Attività cessata prima della scadenza contrattuale: spetta comunque l’indennità di avviamento

L’intervenuta disdetta inviata dal locatore è idonea a far sorgere ipso facto , ove ne ricorrano gli altri presupposti, il diritto del conduttore all’indennità di avviamento.

È questo il principio ribadito dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 18812/15, depositata il 23 settembre. Il caso. Il tribunale aveva accolto la domanda di un uomo, conduttore di un immobile ad uso commerciale, che pur non essendosi opposto alla convalida dello sfratto per finita locazione intimatagli dai locatori, ma aveva richiesto la corresponsione dell’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale, deducendo che nell’immobile era stata svolta attività di vendita al pubblico. La corte d’appello territoriale, in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato la domanda del conduttore, ritenendo che mancassero le prove che il locale fosse ancora aperto al pubblico alla data di scadenza della locazione. Avverso tale pronuncia, propone ricorso per cassazione l’uomo. Non rileva che il conduttore abbia cessato la propria attività prima della cessazione del rapporto. Gli Ermellini hanno ritenuto fondato il ricorso proposto dall’uomo. Il Supremo Collegio, infatti, ha innanzitutto ricordato che esiste un consolidato orientamento di legittimità secondo cui l’indennità per la perdita dell’avviamento spetta al conduttore per il solo fatto che il locatore abbia assunto l’iniziativa di non proseguire la locazione e che l’intervenuta disdetta inviata dal locatore è idonea a far sorgere ipso facto , ove ne ricorrano gli altri presupposti, il diritto del conduttore all’indennità di avviamento del tutto irrilevante, invece, secondo la costante giurisprudenza del Supremo Collegio, la circostanza che il conduttore, successivamente alla disdetta o al recesso, abbia cessato di svolgere la sua attività - eventualmente anche prima della cessazione del rapporto - o che, a seguito della comunicazione dell’intenzione del locatore di non proseguire la locazione, questi abbia trasferito altrove la propria attività. Da tale principio, da cui i Giudici di Piazza Cavour ritengono di non discostarsi, consegue che deve ritenersi erronea la decisione della corte di merito che ha considerato la situazione esistente al momento della scadenza contrattuale e non la situazione di effettivo utilizzo del bene al momento in cui i locatori avevano manifestato la volontà di far cessare la locazione, risultando irrilevante la cessazione dell’attività o il mutamento di essa in un momento successivo. Alla luce di quanto sopra esposto, la Corte ha accolto il ricorso in esame, rinviando alla corte di merito in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 17 giugno – 23 settembre 2015, n. 18812 Presidente Russo – Relatore Sestini Svolgimento del processo G. C., conduttore di un immobile ad uso commerciale sito in Borgo Udine di Palmanova, non si oppose alla convalida dello sfratto per finita locazione intimatagli dai locatori, ma richiese la corresponsione dell'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale, deducendo che nell'immobile era stata svolta attività di vendita al pubblico di articoli di pelletteria da parte di L. M., cui il C. aveva affittato la propria azienda commerciale senza però cedere il contratto di locazione o sublocare l'immobile . Il Tribunale accolse la domanda del C. e condannò i locatori al pagamento dell'indennità. La Corte di Appello di Venezia ha riformato la sentenza sul rilevo che difettavano prove univoche che il locale fosse ancora aperto al pubblico alla data della scadenza della locazione ha pertanto rigettato la domanda del conduttore e lo ha condannato al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio. Ricorre per cassazione il C. affidandosi a quattro motivi resiste, a mezzo di controricorso, A. C., mentre gli altri intimati non svolgono attività difensiva. Motivi della decisione l. La Corte territoriale ha affermato che non sembrava risultare affatto univocamente che all'epoca della scadenza contrattuale 31.10.2003 il locale fosse aperto al pubblico ha richiamato, in proposito, le dichiarazioni di tre testi e le risultanze di una certificazione della Camera di Commercio di Udine da cui risultava che la ditta individuale M. era cessata il 31.12.2002 ed era stata cancellata il 24.3.2003, a seguito di domanda del 30.1.2003 e ha concluso che, essendo già cessata l'attività, non risultava in atto alcun avviamento, tale da comportare il riconoscimento dell'indennità. 2. Col primo motivo violazione e/o falsa applicazione dell'art. 35 1. n. 392/78 e/o dell'art. 2697 c.c. e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo , il C. censura la sentenza per avere impostato erroneamente la questione del riparto dell'onere della prova e per avere dato una lettura errata e lacunosa delle risultanze istruttorie assume che, essendo pacifico che nell'immobile era stata svolta attività di vendita al pubblico, la prova del mutamento delle modalità di utilizzazione dell'immobile incombeva sui locatori e non già sul conduttore , cosicché l'asserita non certezza affermata dalla Corte d'Appello avrebbe dovuto risolversi necessariamente a sfavore della posizione dei locatori . 3. Col secondo motivo violazione e/o errata applicazione dell'art. 34 1. n. 392/78 , il ricorrente si duole che la Corte di merito non abbia considerato che -a tutto concedere la cessazione dell'attività comportante contatti diretti col pubblico dei consumatori era stata certamente successiva all'invio della disdetta da parte dei locatori risalente al 6.6.2002 ed assume che non poteva dunque escludersi il diritto del conduttore a percepire l'indennità giacché, avendo determinato la cessazione del contratto e la necessità del conduttore di reperire altri locali , i locatori non potevano trarre da ciò addirittura il vantaggio di non essere nemmeno tenuti al pagamento dell'indennità . 4. Il terzo motivo censura la sentenza per violazione e/o errata applicazione dell'art. 35 l. n. 392/78 e per ogni possibile vizio motivazionale per avere ritenuto decisiva la circostanza che, dal certificato della Camera di Commercio, la ditta M. risultasse cessata in data anteriore alla scadenza del contratto. 5. L'ultimo motivo che prospetta violazione e/o errata applicazione dell'art. 80 della l. n. 392/78 e ogni possibile vizio motivazionale censura la Corte per avere escluso che nel caso potesse trovare applicazione la disposizione dell'art. 80 della l. n. 392/78 che, secondo l'assunto del ricorrente, comporterebbe l'ininfluenza dell'eventuale mutamento di regime del bene locato in difetto della prova dell'avvenuta conoscenza e della tacita accettazione di esso da parte del locatore . 6. Il ricorso è fondato, per quanto di ragione. Va considerato, infatti, che esiste un consolidato orientamento di legittimità -cui il Collegio intende dare continuità secondo cui l'indennità per la perdita dell'avviamento compete al conduttore per il solo fatto che il locatore abbia assunto l'iniziativa di non proseguire la locazione Cass. n. 2485/1998 e che l'intervenuta disdetta inviata dal locatore è idonea a far sorgere ipso facto, ove ne ricorrano gli altri presupposti, il diritto del conduttore all'indennità di avviamento Cass. n. 454/2009 , mentre risulta del tutto irrilevante la circostanza che il conduttore, successivamente alla disdetta o al recesso, abbia cessato di svolgere la sua attività Cass. n. 17698/2013 , ancorché prima della cessazione del rapporto Cass. n. 12279/2000 , o che, a seguito della comunicazione del locatore di non voler proseguire la locazione, abbia trasferito altrove la propria attività Cass. n. 4432/1996 . Da ciò consegue che erroneamente la Corte di merito ha considerato la situazione esistente al momento della scadenza contrattuale 31.10.2003 e ciò nel valutare sia le dichiarazioni dei testi che il certificato della Camera di Commercio anziché la situazione di effettivo utilizzo del bene e quindi l'eventuale esistenza dei contatti col pubblico dei consumatori al momento in cui i locatori manifestarono la volontà di far cessare la locazione ossia nel giugno 2002 , 'essendo come detto irrilevante la cessazione dell'attività o il mutamento di essa in un momento successivo. La sentenza va dunque cassata, con rinvio alla Corte di merito che dovrà rivalutare la vicenda alla luce dei principi sopra richiamati. 7. La Corte di rinvio provvederà anche sulle spese di lite. P.Q.M. accoglie il ricorso, per quanto di ragione, cassa e rinvia, anche per le spese di lite, alla Corte di Appello di Trieste, in diversa composizione.