L'ultimo miglio resta di proprietà dell'operatore dominante (Telecom) che è obbligato alla manutenzione

L'utente è estraneo ai rapporti interni tra operatore che eroga il servizio acquistato e operatore proprietario dell'ultimo miglio.

Gli obblighi manutentivi del c.d. ultimo miglio spettano all'operatore dominante, tuttavia, eventuali inadempimenti restano estranei al rapporto tra operatore erogante il servizio non dominante ed utente. L'operatore che eroga il servizio risponde anche del disservizio dell'ultimo miglio Cass., n. 18470/2015, depositata il 21 settembre . Il caso. Una professionista stipulava con un operatore telefonico un contratto per la somministrazione di servizi telefonici relativi alla rete fissa, chiamate voce ed internet. L'utente conveniva in giudizio l'operatore, rilevando il non corretto funzionamento dei servizi e chiedendo la condanna al risarcimento dei danni. L'operatore si difendeva eccependo l'inadeguatezza dei mezzi a disposizione del consumatore e l'inadempimento di altro operatore, proprietario ed obbligato alla manutenzione del cosiddetto ultimo miglio, quindi, chiedeva il pagamento di una fattura insoluta. Il Tribunale accoglieva la domanda formulata da parte convenuta. La Corte d'appello confermava la decisione del tribunale e precisava che la manutenzione e gestione del c.d. ultimo miglio di rete telefonica spetta all'operatore proprietario mentre l'utilizzatore deve limitarsi a chiedere l'intervento manutentivo. Nel caso di specie l'intervento di ripristino era stato chiesto dall'utilizzatore e non eseguito dal proprietario, tuttavia, l'attore non aveva esteso la domanda all'operatore titolare della linea. Il professionista ha proposto ricorso per cassazione. La Corte d'appello aveva dichiarato l'inammissibilità dell'appello per genericità dei motivi articolati. I giudici di legittimità hanno chiarito che la genericità/specificità dei motivi d'appello deve essere valutata in ragione della portata argomentativa della sentenza impugnata. In ogni caso, l'articolazione dei motivi di appello può consistere nella prospettazione delle medesime ragioni articolate in primo grado purché consistenti in una critica specifica dei contenuti della decisione impugnata, non essendo necessario il ricorso a nuove argomentazioni Cass. n. 22123/2009 . Nel caso in commento, la sinteticità dal motivo d'appello formulato da parte attrice-appellante corrispondeva alla stringata motivazione inserita nella decisione del tribunale, di contro, risultava sufficientemente specifico, quindi l'impugnazione era formalmente correttamente. L'errore commesso dal Tribunale aveva inciso anche sulla fase probatoria avendo il giudice disatteso le richieste di prova tacciandole come generiche. Chiamata in causa del proprietario del c.d. ultimo miglio. Il ricorrente ha eccepito di non essere tenuto a chiamare in causa l'operatore proprietario dell'ultimo miglio, essendo detta circostanza riconducibile al rapporto tra operatori ed estranea al rapporto tra operatore ed utente, dovendo, invece, ritenersi inesistente il rapporto tra utente ed operatore dominante. Detto principio risulta chiaramente espresso dalla delibera AGICOM n. 4/2006. Operatore telefonico e responsabilità dell'ultimo miglio. L'errore dei giudici di merito, osserva la Cassazione, è consistito nel disinteressarsi completamente del rapporto contrattuale intercorso tra utente ed operatore telefonico e porre attenzione unicamente alle regole ed obblighi manutentivi dell'ultimo miglio. Conseguentemente è errata la pronuncia di difetto di legittimazione attiva dell'operatore contrattualmente vincolato all'utente. I giudici di merito avrebbero, invece, dovuto esplorare adempimenti ed inadempimenti relativi alle obbligazioni contrattuali, atteso che il rapporto da cui origina la presente controversia, e che regola le relazioni tra le parti, è il contratto di somministrazione il cui inadempimento è stato originariamente eccepito dall'attore. I motivi di ricorso sono accolti con rinvio ad altra corte territoriale per la decisione della questione.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 3 giugno – 21 settembre 2015, n. 18470 Presidente Russo – Relatore Vincenti Ritenuto in fatto 1. — N.C. evocò in giudizio, innanzi al Tribunale di Roma, la Wind Telecomunicazioni S.p.A., affinché fosse condannata al risarcimento dei danni patiti dall'attore in conseguenza dell'inadempimento, da parte della convenuta, del contratto di somministrazione di servizi telefonici, stipulato inter partes in data 12 febbraio 2008. Dedusse l'attore che la Wind fosse responsabile del malfunzionamento, intervenuto nel periodo tra il 20 maggio 2009 e il 31 agosto 2009, della linea telefonica fissa e del servizio internet ADSL, attivati presso il proprio studio professionale di avvocato in virtù del predetto contratto, asserendo di aver subito, a causa del disservizio, danni patrimoniali e non patrimoniali, quantificati nella misura di Euro 25.000,00. Si costituì in giudizio la Wind Telecomunicazioni S.p.A., che eccepì il proprio difetto di legittimazione passiva, deducendo che i disservizi lamentati fossero imputabili, in parte, all'operatore Telecom Italia S.p.A., quale proprietario e responsabile esclusivo della gestione dell'ultimo tratto della linea telefonica, c.d. ultimo miglio , ed, in parte, allo stesso attore, in quanto privo degli strumenti necessari al funzionamento dei servizi richiesti la convenuta spiegò, altresì, domanda riconvenzionale, per ottenere il pagamento di fatture insolute per un importo pari ad Euro 164,58. 1.1. - L'adito Tribunale, con sentenza emessa nel maggio 2011, rigettò le domande attoree, e, in accoglimento della domanda riconvenzionale proposta dalla convenuta, condannò il N. al pagamento delle fatture insolute e delle spese di lite. 2. - Avverso tale sentenza proponeva gravame N.C. , che la Corte di appello di Roma, nel contraddittorio con la Wind Telecomunicazioni S.p.A., rigettava con sentenza resa pubblica il 25 gennaio 2012. 2.2. - La Corte territoriale dichiarava inammissibili il primo, il secondo e il quarto motivo di gravame, per carenza del requisito di specificità delle censure, ritenendo che fossero state meramente riproposte le tesi difensive già sostenute in primo grado, senza indicazione del capo di sentenza viziato da un eventuale errore di giudizio o procedurale né era stato evidenziato il nesso causale e la decisività delle prove articolate. Il giudice di appello soggiungeva, inoltre, che, anche nel merito, la decisione gravata fosse incensurabile, osservando che l'istanza di esibizione, rivolta alla convenuta, ai sensi dell'art. 210 cod. proc. civ., era inammissibile in mancanza dell'indicazione specifica dei documenti, di cui era stata sollecitata la produzione che la richiesta di ammissione di prova testimoniale non era accoglibile in ragione delle valutazioni di carattere tecnico rimesse al teste che la c.t.u. non poteva essere ammessa con finalità esplorative e per esonerare la parte dall'onere di prova che neppure in appello la stessa c.t.u. poteva essere ammessa come indispensabile, in assenza di indicazione specifica degli accertamenti tecnici richiesti ed ella loro decisività. 2.3. - La Corte di appello reputava, infine, non fondato il terzo motivo di gravame, attribuendo rilievo - in base alla disciplina recata dalla legge 31 luglio 1997, n. 249, quanto ai poteri dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni AGCOM in tema di rapporti tra gestori ed utilizzatori delle infrastrutture di telecomunicazione – alle direttiva n. 52/2009 e n. 2/2002 dell'AGCOM, le quali, in materia di rapporti tra l'operatore dominante e i singoli operatori alternativi, identificano la Telecom Italia S.p.A. quale titolare esclusiva del potere di intervenire per la risoluzione dei guasti verificatisi sul c.d. ultimo miglio , previa richiesta del singolo operatore, il quale non ha accesso all'ultimo tratto di collegamento tra le centraline e l'utenza domestica. Pertanto, sosteneva ancora il giudice di secondo grado, risultando provato che la Wind si fosse attivata per richiedere la risoluzione dei disservizi alla Telecom, alla quale soltanto doveva essere imputato il ritardo nelle riparazioni, la società convenuta era priva di legittimazione passiva, gravando sull'attore l'onere di chiamare in causa la Telecom S.p.A., per estendere la domanda risareitoria nei confronti di quest'ultima. 3. - Per la cassazione di tale sentenza ricorre N.C. , affidando le sorti dell'impugnazione a quattro motivi. Resiste con controricorso la Wind Telecomunicazioni S.p.A. Considerato in diritto 1. - Con il primo mezzo è dedotta l'erronea applicazione dell'art. 342 cod. proc. civ., per aver la Corte territoriale dichiarato l'inammissibilità dei motivi di appello per carenza del requisito di specificità . Il giudice di secondo grado avrebbe erroneamente dichiarato l'inammissibilità dei motivi di appello prospettati da esso N. per difetto di specificazione delle censure, ad eccezione dell'unica doglianza, relativa alla chiamata in causa della Telecom Italia S.p.A., ritenuta ammissibile, ma infondata. Infatti, la motivazione scarna e generica su cui fondava la decisione del Tribunale non consentiva all'appellante di articolare le censure in maniera ancor più analitica di quella sviluppata, avendo esso comunque contestato la contraddittorietà della decisione sulla asserita mancata contestazione delle difese avversarie l'omessa pronuncia sulla reconventio reconventionis in ordine alle somme richieste dalla Wind la illogicità della sentenza là dove recepiva le difese avversarie sul mancato possesso, da parte dell'attore, degli strumenti necessari al funzionamento del sevizio richiesto l'omessa pronuncia sulle richieste istruttorie prova testimoniale, istanza di esibizione, c.t.u. per l'accertamento del guasto ovvero l'omessa motivazione sull'eventuale rigetto delle stesse. 1.1. - Il motivo è fondato nei termini di seguito precisati. 1.1.1. - Occorre premettere che, allorquando con il ricorso per cassazione venga dedotta la violazione della regola sulla specificità dei motivi di appello di cui all'art. 342 cod. proc. civ. nel testo anteriore alle modifiche apportate dall'art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis , questa Corte è investita del potere di esaminare direttamente gli atti e i documenti sui quali la censura si fonda tra le altre, Cass., 28 novembre 2014, n. 25308 , in quanto giudice del fatto processuale per la natura di error in procedendo del vizio anzidetto. La deduzione di un tale vizio è predicabile anche nella specie, stante il tenore sostanziale che la denuncia mossa dal ricorrente chiaramente esibisce in tal senso cfr., tra le altre, Cass., 21 gennaio 2013, n. 1370 , palesando la censura anche un sufficiente grado di specificità, tale da consentirne l'esame nel fondo. 1.1.2. - Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, ai fini della specificità dei motivi di appello, di cui al previgente art. 342, cod. proc. civ., è necessario che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata risultino contrapposte quelle dell'appellante, volte ad incrinare il fondamento logico-giuridico delle prime, in quanto le statuizioni di una sentenza non sono scindibili dalle argomentazioni che la sorreggono Cass., sez. un., 25 novembre 2008, n. 28057 Cass., 27 gennaio 2011, n. 1924 . Tuttavia, la specificità dei motivi di impugnazione deve essere commisurata alla specificità della motivazione che sorregge la decisione impugnata e non è ravvisabile unicamente là dove l'appellante ometta di indicare, per ciascuna delle ragioni esposte nella decisione impugnata sul punto oggetto della controversia, le contrarie ragioni di fatto e di diritto che ritenga idonee a giustificare la doglianza Cass., 27 gennaio 2012, n. 1651 . L'esposizione di tali ragioni, invocate a sostegno del gravame, può, però, sostanziarsi anche nella prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado, purché ciò determini una critica adeguata e specifica della decisione impugnata e consenta al giudice del gravame di percepire con certezza il contenuto delle censure, con riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice Cass., 29 novembre 2011, n. 25218 . Non è necessario, quindi, che gli errori attribuiti alla sentenza appellata siano evidenziati con nuove argomentazioni, in quanto non esiste una stretta correlazione tra la specificità dei motivi e la novità degli argomenti addotti a sostegno di essi Cass., 19 ottobre 2009, n. 22123 . 1.1.3. - Alla luce dei rammentati principi, l'appello del N. risponde al paradigma di cui al citato art. 342 cod. proc. civ L'impugnata sentenza di primo grado si fondava su un duplice assunto, argomentato in modo assai sintetico. Da un lato, si affermava che non fosse stato dimostrato dal presunto danneggiato l'inadempimento della Wind Telecomunicazioni S.p.A. e si negava che essa fosse responsabile del disservizio lamentato, avendo il gestore telefonico depositato le schede relative agli interventi tecnici eseguiti sulla linea interessata non contestate dal N. , da cui emergeva che tali interventi fossero stati effettuati dalla Telecom Italia S.p.A., alla quale competeva, in via esclusiva, la gestione dell'ultimo tratto di rete. Dall'altro, il Tribunale, ritenendo non dimostrato che l'asserito pregiudizio fosse conseguente all'inadempimento della Wind e rilevando che l'attore non avesse contestato le difese avversarie, confermava le tesi argomentative della convenuta, nella parte in cui eccepiva il mancato possesso, da parte del N. , degli strumenti idonei al corretto funzionamento del sevizio richiesto, e, in accoglimento della domanda riconvenzionale, condannava l'attore al pagamento delle fatture insolute. Invero, entrambi i profili prospettati risultano essere stati censurati dall'appellante. In particolare, con il primo motivo di appello, il N. deduceva l'erroneità della decisione del Tribunale nel ritenere che le difese della convenuta non [fossero] state oggetto di contestazione , asserendo che all'udienza del 19 luglio 2011 rectius 2010 fosse stata contestata l'intera comparsa della controparte, ivi compresa la domanda riconvenzionale . Con il secondo e il terzo motivo, l'appellante deduceva l'infondatezza delle difese della Wind, nella parte in cui la convenuta eccepiva la propria carenza di legittimazione passiva, contestando la decisione del Giudice di merito per aver confuso gli obblighi sottesi al rapporto intercorrente tra Telecom e Wind con il rapporto intercorrente tra il singolo operatore Wind ed il proprio cliente N. , formalizzato in un contratto vincolante solo tra le parti ex art. 1372 c.c. , con ciò escludendosi, come invece ritenuto dalla Corte distrettuale, che il gravame non fosse riferibile alla decisione impugnata. Quanto alla seconda ratio decidendi adottata dal Tribunale, l'appellante, sempre nell'ambito del primo motivo di gravame, deduceva di aver proposto, a sua volta, reconventio reconventionis, al fine di contestare la debenza relativa alle fatture inevase. Con l'ultimo parte del gravame, infine, il N. contestava l'assunto con cui il primo Giudice recepiva la deduzione della convenuta, circa il mancato possesso, da parte dell'utente, degli strumenti necessari al funzionamento del sevizio richiesto, assumendo, a tal proposito, di aver fornito prova documentale, con riferimento al dettaglio delle chiamate , nonché di aver richiesto l'ammissione di prove testimoniali, di aver avanzato istanza di ordine di esibizione di tutta la documentazione relativa al guasto all'utenza e di ammissione di una consulenza tecnica d'ufficio per l'accertamento del disservizio, che il primo giudice avrebbe immotivatamente disatteso. Si tratta di censure che, nel misurarsi con la laconicità della motivazione della sentenza di primo grado, attingono, come tali, ad un sufficiente grado di specificità, tale in ogni caso da rispettare il disposto di cui all'art. 342 cod. proc. civ È, dunque, erronea la decisione della Corte di appello che ha dichiarato l'inammissibilità dei motivi di impugnazione tranne uno, su cui ci si soffermerà più oltre peraltro, l'inammissibilità ex art. 342 cod. proc. civ. può ben investire solo taluni motivi di gravame e non l'intera impugnazione Cass., 10 settembre 2012, n. 15071 proposti dal N. avverso la sentenza del Tribunale di Roma del maggio 2011, incongruamente reputati scollegati dalle motivazioni della sentenza impugnata . Valutazione, questa, che ha erroneamente travolto nella medesima ottica decisoria pure le istanze probatorie avanzate dall'appellante, in quanto ritenute anch'esse inammissibili in correlazione a motivi assunti erroneamente come generici e, quindi, reputate inidonee a poter determinare un esito della lite più favorevole . 2. - Con il secondo mezzo è prospettato, ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla mancata ammissione delle prove testimoniali e degli altri mezzi istruttori richiesti istanza di esibizione ex art. 210 cod. proc. civ. ed è, altresì, denunciata, ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., violazione degli artt. 61 e 116 cod. proc. civ., in ordine alla mancata ammissione della c.t.u. . 2.1. – Il motivo è inammissibile a seguito dell'accoglimento del primo mezzo. Esso investe, infatti, la motivazione della sentenza impugnata là dove ha argomentato, nel merito , in ordine alle singole e ulteriori ragioni per le quali non potevano essere ammesse quelle stesse istanze istruttorie prova testimoniale, richiesta di esibizione documentale, c.t.u. sulle cause del guasto tecnico che erano già state ritenute, dalla Corte territoriale, travolte in forza della dichiarata inammissibilità ai sensi dell'art. 342 cod. proc. civ., per genericità dei motivi di gravame. Sicché, deve trovare applicazione nella specie il principio per cui, qualora il giudice del merito abbia ritenuto inammissibile una domanda, o un capo di essa, o un singolo motivo di gravame, così spogliandosi della potestas iudicandi sul relativo merito, e proceda poi, impropriamente, all'esame di quest'ultimo, è inammissibile, per difetto di interesse, il motivo di impugnazione della sentenza da lui pronunciata, nella parte in cui ne contesti la motivazione, da considerarsi svolta soltanto ad abundantiam su tale ultimo aspetto tra le tante, Cass., sez. un., 30 ottobre 2013, n. 24469 . 3. - Con il terzo mezzo è censurata, ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116, cod. proc. civ., nonché dedotta, ai sensi 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., omessa motivazione sul mancato esame della documentazione fornita dalla parte ricorrente . Il secondo Giudice avrebbe omesso di considerare il documento, prodotto in atti, denominato dettaglio delle chiamate ed emesso dalla stessa Wind, che dimostrava l'improvvisa interruzione del traffico telefonico a partire dal 12 luglio 2009 sino al successivo 31 agosto 2009. 4. - Con il quarto mezzo è dedotto, ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., vizio di motivazione, nonché, ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell'art. 106 cod. proc. civ., dell'art. 1372 cod. civ., e della legge n. 249 del 1997. La Corte di appello avrebbe erroneamente rigettato l'unico motivo di impugnazione reputato ammissibile, affermando, al pari del primo giudice, il difetto di legittimazione passiva della Wind S.p.A. e la necessità che fosse chiamata in causa la Telecom Italia S.p.A., tenuta, in base alla legge e ad alcune direttive dell'AGCOM, ad assicurare, su istanza del gestore entrante , gli interventi di riparazione dei guasti peraltro, nella specie non dimostrati verificatisi nell'ultimo tratto di rete, che la stessa Wind aveva tempestivamente richiesto. A tal riguardo, il ricorrente argomenta sulla estraneità dell'utente rispetto ai rapporti contrattuali eventualmente intercorrenti tra Telecom e Wind, nonché sul fatto che la stessa Telecom è soggetto terzo in riferimento al contratto di somministrazione di servizi telefonici stipulato tra il l'utente e un certo operatore telefonico. Di qui, la legittimazione passiva della Wind S.p.A. e l'inammissibilità di una chiamata in causa della Telecom S.p.A., neppure da reputarsi obbligato in solido, stante la diversità dei rapporti giuridici implicati. Peraltro, il ricorrente evidenzia che, in ogni caso, il c.d. operatore dominante non ha alcun obbligo diretto nei confronti dell'utente, come statuito dalla delibera n. 4/2006 dell'AGCGM, la quale ribadisce che, pur sussistendo un obbligo manutentivo dei tratti finali di rete in capo alla Telecom, prescrive che le penali ad essa imputabili per il ritardo nei relativi interventi di riparazione debbano essere corrisposti direttamente al singolo operatore alternativo, senza che vi sia diretta responsabilità nei confronti del cliente di quest'ultimo. 4.1. - Il quarto motivo va esaminato prioritariamente ed è fondato per quanto di ragione. L'azione svolta in primo grado dal N. era diretta a far valere la responsabilità per inadempimento della Wind Telecomunicazioni S.p.A., nei cui confronti l'attore ha agito in forza di un contratto inter partes di somministrazione di servizi telefonici, rispetto al quale - come non è contestato - la Telecom Italia S.p.A. non è parte. Dei contenuti di tale contratto non vi è traccia nella motivazione della Corte territoriale, la quale ha invece spostato la propria attenzione su talune delibere dell'AGCOM, le quali tuttavia delineano - come, del resto, emerge dalla stessa sentenza impugnata - unicamente i rapporti tra l'operatore dominante la Telecom e gli operatori licenziatari alternativi OLO - Other Licensed Operators la Wind, nella specie , senza prendere in alcuna considerazione la posizione del cliente di quest'ultimo cfr. la stessa delibera citata in sentenza n. 2/2002 - reete 2000 -all'art. 7, comma 12, in cui sono gli operatori telefonici tra loro ad impegnarsi a stabilire procedure idonee ad assicurare interventi rapidi ed efficienti di manutenzione e di riparazione dei guasti di rete . Sicché, il giudice di appello, nell'omettere di valutare, in contrasto anzitutto con l'art. 1372 cod. civ., la portata del contratto stipulato dal N. con la sola Wind, ha conseguentemente errato sui confini entro i quali apprezzare, ai sensi dell'art. 1218 cod. civ., la responsabilità contrattuale di quest'ultima società a seguito di eventuali disservizi sulla linea telefonica oggetto del predetto contratto, giacché - ove confermato dal contenuto del programma negoziale che legava le predette parti, in assenza di altre fonti specificamente derogatorie sul punto e con effetto diretto sul contratto inter partes - la medesima Wind si presentava, per l'appunto, come unico operatore telefonico contrattualmente vincolato con il proprio cliente, tanto da dover essa soltanto garantire il funzionamento dei servizi attivati in forza dell'accordo negoziale e prestare un servizio ad esso conforme anche in caso di malfunzionamento o di guasto, cosi da dover rispondere del correlato inadempimento, salvo causa ad essa non imputabile {art. 1218 cod. civ. . Non è stata questa, invece, la prospettiva in cui si è mossa la decisione impugnata, che ha ritenuto, una volta attivatasi la Wind presso la Telecom, la responsabilità per il ritardo nelle riparazioni o per il diverso guasto tecnico fosse, eventualmente, di quest'ultima, da doversi quindi essere evocata in giudizio, con conseguente difetto di legittimazione passiva della Wind. Si tratta di decisione erronea, in quanto non è apprezzabile, in ragione dell'azione contrattuale promossa dal N. , il difetto di legittimazione passiva della Wind Telecomunicazioni S.p.A., né l'esigenza - ove, come detto, ciò fosse confermato dal tenore del contratto di fornitura di servizi telefonici tra le anzidette parti - della chiamata in causa di Telecom Italia S.p.A., dovendo, invece, indagarsi sul fatto dell'inadempimento esistenza e portata del disservizio e sulla eventuale presenza di una causa non imputabile dello stesso in capo alla Wind, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 1218 cod. civ. Con l'ulteriore precisazione che l'affermazione della Corte territoriale sulla mancata prova del N. in ordine al guasto dedotto cade in un uno con l'accoglimento della censura concernente la specificità del motivi di appello, ex art. 342 cod. proc. civ., che - come visto - coinvolge anche il thema probandum. 4.2. - L'accoglimento del motivo che precede assorbe l'esame del terzo motivo, che attiene al tema della prova dell'inadempimento della Wind Telecomunicazioni S.p.A., su cui dovrà nuovamente indagare il giudice del rinvio. 5. - Il ricorso va, dunque, accolto nei termini anzidetti, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che provvedere a riesaminare nel merito l'impugnazione proposta dal N. - da ritenersi conforme al paradigma di cui all'art. 342 cod. proc. civ. - valutando, nella prospettiva indicata al p. 4.1. che precede, tutte le ragioni del gravame comprese le reiterate istanze istruttorie, rispetto alle quali rimane ovviamente intatto il potere della Corte di merito, in sede di rinvio, di apprezzarne ammissibilità e rilevanza . Il giudice del rinvio provvedere anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità. Su istanza proposta dalla Wind Telecomunicazioni S.p.A. ai sensi dell'art. 52 del d.lgs. n. 196 del 2003, dispone che i dati identificativi delle medesima società siano omessi in caso di diffusione del presente provvedimento. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omessi i dati identificativi della Wind Telecomunicazioni S.p.A., a norma dell'art. 52 del d.lgs. n. 196 del 2003.