento del contratto con conseguente revoca del decreto ingiuntivo. La decisione del Tribunale di Perugia. Il Tribunale respinge l’opposizione proposta dalla giovane e conferma il decreto ingiuntivo della società per la partecipazione allo stage. La pronuncia è particolarmente interessante in ordine a due aspetti principali. In primo luogo il giudice si sofferma sulla nozione di consumatore” ai fini dell’applicazione delle maggiori tutele contenute nel d.lgs. 206/2005 – codice del consumo nel caso di specie la parte aveva eccepito l’incompetenza territoriale del Tribunale adito invocando il foro del consumatore . Consumatore. Come noto, deve considerarsi consumatore la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta . Non può essere quindi consumatore la persona giuridica o il professionista, ma solo colui che conclude un contratto per la soddisfazione delle esigenze della vita quotidiana estranee all’esercizio dell’attività lavorativa, professionale o imprenditoriale. Si è infatti spiegato che la nozione di consumatore non coincide con una condizione permanente dell’individuo, bensì è correlata strettamente a una sua particolare attività. Ci si domanda allora che cosa accade nel caso in cui il soggetto stipuli il contratto non nell’esercizio effettivo di attività professionali o imprenditoriali, ma comunque per uno scopo connesso e strumentale alle medesime. In simili casi non sussiste la nozione di consumatore, come pure avviene per i contratti in vista della professione” per i quali la giurisprudenza della Corte di Cassazione e della Corte di Giustizia CE applica il cosiddetto criterio teleologico”. Si esclude cioè la qualifica di consumatore in capo a colui che nella prospettiva di intraprendere una attività lavorativa, professionale o imprenditoriale, si procuri servizi e strumenti necessari per l’esercizio di tale attività futura così Cassazione n. 4843/2000 . Nella fattispecie decisa dal Tribunale di Perugia il contratto era stato stipulato dalla giovane per trovare un’occupazione nelle strutture turistiche e, quindi, per le ragioni illustrate non era possibile applicare la normativa del codice del consumo. Consenso viziato. Il secondo profilo indagato dal giudice è relativo alla richiesta di annullamento del contratto per vizio del consenso. La giovane sosteneva di essere stata raggirata” poiché la controparte aveva spiegato che il contratto era una mera formalità” priva di valore, aveva assicurato di stracciare” il contratto ove i genitori di lei non avessero acconsentito al pagamento dei costi dello stage e non aveva riferito dell’esistenza di penali per il recesso. Di fatto la parte lamentava il dolo” perpetrato dalla società. Questo nella disciplina dei contratti non consiste in un elemento soggettivo, bensì nella condotta tenuta da una parte contrattuale che con artifici e raggiri induce alla conclusione del contratto che il soggetto non avrebbe mai stipulato o che avrebbe sottoscritto, ma a condizioni diverse dolo incidente ex art. 1440 c.c. . Solo il primo dolo”, cioè quello decisivo per l’altrui consenso alla stipula è causa di annullabilità dell’accordo ex art. 1439 c.c La richiesta della giovane non poteva essere accolta. Le doglianze evidenziate sono infatti state giudicate prive di pregio dato che l’attrice opponente aveva 25 anni e avrebbe dovuto leggere attentamente ogni clausola del contratto prima di sottoscriverlo.

Tribunale di Perugia, sez. I Civile, sentenza 24 luglio – 12 ottobre 2015 Giudice Miccichè Motivi della decisione Con il decreto n. 1576/07, emesso dall’intestato Tribunale il 17/18.09.07 su ricorso della B , veniva ingiunto a A il pagamento della somma di €. 2.640,00 oltre interessi e spese, a titolo di corrispettivo per la partecipazione ad uno stage per animatore turistico, come da contratto stipulato tra le parti in data 20.03.07. Nell’atto di opposizione – teso ad ottenere declaratoria di nullità o annullamento del contratto e la conseguente revoca del decreto - si espone che il decreto ingiuntivo era stato frutto di un raggiro perpetrato ai danni della opponente, che aveva contattato la società opposta dopo aver letto un annuncio su un giornale, nel quale si prospettava la possibilità di partecipare ad una selezione per inserimento in strutture turistiche che, dopo un lungo colloquio, l’opponente era stata invitata a sottoscrivere un modulo con promessa che la partecipazione allo stage le avrebbe garantito futura assunzione ed assicurazione circa il fatto che il modulo sarebbe stato stracciato” ove i genitori non avessero inteso sostenere le spese che una volta parlato con i propri genitori, non disposti a sostenere i costi, la A aveva comunicato telefonicamente la volontà di non svolgere lo stage, ottenendo però risposta negativa alla richiesta di stracciare” il modulo, e poi inviato, tramite i propri legali, telegramma di recesso che ciò non di meno la opposta aveva preteso il pagamento in sede monitoria. L’opponente ha esposto essere illegittimo l’operato della B sas e dedotto la invocabilità, nella fattispecie, delle norme a tutela del consumatore, in particolare di quelle disciplinanti la stipula di contratto fuori dai locali commerciali e, comunque, l’annullabilità del contratto per vizio del consenso. La B sas, costituitasi per chiedere il rigetto dell’opposizione e la conferma del decreto ingiuntivo, ne ha evidenziato la legittimità deducendo, tra l’altro la non applicabilità alla fattispecie delle norme poste a tutela del consumatore, dovendosi escludere la detta qualifica in capo a chi stipuli un contratto in vista di intraprendere un’attività professionale e, dunque, per esigenze a questa strumentali ed accessorie che il contratto era stato negoziato nella sede operativa ove era svolta abitualmente l’attività della società che ogni clausola contrattuale era stata ampiamente illustrata e spiegata alla A che, anche in virtù dell’età, non poteva considerarsi persona sprovveduta cui fosse stato estorto il consenso. La causa, istruita a mezzo di prove orali, veniva trattenuta in decisione una prima volta all’udienza del 29.02.12, salva successiva rimessione sul ruolo ritenuta necessaria per integrazioni all’istruttoria orale. All’esito veniva nuovamente rinviata per la precisazione delle conclusioni e definitivamente trattenuta in decisione all’udienza del 14.04.15, con concessione dei termini di rito per il deposito degli scritti difensivi finali. L’opponente, nel caso odierno, contesta la debenza della somma azionata in sede monitoria sostenendo di essere stata raggirata dalla società e, per essa, dal suo legale rappresentante e di essere stata indotta a sottoscrivere il contratto con promessa, non mantenuta, di stracciarlo” in caso di dissenso dei genitori. E’ invero pacifico e non contestato, oltre che documentato, che le parti in data 20.03.08 conclusero un contratto avente ad oggetto la partecipazione della A ad uno stage per animatore turistico”, che si sarebbe volto dal 21.05.07 al 4.06.07 presso un Club in Tunisia con trattamento di pensione completa. Il costo dello stage veniva fissato in €. 2.640,00 comprensivo di IVA, da versarsi entro il 22.03.07. In via preliminare, va evidenziata l’infondatezza, sotto svariati profili, dell’eccezione di incompetenza dell’adìto Tribunale a favore del Tribunale di Città di Castello, luogo di residenza dell’ingiunta e dunque, foro del consumatore ex art. 79 d. lgs. 206/05. Pur tralasciando di considerare che la Sezione Distaccata di Città di Castello è ormai soppressa e che per, principio giurisprudenziale consolidato, tra ufficio giudiziario centrale e sezione distaccata non sussiste un rapporto di competenza territoriale in senso stretto, trattandosi semmai di questione che attiene alla distribuzione degli affari tra le articolazioni appartenenti ad un unico ufficio cfr., ex plurimis, Cass. 20921/10 , vi è che nella fattispecie – la precisazione è utile anche per il prosieguo - non sussistono i presupposti per l’applicazione della disciplina contenuta nel d. lgs. 206/05, perché la A , a ben vedere, non può qualificarsi come consumatore”. L’art. 3 lett. a del d. lgs. 206/05, nella formulazione applicabile ratione temporis alla fattispecie, prevede che debba considerarsi consumatore la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta”. Secondo l’interpretazione prevalente e condivisa da chi scrive, spetta la qualifica di consumatore” spetta solo alle persone fisiche, e la stessa persona fisica che svolga attività imprenditoriale o professionale potrà essere considerata tale soltanto quando concluda un contratto per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all'esercizio di dette attività di converso, deve essere considerato professionista” tanto la persona fisica, quanto quella giuridica, sia pubblica che privata, che utilizzi il contratto non necessariamente nell’esercizio dell'attività propria dell'impresa o della professione, ma anche per uno scopo connesso all'esercizio dell'attività imprenditoriale o professionale è, in altri termini, sufficiente che il contratto venga posto in essere per uno scopo connesso all’esercizio dell’attività imprenditoriale o professionale cfr., ex plurimis, Cass. n. 7444/0 Cass. n. 1933/06 Cass. n. 23892/06 . E’ stato, in particolare, più volte evidenziato dalla Suprema Corte che quando, come nel nostro caso, vengano in rilievo contratti conclusi in vista della professione, il criterio di qualificazione è quello teleologico, così escludendo che possa qualificarsi consumatore” la persona che, in vista di intraprendere una attività imprenditoriale cioè per uno scopo professionale , si procuri servizi e strumenti materiali od immateriali indispensabili per l’esercizio di tale attività v. anche Cass. 25.7.2001 n. 10127 Cass. ord. 18.9.2006 n. 20175 Cass. ord. 14.7.2011 n. 15531 da ultimo Cass. 15.5.2013 n. 11773 . Il detto indirizzo trova, per altro, autorevole conferma nella giurisprudenza dell’Unione la Corte di giustizia CE, ha precisato che la particolare esigenza di tutela posta a fondamento della disciplina consumeristica non si giustifica nel caso di contratti il cui scopo sia un’attività professionale, prevista anche soltanto per il futuro, dato che il carattere futuro di un'attività nulla toglie alla sua natura professionale. Dunque, deve escludersi che possa considerarsi consumatore” chi abbia stipulato un contratto per l’esercizio di un’attività professionale anche non attuale, ma solo futura Corte di giustizia CE, 3 luglio 1997, n. 269 in C - 269/95 nello stesso senso Corte di Giustizia CE 20.1.2005 n. 464 . Nel nostro caso, in cui il contratto è pacificamente finalizzato a procurare alla aderente un’occupazione in strutture turistiche, e vi è dunque l’espressa finalizzazione al futuro svolgimento di attività professionale, deve escludersi – in conformità con i suesposti principi – la possibilità di considerare l’opponente quale consumatore” e, dunque, l’applicabilità della disciplina di tutela invocata nell’atto di opposizione, tra cui anche quella relativa ai contratti conclusi fuori dai locali commerciali. Ne deriva la certa competenza dell’intestato Tribunale ex art. 20 c.p.c., da leggersi in combinato disposto con l’art. 1182 c.c Quanto alla asserita nullità/annullabilità del contratto per vizio del consenso, è appena il caso di ricordare come il dolo, sostanzialmente invocato dalla difesa di parte opponente a mezzo del richiamo ai raggiri” contenuto nell’atto di opposizione, consista, sotto il profilo oggettivo, nella condotta tenuta da una delle parti che, con artifici e raggiri appunto, induca l’altra parte del contratto a concludere un contratto che non avrebbe altrimenti concluso dolo vizio ex art. 1439 c.c. ovvero a concluderlo a condizioni diverse da quelle che avrebbe altrimenti pattuito dolo incidente ex art. 1440 c.c. il dolo, per essere causa di annullabilità del contratto, deve essere idoneo, sotto il profilo oggettivo, a determinare l'altrui consenso. Del dolo così inteso difetta, oltre che specifica deduzione, anche prova, non potendo al fine considerarsi sufficiente la deposizione del teste ., il quale ha riferito che il . ebbe a dire, in occasione dell’incontro cui il teste in parte ha assistito, che la firma del contratto era una formalità, che la A non sarebbe potuta uscire se non lo avesse firmato e che non accennò all’esistenza di una penale. Non pare superfluo evidenziare, a tal proposito, come una persona adulta ed in possesso di adeguata capacità di autodeterminarsi – quale certamente la A , che all’epoca dei fatti aveva venticinque anni – sia onerata di prendere contezza di ciò che sottoscrive, di leggere ogni clausola che venga sottoposta e di rifiutare di apporre la propria sottoscrizione ove non convinta dal tenore di alcune previsioni. Ma, per stessa deduzione di parte, ciò che nel caso di specie accadde è, semplicemente, che, per un verso, la A assunse un impegno di spesa che non poteva direttamente sostenere per altro verso, che i genitori rifiutarono il pagamento circostanze queste che non autorizzano lo scioglimento del contratto né integrano i comprovati motivi” a sostegno del recesso che, sebbene tempestivo, era privo, nel caso di specie, di adeguata giustificazione. D’altra parte, nemmeno può dirsi che vi fu omissione informativa in capo alla parte opposta, avendo la stessa A riferito, nell’atto introduttivo, che le erano ben noti tutti gli elementi essenziali del contratto, quali il luogo di svolgimento e la durata dello stage, la previsione del trattamento di pensione completa” ed il costo. Il contratto inter partes è, dunque, perfettamente valido ed efficace ed obbliga la opponente al pagamento del corrispettivo previsto, difettando motivata ipotesi di recesso. Il decreto ingiuntivo opposto va, dunque, confermato e l’opponente condannata, in coerenza con la regola della soccombenza, cui non vi è ragione di derogare, al pagamento delle spese del giudizio, nella misura indicata in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale, in composizione monocratica, definitivamente pronunziando sulla domanda proposta da A , con atto di citazione notificato il 12.11.07, in opposizione al decreto ingiuntivo n. 1576/07, emesso dal Tribunale di Perugia il 17/18.09.07, ogni altra istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede 1 Rigetta l’opposizione e, per l’effetto, conferma il decreto ingiuntivo opposto. 2 Condanna parte opponente a rifondere alla parte opposta le spese di lite, che liquida in complessivi €. 1.650,00 per compensi professionali, comprese le spese ed oltre accessori di legge.