Gli interessi moratori decorrono dalla data di contabilizzazione quale risultante dai registri di contabilità

Nel caso di mancata tempestiva contabilizzazione dei lavori eseguiti, gli interessi di cui all’art. 35 del d.P.R. 1063/1962 competono a decorrere dalla data in cui la contabilizzazione stessa avrebbe dovuto avere luogo non già secondo uno schema astratto, ma in relazione al concreto atteggiarsi dell’appalto stesso, quale risultante dalle attestazioni contenute nei registri di contabilità.

Con la pronuncia del 15 ottobre 2015, n. 20873, la Cassazione affronta il tema della decorrenza degli interessi moratori in un appalto pubblico, precisando che ogni valutazione, sul computo degli stessi, deve essere effettuata a partire dalle concrete modalità svolgimento dell’appalto stesso e dalle annotazioni nei registri di contabilità. Il caso . La vicenda decisa dalla Cassazione con la sentenza in commento prende le mosse dall’azione avviata da una società nei confronti del comune di Firenze per il pagamento degli interessi moratori ed anatocistici relativi ad una serie di appalti definiti tra il 1979 ed il 1981. Accolta in primo grado, la domanda viene invece rigettata in appello sul rilievo che non era stata effettuata, a conclusione dei lavori, la certificazione dello stato di avanzamento e che non erano state iscritte le somme richieste nelle riserve dei registri di contabilità tanto più che gli interessi venivano richiesti sulla base di una astratta media ponderale e non sul concreto atteggiarsi dell’appalto stesso. Il Supremo Collegio conferma la sentenza di appello, richiamando le argomentazioni già espresse e precisando che prima della certificazione dello stato di avanzamento dei lavori il credito non è liquido e non può essere oggetto di richiesta. Capitolato generale solo per gli appalti dello Stato e non degli altri enti pubblici. Come anche richiamato più volte nella sentenza in commento, il capitolato generale per le opere pubbliche, di cui al d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, ha valore normativo e vincolante e si applica, quindi, in modo diretto, solo per gli appalti stipulati dallo Stato. Per gli appalti, invece, stipulati dagli altri enti pubblici, dotati di distinta personalità giuridica e di propria autonomia, le previsioni del capitolato costituiscono clausole negoziali, comprensive anche di quella compromissoria per la soluzione delle controversie con il ricorso all'arbitrato, che assumono efficacia obbligatoria solo se e nei limiti in cui siano richiamate dalle parti per regolare il singolo rapporto contrattuale. A tal fine, tuttavia è necessario che la volontà di recepire il contenuto dell'intero capitolato risulti espressa in maniera esplicita ed univoca. Deroga alla disciplina di diritto comune scioglimento anziché risoluzione del contratto di appalto. L'art. 10, D.P.R. n. 1063/1962 - come oggi l'art. 11, comma 9, D. Lgs. n. 163/2006 - detta una disciplina derogatoria di quella comune in materia di appalto e che, pur non escludendo la configurabilità del ritardo nella consegna come inadempimento di un obbligo posto a carico dell'amministrazione committente, vi ricollega effetti diversi rispetto a quelli previsti dal diritto comune, in particolare attribuendo all'appaltatore - in luogo del diritto di chiedere la risoluzione del contratto - la facoltà di provocare lo scioglimento del rapporto mediante proposizione di un'istanza di recesso e limitando, in caso di accoglimento della stessa, il risarcimento del danno al rimborso delle sole somme ivi indicate. Determinazione degli interessi in caso di mancato pagamento dei saldi e non delle anticipazioni. Con specifico riferimento alle previsioni in tema di interessi moratori, quanto previsto dagli artt. 35 e 36 del d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, che postula la determinazione certa del prezzo e riguarda unicamente il ritardo nel pagamento delle rate di acconto e di saldo del corrispettivo, non è analogicamente ed estensivamente applicabile ad altre diverse ipotesi di ritardato pagamento ovvero al caso di inadempimenti sostanziali ad obblighi assunti dall'amministrazione appaltante, per i quali, pertanto, ove si accerti che sono ad essa addebitabili, è dovuto il risarcimento dei danni secondo le regole ordinarie di cui agli artt. 1218 e seguenti cod. civ. . Onere dell’appaltatore per la riserva. L'onere dell'appaltatore di opere pubbliche di iscrivere tempestivamente, sotto pena di decadenza, nel registro di contabilità, la riserva intesa a ottenere il riconoscimento di maggiori costi da lui sopportati nel corso dell'esecuzione dell'opera art. 54 R.D. n. 350/1895 , non è posta dal legislatore in funzione di mere esigenze contabili, bensì in ragione della tutela della p.a. che, nell'esercizio della sua attività discrezionale, deve essere posta in grado di esercitare prontamente ogni necessaria verifica, e deve, inoltre, poter valutare, in ogni momento, l'opportunità del mantenimento ovvero del recesso dal rapporto di appalto in relazione al perseguimento dei fini di interesse pubblico. Appalto di opere pubbliche quando la sospensione per ragioni di pubblico interesse. Da ultimo, si osserva che in tema di appalto di opere pubbliche, le ragioni di pubblico interesse o necessità che, ai sensi dell'art. 30, secondo comma, del d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, legittimano l'ordine di sospensione dei lavori, vanno identificate in esigenze pubbliche oggettive e sopravvenute, non previste né prevedibili dall'Amministrazione con l'uso dell'ordinaria diligenza, sicché tali non possono considerarsi quelle turistiche o di balneazione, ricorrenti sistematicamente in ben individuati periodi dell'anno, e, pertanto, non qualificabili come imprevedibili, dovendo essere apprezzate dalla stazione appaltante già nella predisposizione del programma dei lavori.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 11 settembre – 15 ottobre 2015, n. 20873 Presidente Salvago – Relatore Sambito Svolgimento del processo Con tre distinte citazioni, poi riunite, la S.p.A. Coestra convenne in giudizio il Comune di Firenze per sentirlo condannare al pagamento degli interessi di capitolato, oltre a quelli anatocistici, per tardata contabilizzazione e tardato pagamento riferiti ad una pluralità di contratti d'appalto, ultimati tra il luglio 1979 ed il marzo 1981. Il Tribunale di Firenze accolse la domanda, ma la decisione, su gravame del Comune, fu ribaltata, con la decisione indicata in epigrafe, dalla Corte d'Appello di Firenze, che negò la spettanza degli interessi per la mancata tempestiva contabilizzazione dei lavori, e, per l'effetto, la fondatezza di tutte le domande, rilevando che prima della certificazione dello stato d'avanzamento dei lavori, il credito dell'appaltatore non è liquido, non sussistendo ancora un'obbligazione pecuniaria, ma una prestazione contrattuale di facere , che fa capo al DL, rilievo che rendeva, in conseguenza, applicabili, al caso del ritardo nella contabilizzazione dei lavori, i comuni principi in tema d'inadempimento, e necessaria la formulazione di un atto formale di messa in mora, id est l'iscrizione della riserva nel registro di contabilità, con esclusione della ricorrenza della mora ex re prevista dall'art. 35 del dPR n. 1063 del 1962 per i diversi casi di mancata formazione del certificato di pagamento e della mancata emissione del titolo di spesa. Tale esegesi, proseguiva la Corte territoriale, aveva il pregio della ragionevolezza escludendo che contratti ultimati, da svariati anni, senza alcuna contestazione, potessero dar luogo a cospicui risarcimenti, a prescindere dal reale andamento dei lavori, come era avvenuto nella specie, dato che la valutazione del ritardo nella determinazione degli stati d'avanzamento era avvenuta sulla base di una media matematica ponderale, e non della progressione storica effettiva dei rapporti, ed in assenza di apposizione di riserve. Per la cassazione della sentenza, ha proposto ricorso la Società COESTRA affidato a cinque motivi, successivamente illustrati da memoria, ai quali il Comune ha resistito con controricorso. Motivi della decisione 1. Col primo motivo, la ricorrente lamenta che l'impugnata sentenza ha ritenuto insussistente il suo diritto agli interessi moratori in violazione degli artt. 33, 35, e 36 del dPR n. 1063 del 1962 4, co 1, della L n. 741 del 1981 54, 51 e 58 del RD n. 350 del 1895 165, 168 e 169 del dPR n. 554 del 1999 1219 co 2 n. 3, 1224 e 1227 cc 270 RD n. 827 del 1924. La ricorrente afferma che, in base alle disposizioni del Capitolato Generale del 1962, applicabile ratione temporis , nell'ipotesi in cui il certificato di pagamento ed il mandato di pagamento siano ritardati in conseguenza di mancata tempestiva contabilizzazione dei lavori rispetto alla data di maturazione della rata, spettano all'appaltatore gli interessi legali e di mora di cui agli artt. 35 e 36 del Capitolato Generale. Detti interessi devono esser computati con riguardo alle date nelle quali il certificato di pagamento e il mandato di pagamento avrebbero dovuto essere emanati avendo riguardo non alla data dell'effettiva contabilizzazione dei lavori da parte del DL, ma alla data in cui questi avrebbe dovuto provvedervi in relazione alla maturazione della rata, a misura dell'avanzamento dei lavori eseguiti, secondo le convenzioni di contratto o di capitolato speciale. Il credito dell'appaltatore agli interessi conseguiti da ritardata contabilizzazione dei lavori non è condizionato alla messa in mora della DL da parte dello stesso appaltatore, per la contabilizzazione dei lavori relativi alla rata maturata né all'onere della iscrizione, sempre da parte dell'appaltatore, di riserva nel registro di contabilità . 2. Col secondo motivo, si deduce, sotto altro profilo, la violazione degli artt. 33, 35, e 36 del dPR n. 1063 del 1962 4, co 1, della L. n. 741 del 1981, nonché degli artt. 1218, 1219, 1277 e 1655 cc, per avere la Corte d'Appello ritenuto che il debito dell'Amministrazione per il ritardo nella liquidazione, contrattualmente obbligatoria, costituisca un debito di valore, in quanto tale, produttivo di interessi moratori a seguito dell'applicazione dei principi generali in tema d'inadempimento. La ricorrente afferma, per contro, che il debito per il corrispettivo dell'appalto costituisce per sua natura un debito di valuta, e che, ad ogni modo, nel sistema del Capitolato generale il debito è produttivo d'interessi senza necessità di costituzione in mora, né quanto alla contabilizzazione dei lavori, e cioè alla liquidazione, né quanto al pagamento. 3. Con il terzo mezzo, la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 33, 35, e 36 del dPR n. 1063 del 1962 4, co 1, della L. n. 741 del 1981 57 e 58 del RD n. 350 del 1895, oggi 168 e 169 del dPR n. 554 del 1999, 1218 cc, oltre che dei principi generali in tema di responsabilità per inadempimento delle obbligazioni. La necessità d'indagare sulla sussistenza o meno della responsabilità della Stazione appaltante nel ritardo della contabilizzazione dei lavori, non tiene conto del fatto che nella disciplina di Capitolato, art. 35, tale responsabilità è presunta, de iure, a carico dell'Amministrazione, sicché l'appaltatore, per conseguire gli interessi, non è tenuto a dare la prova che il ritardo sia ad essa imputabile, essendo piuttosto la committente onerata di fornire la prova che l'inadempimento è dipeso da fatto non a lei non imputabile. 4. Col quarto motivo, si deduce la violazione degli artt. 33, 35, e 36 del dPR n. 1063 del 1962 3, 13, 14, 38 e segg. del RD n. 350 del 1895, oggi 123, 124, 128, 152 e segg. del dPR n. 554 del 1999, 1218 cc, per avere la Corte addossato ad essa impresa l'onere, inesistente, di sollecitare la redazione del SAL, attività che costituisce, invece, l'oggetto di preciso dovere del DL, non appena raggiunto l'importo prescritto. 5. Con il quinto mezzo, la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 33, 35, e 36 del dPR n. 1063 del 1962 4, co 1, della L. n. 741 del 1981 57 e 58 del RD n. 350 del 1895, oggi 168 e 169 del dPR n. 554 del 1999, 1 della L n. 463 del 1964, per avere la Corte territoriale ritenuto erroneo il riferimento al criterio medio ponderale operato nella ricostruzione dei tempi d'avanzamento dei lavori, senza considerare che il predetto metodo era proprio quello utilizzato dal Comune committente per il calcolo della revisione prezzi, che avrebbe, perciò, potuto essere applicato in via analogica. 6. Disattesa l'eccezione d'inammissibilità del ricorso, che contiene tutti gli elementi idonei a far comprendere alla Corte i necessari dati di fatto, i motivi, da valutarsi congiuntamente per la loro connessione, sono infondati, anche se va in parte corretta la motivazione. 7. Il dPR n. 1063 del 1962 di cui nessuna delle parti ha contestato l'applicabilità ai vari contratti d'appalto cui si riferiscono gli interessi richiesti ed era, al tempo, vigente, prevede, al capo III, intitolato pagamenti all'appaltatore all'art. 33, comma 1, che, nel corso dell'esecuzione dei lavori, competono all'appaltatore, sulla base dei dati risultanti dai documenti contabili, pagamenti in acconto nei termini o nelle rate stabilite nel capitolato speciale ed a misura dell'avanzamento dei lavori regolarmente eseguiti . Il comma 2 del menzionato art. 33 dispone che i certificati di pagamento devono essere emessi non appena sia scaduto il termine o appena raggiunto l'importo prescritto per ciascuna rata, e in ogni caso non oltre 45 giorni dal verificarsi delle circostanze previste nel comma precedente . Il successivo art. 35 prevede, al comma 1, che, in caso in cui il certificato di pagamento non sia emesso per mancata tempestiva contabilizzazione dei lavori o per qualsiasi altro motivo attribuibile all'amministrazione entro i termini di cui al secondo comma del precedente art. 33 , l'appaltatore ha diritto agli interessi ivi previsti, ed al comma 2 disciplina gli interessi dovuti per il ritardo nell'emissione del titolo di spesa in riferimento all'emissione del certificato di acconto. 8. Il pagamento in conto, finalizzato ad evitare lunghe anticipazioni finanziarie a carico dell'appaltatore non è, dunque, connesso al semplice trascorrere del tempo stabilito nelle condizioni contrattuali ma è, piuttosto, volto, in parziale correttivo del principio della postnumerazione del corrispettivo dell'appalto, a ricompensare l'esecuzione della pattuita entità di prestazione dell'appaltatore, quale certificata dal DL in seno allo stato d'avanzamento lavori. 9. Da tanto, consegue che la mancata contabilizzazione dei lavori non può tout court addebitarsi alla stazione appaltante, ma in tanto rileva come inadempimento della stessa, e, dunque, ai fini della spettanza degli interessi moratori ex art. 35 del Capitolato OOPP, in quanto il SAL non sia stato effettuato per inerzia o per altra ragione addebitabile al DL -la cui attività è a quella imputabile pur sussistendone i presupposti, id est che l'appaltatore abbia, in concreto, esattamente adempiuto la pattuita parte della prestazione, in riferimento alla quale il pagamento dell'acconto costituisce, appunto, la controprestazione. Ne consegue, ancora, che la mancata redazione del SAL esula, di per sé, dal disposto di cui all'art. 35 del dPR n. 1063 del 1962, che, con disposizione di stretta interpretazione cfr. in tema di anticipazione, Cass. n. 11297 del 2010 , disciplina il diritto agli speciali interessi moratori per il diverso, caso del ritardo nel pagamento di ciascuna rata di acconto contemplando separatamente l'ipotesi del ritardo nella emissione del certificato di pagamento della rata di acconto e quella del ritardo nella emissione del titolo di spesa . 10. Resta da aggiungere che tale conclusione non limita in alcun modo il diritto dell'appaltatore al conseguimento degli interessi moratori -in costanza, beninteso, del menzionato presupposto potendo egli far constare la colpevole omissione del DL nella contabilizzazione dei lavori mediante l'iscrizione di apposita riserva nel registro di contabilità, istituto che, ai sensi dell'art. 54 del R.D. n. 350 del 1895, risponde, proprio, all'esigenza di assicurare la tempestiva e costante evidenza di tutti i fattori incidenti sull'andamento dell'appalto e sui suoi costi, così da consentire all'Amministrazione di procedere senza ritardo alle verifiche necessarie per accertare la fondatezza delle pretese dell'appaltatore in tesi, l'effettiva e regolare esecuzione della dovuta misura dei lavori e, al tempo stesso, da assicurare la continua evidenza della spesa complessiva cfr. Cass., Sez. 1, 3 marzo 2006, n. 4702 21 luglio 2004, n. 13500 1 dicembre 1999, n. 13399 . 11. Deve in conclusione affermarsi che, per l'ipotesi di mancata tempestiva contabilizzazione dei lavori, gli interessi di cui all'art. 35 del D.P.R. n. 1063 del 1962, competono, secondo la disciplina riassunta al punto 7., a decorrere dalla data in cui la contabilizzazione stessa avrebbe dovuto aver luogo non già secondo uno schema astratto, come pretende la ricorrente che invoca, a tal fine, il criterio della media ponderale , ma in relazione al concreto atteggiarsi dell'appalto stesso, quale risultante dalle attestazioni contenute nei registri di contabilità. 12. A tale stregua, il ricorso va respinto, restando assorbita ogni altra questione. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 10.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre accessori come per legge.